Due campioni in gara

Davanti ci sono ancora Dan Brown e Andrea Camilleri, con i loro titoli di maggior successo che trainano il resto della produzione; la novità più interessante delle classifiche di vendita però è la buona performance delle opere degli autori italiani. La narrativa di genere gialla e rosa, ma anche quella d’autore e, soprattutto, la saggistica d’attualità, di provocazione, d’approfondimento. Da Buttafuoco a Gomez-Travaglio, da Grillo a Terzani, e poi Rampini, Saviano: in uno sforzo di comprensione delle vicende della contemporaneità che accomuna atto di scrittura e lettura.

Nessuno si stupirà se soltanto Andrea Camilleri riesce a contrastare il monopolio del favore dei lettori che Dan Brown detiene da tre anni a questa parte. La competizione al vertice delle classifiche è selettiva per definizione, ed è naturale che metta a confronto due campioni d’incassi, capaci di attivare il rapporto con larghe o larghissime fasce di pubblico. D’altra parte, si può sostenere tutto tranne che le opere di questi autori si confondano nella pletora dei testi spersonalizzati che in ogni stagione affollano gli scaffali delle nostre librerie. Non è così. Piacciano o no, dobbiamo riconoscere che ci troviamo di fronte a due narratori dai caratteri distintivi quanto mai marcati, che non solo non si assomigliano fra di loro, ma nemmeno assomigliano agli altri autori con i quali entrano in concorrenza nei rispettivi segmenti di mercato.
Tanto meno ci si dovrà stupire se la gigantesca fortuna editoriale del Codice da Vinci esercita un effetto di trascinamento sugli altri titoli del narratore statunitense, tradotti in italiano dopo il romanzo di maggiore successo ma in realtà a esso precedenti. Il fenomeno risponde alla logica del divismo d’autore, e reitera quanto già occorso ai volumi più lambiccati di Camilleri dopo l’exploit librario e televisivo del ciclo di Montalbano. È vero, piuttosto, che bisogna attendere il terzo volume della serie di Robert Langdon (The Solomon Key), già a lungo annunciato e finora rimasto avvolto in un rigoroso quanto prevedibile alone di mistero, per comprendere quali potenzialità di sviluppo abbia l’irrequieto – e per tanti aspetti conturbante – filone spiritualistico al quale Dan Brown deve la sua fama mondiale.
Per intanto, bisogna prendere atto che l’autore del Codice convince i lettori anche quando abbandona i misteri dell’anima per affrontare gli intrighi ben più oscuri dell’epoca contemporanea, con le inevitabili implicazioni politico-economiche e tecnologico-militari. A questi temi sono dedicate le due novità della stagione 2005-2006: La verità del ghiaccio, primo con 1.068 punti (ai quali si sommano i 384 dell’edizione tascabile), e Crypto, undicesimo con 500 punti in cinque settimane (ma, nel momento in cui scriviamo, il romanzo, uscito a giugno, non ha ancora imboccato la fase discendente). Solo parzialmente trainato dal film del premio Oscar Ron Howard, Il codice da Vinci si assesta al terzo posto con 1.020 punti, mentre Angeli e demoni conquista il ventitreesimo, con 339 punti (i dati, come sempre, sono ricavati dall’esame delle graduatorie settimanali realizzate per conto di «Tuttolibri» dall’istituto Demoskopea, assegnando cento punti alla novità più venduta della settimana e agli altri titoli un proporzionale punteggio inferiore).
Anche Camilleri, come il suo antagonista d’oltreoceano, porta in classifica diversi titoli: La vampa d’agosto, secondo con 1.066 punti; La pensione Eva, diciannovesimo con 384 punti; La luna di carta, trentesimo con 308 punti; Il medaglione, quarantatreesimo con 224 punti. La coincidenza non è priva di significato: la popolarità, in effetti, va coltivata e alimentata, ed è normale che, tra novità, ristampe ed edizioni tascabili, i beniamini del pubblico compaiano in classifica con più di un libro. Del resto, i casi di Dan Brown e di Camilleri non soltanto non sono isolati ma nemmeno sono i più clamorosi: Geronimo Stilton firma la bellezza di diciannove volumi, Joanne K. Rowling cinque, e quattro sono i titoli per Alessandro Baricco, Paulo Coelho, Jeffery Deaver, Sophie Kinsella. Mentre, fra i classici moderni, spiccano gli otto romanzi di Georges Simenon e i sette di Italo Calvino.
D’altro canto, dietro il testa a testa fra l’autore nordamericano e quello siciliano (i soli a superare la soglia dei mille punti) si annida una competizione più ampia e duratura, che vede contrapposti due popolarissimi generi della cultura di massa. Da una parte, il thriller mozzafiato all’americana che punta a coinvolgere il lettore emotivamente, avvalendosi delle varie tecniche della suspense; dall’altra, il vecchio poliziesco erede della fiducia positivistica negli strumenti della ragione che, al contrario, concentra l’attenzione sui processi mentali attraverso i quali l’investigatore, solitario o collettivo che sia, arriva a individuare e smascherare il colpevole di un delitto o di una catena di delitti. Al di là delle differenti modalità narrative, entrambi i generi tuttavia tendono a porre al centro dell’invenzione romanzesca una figura eroica, magari inquieta e disillusa, che si erge a paladino della giustizia, andando a scavare nelle molteplici zone d’ombra del presente. Sono in gran parte personaggi indotti all’azione loro malgrado, che il più delle volte non traggono molta soddisfazione da una vittoria che sanno provvisoria. Nondimeno, sono figure inequivocabilmente positive, che si collocano agli antipodi dei personaggi senza destino della tradizione novecentesca alla quale continua a ispirarsi di preferenza la narrativa di maggiore complessità letteraria.
Ma per la nutrita famiglia dei maestri del brivido e della detection la stagione 2005-2006 non è stata priva di ombre. E vero che il settimo posto nella classifica generale è occupato ancora da un thriller, Il broker di John Grisham (648 punti), ambientato sotto i portici bolognesi che già hanno fatto da sfondo a molte storie gialle made in Italy, a cominciare da quelle del sergente di Pubblica Sicurezza Antonio Sarti. Ma per rintracciare le altre novità bisogna scorrere i settori di media classifica: La luna fredda di Jeffery Deaver è quarantaduesimo con 226 punti; Predatore di Patricia Cornwell sessantunesimo con 157 punti; Inalbero dei Giannizzeri di Jason Goodwin settantaduesimo con 135 punti; Quando il cielo si divide di Nicholas Evans novantacinquesimo con 98 punti, mentre soltanto nei settori di coda, oltre il centesimo posto, troviamo Carne e ossa di Kathy Reichs (95 punti), Cell di Stephen King (89 punti) e Utente sconosciuto di Michael Connelly (81 punti). Certo, non bisogna dimenticare che, per i limiti costitutivi del sistema in base al quale le classifiche sono compilate, le somme dei punteggi settimanali risultano puramente indicative: dietro questi numeri astratti si nascondono le cifre ben più concrete delle copie vendute, e sono cifre comunque da capogiro, che sarebbe sbagliato sottovalutare. Rimane il fatto che, anche calcolando le riedizioni e i tascabili che possono essere rubricati nell’area del thriller o in quella del poliziesco, otteniamo appena una quarantina di titoli: davvero non molto rispetto ai 578 che hanno fatto capolino in classifica almeno una settimana.
Il quadro complessivo, insomma, risulta più articolato di quanto sembri a prima vista, e lascia spazio a una varietà di proposte che testimonia di un mercato dinamico, addirittura caotico, che in gran parte sfugge agli algidi calcoli del marketing. L’esempio più emblematico lo offre il sesto posto di Il cacciatore di aquiloni (828 punti), opera prima dello scrittore afgano trapiantato in California Khaled Hosseini. Apparso per la prima volta in classifica il 29 ottobre 2005 all’ultimo posto della narrativa straniera con soli sei punti, e rimasto assente per tutto il mese di novembre, il libro pur senza marchi di garanzia plateali ha visto crescere poco alla volta il suo consenso, secondo modalità consuete ai bestseller nati in virtù del passaparola. D’altra parte, al di là delle qualità espressive non proprio eccelse, il romanzo non potrebbe essere più distante dai moduli narrativi dei primi classificati, accomunati dalla vivacità di una trama nella quale gli eventi romanzeschi si succedono a ritmo serrato. Certo, Il cacciatore di aquiloni non manca di tensione narrativa. Tutt’altro. Ma l’unità del racconto si disgrega in una congerie di episodi e bozzetti che portano in primo piano l’ansia introspettiva del protagonista Amir, relegando sullo sfondo il dramma dell’Afghanistan angariato prima dai sovietici, poi dai talebani e oggi dalla guerriglia dei clan, che pure avrebbe potuto offrire tanti spunti alla fantasia romanzesca non meno che alla coscienza critica.
Ma ancora più significativa, sotto il profilo sociologico, appare la performance della produzione narrativa e saggistica italiana che, oltre a La vampa d’agosto di Camilleri, piazza fra i primi dieci altri cinque titoli: Ho voglia di te di Federico Moccia, quarto con 941 punti; La fine è il mio inizio di Tiziano Terzani, quinto con 883 punti; Lutto il Grillo che conta di Beppe Grillo, ottavo con 549 punti; I segreti di Roma di Corrado Augias, nono con 542 punti; Un posto nel mondo di Fabio Volo, decimo con 522 punti. Le prestazioni dei nostri scrittori sono apprezzabili anche nelle posizioni immediatamente successive dove, limitandoci alle novità, troviamo Questa storia di Alessandro Baricco (461 punti), L’impero di Cindia di Federico Rampini (454 punti), La ragazza del secolo scorso di Rossana Rossanda (444 punti), Rosso corallo di Sveva Casati Modignani (354 punti), Le mille balle blu di Peter Gomez e Marco Travaglio (319 punti), Vincitori e vinti di Bruno Vespa (313 punti), Sconosciuto 1945 di Giampaolo Pansa (276 punti), L’infinito viaggiare di Claudio Magris (249 punti), Le uova del drago di Pietrangelo Buttafuoco (229 punti), Caos calmo di Sandro Veronesi (224 punti); Era ieri di Enzo Biagi (218 punti), Un giorno perfetto di Melania G. Mazzucco (197 punti), Gomorra di Roberto Saviano (170 punti), Il viaggiatore notturno di Maurizio Maggiani (143 punti).
Come si può notare, un elenco estremamente disomogeneo, sia per il grado di complessità dell’elaborazione linguistica sia per la tipologia dei destinatari ai quali si conforma il codice genetico dei testi. Ma proprio l’alto tasso di eterogeneità di questo assortimento conferma che l’offerta libraria in Italia può contare, nei diversi settori merceologici, su una relativa indipendenza dagli standard angloamericani, sufficiente a dissolvere le apprensioni per i rischi di appiattimento omologante dei gusti del pubblico connessi al processo di globalizzazione in atto.
Insieme al poliziesco, la parte del leone la fa una narrativa a sfondo sentimentale, che si incarica di rappresentare gli affanni amorosi dei lettori senza troppe ambasce letterarie. Tuttavia è doveroso riconoscere lo sforzo di rinnovamento che caratterizza l’evoluzione di questo genere, peraltro ben radicato nella nostra civiltà romanzesca. A risaltare è un intento di apertura alle problematiche della contemporaneità che, sul piano della strutturazione del racconto, si traduce in una ibridazione costante dei modi narrativi. In effetti, mentre Sveva Casati Modignani in Rosso corallo proietta la vicenda sentimentale della sua protagonista su un vasto sfondo storico che ripercorre tutti i principali momenti della tormentata vicenda della nostra repubblica dalle origini sino a oggi, Moccia e Volo, rispettivamente in Ho voglia di te e in Un posto nel mondo, innestano le coordinate del rosa dentro gli schemi di un moderno racconto picaresco per dare espressione al senso di disorientamento dell’universo giovanile, secondo modalità già sperimeritate fra gli altri da Enrico Brizzi, Lara Cardella, Silvia Balestra. I sentimenti di amore e di amicizia in queste storie si presentano ai personaggi come il principale criterio mediante il quale valutare i casi dell’esistenza. Ma è significativo che il dinamismo dei sentimenti non pacifichi l’animo dei protagonisti, anzi ne amplifichi le incertezze inducendoli a rimettere continuamente in discussione le proprie scelte di vita.
D’altra parte, non bisogna dimenticare che il successo è sempre relativo, e va misurato in proporzione alle attese e alle potenzialità che un libro possiede. In questa ottica, acquista il giusto rilievo il buon risultato di una narrativa di qualità, sorretta da un’evidente preoccupazione di decoro formale che, pur rimanendo lontana dalle posizioni di testa, riesce tuttavia a raggiungere compiutamente i propri destinatari elettivi. A tale categoria appartengono opere come Questa storia di Baricco, L’infinito viaggiare di Magris, Caos calmo di Veronesi, Un giorno perfetto di Mazzucco, Il viaggiatore notturno di Maggiani. Ma, per tante ragioni, la prova più interessante è quella di Buttafuoco che con Le uova del drago propone una riflessione sulle origini della democrazia italiana raccontando le conseguenze dello sbarco americano in Sicilia dal punto di vista degli sconfitti. Il romanzo ha un evidente carattere di provocazione intellettuale, e si può ben capire che sia stato giudicato con favore anzitutto da un pubblico di destra che lo ha accolto come l’ennesimo contributo a un revisionismo etico-politico prima che storico. Ma la dimensione semiseria, da teatro dei pupi, in cui fin dalle prime pagine è calata la vicenda della spia nazista Eughenia Lenbach impedisce qualunque immedesimazione nostalgica nei protagonisti. Piuttosto, a emergere è una sorta di scetticismo antropologico comune a tanti romanzi antistorici che hanno bensì una carica polemica attualistica, volta però a mettere in discussione ogni fiducia in una prospettiva ascensionale del divenire storico. Insomma, cambiano i burattinai, ma la Storia si dimostra incapace di produrre modifiche sostanziali nel tessuto immobile dell’esistenza.
Le classifiche rendono poi conto di un’inquietudine civile diffusa, esacerbata dalla percezione che l’azione politica degli organismi rappresentativi nazionali e internazionali sia inadeguata ad affrontare le sfide dell’epoca presente. In questo contesto appare emblematico l’ottavo posto di Tutto il Grillo che conta, un volume antologico che raccoglie alcuni dei principali monologhi teatrali e televisivi che il comico genovese ha messo in scena tra il 1993 e il 2005, facendosi interprete di un moto di indignazione che investe un po’ alla rinfusa costume, politica ed economia, senza oltrepassare i limiti angusti del ribellismo umorale. Con maggiore capacità di analisi dei conflitti sociali, Tiziano Terzani nel suo testamento letterario ripercorre i momenti salienti della propria biografia pubblica e privata, soffermandosi a lungo sui grandi momenti della storia recente di cui è stato testimone d’eccezione, in Vietnam, in India, in Cina, in Giappone. Tuttavia anche qui la Storia viene evocata sostanzialmente per metterne in risalto i tradimenti. Di fatto, il messaggio che il grande giornalista consegna al figlio Folco e, attraverso lui, alle nuove generazioni è un invito a guardare dentro il proprio animo, dove solo è possibile rintracciare la verità del proprio essere.
Rispetto a questi testi che muovono da una visione generale del presente di natura apocalittica, risalta ancor più l’atteggiamento illuminista della saggistica d’attualità che affronta alcuni problemi specifici dell’epoca contemporanea confidando nelle capacità della cultura di incidere positivamente sull’opinione pubblica. In questo ambito si inseriscono Le mille balle blu di Gomez e Travaglio, un libro bianco che fa luce sulle contraddizioni, le promesse e le smentite di Silvio Berlusconi dalla «discesa in campo» al contratto con gli italiani; L’impero di Cindia di Rampini, che indaga con intelligenza il boom economico, industriale e tecnologico dei nuovi giganti asiatici; e, soprattutto, il libro-inchiesta Gomorra di Saviano, che s’addentra con efficacia nei meandri del sistema di potere della Camorra per metterne in luce le nuove e vecchie ramificazioni.
Infine, è da registrare la buona prestazione della narrativa per ragazzi che, tra titoli nuovi e titoli vecchi, conquista i vertici della classifica grazie soprattutto alla capacità di rimodellare le forme più consolidate e a essa più congeniali. Da una parte, quelle del racconto magico-avventuroso atte ad appagare i desideri di onnipotenza giovanile (Eldest. L’eredità di Christopher Paolini, dodicesimo con 497 punti; Harry Potter e il Principe Mezzosangue di J.K. Rowling, sedicesimo con 441 punti; Le cronache di Narnia di Clive S. Lewis, venticinquesimo con 335 punti). Dall’altra, quelle di una ilarità scanzonata e fantasiosa, in equilibrio tra reale e surreale {Alla ricerca della felicità di Geronimo Stilton, ventesimo con 374 punti; La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl, ventiduesimo con 361 punti; Il piccolo principe di Saint-Exupéry, ventiseiesimo con 320 punti). Il fenomeno merita naturalmente una trattazione approfondita, che però ci porterebbe troppo lontano. Qui preme almeno sottolineare l’influenza crescente che il pubblico giovane, troppo spesso ignorato dagli studiosi del mercato delle lettere, esercita sui consumi librari.