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Erik Balzaretti
Oltre l'illustrazione: il segno e la professione
Bruno Angoletta fa parte di quella schiera di artisti del segno che hanno caratterizzato, e per certi versi permesso, l’affermarsi nel nostro paese, nella prima metà del novecento, di una moderna industria culturale

Cinema ,teatro, letteratura, sport costume e politica rinnovano non solo i target di riferimento ma anche gli strumenti comunicativi con i quali alimentare e alimentarsi.
Angoletta, forse più di altri, è consapevole dell’importanza e ,al tempo stesso, della fragilità di un ruolo così cruciale nel meccanismo di allargamento, in vista di una futura massificazione, delle esperienze artistico-culturali, sceglie una strategia di servizio, mettendosi a totale disposizione del mondo editoriale, non solo per bisogno personale ma, dall’alto delle sue indubbie capacità artistiche, per costruire un’identità professionale di straordinaria modernità.

Solo così si può inquadrare un’attività frenetica, che va dal 1907 al 1954, e senza soluzione di continuità, fatti salvi i pochi anni della Prima Guerra Mondiale, dominata da una particolare visione del ruolo di illustratore del libro e del periodico ma puntellata dalla produzione in ambito satirico-umoristico, dalle esperienze teatrali come scenografo e costumista, di inventore di personaggi nel nostrano mondo dei fumetti, di pubblicitario.

Angolettà appare un creatore multiforme, interessato da un lato a rincorrere il gusto, lo stile artistico più affermato, passando dall’Espressionismo alla Secessione, da un cauto Futurismo al Novecento , dal Cubismo al Metafisico, pur piegandolo ai bisogni della comunicazione più popolare, dall’altro a presidiare alcune zone nevralgiche della professione, sempre portando un carattere distintivo, un marchio personale di estrema riconoscibilità nonostante l’amplissima produzione diretta al mercato del seriale.

Il tentativo di Angoletta di far dialogare l’esigenza artistica, intesa non già come necessità irrefrenabile, compulsiva dell’artista bensì come richiesta del pubblico, rifrazione di quell’arte sentita come pulsione sociale, come spirito del tempo che percorre l’unico e il multiplo, insomma quel segno artistico che si doveva almeno percepire perché sinonimo di superiorità ed eleganza a qualsiasi livello possibile, con l’indubbia precarietà della professione, produce quel vero rinnovamento, forse più sotto l’aspetto grafico che squisitamente illustrativo, della nostra editoria di settore.

In questo percorso Angoletta non è solo, come detto, bensì in compagnia di una folta schiera di operatori più o meno specializzati nei vari settori dove indispensabile era il lavoro dell’illustratore eppure egli appare il più consapevole del suo ruolo e il più attrezzato a piegarlo alle esigenze vecchie e nuove del mercato editoriale.

Un artista di servizio. Quasi lo avesse teorizzato, la carriera di Angoletta si connota come un manifesto per l’arte applicata, superando in un colpo le intuizioni morrisiane e poi quelle cambellottiane dell’Arte Sociale applicata al sociale per approdare alla confluenza tra ruolo e funzione dell’artista popolare. Un profilo volutamente basso, l’arte delle gallerie e delle Mostre è altro dalla professione, che prelude alla figura del grafico-illustratore e designer, operatore globale di tutta l’editoria possibile. Il pubblico borghese reinventa quindi la funzione dell’arte a suo uso e consumo, trasformandola in industria, e trova in figure come quella dell’illustratore moderno, eclettico professionista ma al tempo stesso artista, la chiave di volta per l’affermazione della sua immagine attraverso le immagini.

Trova Angoletta, capace di rinnovare il ruolo dell’illustratore grazie alla consapevolezza che, per sopravvivere alla realtà di una professione non garantita, non era possibile limitarsi ad una applicazione dell’arte diffondendone i canoni più decorativi ma bisognava modernizzare dolcemente, dall’interno, un editoria sempre, almeno fino al secondo conflitto mondiale, in equilibrio instabile tra la funzionalità di modelli ottocenteschi e la ricerca di nuovi pubblici possibili sempre in costante mutazione.

Forse è per questo che l’opera di Bruno Angoletta per quanto vasta, quasi da rendere disperante il lavoro di ricerca, risulta meno visibile di quella di coevi colleghi quali, fra i tanti, Sergio Tofano, Filiberto Mateldi, Piero Bernardini, Mario Pompei, Carlo Bisi per l’illustrazione e Erberto Carboni, Federico Seneca e Severo Pozzati per la grafica e il cartellonismo.

Capace di spaziare tra vari stili, Angoletta, analizzando le sue collaborazioni edtoriali, risulta meno copertinista e più grafico decoratore, meno cartellonista e più illustratore satirico-umorista a testimonianza sia di una versatilità indubbia ma anche della capacità di accettare l’idea di un’editoria minore, e senz’altro meno pagata, dove poggiare il suo rapporto con il pubblico vasto, sentito come come il vero padrone della sua professione. Non è un caso che Angoletta debba la gran parte della sua notorietà alla collaborazione con Il Corriere dei Piccoli e poi con Bertoldo invece che alle collaborazioni con Mondadori o Garzanti oppure con lo straordinario lavoro per periodici innovativi quali Primavera e Giro giro tondo. Insomma pochi sanno che la medusa mondadoriana è opera sua mentre Marmittone è divenuto un peculiare sinonimo di coscritto.

Eppure quel ruolo che Angoletta si ritaglia per sé, e che si può rintracciare con le varie collaborazioni tra il primo Dopoguerra e gli anni Quaranta con testate prestigiose dell’editoria periodica italiana,da Ardita a Il Primato Artistico Italiano, da Novella a La Lettura, da La Donna a Lidel, da Il Dramma a La Scena Illustrata , da Le Vie d’Italia a L’illustrazione del Medico, dove illustrazione grafica e pubblicità si rincorrono tra stili diversissimi e sempre altamente connotativi della volontà di differenziare o di omogeneizzare i temi diversissimi di riviste contenitori o di proporre l’attualizzazione costante delle proposte settoriali. Questo ruolo era stato già interpretato in età giovanile con l’esperimento della rivista per ragazzi Primavera , edita da Podrecca dal 1911 al 1914, preludio all’esperienza del Teatro dei Piccoli, appena dopo l’esordio con L’Asino di Podrecca e Galantara, datato 1907.

Primavera prevedeva il giovane Angoletta come unico responsabile della grafica e delle illustrazioni della rivista. Nel pieno della maturità un impegno analogo si presenta con la collaborazione alla mondadoriana Giro giro tondo ,rivista unica nel panorama editoriale europeo per il suo target apparentemente individuabile tra i bimbi più piccini, durata dal 1921 al 1925, l’ultimo anno ospitato nello storico Il Giornalino della Domenica.

Figlia tanto dello scrittore di regime Antonio Beltramelli, in arte Belt, tanto di Angoletta, in arte Ang, questa rivista diviene il punto più alto della collaborazione con Mondadori che era iniziata con la collana per ragazzi La Bibliotechina de La lampada per poi continuare con La Biblioteca degli Anni verdi e poi con Il Romanzo dei Ragazzi.

In Giro giro Tondo e sui prodotti da essa derivati angoletta esprime il massimo delle sue capacità di illustratore e grafico-designer a tutto campo.

In una lettera di Angoletta ad Arnoldo Mondadori, datata 10 febbraio 1921, citata nel saggio in catalogo di Pompeo Vagliani, al quale rimando per le citazioni autografe, si evidenziano tutte le linee portanti di come Angoletta intenda il suo ruolo mediale di progettista grafico all’interno di una produzione editoriale rivolta ad un mercato nuovo, stretto tra le esigenze dell’editore e quelle del pubblico: In primis viene ribadita la funzionalità di una rivista indirizzata strumentalmente ai bambini per colpire le mamme d’Italia; successivamente viene ribadito il superamento del ruolo classico dell’illustratore per evidenziare quello di grafico-designer impegnato a produrre disegni atti alla decorazione e al ricamo, per finire l’offerta non colta da Mondadori di un rapporto professionale non inquinato dalla precarietà, ovvero l’opportunità di una maggiore riflessione su come produrre “ pubblicazioni di un gusto non ignobile”. Non più quindi un adornatore del libro come dettato da Duilio Cambellotti in R: Bertieri,D.C.artista del libro, Il Risorgimento grafico, n.6, anno XIII , Milano, giugno 1916, p.130, dove l’artista dichiarava: “ Per decorazione del libro io intendo la collaborazione dell’artista all’allestimento del volume; cominciando dalla scelta della carta e dei caratteri, alla esecuzione fregi e dei disegni fino alla determinazione del modo più acconcio per produrli...”.

Angoletta non solo intende adornare un prodotto editoriale, esperienza ampiamente provata con alcuni volumi de La Lampada nella logica del libro d’artista industriale, ma intende partecipare alla sua realizzazione non solo in senso artistico ma soprattutto in quello che definiremo oggi l’aspetto di marketing e di art directoring insieme.

Come detto la produzione di Angoletta appare estremamente variegata e distribuitaquasi cinquant’anni di lavoro. Curiosamente l’attività in ambito pubblicitario, dati i presupposti di cui sopra, appare molto meno rilevante di quello che si potrebbe pensare.

Dal punto di vista del cartellonismo l’attività risulta limitata, anche se comunque di estremo interesse, e testimonia della già alta specializzazione del settore.

Infatti Angoletta è soprattutto uomo di editoria e quindi i suoi rapporti con il mondo produttivo appaiono mediati dal contenitore rivista, da una committenza “interna”, quale, ad esempio, la pubblicità dello stabilimento Fotocollografico E. D’Amore e C., probabile sponsor tecnico de Il Primato Artistico Italiano, nel 1919.

Il lavoro pubblicitario di Angoletta nasce nella stagione del Teatro dei Piccoli , nel 1914, e si configura come manifesto- immagine guida contenenti le figure-marionette di Arlecchino e Colombina. Questa immagine, ed alcune sue variazioni sul tema, contraddistinguerà i materiali pubblicitari dei “Piccoli” di Podrecca. Nel 1930, con la compagnia impegnata in lunghe tourneè in giro per il mondo, l’artista rinnoverà quella immagine tardo secessionista con una composizione geometrizzante a tinte piatte di grande modernità, dove l’equilibrio grafico dialoga con una composizione di gusto suprematista. Degli stessi anni si deve ricordare la cassandriana pubblicità per Tailor G. de Fulgentis, apparsa sulle pagine de Il Dramma e de Le Grandi Firme, dove il gusto della stilizzazione si esalta nella scomposizione optical. Ancora la grande lezione di Cassandre e le suggestioni di Erberto Carboni dominano i bei paesaggi per una campagna plurisoggetto per la Italstrade S.A., apparsa su Le vie d’Italia tra il 1940 e il 1941. Risultano attivi tra la fine degli anni Trenta e gli anni Cinquanta le collaborazioni con grandi committenti come la Pirelli e la Cirio, sempre però limitate alle pagine di riviste di grande tiratura come La Lettura e Il Corriere dei Piccoli. Ancora nel 1941 nasce una collaborazione con la Cariplo risolta in un periodico dal titolo Fonteviva. Nel 1943 Angoletta incontra il cinema e ritorna al murale grazie a due film prodotti dalla Cines: Fuga a due voci per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia e Ventimila leghe sopra i mari per la regia di Gastone Simonetti e con interprete Totò. Angoletta realizza per queste pellicole sicuramente delle locandine pubblicitarie e partecipa con delle illustrazioni di gusto tribale, quasi una decorazione per tessuti, per il film di Totò, ad una pubblicazione pubblicitaria per la Cines, alla quale furono chiamati a partecipare alcuni tra i migliori illustratori italiani.
Tra il dopoguerra e i primi anni Cinquanta si intensifica l’interesse per il settore pubblicitario, meglio pagato e meno faticoso dell’attività editoriale, ma, a parte un‘edizione pubblicitaria edita dalla Pirelli dal titolo La principessa sul pisello e altre fiabe di G. De Cousandier, una pubblicità per il Liquore Strega e la partecipazione ad alcuni importanti concorsi nazionali, non risultano significative collaborazioni. Un settore, quello della promozione del prodotto, culturale e non, dunque non particolarmente frequentato ma sicuramente nelle corde e nei pensieri dell’ Angoletta progettista grafico, tanto da realizzare, già negli anni Venti, una serie di soggetti pubblicitari inventati per i bambini sulle pagine di Giro giro tondo.
Ma è sempre l’editoria a garantire ad Angoletta una serie di collaborazioni di grande qualità, in una logica di promozione editoriale, grazie alla partecipazione, dalla fine degli anni Venti agli anni Quaranta, alla realizzazione degli Almanacchi letterari. Il maggior committente si dimostrerà Bompiani con una decina di volumi, dove l’illustrazione si confonde con il fregio e la funzionalità grafica, ma non bisogna dimenticare Mondadori soprattutto con l’Almanacco della “Medusa” del 1934.

Pochi infatti sanno che il famoso marchio della collana mondadoriana si deve alla perizia grafica e alla naturale predisposizione di Angoletta per la creazione di decori e motivi che si trasformano in logo, seppur su indicazione di Enrico Piceni, responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice milanese, nel 1933.
Esempi in questo senso si possono ritrovare sin dalle prime collaborazioni con La Bibliotechina de La Lampada intorno alla metà degli anni Dieci, fregi e risguardi caratterizzano i volumi dove l’illustratore potè svolgere anche il ruolo di adornatore, un esempio per tutti L’omettino senza un quattrino di Térésah datato 1920, e successivamente nell’utilizzo della prima illustrazione di copertina di Giro giro tondo, nel 1921, che si trasformerà nel logo della pubblicazione.

Un’ultima notazione va spesa per la realizzazione, di livello molto alto, in contrasto con la giustificabile stanchezza di una lunga carriera, esemplari in questo senso le edizioni Garzanti per i classici Cuore, Pinocchio e Bambi, di una serie di sovraccoperte, in maggior parte databili tra gli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta e commissionate quasi interamente da Garzanti. Ancora una volta Angoletta stupisce sia per la bellezza e lo stile giocato tra grafica e illustrazione tra il cubismo e l’astratto, uno stile cromatico che può ricordare Klee e Mondrian ma anche Léger, sicuramente con Cassandre l’autore più seguito come dimostrano su i due versanti la copertina per La via del Falco di M.L. Fehr, Mondadori 1934,per quel che riguarda la scomposizione della scala cromatica, e La copertina per I racconti della ranocchia turchina di L. Antonelli, Mondadori 1933 per quanto riguarda il duo Léger-Cassandre. Queste sovraccoperte chiudono la carriera di Angoletta illustratore sempre alla ricerca di un equilibrio tra vocazione artistica e grafica di servizio, tra copertinismo e un grafismo cubista, ma anche dalla grande lezione dell’illustrazione satirica ed umoristica che costringe il segno all’estrema sintesi.
Intanto che Angoletta si misurava con la grande editoria e cercava la propria via verso l’aggiornamento della professione dell’illustratore, non possiamo dimenticare ed annotare che mai dimenticò di frequentare l’ambito editoriale con il quale aveva esordito nel 1907 e cioè quell’illustrazione satirica ed umoristica, il vignettismo popolare, che ha accompagnato la vita degli italiani, tra politica e costume, in uno dei periodi più complessi e difficili della storia d’Italia. Non siamo sicuri, come lo saremmo per altri illustratori dichiaratamente schierati politicamente, che il percorso delle collaborazioni a testate particolari corrispondesse agli orientamenti politici dell’uomo Angoletta, proprio per il suo modo di intendere il primato della professione su tutto il resto, ma è curioso scoprire un Angoletta sagace fustigatore, battutista surreale e sarcastico inventore di freddure.. L’ipotesi più probabile si configura quella dell’occupazione di ogni spazio possibile all’interno del sistema editoriale, per motivi economici e soprattutto per visibilità , per non essere dimenticato dal pubblico e dagli editori. Una cosa è certa con Marmittone l’altro grande successo popolare Angoletta lo deve alla collaborazione con il fenomeno Bertoldo. Appare comunque evidente che Angoletta possa essere collocato all’interno di uno schieramento genericamente conservatore La prima collaborazione importante, che coincide con l’esordio in professione, la si deve alla famiglia Podrecca, famiglia che permetterà al giovane Bruno di lavorare non solo a Primavera e poi al Teatro dei piccoli con Vittorio Podrecca ma prima , dal 1907 al 1913, alla testata satirica e anticlericale L’Asino con Guido Podrecca e Gabriele Galantara e poi al volume di vignette di Goliardo, nome di battaglia di Guido Podrecca, Il santo manganello , edito dalla stessa casa editrice de Il Primato Artistico Italiano ovvero ancora Guido Podrecca. Il lavoro all’Asino è fortemente connotato dalla lezione di Galantara che allora primeggiava grazie ad una forte impronta espressionista. Successivamente Angoletta trasferisce, tra il 1914 e il dopoguerra tutta la sua perizia grafica , intrisa di secessione e decò, sulle pagine del torinese Numero, forse tra i più eleganti e ben frequentati periodici satirici di area conservatrice. Dopo l’avvento del fascismo e in prossimità delle leggi sulla censura, si segnala una collaborazione, durata per soli sei numeri, nel 1924, della testata Naso rosso, dalla linea equidistante tra fascismo e antifascismo, in cui Angoletta crea l’immagine di testata e illustra, con stili diversi , gran parte delle vignette presenti. Bisogna poi passare al 1937 per rivedere lo stile personalissimo di Angoletta su un periodico satirico: si tratta del popolarissimo, nel senso del poco raffinato, Guerin Meschino meneghino, organo controllato dal regime dove, tra atmosfere surreali preparatorie al prossimo Bertoldo, è necessario calcare la mano soprattutto contro i nemici esterni e interni, soprattutto in odore di leggi razziali. La collaborazione durerà sino a tutto il 1940. Nel 1941 inizia una delle più riuscite collaborazioni di Angoletta grazie ad una linea editoriale, quella del Bertoldo diretto da Giovanni Mosca e Giovannino Guareschi, senz’altro affine al taglio surreal-metafisico delle vignette umoristiche a firma Ang. Angoletta collaborerà per gli ultimi tre anni di pubblicazione, con più di un centinaio di disegni tra vignette e testatine. Cinzia Mangini nel saggio “Bertoldo” e la sua vita , contenuto nel volume a cura di Cinzia Mangini e Paola Pallottino Bertoldo e i suoi illustratori, Ilisso, Nuoro, 1994 così descrive il lavoro dell’illustratore bellunese: “ [...] Il suo tratto è marcato, nitido e senza incertezze; il disegno limpido, lineare, evoca nelle forme e nella staticità l’atmosfera novecentista: gli alberi sono sagome cilindriche, gli occhi, particolare caratterizzante le sue figure, sono spesso misteriosi, sbarrati, resi innaturalmente fissi da un’accentuata descrizione miologica, da antica maschera tragica. Esiste quasi sempre, però, un particolare comico che si rivela ad un esame più attento del disegno e che riscatta la seriosità dell’insieme, rendendo la vignetta ancora più stimolante. Si tratta di una maniera caricaturale contenuta, implicita - basti confrontarla, a colpo d’occhio, con la grafica degli altri autori - ma ugualmente riuscita ed anzi, in certi casi, di maggiore efficacia [...]. Fra i soggetti più curati ricorrenti nella produzione del celebre illustratore per ragazzi [...] si ricordano la figura smilza e scanzonata del cavallo, il leone mogio, la mucca simpatica e vezzosa, con tanto di frangetta tra le corna [...].”
Bertoldo dunque deve essere considerato uno dei momenti più alti del rapporto tra testo e immagine resoci da Angoletta, rapporto che già si era sviluppato con l’esperienza delle rime in ottonari del Corriere dei Piccoli, e si connota come l’estrema sintesi del bagaglio artistico e professionale di un illustratore libero di progettare i contenuti e le forme del suo lavoro. Il dopoguerra vedrà il trasportarsi di questa riuscita formula sia su Fra diavolo, diretto da Riccardo Manzi e poi dal disneiano Guido Martina, esperienza minore e decisamente reazionaria, per concludersi, prima della scomparsa dell’autore nel 1954, con l’abbraccio con il vecchio sodale Guareschi sulle pagine del combattente Candido.