L’America dopo Americana


È noto l’interesse coltivato da Elio Vittorini nel corso degli anni trenta per la letteratura americana e in particolare per gli scrittori che ne rappresentavano il volto più giovane e vivace, più dinamicamente teso «a riscuotere il romanzo dall’intellettualismo» e dalle lungaggini dell’ottocentesco «realismo psicologico» e a ricondurlo – secondo le sue parole – «a sottovento della poesia». Articoli, traduzioni, l’evoluzione stessa della sua scrittura creativa testimoniano di una attrazione e attenzione che dovevano fare di lui, insieme a Cesare Pavese, l’artefice principale di quello che fu detto il “mito” dell’America e che rappresentò, sul piano letterario come su quello politico, l’indicazione di un orizzonte diverso da quello in cui, sotto il fascismo, si era costretti a vivere.

Coronamento del suo impegno e del suo appassionato lavoro in questa direzione parve, in particolare, l’antologia Americana, realizzata per l’editore Bompiani tra il 1940 e il 1941 e subito colpita, pour cause, dalla censura, che in quell’invito a guardare al mondo nuovo con occhi sgombri, con la mente attenta a coglierne i valori di libertà, scorgeva atteggiamenti «inopportuni nel momento attuale e criticamente discutibili e unilaterali»: tanto che dovettero essere rimossi i corsivi di presentazione con cui Vittorini scandiva i vari racconti, e solo una prefazione dell’Accademico d’Italia Emilio Cecchi, ben diversamente impostata, avrebbe alla fine consentito, nel 1942, la diffusione del volume.

Maturavano però tempi nuovi, e la guerra portava, con il sangue, anche la fine della dittatura. Il mito dell’America finiva esso stesso per non aver più ragione di esistere […].

Edoardo Esposito

Il volume è stato presentato in occasione del convegno di studio
Il dèmone dell’anticipazione. Cultura, letteratura, editoria in Elio Vittorini

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