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Gli archivi degli editori del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Liguria
 PresentazioneNegli ultimi cinque anni sono nate quasi 1.600 nuove
  case editrici, per un totale di oltre 5200 editori attivi. Ma quante sono
  scomparse?  La dispersione degli archivi editoriali ha rappresentato
  per lungo tempo un fenomeno grandemente favorito dalla scarsa conoscenza
  della consistenza e tipologia delle carte possedute dalle case editrici. Da
  qui l’opportunità di 
  sensibilizzare il mondo degli editori in merito alla conservazione
  della documentazione prodotta nel corso del proprio lavoro, le cui tracce si
  smarriscono spesso in occasione dei passaggi di proprietà o di sede delle Case
  Editrici, Negli ultimi dieci-quindici anni, al manifestarsi di una
  maggiore consapevolezza da parte dei produttori delle carte ha fatto da
  contraltare il sempre maggiore attivismo dei grandi gruppi editoriali che,
  sulla scorta di dinamiche di concentrazione in atto già da tempo in altri
  paesi, ha modificato e semplificato il panorama del settore. Se da un lato
  queste operazioni finanziarie hanno favorito l’allineamento del nostro paese
  a tendenze già in atto nei paesi occidentali, dall’altro hanno rappresentato
  un ulteriore elemento di sofferenza per la corretta conservazione degli
  archivi editoriali, troppo spesso sacrificati alle esigenze di
  riorganizzazione e abbattimento dei costi proprie dell’impresa subentrante. Inoltre fenomeni come il collezionismo hanno provocato
  un duplice risultato: da un lato il mercato antiquario, pur con una logica
  commerciale estranea alla conservazione per fini culturali, ha in molti casi
  salvato dalla distruzione documentazione di grande interesse; dall’altro,
  polverizzando gli archivi in innumerevoli frammenti, ha favorito una
  percezione incompleta della compiuta articolazione degli archivi,
  depotenziando il valore contestuale del documento: questo approccio ha come
  conseguenza più immediata la valorizzazione della singola carta d’archivio in
  termini esclusivi di pregio antiquario.    Se si pone mente al fatto che nella maggior parte dei
  casi non è possibile operare confronti tra un prima e un dopo (nella
  quasi totale assenza di rilevazioni attendibili), appare essenziale mettere
  in atto progetti di rilevazione sul territorio che permettano – con la
  collaborazione delle istituzioni periferiche dello stato, di enti pubblici e
  di istituzioni private – una mappatura dettagliata del posseduto nel caso di
  fondi sia archivistici, sia bibliografici. La presenza di dati certi sulla
  consistenza della documentazione posseduta può ottenere un duplice effetto:
  da un lato consente, come risultato immediato di una conoscenza finalmente
  precisa della propria dotazione, una più efficace politica di conservazione e
  valorizzazione; dall’altro rende meno agevole la sottrazione di materiali
  che, come si è detto, sono particolarmente appetiti dal mercato antiquario e
  del collezionismo.    L’esigenza di riuscire a fotografare la realtà degli
  archivi editoriali è stata fatta propria dalla Fondazione Mondadori a partire
  dalla metà degli anni Novanta, promuovendo un primo censimento pilota sul
  territorio lombardo per poi estendere quest’iniziativa a Toscana, Veneto,
  Friuli Venezia Giulia, Trentino Altro Adige e Liguria.  L'avvio dell'esperimento nel territorio lombardo, che da
  solo raccoglie il 25% delle case editrici nazionali, si è posto come punto di
  partenza ottimale per lo studio di una casistica ampia e differenziata,
  costituendo la prima ricognizione settoriale condotta sistematicamente su una
  realtà fino ad allora poco conosciuta, se non per una precisa tipologia di
  fondi: quelli letterari, che da sempre monopolizzano l'attenzione e
  l'interesse non solo degli addetti ai lavori ma anche di un pubblico più
  vasto.   I risultati molto positivi di questa prima
  esperienza hanno spinto il Ministero per i beni e le
  attività culturali - con la collaborazione l’Associazione italiana editori,
  della Fondazione Mondadori e delle istituzioni locali - a
  estendere questo progetto per salvaguardia della memoria del lavoro
  editoriale, anche alle altre regioni. In questo quadro l’Emilia Romagna, il
  Lazio e la Campania si sono mosse autonomamente nel lavoro di raccolta dati,
  pur partendo da un know how condiviso grazie al censimento lombardo, mentre
  nel 2001 la Regione Toscana ha affidato alla Fondazione Mondadori la
  realizzazione del Censimento degli Archivi e delle Biblioteche storiche degli
  editori librari presenti nel territorio regionale.  La rilevazione è partita dai dati contenuti nel Catalogo
  degli editori italiani (edizione 2001) e si è via via precisata nel corso del
  lavoro. Il Censimento si è rivolto a tutti i soggetti che pubblicano libri,
  non solo alle imprese dunque ma anche ad enti pubblici e privati, ad associazioni
  e cooperative. Sono stati individuati e contattati oltre 320 “editori” e di
  questi oltre 140  hanno risposto
  ai questionari e accettato le interviste e i sopralluoghi.    Nel 2003, grazie all’intervento della Fondazione
  Cariplo, la rilevazione è stata estesa al Veneto, Friuli Venezia Giulia,
  Trentino – Alto Adige e Liguria. In questo caso sì è partiti da un campione molto
  numeroso, oltre un migliaio di case editrici attive, formato tuttavia in
  larga parte da realtà molto piccole e con attività molto specializzate. Nel
  complesso sono stati censiti oltre 150 editori. Gli esiti finali sono sul
  sito web della Fondazione, a disposizione di tutti gli interessati.     Al di là dei diversi momenti di realizzazione e
  dell’evoluzioni interne al progetto, tutte le rilevazioni si sono tutte mosse
  perseguendo questi obiettivi: ·         
  mappare la presenza di documentazione presso le case
  editrici, condizione necessaria per elaborare una mirata politica di
  intervento; ·         
  sensibilizzare il mondo editoriale alla conservazione della
  documentazione prodotta; ·         
  fornire, attraverso la supervisione delle autorità
  competenti, qualificate consulenze a chi ne farà richiesta, utilizzando un
  titolario e un massimario di scarto prodotto da una apposita commissione
  promossa dalla Fondazione Mondadori e dalla Direzione Generale degli Archivi
  del Ministero per i beni culturali e ambientali; ·         
  offrire, ove possibile, alle case editrici che non
  avessero spazi adeguati opportunità di deposito della documentazione al fine
  di evitarne la dispersione; ·         
  fornire occasioni di formazione del personale addetto
  alla conservazione e alla gestione documentaria.   I dati che emergono da queste campagne di rilevazione
  compongono un quadro articolato dell’azienda editoriale e dei suoi archivi.
  Innanzitutto va detto che l'indagine ha sempre interessato non solo gli
  archivi storici – se presenti - 
  ma anche quelli correnti, ovvero cosa l’impresa conserva oggi di
  quello che produce. Paradossalmente si tratta in alcuni casi di una realtà
  più sfuggente, legata com’è alle rapide e complesse trasformazioni cui le
  case editrici, al pari delle altre imprese, vanno soggette sia per l'aspetto
  più propriamente giuridico - societario, che sotto il profilo della
  produzione editoriale e delle nuove tecnologie.   Per quanto attiene alla tipologia del materiale
  documentario conservato, i censimenti hanno delineato alcune serie ricorrenti
  negli archivi e che comprendono i carteggi con autori, curatori e traduttori,
  carteggi con altre case editrici, archivi personali, pareri di lettura, manoscritti
  e dattiloscritti, bozze e materiale di lavorazione, l'archivio amministrativo
  e le scritture sociali, rassegne stampa, l'archivio fotografico,
  documentazione varia. Va segnalato comunque come nella stragrande maggior
  parte dei casi, per la documentazione più recente siano sempre presente
  ambienti documentali diversi, riconducibili agli archivi  cartacei e agli ambienti informatici
  di produzione e conservazione dei file (server per servizi e redazioni, singole
  postazioni di lavoro, software di office automation e desktop
  publishing, etc.)   La dimensione della casa editrice incide evidentemente
  per quanto attiene alle modalità di produzione e conservazione documentaria
  che accompagnano l'iter che consente la produzione del libro (affidato a
  direzioni editoriali, servizi grafici, programmazione editoriale, stampa,
  etc.), le attività inerenti alla gestione del prodotto (demandate a
  marketing, direzione commerciale, promozione e ufficio stampa), e le funzioni
  aziendali generali (gestite dalla direzione del personale, controller,
  sistemi informativi ecc.). Nelle imprese maggiori questo processo da vita ad
  archivi complessi legati ai sistemi di controllo interni e che si articolano
  in serie legate alle specifiche attività dei vari settori aziendali, secondo
  un percorso che si snoda
  attraverso ambiti e competenze diverse e lascia traccia di sé in tutte le
  aree e divisioni coinvolte. Laddove la casa si componga dell’editore e di
  alcuni collaboratori, la documentazione si sedimenta attraverso una catena
  molto più diretta, proprio perché le stesse attività, professionalità e
  competenze si raccolgono in un numero ristretto di persone o in alcuni casi
  nel solo editore. L’editoria resta infatti un mondo attivo e vitale nel
  quale ancora oggi, per le piccole realtà, al centro rimane la figura
  dell’editore. Le dimensioni stesse delle imprese e gli indici di natalità e
  mortalità, forniscono un quadro molto interessante delle dinamiche del
  settore, dove è facile entrare e uscire, più complesso restare e affermarsi,
  e diventa invece molto difficile crescere oltre la piccola dimensione, posto
  che questo sia uno degli obiettivi. La diffusa sensibilità degli editori nei confronti della
  propria produzione e l’accurata conservazione dei prodotti editoriali
  realizzati, conferma il permanere di una “cultura artigianale” del fare i
  libri. Il dinamismo e la consapevolezza del “mestiere” costituiscono la trama
  del tessuto imprenditoriale che tuttavia, a fronte delle difficoltà di
  distribuzione e nella ristrettezza del mercato potenziale dei lettori,
  sollecita maggiore attenzione delle istituzioni verso la diffusione del
  libro.    Il libro come oggetto e prodotto, come risultato
  tangibile della propria attività, resta ovviamente al centro dell’attenzione
  degli editori che nella maggior parte conservano i libri e le riviste da loro
  editi. L’“archivio del prodotto editoriale” è generalmente curato e
  rappresentativo, anche se questo non sempre è esaustivo e non implica
  l’allestimento di una vera e propria Biblioteca storica né la redazione di
  cataloghi storici delle edizioni quale testimonianza della continuità della
  casa editrice.   La situazione è meno positiva per quanto riguarda la
  conservazione e la classificazione dei documenti prodotti nel corso
  dell’attività. Generalmente non esiste una struttura interna deputata alla
  gestione dell’archivio e gli strumenti per l’organizzazione delle formazione
  delle serie correnti sono nella maggior parte dei casi assenti, mentre i
  sistemi di archiviazione sono molto variegati, secondo le possibilità e le
  sensibilità di ogni azienda.  Emerge la difficoltà di considerare i propri documenti
  come memoria del lavoro editoriale e sotto questo aspetto nuovi problemi
  provengono dalla gestione dei documenti elettronici, in particolare dei testi
  degli autori in formato digitale e della corrispondenza scambiata per posta
  elettronica, che solo raramente sono stampati e/o memorizzati su supporti
  stabili, e per i quali soprattutto è generalmente assente una policy
  aziendale per la conservazione. Va detto che in alcuni casi le esigenze
  legate alla certificazione dei sistemi qualità o la necessità di adottare
  soluzioni per la sistematizzazione e la salvaguardia dei flussi informativi e
  documentari elettronici hanno comportato un ripensamento della gestione
  documentaria interna, ma siamo ancora lontani da riflessioni diffuse e
  compiute che tengano nel dovuto conto i problemi legati alla conservazione a
  lungo termine. Resta molto frequente il caso dove è l’editore stesso
  che si preoccupa di organizzare la testimonianza dell’attività svolta,
  conservando i documenti ritenuti di maggiore importanza, fino ai casi dove
  diventa egli stesso parte viva, personificata, della memoria storica della
  casa editrice. La verifica del materiale documentario reperito al
  termine del lungo e complesso lavoro di censimento ha permesso di constatare
  come nella maggior parte degli archivi delle case editrici censite sia stata
  oggetto di dispersioni o addirittura distruzioni, per le ragioni più
  disparate, non ultima quella connessa alla necessità di liberare gli spazi in
  cui erano conservati gli archivi per destinarli ad altro. La situazione
  diventa ancora più grave per gli archivi prodotti dalle case medio piccole,
  spesso oggetto di "mortalità" per le cause più disparate, evento
  che spesso comporta la totale scomparsa della documentazione prodotta.  Di fatto, solo un ristretto numero di case editrici o
  gruppi editoriali hanno, o possono permettersi di mantenere, un archivio
  storico, sia come raccolta documentaria, sia come struttura dedicata alla conservazione
  permanente della documentazione - in questo purtroppo le imprese editoriali
  non si distinguono dalla realtà generale delle imprese italiane – e molto
  poche sono quelle i cui archivi sono stati dichiarati di notevole interesse
  storico.   Se questi sono i principali elementi di sintesi che
  emergono dalla fotografia realizzata su circa 600 case editrici, va
  sottolineato come si tratti di fatto di una prima istantanea e di come si
  renda necessario procedere con periodici aggiornamenti per verificare l’evoluzione
  della situazione e approfondire le strategie possibili per intervenire e
  sensibilizzare gli editori.   Questa necessità è confermata anche dal diverso ruolo
  degli editori quali responsabili di “tutti i documenti destinati all’uso
  pubblico e fruibili mediante la lettura, l’ascolto e la visione, qualunque
  sia il processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione”. La nuova
  legge sul deposito legale, nel segnarne l’evoluzione da strumento per il
  controllo e censura della produzione a stampa a meccanismo per assicurare la
  raccolta e conservazione del patrimonio culturale ed editoriale del paese,
  comporta un nuovo diretto impegno degli editori a provvedere alla consegna di
  esemplari di tutta la loro produzione (a stampa e digitale). Al di là degli
  aspetti controversi di questa riforma, ci interessa porre in evidenza come
  gli editori siano direttamente individuati quali responsabili della
  produzione culturale del paese, e in questo riconoscimento – seppur non privo
  di oneri – vada ricondotta la necessità di dotarsi di strumenti che
  permettano sviluppare maggiore consapevolezza del patrimonio culturale
  rappresentato dalla memoria del lavoro editoriale.   Certamente il censimento ha anche costituito l'occasione
  per riportare alla luce documenti dei quali si era completamente persa la
  memoria e quindi di avviare nuovi interventi di tutela e salvaguardia,
  mostrando, come la scarsa conoscenza del contenuto
  della documentazione prodotta nel corso del lavoro editoriale impedisca agli
  editori di condividere con la collettività materiali di grande interesse e
  rilevanza culturale. Non sono state rare infatti le occasioni in cui si è
  riportata alla luce documentazione di cui si era completamente perduta
  memoria: pareri di lettura, fondi fotografici, carteggi, interi archivi di
  personalità della cultura italiana tra gli esempi più notevoli.   Sotto questo profilo il censimento rappresenta uno
  strumento di assoluta efficacia, in grado di gettare luce su una realtà
  complessa e diversificata che sino alla realizzazione di queste iniziative
  era stata oggetto di generiche e mai sistematiche valutazioni quantitative e
  qualitative: per la prima volta è stato viceversa possibile mappare con
  certezza un patrimonio di inestimabile valore socio-culturale e far emergere
  un generale interesse a stabilire un rapporto con le istituzioni pubbliche e
  gli istituti di ricerca sul tema della salvaguardia degli archivi, stimolando la riflessione degli editori sulle opportunità
  che si aprono, in termini di valorizzazione del proprio patrimonio, quando si
  decide di intervenire nella salvaguardia della documentazione.   È importante quindi che questo strumento, attraverso
  periodici aggiornamenti, consenta agli editori, alle istituzioni e alla
  comunità scientifica di interagire per individuare le forme più opportune per
  agire a tutela degli archivi editoriali quali luoghi imprescindibili del
  nostro patrimonio culturale.        | 
  
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