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21/4/1999
Editori e lettori nella prima metà del Novecento
Le due giornate di studi fanno parte di un vero e proprio work in progress sulla storia editoriale italiana di questo secolo avviato due anni fa con il convegno "Stampa e piccola editoria fra le due Guerre".


I lavori, divisi in quattro aree tematiche, analizzano con una prospettiva multidisciplinare il complesso e delicato cammino dell'editoria italiana nella prima metà del XX secolo in bilico tra censura di regime e sviluppo industriale.



La sezione dedicata alle case editrici mette in rilievo come queste ultime abbiano saputo affrontare il necessario processo di modernizzazione e apertura a nuovi pubblici, in contrasto con un'imprenditorialità ancora legata al modello familiare e con una crescente ingerenza del fascismo anche in questo ambito.
Tra i vari interventi si possono citare due casi emblematici: l'impresa della famiglia Ricordi e la casa editrice Slavia. La gestione della Ricordi, infatti, pur restando di tipo familiare, riesce ad aprirsi al nuovo pubblico di dilettanti cresciuto con la radio e la musica leggera, mantenendo, come d'altronde tutto il mondo musicale dell'epoca, un atteggiamento di neutralità in ambito politico.
La Slavia invece, che dagli anni Venti apre con coraggio alla letteratura russa favorendone la diffusione in Italia, sarà costretta negli anni Trenta, nonostante il successo della sua collana "Il Genio Russo", a cessare la propria attività editoriale per ragioni di opportunità politica.
La vitalità della piccola editoria nel primo Novecento è ben testimoniata dall'intervento dedicato al rapporto tra Ricciardi e Croce: in uno scenario caratterizzato dall'evoluzione in senso capitalistico, il caso di quest'editore napoletano testimonia la possibilità di sopravvivenza di imprese minori capaci di realizzare un prodotto artigianale ben caratterizzato e subito riconoscibile per l'alta qualità.

La serie di interventi dedicata ai generi evidenzia casi particolarmente significativi per la comprensione della cultura dell'epoca. La fortuna del giallo, la letteratura sportiva, il rapporto tra editoria e spettacolo, sono solo alcuni esempi. Con l'avvento della cosiddetta "rivoluzione mondadoriana", ovvero con l'affermarsi della cultura come industria, il giallo si trovò ad occupare una posizione non secondaria nel panorama editoriale nazionale. L'intervento sottolinea però che sostenere l'equazione "giallo=Mondadori" significava minimizzare un fenomeno modulare di vasta portata. Se alcune case editrici si limitarono a sfruttare il filone d'oro del poliziesco puntando esclusivamente al profitto, altre, pur non perdendo di vista il mercato, cercarono di offrire ai propri lettori prodotti più che dignitosi sia dal punto di vista narrativo sia da quello altrettanto importante della grafica, affidando a disegnatori il duro compito di attirare l'attenzione dei lettori.
La relazione sui libri di scena evidenzia come nel corso del Ventennio si realizza una vera e propria riforma del teatro italiano, che vive la piena crisi del modello ottocentesco; i riformatori, da Silvio d'Amico a Luigi Pirandello, si battono per un teatro più moderno, collegato alle nuove tendenze europee. Lo scopo della trattazione sarà quello di delineare il panorama editoriale attento alla pubblicazione di saggi critici, ma anche alle tradizionali collane di testo per la scena.

La scelta di trattare, tra i generi in esame, la letteratura sportiva è giustificata dall'importanza che tale soggetto ricoprì nel Ventennio. All'interesse per la manualistica tecnica, che già nell Ottocento era stato valorizzato dalla Hoepli, si affiancano via via negli anni Venti e Trenta la biografia e l'autobiografia sportiva, conseguenti all'imporsi impetuoso del mito e del divismo sportivo.

La giornata conclusiva si muove tra due nuclei tematici: da un lato la diffusione delle letterature straniere attraverso il lavoro dei "mediatori" di cultura, dall'altro le trasformazioni nei gusti e nelle identità culturali a cavallo della seconda guerra mondiale. A questo proposito i due interventi sulla figura femminile evidenziano il complesso e delicato passaggio da un modello stereotipato, imperante nel cinema e nella letteratura di regime, fino alle nuove identità del secondo dopoguerra.
La questione della libertà degli editori verso la cultura europea è ben rappresentata dalla relazione sulla problematica condizione degli intellettuali italiani che promossero la traduzione della letteratura tedesca nel corso degli anni Trenta. Nonostante la censura fu, infatti, possibile dare alle stampe la maggior parte delle opere radiate dalle biblioteche e librerie del Reich; fu allora che fecero il loro ingresso in Italia gli scritti maggiori di Th. Mann, i racconti e i romanzi psicologici dei grandi autori viennesi da A. Schnitzler a St. Zweig, nonché alcuni testi di F. Kafka.
Nell'intervento, sulla base di carte inedite consultate in diversi archivi, fra cui quello della Fondazione Mondadori, vengono ricostruite singole vicende e progetti editoriali che testimoniano come la pubblicazione delle opere degli autori tedeschi esiliati fosse intesa da chi la propose come un atto di libertà culturale.