Mondo piccolo, grande schermo


Benvenuti a tutti. Faccio gli onori di casa e, innanzitutto, saluto a nome di Regione Lombardia, Provincia di Milano, Fondazione Mondadori. Un ringraziamento, poi, ai relatori che per accettare questa sfida sono venuti anche da lontano, agli eredi, Carlotta e Alberto Guareschi, a Guido Conti del MUP per il documentario che verrà proiettato alla fine di questa mattinata e, infine, al Comitato per le celebrazioni del centenario guareschiano e al suo presidente, Vincenzo Bernazzoli.
Tanti destinatari corrispondono anche al fatto che questo incontro è molte cose: viene, appunto, a conclusione dell’anno guareschiano pur senza esserne consuntivo o summa, si collega alla recentissima mostra Copy in Italy. Autori italiani nel mondo dal 1945 a oggi esplorando modi e forme della particolare fortuna all’estero di uno scrittore italiano, si rifà, anche, alla giornata promossa nel 2000 da Regione Lombardia e Fondazione Mondadori in occasione dell’acquisizione di un importante fondo di disegni guareschiano, intitolata Contrordine Guareschi!

«Contrordine» è termine che ci piace assai in questo caso.
Si è detto molte volte della cappa di oblio calata su Giovannino Guareschi nella cultura italiana. Francamente oggi ciò non pare più vero, basta pensare alle tante manifestazioni per il centenario che hanno preceduto questa.
Semmai si può osservare una cosa, un carattere che accomuna censori e laudatori di Guareschi: l’averlo rinchiuso in una gabbia assai stretta, una specie di nazionalpopolare nostalgico, rustico e un po’ ingenuo, comunque istintivo.

La caratteristica, secondo i punti di vista, diventa un valore o un handicap decisivo: fa però premio su ogni altra.
Invece, ragionando sul complesso dell’opera, il ritratto appare sommario, se non superficiale.

In realtà Guareschi padroneggia diversi e differenti registri e ambiti, sa usare mezzi di comunicazione antichi e moderni (basta pensare alla serie radiofonica degli anni 1947-49, che anticipa la voga attualissima dei processi portati in tv), ha un background sofisticato (si consulti la documentazione internazionale su pubblicazioni di satira e umorismo conservata ancor oggi nell’archivio guareschiano amorevolmente curato dagli eredi), nonché una grande competenza editorial-tipografica che si traduce in creazioni grafiche e invenzioni redazionali come il recupero del «tormentone» impiegato con massima sapienza.
Se vogliamo, l’effettiva «cancellazione» della sua opera è in questo riconoscimento mancato.
A contraddire, poi, l’immagine «provinciale» della sua produzione c’è un altro aspetto, quello che mettiamo particolarmente a fuoco in questa giornata.

Brevemente, perché questo è il campo delle relazioni che seguiranno: Guareschi è fra gli autori italiani più tradotti all’estero con oltre trecento versioni in una trentina di lingue e questo innegabile successo si trasferisce anche nelle versioni cinematografiche del ciclo don Camillo-Peppone; il suo lavoro suscita analogie «forti» come quella di molti critici americani che lo accostano a James Thurber, un grande disegnatore statunitense, o affermazioni sorprendenti come quella di un altro critico, americano anche lui, che nel 1952 notò come la fortuna di Guareschi fosse nata negli USA; i suoi temi, il suo approccio hanno indubitabili effetti sull’immagine italiana nel mondo e anche sull’immaginario degli italiani che nel mondo sono sparsi o si spargono nelle emigrazioni del secondo dopoguerra.

Come si vede, c’è molta carne al fuoco per questa giornata. Auguri.

Enrico Mannucci e Paolo Mereghetti

Indice del volume: Mondo piccolo, grande schermo, di Enrico Mannucci e Paolo Mereghetti; Guareschi in America, di Peter Bondanella; Guareschi nella storia del dopoguerra italiano, di Luigi Ganapini; Le petit monde de Don Camillo in Francia: il libro di Giovannino Guareschi, il film di Julien Duvivier di Jean A. Gili; Pari e patta, ma con un vincitore netto. Sulla ricezione di Giovannino Guareschi in Germania, di Gerhard Midding; Peppone abita a Bellano, di Andrea Vitali; Il successo mondiale di Guareschi nell’Archivio di Roncole Verdi, di Giorgio Casamatti; Testimonianza, di Sergio Tuffo.

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