«Gli editori sono dei gran noiosi». Casi e vicende dei romanzi di Jean Genet tra Francia e Italia


«Gli editori sono dei gran noiosi» Casi e vicende dei romanzi di Jean Genet tra Francia e Italia, il nuovo volume FAAM di Federico Sacco, della collana «Biblioteca», in libreria e sugli store online dall’16 giugno 2023.

Un volume che racconta, attraverso lettere e pareri di lettura in grande parte inediti e conservati in FAAM, la storia rocambolesca e tormentata delle edizioni dell’opera narrativa di Jean Genet. Il «Ladro di stile» che riuscì a pubblicare i suoi romanzi in gran segreto, considerando i suoi primi editori dei «gran noiosi»: non volevano che il proprio marchio comparisse al fianco di un autore che aveva fatto del crimine e dell’omosessualità un progetto di vita letteraria.

 

«Genêt non è un autore addomesticabile.»

Mario Rivoire

 

Jean Genet scrisse le prime poesie in carcere, poesie che circolarono clandestinamente grazie a una fitta rete di souscripteurs. Le prime opere gli costarono accuse di ripugnanza e oscenità, considerate controverse e non pubblicabili dalla maggior parte degli editori, ma la poesia di un linguaggio nuovo, al contempo colmo di riferimenti alla cultura letteraria antica, riuscì a raggiungere una piccola folla di letterati e libertini. Così, fin dal principio, la storia editoriale di Genet si pone in bilico tra il pubblicabile e l’impubblicabile, tra il netto rifiuto e la necessità di portare al pubblico testi di un valore letterario tanto alto. Dieci anni dopo l’autopubblicazione, l’opera di Genet raggiunse Gallimard, che ebbe il coraggio di portare l’autore «erede diretto di Rimbaud» al grande pubblico. In Italia questo merito spetta a Mondadori. Alberto Mondadori, allora direttore editoriale della casa editrice, conobbe Jean Genet nel 1946 e decise di includerlo nel loro catalogo prima e successivamente in quello de il Saggiatore, la casa editrice presso cui sarebbe uscita la prima edizione integrale.

Tuttavia, anche in Italia i comitati di lettura lo definivano scabroso, impubblicabile. Il testo viene così tagliato e accompagnato da paratesti che finivano per giustificare il contenuto di ogni pagina. Ma Genet non scrive mai in difesa dell’omosessualità, lo fa per difendere se stesso e se ne scaturisce un senso di universalità è solo la conseguenza del suo stile intensamente poetico.
Federico Sacco, attraverso i carteggi tra Genet e Alberto Mondadori, i pareri di lettura e altri materiali d’archivio in parte conservati in FAAM, e molti dei quali inediti, ricostruisce le vicende editoriali e la percezione da parte del pubblico delle opere di Jean Genet e di come quei romanzi abbiano ripreso vita in una lingua diversa, grazie alla scelta dell’allora presidente de il Saggiatore, Alberto Mondadori. Si indaga come i romanzi finirono per inserirsi in un catalogo in piena rivoluzione, che definirà il distacco della casa editrice di Alberto da quella paterna, diventando un esempio del cambiamento interno all’Italia stessa, in cui la sessualità cominciava a vivere una iniziale liberazione.

Conclude il libro un’intervista a Dario Gibelli, principale traduttore italiano dell’opera di Genet, che ha contribuito alla prima edizione “integrale” dei romanzi pubblicati negli anni novanta dal Saggiatore, che li propose in questa veste ancora prima di Gallimard.

Romanzi come Il miracolo della rosa, Querelle di Brest e Diario di un ladro, sono inevitabili, non hanno solamente un inestimabile valore letterario, ma sono anche un veicolo che consente a un soggetto raramente rappresentato di emergere; perché cambiando l’immaginario collettivo si dovrebbe aspirare ad attingere quell’universalità che l’idea di canone falsamente sottende, permettendo così che qualsiasi soggetto possa essere rappresentato senza distinzioni di sesso, genere, razza, ideologia politica, abilità fisiche o orientamento sessuale.

 

Il volume è stato realizzato con il sostegno di Regione Lombardia.