Homepage: Cultura editoriale - Convegni e mostre Archivio
Pino Boero
Uno sguardo profondo Angoletta e gli autori di letteratura per l'infanzia
Se le date hanno ancora un senso in un momento – come quello contemporaneo – di perdita dei punti di orientamento storici e se la stessa periodizzazione letteraria non appartiene a un irrecuperabile passato scolastico, varrà la pena notare
Non è il caso di soffermarci a lungo su fatti già noti ed esplorati, ma non v’è dubbio che i primi anni del secolo lascino emergere tendenze non irrilevanti sia ai fini di una compiuta ricostruzione storica sia a quelli di una puntuale riflessione teorica: la valorizzazione, ad esempio, di una letteratura costruita sull’infanzia e per l’infanzia da autori normalmente lontani dai circuiti pedagogico-didattici, contribuisce in modo rilevante a fornire nuova leggibilità alla stessa, facendo avvertire all’adulto tutto il peso delle sue contraddizioni (rimorsi, rifiuti, nostalgie) nei riguardi del ‘mondo piccino’. E visto che ideologia e linguaggio sono connessi non v’è dubbio neppure sul fatto che ogni cambiamento di prospettiva e di tema comporti una mutazione di stile: non più, quindi, testi edificanti e didascalici scritti pensando all’infanzia come a una mitica Arcadia e utilizzando modi romanticamente attardati, ma testi ‘leggeri’, più liberi da schemi e semplificati nel lessico. A spingere verso queste scelte non mancano i fattori economici visto che il mercato editoriale rivolto all’infanzia mostra fin dalla fine dell’Ottocento notevole vitalità rispetto a quello dell’intero mercato librario e che gli stessi scrittori importanti e notissimi trovano in questo tipo di letteratura una fonte non indifferente di guadagno: “Vidi che la letteratura infantile era davvero la più remunerativa – scrive Luigi Capuana, padre del naturalismo nostrano – e anche questo mi incitò a fare un secondo volume di fiabe, il Raccontafiabe” . Le spinte degli autori e degli editori sono ovviamente connesse e non poche case editrici sanno cogliere anche il legame fra innovazioni tematico-stilistiche e illustrazioni: non ha torto, dunque, Vittorio Pica, uno dei critici italiani più attenti ai fatti artistici d’Oltralpe, quando nel gennaio 1898 su “Emporium”, rivista da lui diretta, pubblicando un articolo sugli albi inglesi per l'infanzia, ribadisce, attraverso la citazione delle opere di Randolph Caldecott, Walter Crane e Kate Greeneway, la necessità che anche in Italia ci si muova nella direzione dell’Art Nouveau, riconoscendo dignità d’arte all’illustrazione per l’infanzia. Rinnovare l’illustrazione e l’impostazione grafica del libro per l’infanzia significa per i nostri editori saper cogliere anche l’aspetto di un possibile rinnovamento globale ed è così che nei primi vent’anni del secolo molti editori di quasi tutti i grandi centri del libro per l'infanzia (soprattutto Torino, Firenze, Milano, Roma), da Paravia a Lattes, da Bemporad a La Scolastica, a Calzone e Villa varano nuovi progetti editoriali, aggiornano temi e illustrazioni. Meno racconti morali ‘utili’ alla maniera dei vari ‘Giannetti’ ottocenteschi e più fiabe e racconti didatticamente improduttivi, ma frutto di continue reinvenzioni, contaminazioni, trasversalità, soluzioni ben degne di un’illustrazione attenta alle ricchissime cornici floreali, agli ondeggiamenti dei mantelli, alle incredibili geometrie dei castelli, ai tratti spesso deformati e grotteschi al limite della caricatura di moltissimi personaggi.
Quando Bruno Angoletta entra in attività, la nostra editoria specialistica ha già in parte dismesso gli abiti logori del didattismo e della pedanteria e ha indossato quelli colorati, floreali, innovativi e modernissimi del Liberty. Non è il caso qui di ripetere come le date di nascita de “Il giornalino della Domenica” di Vamba (1906) con le sue stupende copertine a colori, del “Corriere dei Piccoli” (1908) con l’innovazione delle tavole quadrettate, delle straordinarie soluzioni di Antonio Rubino anticipino o siano in parte sovrapponibili agli esordi del Nostro né, forse, è il caso di ripetere che progetti editoriali come quello primitivo di “Primavera” e quello successivo di Arnoldo Mondadori con la creazione ad Ostiglia, nel 1911, della casa editrice La Scolastica e subito dopo della stupenda bibliotechina de “La Lampada” vedono in Angoletta un protagonista capace di assimilazione e autonomia.
A questo punto qualche parola in più andrà spesa per il progetto della collana di Mondadori che fin dall’inizio coinvolge, come condirettore insieme allo stesso Mondadori, il giornalista Tomaso Monicelli e trova proprio nella produzione di quest’ultimo – e soprattutto in un romanzo simbolico-intimista come Nullino e Stellina – una delle ragioni delle scelte innovative a livello di autori, illustratori e di linea della “bibliotechina”; nella trama di un libro, compiutamente novecentesco, non mancano, infatti, echi del fanciullino pascoliano, ma non mancano, soprattutto, intensità, sensualità di scrittura, “ricerca di un cromatismo languido che ricorda [...] certa pittura simbolista” . Tutte caratteristiche che ritroveremo perciò in una collana straordinaria, capace di valorizzare un “simbolismo piccino” e di mescolare la dimensione dei buoni sentimenti con una sorta di “luminoso immaginismo che richiama il cromatismo languido della pittura simbolista di fine Ottocento (pensiamo a Gaetano Previati per esempio e in particolare al suo Bambini sul prato del 1890)” .
Queste doverose premesse ci consentono di osservare con maggiore attenzione alcuni dei testi che Angoletta illustra per la bibliotechina de “La Lampada” e ci avvertono della straordinaria versatilità del Nostro, della sua capacità di lettura e di interpretazione, del suo non fermarsi ad una dimensione banalmente decorativa. Proprio all’interno del progetto editoriale mondadoriano Angoletta sembra trovare il senso vero della sua attività: giocare con un formato inusuale, progettare i risguardi, legare le illustrazioni al contenuto, ma anche alla sistemazione grafica delle pagine . Se non stupisce che in libri non immediatamente destinati all’infanzia come le Poesie militari di Aldo Valori Angoletta ricorra a personaggi stilizzati che non aggiungono enfasi a momenti di particolare intensità retorica del testo (come quelli del bambino e del gioco della guerra), ma semmai riducono all’essenziale il messaggio dell’autore e lo conducono verso approdi di più moderata riflessione, maggiore interesse susciterà analogo atteggiamento nei confronti dei testi per l’infanzia. Prendiamo la prima serie di sei volumetti della bibliotechina de “La Lampada” affidati all’estro figurativo di Antonio Rubino e verifichiamo quando la grandezza dell’illustratore di San Remo continui, nonostante le opportune semplificazioni, a risultare preziosa appendice di un catalogo simbolista e liberty attento a una dimensione visionaria e onirica; aggiungiamo poi alla prima quattro testi della seconda affidata ad Angoletta, da Ridibene e Quasibel di Térésah a Briciolina e Musoduro di Zia Mariù, da Luna piena e viceversa di Gian Bistolfi a Vecchie guerre, vecchi rancori di Luciano Zuccoli, e verifichiamo quanto l’illustratore sfugga a modelli di riferimento troppo coercitivi, non indulga a fornire al lettore né personaggi deformati dalla vocazione geometrico-lussureggiante di un Rubino né imprigionati da puntuali riferimenti descrittivi: sul fondo compatto della copertina di Briciolina e Musoduro, ad esempio, si stagliano i due protagonisti, la cui caratterizzazione non è tanto nei visi, nei ghirigori, nelle volute, quanto nella geometrica disposizione triangolare delle gambe aperte dell’uomo che sta camminando in cui si inserisce perfettamente un triangolo minore costituito dal corpo della piccina. È un modo che Angoletta ha per comunicarci attraverso le forme, saltando molte mediazioni infarcite di intenzionalità pedagogica ma anche molti suggestivi, ridondanti passaggi di quell’area simbolista e Liberty della cultura italiana che ha in Amalia Guglielminetti una significativa rappresentante :

E andarono così mute e leggere,
dal fior di menta al fior di margherita,
tessendo e ritessendo nelle sere
dolci il raggio di lor piccola vita.
Ieri figlie del ciel, del sol sorelle
oggi col bruco in pia fraternità…
E questo fu il castigo delle stelle
discese in terra per curiosità.

Certo quando il Nostro si cimenta con versi come Il castigo delle stelle curiose della Guglielminetti , appunto, non può che restituire alle rime quel tessuto liberty a loro più confacente, ma lo fa garantendosi un margine di autonomia figurativa come ben si vede confrontando le sue illustrazioni con quelle più scontate di Nino Bertoletti che accompagnano, nello stesso libro, altri versi. È una bravura che Angoletta consegna anche alle stupende illustrazioni di Tre favole belle , versi di Francesco Pastonchi, dove le illustrazioni giocate su colori contrastanti e su effetti di stilizzazione (foglie e il tronco dell’albero sono su tonalità di marrone, mentre sul fondo bianco spicca il nero della cornacchia) contribuiscono a rendere astratta e geometrica la lussureggiante dizione del verso pastonchiano:

Ora la contentezza dei paoni
Durava eterna, dal tempo d’Adamo,
se un giorno sopra un ramo
non s’era una cornacchia a far sermoni.

Non si tratta di un vero capovolgimento né di una sistemazione in chiave ironica, si tratta di un bisogno di compostezza che sia fantasioso ma privo di svenevolezze, fruibile a più livelli ma lontano dall’ordinata, confortante illustrazione che la prassi dell’editoria scolastica ottocentesca imponeva. Se Rubino era stato capace di far emergere dal profondo l’universo agitato dell’età infantile, di rispondere con sberleffi, carnevalizzazioni, deformazioni alle preoccupazioni di un mondo adulto incapace di accettare l’età infantile come autonoma, trepidante, inquieta, Angoletta riesce a ricomporre attraverso le sue geometrie un mondo frantumato e lo fa su fondali densi di colore, compatti su cui giocano figure essenziali, prive della teatralità grottesca dei giocattoli di Rubino, ma non per questo meno capaci di novità e leggerezza. Proviamo ad entrare nel dettaglio prendendo in esame un testo mondadoriano degli anni Venti, Storia di formiche di Adone Nosari , scrittore e giornalista lombardo piuttosto noto nell’Italia dell’epoca. Si tratta di sei racconti abbastanza diversi nei personaggi e nelle trame, legati, però, dal tema comune della lotta e della guerra: si va da un combattimento fra formiche a un duello fra un cavaliere e una rondine, passando attraverso tre racconti di esaltazione militare e aviatoria (il Forse che sì forse che no di D’Annunzio era di appena dieci anni prima) con relativi, precoci kamikaze e un raccontino di vita animale; i modi narrativi transitano da un descrittivismo abbastanza di maniera (“Sulla sterminata pianura ondeggia al sole la messe prossima alla mietitura: al vento fievole è tutto un agitarsi di mare giallo punteggiato di papaveri rossi e di rossi tetti di fattorie...” ) a un animismo bellicista che non sa né addentrarsi nelle sperimentazioni futuriste né restare attaccato alla più consueta retorica (“in pochi minuti di volo, la squadriglia avvistò i dirigibili di avanguardia che i riflettori lungimiranti imprigionarono tosto nella mobile rete dei loro fasci luminosi. S’udì un alto crepitio di mitragliatrici mescolato al bombilare dei motori; al basso le artiglierie nemiche vomitarono fuoco per accecare i block houses e alla baionetta e con bombe a mano cominciò la battaglia da trincea a trincea...” ). Non si può dire, insomma, che Nosari offra testi avvincenti e prodigiosi per trama e leggibilità, come risolve, allora, Angoletta i problemi di una prosa non certo adatta ai palati infantili, ma neppure, forse, alle più grosse fauci di consumatori di letteratura popolare? L’illustratore si muove con la consueta eleganza all’interno dei riquadri previsti dall’impaginazione inserendovi un altro quadrato con il suo disegno: è una sorta di distanza che rende ancor di più astratte le figure del Nostro, un rifiuto di stretti legami con la pagina scritta, una rinuncia a ogni funzione complementare e didattica. Il legame fra le immagini e le loro didascalie è solo occasionale: le nuvolette di fumo delle bombe affidate a bianchi e neri su fondo blu potrebbero ben essere altro, i reticolati diventano semplici fili intrecciati, i due soldati in trincea relegati in basso a destra paiono più spettatori di fuochi d’artificio che valorosi combattenti. E così per le altre illustrazioni: il potente dirigibile che provoca terremoti pare una larga fessura nera sulla pagina bianca del cielo, la battaglia aerea è data da tre fasci luminosi bianchi che evidenziano aerei simili a uccelli, la caduta di un aereo è resa con un’elegante figura – quasi un Pierrot – capovolta che contribuisce a dare il senso rotatorio all’intera illustrazione, insomma le figure di Angoletta fra le pagine di Nosari paiono come congelate in un’immobilità spaziale che esorcizza l’artificioso dinamismo della scrittura e che mette in crisi con vera e propria operazione pedagogica un impianto narrativo supponente e totalizzante.
S’è osservato in precedenza come Angoletta concepisse l’illustrazione all’interno di un progetto grafico complessivo, ma la persuasiva riprova di una simile disponibilità e capacità operativa (la stessa che lo porterà in anni successivi a realizzare molte copertine) viene dalla progettazione della rivista “Giro Giro Tondo” diretta da Antonio Beltramelli alla cui personalità conviene dedicare preliminarmente qualche breve riflessione: Beltramelli (1879-1930) fra gli scrittori italiani attivi nel primo trentennio del Novecento fu quello che “più efficacemente collaborò alla diffusione di luoghi comuni e pregiudizi antisocialisti nello spirito rozzo del primo fascismo” e non a caso “offrì con L’uomo nuovo [1923] un’entusiastica e colorita biografia del ‘duce’ che gli fruttò la feluca di accademico d’Italia” , eppure nella sua attività di responsabile editoriale e scrittore per l’infanzia riuscì “a mascherare la sua naturale ampollosità adeguandosi al fantastico mondo infantile” . Beltramelli crea nel 1912 la “Rivista dei ragazzi” e dal ’21 al ’24 dirige, dopo averla fondata (il n. 1 è del 15 maggio), “Giro Giro Tondo”, rivista mondadoriana mensile per i più piccini, che conferma la sua felice vena progettuale destinata all’infanzia e offre l’opportunità alle ‘geometrie’ di Angoletta – decisamente funzionali all’immaginario della prima infanzia – di muoversi con piena libertà all’interno delle pagine.
D’altra parte Beltramelli, poeta per bambini, pur non avendo il peso, la qualità e la misura della quasi coetanea Lina Schwarz (1876-1947) che vedrà illustrate dallo stesso Angoletta le sue filastrocche , riesce a mantenere nelle rime una spendibilità ritmica, un compiacimento per il gioco di parole, per l’inatteso scarto della fantasia, per l’imprevedibile soluzione al punto che fra i testi, ancora molti anni dopo nel ’56, Mondadori troverà materiale utile per “Giro Giro Tondo – Album di cantilene e filastrocche” :

Ecco il ranocchio Krokoà, l'amico,
vestito alla reale:
con frak e tuba e canocchiale.
Una foglia rotonda e il suo ricetto.
picicci gli fa cenno: – Amico mio,
per l'amore di Dio
Portami via di qua!... –
Sorride Krokoà
e si rituffa.

Ogni pagina affidata al segno di Angoletta è una sorpresa: il ranocchio in questione, ad esempio, ammicca al lettore e, quasi irriverente e malizioso, sembra spostarsi verso le parole in un procedere che ha il sapore della presa di distanza dalla stessa ludicità delle parole. E ancora si leggano alcuni versi della Vispa Teresa di Beltramelli , si confrontano con la figurina coloratissima che grida in apertura di filastrocca “voglio il soleeee!...” e si noti come Angoletta sappia dominare l’intera pagina con pochi segni e poco vivace colore.

Io l'ho presa e tu l'hai presa;
ma Fufú è rimasto senza;
prima è stata la Teresa
a vuotare la credenza
dalla pizza, dal pancotto,
dal risotto,
dal biscotto,
e conforta Passerotto
che non sa far 1'O di Giotto.

Passerotto sempre frigna,
vuol la chicca e vuol la pigna;
vuol la luna nel bicchiere
per potersela godere,
vuole il sole per balocco
perché proprio è un poco sciocco.

Tutti i testi e le illustrazioni di “Giro Giro Tondo” sarebbero da leggere e guardare perché davvero il Nostro dà il meglio di sé mescolando con sapienza la felicità di colori di un Depero all’eleganza di certe figurine di Tofano. Ma per entrare ancor più nel dettaglio vediamo da vicino uno dei piccoli testi della bibliotechina di “Giro Giro Tondo”, si tratta di Chi vuol le belle storie? dove la fantasia di Beltramelli costruisce una storiella intorno alle figure di due poveri, vecchi coniugi vagabondi, Secchi e Sberlecchi, che si ritrovano di colpo in un palazzo ricchissimo, provano i piaceri di un buon bagno e di un’abbondante colazione e per ringraziamento sono obbligati dai padroni di casa (“Le Loro Maestà le Vocali”) a improvvisarsi cantastorie, a dipingere i cartelloni degli avvenimenti e a costruire rime sugli avvenimenti dipinti: Beltramelli compie per così dire un’operazione metateatrale e lo fa con piena consapevolezza, mettendo in gioco i personaggi del merlo e della Pirimpilecchia inventati dalla fantasia dei due vecchi e mescolando il linguaggio un po’ sgrammaticato dei protagonisti primi a quello ‘costruito’ dei protagonisti secondi. L’effetto è di sicuro paradossale e divertente e il segno di Angoletta sa adeguarsi con straordinaria versatilità: i visi tondi, i corpi triangolari, la sapiente mescolanza di uomini e oggetti restituiscono una dimensione a un tempo ironica e fiabesca.
Quando nel 1928 i lettori del “Corriere dei Piccoli” fanno la conoscenza con Marmittone (ma anche con Sor Lardo Mortadella e negli anni successivi con altri personaggi, da Sor Calogero Sorbara a Centerbe Ermete, a Pampan della Micragna ) l’estro di Angoletta ha già dato il meglio di sé o almeno ha sperimentato moltissime delle vie possibili della comunicazione visiva destinata all’infanzia. Non è senza significato, in questo contesto, il fatto che, contemporaneamente alle simpatiche invenzioni del “Corrierino”, il Nostro dedichi ancora molto tempo all’illustrazione di libri e in particolare, dal 1933 al 1935, lavori alla nuova collana mondadoriana Il Romanzo dei ragazzi curando copertine e illustrazioni di una ventina di libri . La collezione molto pubblicizzata dall’editore offriva diverse tipologie di romanzi , anche se privilegiava una dimensione realistica di tipo tradizionale e non mancava di valorizzare autori nuovi come Giana Anguissola che vi pubblicò Gli eredi del circo Alicante . Anche in questo caso l’esame di alcuni testi conferma l’estrema versatilità dell’illustratore e la sua capacità di stemperare l’ovvietà di alcune situazioni narrative attraverso una valorizzazione degli aspetti meno appariscenti, più fantastici e aperti di ciascun libro. Partiamo, ad esempio, dal romanzo La gaia Cachipoli del già noto Beltramelli: si tratta di un testo umoristico che al di là di qualche concessione alla cultura politica dell’autore (il cattivo è anarchico, la conclusione parla di democrazia sostituita da un’era nuova, “quella che educa al santo e luminoso culto della Patria”) riesce a svilupparsi assai bene sui modi di una commedia degli equivoci, con un re che non vuol fare il re, con soldati tanto democratici da portare campanellini al posto degli speroni per avvertire del loro arrivo, con abitanti tanto indolenti da non capire più i pericoli, con scambi di ruoli e svariati pasticci anche linguistici; Angoletta coglie bene il senso dell’operazione dello scrittore e lo amplia a livello figurativo, integrando la caratterizzazione realistica dei due giovani protagonisti con i tratti caricaturali e grotteschi degli altri personaggi. In un testo realistico e sentimentalmente caricato come Il figlio di Scurpiddu di Luigi Capuana e Adelaide Bernardini l’illustratore sceglie poi una tipologia di figure più tradizionali e classicheggianti anche se, invece di precisarle, si limita a definirne i contorni o a caratterizzarne velocemente le peculiarità, trasferendo nella sfera dell’indefinito e della libertà interpretativa un libro le cui premesse lasciavano pochi dubbi a livello di definizione pedagogica: “leggano i ragazzi il vigoroso elogio della terra datrice di pane, leggano la passione del giovinetto che non può correre al fronte, leggano l’ascendere verso una concezione luminosa di carità, e sentiranno come la miglior parte della nostra stirpe abbia continuità nel tempo”.
Anche con Ali sulla capanna di Gina Vaj-Pedotti siamo all’interno di un romanzo che offre poche possibilità alla fantasia del lettore: la storia di Lucia e Gianfranco, amici nell’infanzia e successivamente lontani, diventa storia di un amore adulto con lei musicista e lui indomito aviatore, consci entrambi “della necessità di vivere pericolosamente” perché la sposa di un aviatore è “come la sposa di un combattente”. Angoletta non eccede in retorica, accentua anzi la leggerezza e l’eleganza della figurina di Lucia quasi a contrastare l’invadenza realistica di altri personaggi; la stessa copertina, d’altra parte, non ha nulla del trionfante mito della macchina aerea e il blu del cielo su cui è ritagliata la sagoma bianca dell’aereoplano si collega al verde della terra attraverso il bianco e rosso del vestito della ragazza non certo raffigurata come simbolo di retorica sentimentale e ideologica.
Angoletta, comunque, dà il meglio di sé in un libro sicuramente più congeniale alla sua vena fantastica, si tratta di Il viaggio incantato di Annie Vivanti, seconda versione di un romanzo, Sua altezza! , che risultava più attento a una declinazione sensuale ed era sicuramente meno godibile dall’infanzia: nell’orizzonte ristretto di una famiglia borghese degli anni Venti, la creatività dei due piccoli protagonisti, Tina e Bobby, soffocata da convenzioni e divieti, trova modo di estrinsecarsi nel viaggio dentro un quadro appeso in salotto alla scoperta di un mondo altro, diverso, colorato e fantastico. Nel quadro i due bambini incontrano personaggi bizzarri, finiscono a quel paese, mangiano la proibitissima erba voglio; i riferimenti letterari rimandano ovviamente al Carroll di Attraverso lo specchio, ma Annie Vivanti sa giocare abilmente sul contesto familiare italiano e il nostro illustratore non manca di sfruttare intelligentemente tutte le opportunità della trama: in copertina i due protagonisti corrono su un arcobaleno e nelle illustrazioni interne la leggerezza delle loro figure, realistiche nell’abbigliamento, si fonde con l’invenzione fantastica del Babao, sorta di nero fantasma, con una Gru che pare uscita da qualche bestiario medioevale, con una gigantesca Erba Voglio tentacolare, con una pioggia di paste e pasticcini da far invidia al più goloso frequentatore dei popolari Paesi di Cuccagna.
Insomma Angoletta, sempre nel segno di una estrema leggibilità, riesce a non perdere mai il contatto vivo con i testi che illustra, ma soprattutto riesce a portare all’interno del suo lavoro ironia, freschezza, leggerezza: sono indicatori di qualità, rari non solo nelle illustrazioni, ma soprattutto in molti testi destinati all’infanzia, ieri come oggi; in questo senso la sua lezione appare allo storico dell’infanzia di straordinaria attualità.