Come si legge multimedialmente

Se è vero che con l’avvento della multimedialità non è avvenuta la tanto temuta morte del libro a stampa, è pur vero che la rete ha modificato il rapporto libri-lettori: ha amplificato ed esaltato le potenzialità del mercato librario, ha contribuito ad allargare il numero delle persone disposte a leggere e ha persino permesso la creazione di nuovi modi di lettura (l’ipertesto) e di siti culturali che forniscono suggerimenti e informazioni solo riguardo alla lettura.
 
Lo sviluppo della rete Internet, anche nei paesi in ritardo come l’Italia, da un lato, il regresso delle reazioni emotive a favore di più meditate osservazioni, dall’altro, permettono ormai di esaminare più consapevolmente la condizione del lettore e della lettura di fronte alla nuova dimensione digitale e multimediale.
Inutile, naturalmente, interrogarsi per l’ennesima volta sulla morte del libro stampato, come si faceva qualche anno fa e si fa peraltro ancora troppo, sulla scia di alcuni tra i profeti più in vista del sapere digitale e soprattutto di molti loro epigoni. Questa morte non c’è stata, non c’è e, almeno per un bel po’ ancora, non ci sarà.
L’attenzione va quindi spostata altrove. Per sottrarsi alla confusione che tuttavia continua a regnare sulle pagine dei quotidiani e dei settimanali quando il discorso sulla rete viene intrecciato a quello sui libri, sui lettori, sulla lettura si possono ricondurre le brevi riflessioni di queste pagine a tre grandi voci specifiche: l. la condizione del lettore di libri a stampa nel nuovo quadro offerto dalla rete; 2. la visibilità offerta dalla rete a vaste comunità di lettori; 3. la trasformazione del lettore e della lettura operata dall’ipertestualità.
1. La rete ha amplificato ed esaltato le potenzialità di mercato del libro, cosa per cui non soltanto non fa scomparire la lettura a stampa, ma addirittura può favorire un’estensione del numero dei lettori. La constatazione vale naturalmente per il mercato di lingua inglese, cui si rivolgono la maggior parte delle cosiddette «librerie virtuali», cioè librerie presenti solo in rete e dunque «immateriali». Benché tali, queste librerie diffondono milioni di volumi in tutta la loro materialità, favorendo la crescita della lettura libraria. Lo dimostra il successo crescente di Amazon (www.amazon.com), in assoluto la più diffusa libreria di Internet, impegnata ad aprire «filiali» in nuove aree geografiche e culturali, dopo avere conquistato il mercato americano e comunque quello dei libri di lingua inglese. Oltre alla vendita di libri, Amazon offre una serie di importanti servizi collaterali: anticipazioni di novità, segnalazioni personalizzate di titoli relativi a settori prescelti dall’utente, recensioni. Queste ultime stanno diventando così importanti che possono determinare un impensabile aumento delle vendite e la nascita di un best-seller. Qualche servizio, anche se in misura più circoscritta, è offerto anche da internetbookshop Italia (http: www.internetbookshop.it), la maggiore, ma non l’unica, libreria in Internet rivolta esplicitamente al mercato del libro italiano.
La rapida e ampia informazione fornita dalla rete coinvolge anche gruppi di lettori particolari e dagli interessi circoscritti: basta consultare i siti dedicati agli «Harlequin» – la serie rosa corrispondente agli italiani «Harmony» – per rendersi conto di quale potenzialità «pubblicitaria» assuma la rete per il mercato librario, con un’ampia ricaduta sulla lettura tradizionale. La lettrice americana di «Harlequin», per esempio, si collega ormai di frequente a Internet per conoscere in anticipo i titoli in preparazione e prenotarli subito, magari dal proprio libraio.
Il servizio delle librerie in rete – utile soprattutto a chi si trova in luoghi dove i librai non sono presenti o sono poco forniti – costringerà sicuramente la libreria a una ridefinizione del proprio carattere, ma non inciderà, ovviamente, sulle modalità della lettura e non determinerà la «fine della civiltà della stampa» (già data per avvenuta in molti saggi degli anni Novanta).
Il nuovo scenario appena descritto si ripete regolarmente laddove Internet si è imposta come grande risorsa di commercializzazione e lo sarà sempre di più quando si attuerà pienamente quell’integrazione tra rete e televisore, destinata a entrare nel giro di pochi anni nell’orizzonte della vita quotidiana. (Per valutare quanto sta accadendo non ci si può fermare, evidentemente, alla situazione italiana, bloccata a lungo dal monopolio Telecom e dalle lentezze dei collegamenti, così che l’uso domestico di Internet è dettato spesso solo dalla curiosità o dal gioco)
Le potenzialità della nuova situazione sono state prontamente colte anche dagli editori (alcuni anche italiani), che propongono un catalogo delle disponibilità sempre aggiornato e, a volte, vendono direttamente in rete i loro libri.
Nelle annotazioni fin qui esposte Internet e il lettore si incontrano sul piano della promozione e del marketing. Del resto, nonostante gli entusiasmi di chi ha esaltato la rete come luogo dell’ assoluta libertà e democraticità da contrapporre alla civiltà dei beni mercificati, essa si è dimostrata in primo luogo (e soprattutto) un grande centro commerciale, dentro il quale si può trovare di tutto.
A un altro versante – che mette invece in risalto gli aspetti culturali – si possono ricondurre le tante iniziative di attivare in Internet grandi «biblioteche virtuali»: decine di testi in italiano (grazie, per esempio, all’impegno dei promotori del sito liberliber: www.liberliber.it), migliaia in lingua inglese sono già disponibili, nella maggior parte dei casi a titolo gratuito.
Questa volta i testi sono davvero senza «fisicità» (per cui sembrerebbe giustificata la definizione di «biblioteca virtuale», anche se si ha lo stesso l’impressione che sia arrivato il momento di trovare una terminologia più precisa dell’attuale, caratterizzata sempre sull’aggettivo «virtuale»), ma chi teorizzava entusiasticamente la possibilità di aprire e leggere, a proprio piacere, sullo schermo del computer domestico i più vari testi letterari, scientifici, storici, ecc., eliminando così l’uso della carta stampata, deve ricredersi. Occorre infatti prendere atto che chi vuole leggere, con la dovuta attenzione, un testo ampio ricorre comunque alla stampa, surrogando il libro di una volta con fasci di fogli inchiostrati dalla stampante di casa. Comunque cambiata, nel formato e nei caratteri, la stampa resta, resta la carta (e, anzi, si può addirittura dire che non c’è mai stata tanta carta stampata come adesso che tutti parlano di immaterialità) e infine resta il lettore tradizionale; e, naturalmente, continuano a essere le stesse le modalità con cui si esercita la lettura.
La novità e la grande opportunità offerte dalla rete, anche in questo caso, vanno ricondotte alla comodità e alla facilità di raggiungere i più vari testi, purché questi, ovviamente, siano già digitalizzati e messi a disposizione. Chi li leggerà troverà davanti a sé un nuovo supporto (per il quale avrà una percezione diversa del contesto della lettura), ma non muterà i modi con cui si accosterà alla sequenza di caratteri che formano il singolo testo.
Se non è il caso di approfondire, in questa occasione, il grado di attendibilità testuale di molte delle pubblicazioni offerte in rete (anche se la riflessione non va considerata affatto secondaria, visto l’uso che spesso, anche in ambito accademico, viene fatto di testi digitalizzati in modo approssimativo, senza la necessaria correttezza non solo filologica ma nemmeno tipografica), è invece opportuno rilevare che, per molti aspetti, si sta imponendo un nuovo canone letterario, sia a livello mondiale (quali titoli sono ospitati nelle grandi biblioteche di Internet in lingua inglese?) sia a livello locale (quali testi, per esempio, sono offerti in italiano?). La ridefinizione del panorama letterario è frutto, nella maggior parte dei casi, non solo o non tanto delle scelte degli studiosi e dei critici, quanto dell’intervento degli stessi lettori, che suggeriscono quali testi digitalizzare, o addirittura digitalizzano loro stessi i testi preferiti.
2. A questo punto è opportuno introdurre la seconda delle tre voci sulle quali si sofferma questo intervento, quella della evidente presenza, in rete, di varie comunità di lettori. Non si tratta, in questo caso, di nicchie di mercato, quanto di gruppi culturali aggregati da comuni interessi, nei quali lo scambio di esperienze è agevolato dalla facilità dei contatti perseguibili con programmi di posta elettronica o di conversazione a viva voce. Prolificano dunque i siti dedicati agli scambi di esperienze: senza porsi troppi problemi sulla scomparsa del libro, sono numerosi i cultori della lettura, gli appassionati che danno vita a veri e propri club. La tipologia di questi lettori merita senz’altro un’indagine approfondita, in attesa della quale si possono fornire solo alcune impressioni: almeno per quanto riguarda l’Italia si tratta di lettori giovani, non occasionali, capaci di dialogare attraverso lo strumento informatico, ma soprattutto motivati a parlare del loro autore o del loro libro preferito.
Sempre riconducendo la riflessione all’Italia, sarebbe interessante una rilevazione che definisse l’elenco degli autori contemporanei cui vanno le maggiori attenzioni, rilevando, con una strumentazione nuova, il grado della ricezione di un libro, o meglio, per ripescare una formula critica molto in uso nel passato e in questo caso ancora funzionale, la «fortuna» di un autore o di un’opera.
Come esistono siti destinati agli amanti dei modelli di radio d’epoca e agli appassionati della Vespa (in questo caso con l’iniziale maiuscola, intendendo il motociclo della Piaggio, ma ci sarà senz’ altro un sito per chi si interessa dell’imenottero), così sono sempre più numerosi i siti dei fans di singoli scrittori, noti e meno noti: talmente numerosi che è impossibile e inutile dame qui un elenco.
L’osservazione vale anche per il passato, con molti e disparati siti dedicati soprattutto alle figure della letteratura dal Settecento al Novecento. Per sottrarsi, anche negli esempi, al dominio anglofono, può essere utile citare un caso francese: si tratta di un sito dedicato a Louis-Ferdinand Celine, che presenta alcuni caratteri ricorrenti anche per altri autori: «Ce site se veut un lieu de rendez-vous avec le docteur Destouches. Il vous proposera un voyage, sous forme de feuilleton bimestriel, dans l’univers de l’écrivain, du médecin et de l’homme. Il Vous y trouverez des textes, des images, des sons, des références bibliographiques, des adresses, des liens vers d’autres sites … » (http: www.chew.com/lfcelinel).
Gli esempi relativi alla letteratura italiana moderna e contemporanea sono pochi (si potrebbero ricordare alcune iniziative individuali che danno informazioni sulla vita e le opere di scrittori novecenteschi, da Savinio a Bontempelli a Pasolini), per cui non si può che auspicare lo sviluppo di progetti collettivi (anche pubblici) capaci di valorizzare, anche sulla rete, autori e titoli italiani, non limitandosi (come già avviene) alla trascrizione dei testi.
Interessante, peraltro, a questo proposito, la costruzione, via Internet, della propria immagine e la presentazione della propria attività perseguita da alcuni scrittori contemporanei, alla ricerca di un nuovo rapporto con i propri lettori o con quelli che potrebbero diventarlo. Emblematico il sito di Carmen Covito, che, sotto lo slogan: «Benvenuti in un sito romanzesco», propone un indice davvero ricco: pagine di romanzi della scrittrice, racconti, schede di libri appena letti e film appena visti, saggi vari, collegamenti ad altri siti.
Ancora due osservazioni, prima di chiudere la riflessione su questo secondo punto dedicato ai lettori in rete. La prima per ricordare l’esistenza di siti e di riviste culturali «in linea», che, anche in Italia, offrono suggerimenti e informazioni di lettura. Può essere utile citare Alice – ww.alice.it – contenitore di parecchie pagine culturali, che ospitano numerosi informazioni librarie e addirittura una rivista: Caffè letterario. Proponendo il tema dell’influenza dei critici librari e musicali che operano in rete, i promotori di «Alice» scrivevano (luglio 1999) che «in alcuni siti le recensioni sono in qualche modo “sponsorizzate”, ma in molti altri sono frutto di un lavoro redazionale tradizionale, che comporta scelte non dissimili da quelle fatte per i periodici di critica letteraria». E aggiungevano, con un certo orgoglio: «Il punto sta nell’avere gli strumenti per poter valutare quale sito appartenga al primo gruppo e quale (e qui corre l’obbligo di dire ‘come il nostro’) al secondo». Il tema degli strumenti con i quali riconoscere la qualità di un sito o di un intervento in linea dovrebbe davvero imporsi all’ attenzione del mondo culturale, ma anche questo è un tema cui qui si può solo accennare.
La seconda osservazione richiama particolari iniziative personali, per lo più straniere, che non si potrebbero definire altrimenti che «curiose». Michael D. Parker, definibile (secondo le statistiche italiane) «forte, o fortissimo, lettore», nel sito A Celebrating of Reading riporta tutte le possibili informazioni sulle lettura da lui condotte dal 1950 a oggi: dall’inventario dei libri letti (in ordine alfabetico, con la data di lettura e l’indicazione di genere, a volte un po’ discutibile: «Vita Nuova, 1969, Short Novel»), alle letture in corso, ai libri in attesa sullo scaffale. In particolare sono riportate brevi schede di lettura, e un giudizio critico personale, su ogni libro letto (mese per mese) dal 1997 in poi (http://idt.net/mparker/). Gilles G. Jobin, del Québec, riporta invece, nel sito personale Au fil de mes lectures, una selezione delle migliaia di citazioni raccolte «da sempre» («la maggior parte delle quali non si trovano in alcuna collezione già pubblicata»): l’elenco, al luglio 1999, consiste di 7.869 frasi, tratte da oltre 240 autori di tutto il mondo.
3. È chiaro, tuttavia, che chi parlava (e chi continua a parlare) dell’inevitabile fine della civiltà della stampa e delle tradizionali modalità di lettura, faceva (e fa) riferimento ad altro, perché non concepisce la rete come grande mercato ma (cosa che anche è) come il «Grande Ipertesto», esemplificativo, in dimensione macroscopica, della struttura ipertestuale dei singoli siti e dei singoli ipertesti.
L’attenzione si sposta immediatamente sulla parola-chiave «ipertesto», definibile, secondo alcuni teorici, proprio in funzione di una nuova modalità di lettura, dal carattere «non sequenziale», soprattutto quando propone anche immagini e suoni, perseguendo un alto grado di multimedialità.
Non è il caso di discutere qui le teorie dell’ipertesto o degli ipermedia. Quello che si può invece sollecitare è un approfondimento delle categorie, ormai consolidate e convenzionalmente banalizzate, relative alle modalità con cui si svolge la lettura ipertestuale.
Non si tratta, certamente, di mettere in discussione le radicali novità strutturali di una combinazioni di testi uniti tra loro da collegamenti capaci di creare molteplici percorsi di lettura, quanto di riflettere sulla fine della sequenzialità inerente la lettura dell’ipertesto. Si potrebbe dire infatti che la fine della sequenzialità riguarda senz’altro l’uso dell’insieme dei materiali che danno vita all’ipertesto (ma pochi lettori, comunque, hanno esaminato una per una, e di seguito, tutte le voci dell’Enciclopedia Einaudi, buon esempio di ipertesto cartaceo, per non parlare di qualsiasi altra enciclopedia tradizionale «per voci»), mentre continua a essere sequenziale la lettura specifica delle singole parti scritte che compongono un ipertesto.
Ma a questo punto il discorso deve limitarsi solo a porre alcuni problemi. Per esempio si potrebbe obiettare che le osservazioni appena riportate valgono solo per alcune tipologie di ipertesto, in particolare quelle che propongono scritti destinati a trasmettere una qualsiasi forma di conoscenza (un insieme di leggi o un manuale di retorica, le istruzioni per il montaggio di un attrezzo o un documento storico). Diverso sarebbe il caso di un ipertesto narrativo fondato sulla voluta casualità dei suoi elementi, soprattutto se corredato di suoni e immagini. Tutto vero, anche se, di fronte a molti ipertesti di finzione, si potrebbe richiamare la letteratura e l’arte d’avanguardia, che, presentandosi nelle forme più varie, hanno però sempre richiesto specifici lettori o spettatori (implicitamente proponendone i caratteri).
La riflessione torna sul lettore, ma non è il caso di andare avanti su questa strada; come si comportano i lettori di opere sperimentali e i lettori di opere più tradizionali è tema diverso da quello qui affrontato, e per altro già noto. Più utile, forse, proporre un’ultima annotazione problematica, riguardante il «disagio» del lettore davanti alle narrazioni ipertestuali. La si può leggere in un rilevante saggio teorico di Sergio Cicconi, Narrativa ipertestuale? Non ancora, grazie (in http://www.cisenet.com/cicconilhyperfiction/ipernarrativa.htm), secondo il quale la cultura cui apparteniamo – e l’esercizio della lettura che in essa si è sviluppato con proprie modalità specifiche – fa sì che «ci troviamo ancora cognitivamente intrappolati nella logica della linea e inclini quindi a percepire come disorganizzata e persino caotica e fastidiosamente inconcludente ogni forma di narrazione che non risulti organizzata secondo quelle condizioni elementari [ . . . ] che definiscono una sequenza narrativa». Per questo, è la frase conclusiva del saggio, «pur se ci è possibile accedere analiticamente a opere narrative governate da logiche diverse da quella della linea, ci troviamo ancora naturalmente predisposti a tradurre le strutture non linearmente costruite in strutture comprensibili con la logica della linea, e, di conseguenza, siamo per lo più incapaci di produrre valutazioni di tali lavori che non siamo condizionate da un atteggiamento mentale essenzialmente lineare».