L’editoria a fumetti esce dalla riserva

Un maggiore realismo e una maggiore complessità delle storie hanno permesso al fumetto di uscire dal suo stato di minorità novecentesca e di raggiungere gli scaffali delle librerie, con un evidente successo anche commerciale. Protagonista di questa rivalutazione del settore è stato senz’altro il graphic novel; ma al di là di esso si estende un ricco arcipelago di sotto generi e sigle editoriali specializzate.
 
Il graphic novel, oltre a essere un motivo di sviluppo notevole del fumetto sul piano espressivo e creativo, è negli anni correnti soprattutto un motivo di espansione del fumetto sul piano editoriale e comunicativo. L’assunzione del fumetto alla forma libraria implica dal punto di vista degli autori il compito di cimentarsi in progetti narrativi di ampio respiro, che insieme con il talento del segno e del disegno richiedano una robustezza strutturale esercitata. Dal punto di vista degli editori, in linea con le prospettive del pubblico letterario, la forma libro costituisce il vettore attraverso cui il fumetto è potuto uscire dallo stato di minorità che lo ha contraddistinto per grandissima parte della sua storia novecentesca.
Accanto a vignette, strisce, albi seriali e cartonati che s’imperniano sulla brevità icastica e sulla familiarità con protagonisti eroici dalla caratterizzazione stabilizzata, si delinea un mondo di narrazioni distese e articolate, dove le figure centrali possono evolvere e scoprire la crudezza del mutamento in se stessi come nel quadro sociale d’intorno. In due parole, realismo e complessità sono i valori aggiunti che il graphic novel ovvero il libro-fumetto ha incrementato nell’immaginario delle nuvole parlanti.
Non che in precedenza mancassero opere fumettistiche di indole realistica o sorrette da una densità di strutturazione corposa – basti pensare, per esempio, alle storie costruite da Magnus intorno allo Sconosciuto (1975), a quelle incentrate su Alack Sinner a opera di Munoz e Sampayo (1974) o agli Ultimi giorni di Pompeo di Andrea Pazienza (1986) –, ma negli anni duemila l’attenzione alla realtà socio-relazionale contemporanea e la verosimiglianza delle psicologie sono fattori preponderanti nella produzione fumettistica più significativa. Senza che ciò impedisca di riecheggiare, all’occorrenza, le marcate conformazioni di genere e i procedimenti di intensa stilizzazione che hanno prevalso nelle stagioni fumettistiche anteriori.
Trasporre la narrativa a fumetti nella forma libro, inoltre, assicura agli editori la possibilità di usufruire dei medesimi canali distributivi e delle modalità di commercializzazione che sono state riservate sino a poche stagioni orsono ai libri di sole parole, quelli che erano considerati i veri libri, in quanto gli unici permeati di cultura testuale d’alto rango. Se mai nelle librerie avevano corso libri con figure, non poteva che trattarsi di cataloghi d’arte ovvero di opere di consultazione dalle finalità manualistiche o enciclopediche. La destinazione dei fumetti agli scaffali delle librerie, dove sono stati creati appositi reparti espositivi, implica il loro sdoganamento rispetto ai circuiti di diffusione incentrati sulle edicole e sulle fumetterie.
Senza che questi ultimi terminali distributivi siano stati accantonati, l’apertura delle comuni librerie al fumetto consente una diversificazione ragguardevole della produzione creativa e autorizza l’editoria fumettistica a indirizzarsi verso l’intero pubblico letterario. Se le edicole costituiscono tramite capillare ed efficace per intercettare i lettori dalle competenze più circoscritte, o addirittura di più approssimativa alfabetizzazione, se viceversa le fumetterie si contraddistiguono come punti di riferimento esaustivi per i lettori più appassionati ed esigenti nello specifico ambito del linguaggio fumettistico, d’altro canto le librerie omnibus offrono ai lettori di educazione letteraria tradizionale l’opportunità di accostarsi al fumetto in una cornice di legittimazione culturale, grazie a cui la narrativa mista di parole e figure non sia mortificata come sottoprodotto dell’industria dell’intrattenimento, come trastullo da bamboccioni o accozzaglia per sfigati sociopatici.
Secondo tale prospettiva, il fumetto e segnatamente il libro a fumetti schiudono per gli editori, e per la cultura alfabetico-letteraria nel suo complesso, risorse che potrebbero garantire vantaggi strategici non indifferenti nel confronto con gli altri mezzi e linguaggi del sistema massmediatico, dove non si dà luogo solo a rinsaldamento sinergico ma inevitabilmente anche a competizione agonistica tra logocentrismo testuale e multimedialità audiovisiva. Lungo un siffatto percorso si sono mossi gli editori più avveduti che avevano individuato nelle pubblicazioni fumettistiche la propria vocazione privilegiata, ma soprattutto alcuni editori di prevalente connotazione letteraria che hanno allargato il proprio già variegato catalogo alla dimensione del fumetto. Per tal modo, se da un lato si può riconoscere un processo di irromanzimento del fumetto mediante il corroborarsi e Tampliarsi delle strutture narrative adibite a graphic novel, dall’altro lato si delinea una dinamica di parziale ma decisiva fumettizzazione dell’editoria libraria, che progressivamente arricchisce l’offerta di lettura riservando idoneo spazio al racconto iconico-verbale.
Collezioni di opere a fumetti o veri e propri graphic novel sono dati alle stampe da Garzanti, Mondadori, Feltrinelli, Pianeta De Agostini, Guanda, per citare alcuni degli editori più eminenti che hanno ritenuto improrogabile sporcarsi le mani con il racconto misto di parole e figure. Viceversa non mancano editori specializzati di fumetti che aprono spazi a quella produzione letteraria da cui sono state ispirate talune fioriture dell’immaginario fumettistico, come avviene nel Kappalab figliato da Kappa Edizioni. Capita poi di ritrovare libri a fumetti nel seno di collane letterarie già avviate, magari concepite per fungere da contenitore vezzoso e versatile di proposte eterogenee, come avviene per esempio in «Strade blu» Mondadori, «Stile libero» Einaudi o «I cavoli a merenda» Adelphi.
A ogni modo sono Rizzoli Lizard, sotto la direzione di Simone Romani, e Coconino Press-Fandango, dietro impulso di Igort e Carlo Barbieri, le insegne editoriali che in epoca recente meglio hanno saputo distinguersi nell’incremento e nella qualità della proposta di letture a fumetti, dispiegando a tutto campo la morfologia del graphic novel. Rizzoli Lizard reca nel proprio nome la cifra dell’alleanza fra il grande marchio di tradizione letterario-giornalistica e la piccola casa editrice rinomata nella produzione a fumetti: da questo connubio provengono la riedizione di tutte le opere su Corto Maltese di Hugo Pratt e del Tintin integrale di Hergé; la rivisitazione di altri titoli significativi del fumetto italiano e straniero del Novecento; il lancio di opere nuove di alcuni apprezzati autori italiani, quali Elfo, Paolo Bacilieri, Tuono Pettinato, Vanna Vinci; la traduzione di importanti autori stranieri, giapponesi francesi statunitensi, a cominciare daJoann Sfar, Jacques Tardi, Charles Burns, Joe Sacco, Richard McGuire, Jiro Taniguchi, Shigeru Mizuki.
Coconino Press ha potuto acquisire dal 2009 il sostegno della casa di produzione cinematografica Fandango di Domenico Procacci, per rilanciare il progetto avviato nel 2000 proprio intorno alla denominazione di genere del graphic novel, che è qui allo stesso tempo prospettata come una professione di poetica: l’esplorazione delle potenzialità narrative del fumetto incentiva, nel nuovo secolo, a superare le inclinazioni di stampo avanguardistico che ispiravano Igort e gli altri animatori di Valvoline, in favore di più esplicite e distese istanze di racconto, che sempre si abbinano però a una ricerca di distinzione originale nello stile figurativo e una preziosità cartografica di retrogusto elitario. Accanto ad alcuni titoli dello stesso direttore artistico Igort, la collezione Coconino comprende autori di varia provenienza geografico-culturale, tra cui un numeroso drappello di italiani. Le frequentazioni francesi agevolano a Igort il compito di annoverare in catalogo, per esempio, Baru, Jacques Tardi, David B., Manu Larcenet, Loustal; invece le esperienze di lavoro che Igort ha condotto in Giappone non sembrano delineare piste di lettura davvero peculiari, oltre al pur rappresentativo Jiro Taniguchi. Tra gli italiani valorizzati dalla casa bolognese, hanno fornito un rilevante apporto allo sviluppo del gusto fumettistico corrente Paolo Bacilieri, Manuele Fior, Gipi, Davide Reviati, Giacomo Nanni, Marco Corona, Davide Toffolo, Francesca Ghermandi, Lorenzo Mattotti. Al di là della preponderante direttrice franco-italiana, tra le pubblicazioni Coconino ricorrono i nomi degli statunitensi Daniel Clowes e Chester Brown, esploratori accaniti del perturbante, e quello dell’austro-tedesca Ulli Lust, testimone autobiografica dei nessi tra angustie viriloidi e mentalità mafiosa.
Bao Publishing invece è la casa editrice milanese capace di mettere a segno i colpi più profittevoli nel coltivare il fenomeno autoriale Zerocalcare, che sembra sostanziarsi di empatia generazionale e tirature vertiginose, nell’ordine delle centomila copie in meno di un anno, secondo le dichiarazioni degli stessi responsabili editoriali. La patinatura pop di Bao Publishing appare molto in sintonia con le tendenze del marketing più accreditate nella capitale della moda, del design e delle esposizioni. La sperimentazione commerciale di un temporary store in astuta posizione topografica o anche l’integrazione a distanza tra narrazione in formato cartaceo e sviluppi collaterali della storia nella virtualità digitale, come avvenuto a proposito del Golem di Lrnz (2015), attestano abilità inconsueta nel creare l’atmosfera dell’evento, nell’alimentare l’attesa del pubblico e quasi evocarlo di volta in volta intorno alle proprie pubblicazioni.
A ciò offrono materialmente riscontro la cura tipografica del prodotto e la competenza tecnico-organizzativa, grazie alle quali ottiene evidenza, fra gli altri, un manipolo di autori italiani ben acclimatati in una postmodernità che contempera autobiografismo massimalista, trasfigurazioni visionarie, delicatezze psicologiche e realismo urbano. Singolare è che primo beneficiario e insieme promotore di una formula poetico-commerciale così spregiudicata sia un affiliato dell’autonomia antagonista quale Zerocalcare, sbalestrato dai margini dell’underground militante e dell’autoproduzione blogosferica alla ribalta del Premio Strega 2015, al quale è stato candidato con il suo familienroman a fumetti Dimentica il mio nome (2014). Si tratta della seconda occasione in cui un romanzo a fumetti ha potuto assurgere al proscenio della ritualità letteraria spettacolarizzata, messo alla pari nella contesa con altre opere finaliste di fattura tradizionalmente romanzesca. La prima volta un simile onore era toccato a una pubblicazione Coconino, Una storia di Gipi, nel 2014, con analogo effetto di promozione del mezzo fumettistico nel suo insieme e di rinvio a ulteriore tornata concorsuale per un riconoscimento di autentico primato.
Su un versante meno scoperto dell’editoria specializzata, le case Tunuè, Black Velvet, Nicola Pesce Editore, Comma 22 si qualificano per affiancare alla traduzione e al lancio di nuove opere d’autore, volumi collettanei e monografie di indole critica, magari inclini a un saggismo accattivante e spurio, attraverso cui consolidare la coscienza storica propria al medium e la sottesa dinamica di selezione/canonizzazione: attrezzare insomma, nella prospettiva degli addetti ai lavori, un armamentario analitico funzionale al processo di legittimazione estetica che il fumetto sta conoscendo. In tal senso si muovono per esempio un contributo di studio come Il graphic novel. Il fumetto spiegato a mio padre, di Nicola Andreani (Nicola Pesce Editore 2014), oppure la raccolta di interventi Sul fumetto desunta dalla copiosa eredità intellettuale di Oreste del Buono (Comma 22 2014).
La produzione rivolta preminentemente a un pubblico infantile o adolescenziale, da Mondadori Comics a Max Bunker Press, da Sergio Bonelli Editore a una fetta cospicua del catalogo Panini Comics, occupa settori ancora consistenti del sistema fumettistico nazionale, per quanto spesso votata a un’inclinazione autocommemorativa e alla sagace tesaurizzazione del processo di ristampa. E qui che si avverte in misura più consistente l’eredità della tradizione che ha contrassegnato in special modo il terzo quarto del Novecento, quello corrispondente al definitivo avvento dell’industria culturale e della società di massa in Italia. L’albo episodico seriale e il fascicolo di rivista di poche manciate di pagine, in brossura, sono i formati attraverso cui ha prevalso il meccanismo fruitivo della moderata variazione entro uno sfondo di riconoscibilità e reiterazione consolidate.
Tale è il regno degli eroi tutti d’un pezzo o degli antieroi più inossidabili, che per quante ne danno e quante ne prendono sono comunque pronti a darne e prenderne ancora, fedeli al proprio destino e all’affezione dei propri fan: da Topolino a Zagor, dalla Pimpa ad Alan Ford. L’attitudine collezionistica del lettore è così galvanizzata, che ne proviene non di rado una prospettiva di continuità intergenerazionale nella trasmissione degli albi e nella coltivazione di generi e protagonisti prediletti. E d’altra parte in questo settore che ha avuto corso il moto di assestamento proprietario più profondo dell’editoria specializzata nei racconti di parole e figure, allorché la divisione fumettistica di The Walt Disney Company Italia è stata ceduta alla Panini Comics, nell’ottobre 2013. Con ciò, occupando un ruolo che fu già di Nerbini e Mondadori, la casa editrice modenese ha consolidato il suo profilo quale uno dei maggiori produttori di fumetti in Europa: che non potrebbe sussistere se essa non associasse al compito di custodire i personaggi che hanno suscitato il maggior interesse presso le generazioni mature, personaggi che aggiornino le convenzioni dell’avventurosità supereroica insieme con quelle della comicità caricaturale e pupazzettistica, grazie al contributo di alcuni fra i più blasonati fumettisti stranieri.
A plaghe non troppo distanti dell’immaginario fumettistico, votate alla serialità della narrazione/diffusione e al protagonismo di figure d’eccezione, rinviano quelle case editrici che si sono sobbarcate il compito di mediazione interculturale rispetto ai due bacini produttivi esteri di maggior affluenza e vitalità, vale a dire i comics statunitensi di matrice supereroica, o più generalmente avventurosa, e i manga giapponesi del più versicolore ventaglio di fantasie. Opera benemerita di traduzione e divulgazione delle migliori occasioni di lettura nate oltreoceano o in Estremo Oriente è condotta da alcune case editrici che si sono costituite tra gli anni ottanta e novanta del Novecento: la perugina Star Comics, a cui si deve l’introduzione in Italia, dal 1987, della rivista intestata al maggiore degli eroi Marvel, l’Uomo Ragno; la milanese Play Press (ora Play Lifestyle Media, molto attiva anche nell’editoria periodica di costume); la romana Magic Press, animata da Pasquale Ruggiero, a lungo depositaria dei diritti di traduzione della linea Vertigo di DC Comics. A esse bisogna affiancare le Edizioni BD, fondate a Milano nel 2005, le cui collane sono scompartite fra tradizioni nazionali ulteriori, con più comprensivo senso della diatopia fumettistica, e tra fasce di lettori variamente connotate in senso anagrafico: così da perseguire, dietro il coordinamento di Tito Faraci, un punto di equilibrio istituzionale fra messa in rilievo dell’innovazione d’autore e attrattive della continuità seriale.
Al contributo di queste aziende si deve l’acclimatamento nostrano delle saghe supereroiche prodotte dal duopolio fumettistico americano imperniato su DC Comics e Marvel, ma si deve anche l’introduzione in Italia dei fumetti di varie case editrici statunitensi «indipendenti», a cominciare dalla Dark Horse Comics. Magic Press, in particolar modo, ha contribuito ad amplificare le meritate fortune del neoromanticismo goticheggiante e cosmogonico di Neil Gaiman e Alan Moore, come pure le più ruspanti e iperboliche gigantomachie di Frank Miller, Grant Morrison e Garth Ennis.
L’evoluzione di Marvel Italia da succursale europea dell’eminente gruppo editoriale americano a divisione fumettistica delle Edizioni Panini, ricondotte sotto bandiera italiana nel 1998, non ha sminuito, anzi al contrario, l’opera di adattamento dell’epos supereroico entro i confini nazionali. Sia Magic Press e Star Comics sia Panini Comics e Play Press, d’altronde, hanno operato su spartiacque interculturali diversi avvalorando il fumetto nipponico nel formato tankobon, insieme perlomeno con le citate Edizioni BD e con Hazard Edizioni, che propongono fra l’altro le classiche opere di Osamu Tezuka, e con le Kappa Edizioni dei bolognesi Lappa Boys, propensi a incentivare progetti fumettistici d’impronta autoriale accanto ad alcune storie serializzate di gran fama, come quelle di Monkey Punch incentrate su Lupin III.
Volgendo uno sguardo retrospettivo al crocevia tra anni novanta e anni duemila, a tal proposito, Star Comics risalta come titolare dell’edizione italiana di Dragon Ball, la serie più acclamata di Akira Toriyama, nonché della serie Saint Seiya –I cavalieri dello zodiaco, successo planetario di Masami Kurumada. A Panini Comics spetta invece il compito di diffondere in Italia il manga di più vasto successo degli ultimi tre lustri: Naruto di Masashi Kishimoto. L’anelito agonistico che sorregge questi personaggi giovanili alle prese con le angustie dell’amicizia, il gusto della sfida e i gravami del dovere si inquadrano in intrecci e scenografie multilivello che incentivano la ridondanza feuillettonistica dell’iterazione di suspense e sorpresa.
L’eco di simili frames narrativi, fortemente gerarchizzati ed eteronomi, non a caso si riverbera attraverso le diramazioni audiovisive dell’universo massmediatico, dagli anime al cinema ai videogiochi, alimentando la trasposizione di caratteri e vicende entro diversi linguaggi espressivi e su diversi supporti: accade così che alcune case editrici sorte con una marcata vocazione alla stampa di albi, libri e riviste si dotano di apparati e competenze grazie a cui amplificare le fortune dei loro protagonisti più celebrati nelle diverse branche dell’intrattenimento multimediale. E ciò che possiamo riscontrare, per esempio, nella diversificazione organizzativa e produttiva di Panini Comics o di Magic Press, dove le metamorfosi dei codici espressivi e dei vettori muovono tutte dal core business fumetto: al contrario di quanto si propongono, su scala minore e in modo più ammiccante, Coniglio Editore o Nuages, che nei cataloghi della propria produzione cartacea rispecchiano, assieme a fumetti notevoli, le propaggini caleidoscopiche della cultura di massa contemporanea; ma anche in direzione opposta a quella imboccata dalla Disney Italia quando, disfacendosi della branca di attività fumettistica, ha privilegiato altre e più lucrose forme di rendita della mitografia sorta dalle sue stesse pagine inchiostrate.