Mondo digitale 2006: prime prove di convergenza

Il passaggio al digitale con la conseguente convergenza tra i diversi media procede forse più lentamente di quanto previsto, ma è ormai inesorabile. Grossi cambiamenti sono avvenuti nel settore televisivo, i videogiochi non sono più una cosa da ragazzini, aumentano i brani musicali scaricati legalmente, cresce il segmento di mercato dedicato alle suonerie dei cellulari, è partita la sperimentazione di scarico di film. Per i produttori di contenuti, si profila una sfida bifronte: rafforzare la presenza sui maggiori motori di ricerca, mantenendo però la gestione dei contenuti.

Da quando questa rassegna sul mondo digitale ha preso l’avvio qualche anno fa, con continuità si sono succedute innovazioni tecnologiche e sono state fatte previsioni sulla prevalenza del mondo digitale sull’ormai ritenuto superato mondo analogico o sulla scomparsa dei libri a vantaggio degli e-book e di Internet.
Anche se tutto ciò non è avvenuto con la velocità e secondo le modalità previste, abbiamo assistito a un sempre maggiore affermarsi dei nuovi media, a integrazione e in alcuni casi anche a parziale sostituzione di quelli tradizionali.
Contemporaneamente la diffusione di Internet, delle tecnologie digitali e della telefonia cellulare e la convergenza tra questi settori hanno, e avranno sempre più, sulle modalità di consumo e di utilizzo dei media, effetti profondi e duraturi, soprattutto se consideriamo l’impatto che hanno prodotto sui più giovani. Il settore editoriale librario non è ancora stato toccato in modo forte da questi fenomeni che invece hanno già avuto conseguenze dirompenti in altri ambiti del mondo dei media, come la musica e la tv. L’analisi di quello che sta succedendo in questi settori contigui può forse fornire spunti utili anche per il settore editoriale della carta stampata.
Secondo i dati presentati da una recente indagine Jupiter sui consumi di media, gli europei spendono più tempo on line che non leggendo giornali e riviste: il tempo passato a navigare su Internet è raddoppiato: 2 ore la settimana nel 2003 e 4 ore oggi, a fronte di 3 ore passate a leggere su supporti tradizionali. Il dato positivo è che il consumo complessivo di media è passato dalle 15 del 2003 a 19 ore settimanali del 2006.
La tv fa sempre la parte del leone: il tempo passato davanti al piccolo schermo rimane tre volte superiore a quello passato on line.
Le cose cambiano però se si considerano due altri fattori: l’età dei consumatori e la disponibilità di connessioni a banda larga.
I più giovani, soprattutto quelli sotto i 25 anni, hanno un utilizzo di Internet molto più alto: mediamente 6 ore la settimana contro 1 ora dei più anziani.
Anche la disponibilità di connessioni a banda larga con tariffe fisse modifica le abitudini: chi le utilizza naviga mediamente 3 volte di più di chi utilizza il modem. Questo dato trova conferma se si analizzano le situazioni delle diverse nazioni europee: in Francia, dove esiste il più alto rapporto banda larga/abitazioni, si ha il maggior numero di ore spese on line. In Germania, dove si può contare su un’ampia disponibilità di tv satellitari, si ha invece il consumo più elevato di tv (14 ore settimanali). Italia, Spagna e Svezia sono agli ultimi posti.
II processo di passaggio verso i media digitali con il conseguente fenomeno di convergenza tra i diversi media, anche se procede forse più lentamente di quanto inizialmente previsto, è, però, ormai inesorabile; sembra più probabile che si avvicinino a Internet le persone non più giovani, piuttosto che i giovani scelgano di consultare la versione cartacea di un quotidiano.
È forse sulla base di queste valutazioni che quest’anno «The Guardian», uno dei principali quotidiani inglesi, ha, per primo, fatto una scelta coraggiosa decidendo di puntare sul sito Internet per tutto quanto riguarda gli aggiornamenti e l’attualità e riservando alla versione stampata gli approfondimenti. La versione on line oltre a essere costantemente aggiornata, sfrutta tutte le possibilità offerte da tecnologie come il podcasting (una tecnologica che permette di trasferire da un server a un dispositivo collegato in rete file multimediali che possono essere fruiti successivamente), l’rss feed (il termine è stato inventato da Ben Hammersley, un giornalista del «Guardian» nel 2004: attualmente è molto utilizzata dai servizi di news, dalle radio e tv per inviare ai loro utenti i contenuti multimediali presenti sui loro siti. Si tratta di un servizio «push»: gli utenti, infatti, una volta iscritti al servizio e selezionati i contenuti di loro interesse tra vari canali disponibili, riceveranno, direttamente e gratuitamente, sul dispositivo selezionato tutti i contenuti man mano che saranno pubblicati sui canali scelti. Secondo le ultime statistiche solo il 20% dei contenuti è fruito su dispositivi portatili, mentre l’80% è utilizzato sul pc) e dalla banda larga per proporre ai suoi lettori nuovi servizi personalizzati, contenuti sempre più multimediali e interattivi e un ulteriore aggiornamento continuo e «mobile» attraverso il canale della telefonia cellulare.

Tv, telefonia, videogiochi e musica
Si cominciano a intravedere le conseguenze che la convergenza dei diversi settori (media tradizionali, telefonia e Internet) possono avere sulle modalità di accesso e consumo dei contenuti editoriali, informativi e di intrattenimento.
Grossi cambiamenti sono avvenuti infatti nel settore della televisione, che sembra riguadagnare il terreno che aveva inizialmente perso con l’avvento di Internet. I nuovi servizi di tv satellitare, le pay tv tematiche, la possibilità di vedere le trasmissioni televisive sui telefonini di ultima generazione, l’integrazione tra trasmissioni televisive con forme di coinvolgimento e partecipazione del pubblico attraverso la telefonia hanno nuovamente avvicinato i consumatori a questo medium.
Nell’ultimo anno sono emersi dei dati interessanti anche nell’area dell’entertainment, in particolare nel settore dei videogiochi, considerato fino a oggi come un mondo per ragazzini, valutato con sospetto e ritenuto diseducativo perché violento e poco socializzante, e oggetto quindi di forti resistenze culturali e sociali.
In realtà una recente ricerca condotta dall’Entertainment Software Association (ESA) negli Stati Uniti ha rilevato dati sorprendenti: il 35 % dei genitori americani, con figli tra i 2 e i 17 anni, gioca con il pc e con i videogiochi, l’80% condivide questa passione con i propri figli e considera questa attività come un importante e positivo momento di relax familiare.
Se poi si analizzano i dati in dettaglio si scoprono altri elementi interessanti:
– il genitore tipo ha 37 anni, quasi la metà (47%) sono donne, il 44% dei genitori gioca indifferentemente con il pc e con le console di videogiochi;
– il tempo medio dedicato ai videogiochi è di 19 ore al mese, di cui 9 spese con i figli, il che significa che per buona parte del tempo i genitori giocano da soli per loro divertimento;
– il 36% dei genitori ha insegnato a giocare ai propri bambini ma quasi un quarto (il 23%) invece gioca perché giocavano i suoi figli!!! Spesso (27%) d’altronde hanno iniziato a giocare nello stesso momento.
I dati sopra riportati sembrano essere confermati anche da quanto emerge dal Secondo Rapporto Annuale sullo Stato dell’industria Videoludica in Italia, realizzato da GfK per conto di AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) che rappresenta le principali aziende produttrici di videogiochi, di software di intrattenimento e di console e piattaforme operanti in Italia.
I videogiochi non sono più una cosa da ragazzini, anzi i giocatori più accaniti sono giovani uomini tra i 18 e i 44 anni, lettori di quotidiani, appassionati di musica, esplorativi, progettuali.
Non solo loro però: un italiano su due gioca, che vuol dire 24 milioni di persone. Dieci milioni poi sono giocatrici donne, cioè il 39% del totale e, se consideriamo la fascia dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni, gioca addirittura il 96%.
Il fenomeno risulta invece trasversale ai diversi strati sociali: il 24% dei giocatori è impiegato, quadro, dirigente, libero professionista o imprenditore; un altro 24% è costituito da operai, commesse, artigiani e commercianti, con livelli di penetrazione più alti tra i «colletti bianchi».
Si assiste quindi a uno «sdoganamento» dei videogiochi che diventano uno dei più promettenti settori di sviluppo per l’intrattenimento e il tempo libero. Nei prossimi anni i videogiochi potranno essere utilizzati anche in altri settori e sicuramente una forte spinta in questa direzione potrà venire dalla diffusione della banda larga e dal conseguente sviluppo dell’online gaming.
Recentemente per esempio la Sony ha stretto un accordo con un gruppo di biologi americani per promuovere l’utilizzo della Playstation 3 nel campo della ricerca medica, nell’ambito di un progetto che mira a simulare ed esaminare il modo in cui la struttura delle proteine si traduce nella presenza di alcune malattie degenerative come l’Alzheimer o il morbo di Parkinson.
Un altro futuro ambito di applicazione dei videogiochi sarà sicuramente quello dell’educazione: giocare richiede infatti ai giocatori di costruire ipotesi, risolvere problemi, sviluppare strategie e interagire con altri giocatori secondo regole precostituite.
In Gran Bretagna e Germania alcuni tra i più importanti editori di videogiochi, tra cui EA, Microsoft e Take Two Interactive, con l’Associazione Europea ISFE, hanno dato vita al progetto sperimentale Teaching with Games per favorire l’inserimento dei videogiochi nel curriculum scolastico. Il progetto è attualmente in fase di completamento, ma da un’inchiesta intermedia effettuata è già emerso che ben 3 ragazzi su 5 di età compresa tra gli 11 e i 16 anni vorrebbero utilizzare i videogiochi per imparare a scuola, e il 90% degli stessi concorda che l’uso di questo strumento renderebbe la lezione più interessante.
L’anno passato è stato un anno positivo anche per il mondo della musica digitale, dopo anni di passione dovuti allo sviluppo del fenomeno del peer to peer illegale, con l’avvento dell’iPod e di iTunes e la comparsa sul mercato dei telefonini cellulari di terza generazione, in grado di connettersi a Internet, trasmettere dati ad alta velocità e utilizzare contenuti multimediali audio e video: oggi la musica digitale è il segmento più in crescita di tutto il mercato musicale.
La musica scaricata nel corso del 2005 ha raggiunto la quota dell’8% di tutto il mercato mondiale e per il 2006 sono previsti ulteriori aumenti.
Solo negli Usa sono stati venduti 353 milioni di brani (una media di 7 milioni a settimana! ) e a livello mondiale sono 2,8 milioni gli abbonati ai servizi musicali on line, quasi il doppio dell’anno precedente. I brani legali disponibili on line sono oggi più di 2 milioni e esistono 335 siti che vendono musica legalmente, contro i 50 di due anni fa (dati Digital Music Report IFPI2006).
L’evoluzione riguarda anche i dispositivi: a fine 2005 la Apple ha lanciato l’iPod video, che permette di memorizzare fino a 150 ore di video e di visualizzarli su uno schermo di dimensioni adeguate, ora molti telefonini di ultima generazione possono leggere file MP3 e file video. La disponibilità di questi lettori permetterà quindi lo sviluppo di un mercato anche per i videoclip e i film musicali e in un futuro, probabilmente non troppo remoto, anche per i veri e propri film.
Anche le abitudini dei consumatori sono cambiate: le vendite dei singoli brani sono raddoppiate, e questo modifica anche le modalità di produzione degli artisti che possono presentare i brani di volta in volta, senza per forza produrre interi album come avveniva con il vinile e con i cd.
Stanno emergendo case discografiche «virtuali» indipendenti che operano on line, producono solo musica digitale e sperimentano nuove modalità di promozione degli artisti, pubblicando per esempio i loro brani nei blog o in siti come MySpace.com.
MySpace, uno dei fenomeni emergenti nel mondo musicale in rete, è una community dedicata alla musica, lanciata nel 1999 e poi comprata da News Corp nel 2005. Conta 22 milioni di utenti registrati e ha un tasso di nuovi ingressi di 2 milioni al mese. E diventata uno dei più importanti canali di promozione nel mondo musicale, perché grazie al passaparola tra i suoi iscritti alcuni nuovi artisti hanno raggiunto il successo di vendita nelle classifiche mondiali.
L’altro canale emergente per il settore musicale è quello della telefonia (Grafico 1), dove un particolare e importante spazio occupa il segmento delle suonerie (Grafico 2). La compagnia telefonica 3 può contare su 70 milioni di abbonati al servizio in tutto il mondo e Vodafone, solo in Europa, su 5 milioni. Le principali case discografiche come Warner, Universal e BMG hanno riversato i loro cataloghi in suonerie e gli artisti più famosi, come Robbie Williams e Shakira, producono appositi brani musicali o videoclip per questo segmento di mercato, composto per lo più da giovani tra i 18 e i 35 anni.

Nota dolente, in questo panorama positivo, rimane sempre quella della pirateria e dello scarico illegale che continua a prosperare nonostante le numerose azioni legali promosse in tutto il mondo dalle case discografiche.
Nel 2006 è partita anche la prima sperimentazione di scarico legale nel mondo del cinema. Sul sito www.cinemanow.com sarà possibile scaricare film da Internet, masterizzarli e poi guardarli sul dvd di casa per un cifra compresa tra i 9 e i 15 dollari. Al progetto partecipano famose case cinematografiche come Disney, Universal, Sony, MGM e Lions Gate e per ora il catalogo comprende un centinaio di successi, che sperano di replicare gli stessi risultati che iTunes ha avuto per la musica.
È poi di pochi giorni fa l’annuncio dell’acquisto da parte di Google di YouTube, la più importante community internazionale di video amatoriali, su cui gli utenti possono caricare e scaricare i filmati da loro prodotti. Questo nuovo progetto permetterà agli utilizzatori di ampliare le loro possibilità di caricare, vedere e condividere i loro video ma dall’altro anche ai produttori di contenuti editoriali di avere a disposizione un nuovo canale per distribuire i loro prodotti presso un vasto pubblico. Ogni mese 20 milioni di persone (dati Nielsen/NetRating) guardano i filmati sul sito di YouTube, ogni giorno in media sono visti più di 100 milioni di video e ne vengono caricati 65.000. È il maggiore esempio dell’importanza che i cosiddetti user generateci contenta tra cui si possono considerare anche i file peer to peer e i blog, hanno in rete e di come i navigatori siano interessati a essere parte attiva e propositiva nella creazione dei contenuti.
Il progetto però prevede di allargare i suoi orizzonti e di utilizzare il vastissimo bacino di utenti per proporre anche programmi commerciali ed è stata annunciata, per esempio, la cooperazione tra Google, YouTube e Apple per trasmettere direttamente programmi televisivi e film via Internet, su dispositivi mobili come l’iPod video o sull’Internet tv (Iptv). Anche in questo caso la convergenza comincia a dare i suoi frutti.

La prima fonte per le informazioni: i motori di ricerca
L’altra applicazione che è destinata a cambiare sempre più i comportamenti di accesso e di utilizzo dei contenuti sono i motori di ricerca.
Già oggi il 56% degli americani li utilizza quotidianamente per cercare informazioni (il 55 % in più rispetto allo scorso anno), questo significa che si tratta dell’applicazione Internet più utilizzata dopo la posta elettronica.
Questi dati sono confermati anche dall’Osservatorio Aie sull’editoria digitale: prima si utilizzano i motori di ricerca, solo successivamente, se i risultati non sono soddisfacenti, si passa ad altre fonti più specialistiche (Grafico 3).

Gli utilizzatori di Internet sono estremamente positivi sui risultati che ottengono dai motori, sono abitudinari, molto fedeli al «loro motore» e difficilmente lo cambiano. Più di un terzo dei giovani, sotto i 30 anni, dichiara di non poterne più fare a meno.
Il più utilizzato è Google (41,9%), seguito da Yahoo (21,2%) e poi a distanza da MSN (Microsoft Network) (12,8%) (dati Nielsen Rating 2005).
È chiaro quindi che oggi essere presenti in rete vuol dire anzitutto essere ricercabili e visibili nelle prime pagine dei risultati dei motori, e questo è uno degli elementi di fondamentale importanza per i produttori di contenuti.

La risposta europea a Google: la EU digital library
Nel settore dell’editoria libraria il fenomeno di maggiore rilevanza è il progetto per la creazione della Biblioteca Digitale Europea promosso dalla Comunità Europea, con l’obiettivo di fronteggiare i progetti di Google e di garantire che la gestione dei patrimoni culturali e scientifici europei rimanga in mano agli Stati membri dell’EU.
La biblioteca metterà a disposizione dei cittadini, degli studenti e dei ricercatori la versione digitale dei patrimoni attualmente presenti nelle principali biblioteche europee. Lo sforzo è enorme e molti sono i problemi da risolvere, non ultimo quello del copyright sulle opere non in pubblico dominio, il cui rispetto viene giudicato un aspetto fondamentale per il successo dell’iniziativa.
E stato costituito un gruppo di lavoro (High Level Expert Group) di cui fanno parte esperti provenienti dai diversi ambiti di competenza: biblioteche, editori, archivi, musei, centri di ricerca, industrie (motori di ricerca, aziende tecnologiche), università.
L’obiettivo è quello di arrivare nel 2010 a 6 milioni di oggetti digitali, sia testuali sia audiovisivi, accessibili on line con un’interfaccia multilingue.
Dovranno essere messi a punto nuovi processi e strumenti che migliorino e velocizzino le modalità di processare, catalogare e indicizzare i contenuti digitali. Inizialmente verranno digitalizzati i materiali in pubblico dominio. Per i contenuti coperti da diritti verranno inoltre definiti specifici accordi con i legali titolari dei diritti, in modo tale che sia possibile accedere non solo a patrimoni storici ma anche a quelli del ventesimo secolo.
Specifici finanziamenti comunitari sono già stati previsti all’interno del Sesto Programma Quadro (36 milioni di euro) e nel progetto eContent plus (60 milioni di euro per il periodo 2005/2008) e altri saranno previsti nel Settimo Programma Quadro.
E chiaro che un progetto di tale portata non potrà non avere un forte impatto anche sul settore editoriale nel suo complesso, accelerando i processi di digitalizzazione e organizzazione dei contenuti editoriali che già sono in atto. Sarà interessante però vedere anche quale sarà l’influenza che avranno in questo settore nei prossimi anni gli altri fenomeni legati alla convergenza.