Il problema dei problemi

I dati di mercato dicono che l’editoria è in (leggera) ripresa, ma permane e anzi, si aggrava, il «problema dei problemi»: sono sempre meno gli italiani che leggono. La media italiana si attesta sul 40,5% nel 2016, ben al di sotto del 62,2% della Spagna, del 68,7% della Germania, del 73% negli Stati Uniti, dell’83% del Canada, dell’84% della Francia fino al 90% della Norvegia.

«Nel sistema della chiacchiera mediatica attuale la lettura profonda non è all’ordine del giorno: svalutata alla radice, non è una forma di piacere e non è una forma di dovere, e meno che mai è considerata sul serio una forma essenziale dell’educazione.»
Giuseppe Montesano, Come diventare vivi. Un vademecum per lettori selvaggi

Come ogni anno l’Ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori presenta in occasione della Buchmesse di Francoforte (11-15 ottobre 2017) i dati che fotografano lo stato dell’editoria italiana nel 2016 e anticipano l’andamento del primo semestre 2017. Quest’anno i numeri ci dicono che il fatturato complessivo del mercato del libro nuovo nel 2016 è cresciuto dell’1,2%, raggiungendo quota 2,561 miliardi di euro e rappresentando un dato positivo ma non ancora sufficiente, se ricordiamo che prima della crisi, cioè nel 2010, il mercato valeva oltre 3 miliardi di euro. Inoltre, andrà tenuto presente come i prezzi medi di copertina, che erano calati costantemente dal 2010 al 2014 (-14,7%), nel 2016 mostrino una conferma della crescita già rilevata nel 2015, passando da 18,41 euro a 18,93 (+2,8%), con un prezzo medio che resta sì inferiore a quello di sei anni fa ma che sicuramente incide sull’aumento dichiarato del fatturato, e di questo dobbiamo tenere conto.
Cresce anche il numero delle case editrici attive in Italia: sono 4.877 quelle che hanno pubblicato almeno un titolo nel corso dell’anno (+5,8% rispetto al 2015). In tutto, nel 2016 sono stati pubblicati 66mila titoli a stampa (novità e nuove edizioni di varia adulti e ragazzi oltre ai titoli educativi, sono esclusi gli e-book), in linea con il 2015, e per la prima volta il catalogo “vivo” dei libri di carta in commercio (titoli commercialmente attivi) ha superato quota un milione, attestandosi su 1.032.799 (+13,9% sul 2015).
In teoria, il lettore italiano trova dunque a sua disposizione più titoli (di piccoli come di grandi editori), più catalogo, e di conseguenza prezzi e formati diversi tra cui scegliere. Ma in pratica, non sembra affatto giovarsene poiché i dati sulla lettura ci dicono che nel 2016 il numero di persone (di più di 6 anni) che dichiarano di aver letto almeno un libro non scolastico ha ripreso a calare, con un preoccupante –3,1 %. L’Italia registra la più bassa percentuale di lettori a confronto con le altre editorie: la media italiana si attesta sul 40,5% nel 2016, ben al di sotto del 62,2% della Spagna, del 68,7% della Germania, del 73% degli Stati Uniti, dell’83% del Canada, dell’84% della Francia fino al 90% della Norvegia. Quest’anno nel nostro paese la lettura di libri è diminuita tra i lettori deboli e occasionali (-4%), tra le donne e tra i bambini e ragazzi (che leggono libri comunque più della media della popolazione) e in parte anche tra i forti lettori (più di 12 libri all’anno: –0,4%). Il 59,5% degli italiani non legge. Solo il 5 % della popolazione ha letto un libro al mese nell’ultimo anno.
I dati ci dicono anche che il 39% dei dirigenti e professionisti non legge alcun libro nel tempo libero, così come non legge il 25% dei laureati. Sarà appena il caso di ricordare, in quest’ottica, la polemica che ha visto contrapporsi Giuseppe Laterza a Paolo Gentiloni quando quest’ultimo, alla domanda di Mario Calabresi: «Che libri sta leggendo il presidente del Consiglio?», ha risposto: «A palazzo Chigi non c’è tempo per leggere libri». L’intervento di Giuseppe Laterza, pubblicato il giorno dopo sulle pagine di «Repubblica», ha voluto ricordare al premier che «Leggere libri è una necessità. E per chi ha un incarico assorbente è una necessità anche prendersi il tempo che la lettura di un libro richiede». L’auspicio di Laterza, che non possiamo non condividere, è che gli italiani arrivino a comprendere che «oltre a un piacere la lettura di libri è per un cittadino consapevole una necessità vitale». O almeno, così dovrebbe essere. Potremmo aggiungere – cercando di far leva su un altro tipo di motivazioni – i risultati di uno studio condotto da tre ricercatori dell’università di Yale, intitolato A chapter a day: Association of book reading with longevity, che è stato pubblicato sulla rivista scientifica «Social Science & Medicine» e che sostiene che leggere circa 30 minuti al giorno allunghi la vita di almeno 23 mesi. Provare per credere.
Tornando ai dati Aie, e passando alla lettura in digitale, sono quasi 4,2 milioni le persone che hanno dichiarato di aver letto nel 2016 anche un solo e-book negli ultimi 3 mesi, in leggero calo rispetto ai 4,7 milioni del 2015. Dopo i primi anni di crescita, quindi, anche la lettura di e-book sembrerebbe presentare segnali di rallentamento e negli Stati Uniti addirittura si è registrato un –17% di fatturato (alcune fonti calcolano un –30% dal 2014 al 2016). Va detto, però, che ormai non è più chiaro quanto dei risultati relativi agli indici di lettura sia frutto di processi legati al diverso uso del tempo, di tecnologie mobile (smartphone), di sostituzione (dall’abbandono del libro alla lettura dell’e-book) o piuttosto di integrazione tra forme diverse di lettura effettuate su device differenti. Per il lettore carta e digitale sono diventati intercambiabili, a seconda delle occasioni e delle necessità del momento: il 37 % dei lettori compone mix diversi di carta e e-book (erano il 28% nel2015) e solo l’I% dichiara di leggere libri esclusivamente in formato e-book (altri istituti di ricerca indicano un 3 % di lettori che scelgono «prevalentemente e-book», non escludendo l’occasionale libro cartaceo).
Se Donald Sassoon dovesse riscrivere oggi l’introduzione alla Cultura degli europei, che si apriva con un colpo d’occhio in un vagone della metropolitana di Londra a inizio XXI secolo – chi sfoglia un quotidiano, chi una rivista, chi legge un libro, chi fa le parole crociate, chi gioca con il Nintendo, chi ascolta la musica in cuffia –, probabilmente descriverebbe la maggior parte dei viaggiatori immersi nel loro smartphone: per chattare con gli amici, compulsare Facebook & Co., guardare video, ma anche scorrere (non so più se leggere è la parola adatta) testi di ogni tipo. Perché forse, viene da pensare, il «problema dei problemi» come lo definisce l’Aie non è (tanto e/o solo) quanto leggono gli italiani, ma è soprattutto cosa leggono. Come ha detto Walter Siti, riferendosi ai social network: «oggi gli italiani leggono moltissimo, anche tutto il giorno: leggono ad esempio cos’ha mangiato l’amica».
In generale si osserva un modo nuovo di uso del tempo libero, sempre più assorbito dalla navigazione in rete e dall’uso di social network, in cui molto spazio viene rubato ad attività che presuppongono una concentrazione prolungata, come la lettura. E non a caso tra le indagini presentate a Tempo di Libri (nell’ambito del programma professionale curato da Giovanni Peresson) ce n’erano alcune particolarmente innovative proprio in questo senso. Ne cito solo una, alla quale rimando per eventuali approfondimenti: l’indagine di Pepe Research che prova a fotografare per la prima volta la lettura non solo di libri ma anche di altri contenuti informativi, sia cartacei che multimediali (secondo me non possiamo più esimerci dal farlo). Ricordo anche la ricerca Gfk sugli acquisti culturali degli italiani, dalla quale risulta che il 61% delle persone dai 14 anni in su (31 milioni di italiani) acquista libri, biglietti per il cinema, app, cd musicali e videogame (per ora sono esclusi dall’indagine teatri, musei e concerti) mentre il 39% non compra nulla. Attenzione: non vuole dire che questi ultimi (sono 20 milioni di italiani) non accedano a prodotti culturali, ma lo fanno quando sono gratuiti.

I movimenti dell’editoria
La dinamicità del nostro mercato editoriale, a livello di fusioni, acquisizioni, cambi di poltrona e nuove strategie, sembra invece andare tutta in controtendenza rispetto al quadro non certo roseo che abbiamo fin qui tracciato. Nel senso che il dinamismo è alto e le novità si susseguono a ritmo quasi vertiginoso. Ripetiamo e confermiamo quello che avevamo già notato l’anno scorso: l’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori, dopo aver generato tante polemiche, ha fatto, evidentemente, da stimolo al mercato, provocando movimenti che vanno sostanzialmente in due direzioni, e cioè la nascita di nuove case editrici da una parte e la dipartita da Segrate di molti dirigenti e editor dall’altra. Questo mentre il presidente di Rcs Media Group, Urbano Cairo (che ha rilevato poco più di un anno fa il controllo di Rcs con un’Opas lanciata tramite la Cairo Communication), conferma la volontà di avviare un progetto, che forse si chiamerà Solferino 28, dedicato ai libri: al «Corriere della Sera» Cairo ha dichiarato che la nuova casa editrice e la sua Cairo Editore resteranno realtà separate e ha specificato che Rcs ha vincoli di non concorrenza con Mondadori che prevedono un massimo di 110 libri nel prossimo anno, ma che dal 1° gennaio 2019 avrà invece la possibilità di muoversi come crede. Staremo a vedere.
A uso del lettore, proviamo a tracciare un quadro riassuntivo dei movimenti che quest’anno si sono verificati nel mondo editoriale.
La Nave di Teseo, nata nel 2015 da una costola di Bompiani e guidata da Elisabetta Sgarbi, ha acquisito il 95 % di Baldini & Castoldi, che ha cambiato nome in Baldini + Castoldi.
Feltrinelli ha acquisito il 40% di Marsilio (quota destinata ad arrivare al 55% dopo due anni), storico marchio veneziano guidato dalla famiglia De Michelis e tornato indipendente dopo l’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori. Qui troviamo Ottavio Di Brizzi (ex Rizzoli) alla saggistica e Chiara Valerio (ex nottetempo) alla narrativa. L’operazione si inserisce nello sviluppo del Gruppo Feltrinelli, che in autunno ha annunciato anche la joint venture con il Gruppo Messaggerie Italiane per la creazione di quello che dovrebbe diventare il primo polo di e-commerce nel nostro paese perché andrebbe a unificare tre piattaforme digitali: Ibs.it, parte del Gruppo Messaggerie Italiane, lafeltrinelli.it, e-commerce di Gruppo Feltrinelli, e libraccio.it, portale specializzato nella vendita di prodotti editoriali e libri scolastici nuovi e usati, nato dalla partnership tra Ibs.it e Libraccio. L’accordo, soggetto all’approvazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prevede che la joint venture sia composta dal Gruppo Feltrinelli con il 50,1%, Messaggerie Italiane tramite la controllata Emmelibri con il 46,9%, mentre Argo, la holding di Gruppo Libraccio, con il 3 %.
Procede alla riorganizzazione interna anche il Gruppo Giunti, dopo aver acquisito Bompiani dal Gruppo Mondadori: Jacopo Gori, già direttore generale delle librerie Giunti al Punto, è il nuovo direttore Libri Trade (rileva la posizione che Martino Montanarini, amministratore delegato del gruppo, ricopriva ad interim).
Bompiani rimane diretta da Beatrice Masini, mentre in Giunti già da un paio d’anni era arrivato Antonio Franchini (da Mondadori) alla Direzione editoriale di narrativa e saggistica (portando con sé come editor Giulia Ichino, sempre da Mondadori), e Beatrice Fini alla Direzione editoriale dell’area ragazzi.
Riccardo Cavallero (ex direttore generale Mondadori Libri), dopo aver fondato la Società Editrice Milanese, le cui prime uscite sono arrivate in libreria all’inizio del 2017, annuncia l’ingresso di nuovi soci nella compagine azionaria: il Gruppo Feltrinelli (37,5%) e Anthos Produzioni (15%), società attiva nella tv e nel cinema.
E poi ci sono due grandi gruppi editoriali che arrivano in Italia: HarperCollins (in proprio) e Pianeta in joint venture con De Agostini. De A Pianeta Libri è guidata da Gian Luca Pulvirenti e Jesus Badenes, rispettivamente amministratore delegato e presidente della nuova società. Tra le prime nomine: Francesca Cristoffanini alla narrativa straniera e Stefano Izzo alla narrativa italiana (entrambi da Rizzoli), mentre Mattia de Bernardis (da Feltrinelli) va al marchio Utet come senior editor. Guidata da Laura Donnini (ex Ceo di Rcs Libri), HarperCollins Italia chiama Sabrina Annoni (ex Rizzoli) alla Direzione editoriale e Giovanni Dutto al Marketing, Operations, Vendite e Trade (stesso incarico che ricopriva in Mondadori e Rizzoli Libri).
Molto interessanti le considerazioni di Laura Donnini in un’intervista a «pagina99»: «Se la concorrenza una volta stava nel controllo della distribuzione e della produzione, domani si giocherà su database, metadati e clienti. Non si può più sparare nel mucchio, serve un approccio mirato». Gioverà spiegare che Donnini si riferisce, in particolare, ai big data, algoritmi che permettono di profilare i clienti e sfruttare le correlazioni negli acquisti: «se hai letto questo… ti piacerà anche…», ovvero la frase con cui ci accoglie Amazon a ogni nostra nuova visita sul sito, che poi è lo stesso meccanismo utilizzato da Facebook nella proposta di contenuti, amici e pagine da seguire (mutato nomine de te fabula narratur). Per fare questo, serve una gigantesca mole di dati e ciò a cui puntano i grandi gruppi editoriali espandendosi su più paesi è proprio ottenere questi dati. Donnini rivela che HarperCollins, tramite il digitale, fa indagini sui propri lettori in molti paesi («vince chi meglio di altri sa mettere in connessione autori e lettori») e che in questo modo ha scoperto, per esempio, che «l’utilizzo di determinate parole chiave nelle quarte di copertina aumenta la possibilità di essere agganciati nelle ricerche». Un’intuizione geniale, diabolica verrebbe da dire, sempre che i bestseller siano bestseller ovunque e che la globalizzazione dei gusti sia un dato di fatto (intanto HarperCollins Italia ha acquistato i diritti per la pubblicazione in Italia di otto nuovi romanzi di Wilbur Smith, che dal 1980 pubblicava con Longanesi con cui aveva venduto più di 26 milioni di copie). Una visione completamente diversa appartiene, per esempio, a Sandro Ferri e Sandra Ozzola, i fondatori della casa editrice romana e/o, che nel 2005 hanno creato anche Europa Editions a New York, realtà che oggi, con l’esportazione della quadrilogia della Ferrante, contribuisce per oltre la metà dei ricavi: «La visione della globalizzazione che hanno i grandi gruppi internazionali è molto diversa dalla nostra. Loro puntano su prodotti fruibili ovunque, utilizzando anche strumenti come i big data. Noi invece vorremmo accrescere la diversità, posizionarci su mercati internazionali mantenendo le nostre caratteristiche originali: per quanto riguarda i contenuti, ma anche il modo di pubblicare. Negli Usa abbiamo fatto una grande battaglia per mantenere una linea grafica chiaramente di impronta europea e il nome dell’editore in copertina. Vogliamo conservare la nostra specificità».
Torniamo in Italia, ancora da segnalare, in ordine sparso e nell’ambito dell’editoria indipendente: il ritorno in libreria della casa editrice La Tartaruga; la seconda vita delle Edizioni Theoria che rinascono con una nuova gestione; l’acquisizione di una quota di minoranza delle Edizioni Sonda da parte del Castoro; l’accordo tra la Nave di Teseo e Oblomov di Igort nel settore dei fumetti; la nuova grafica di Elèuthera affidata a Riccardo Falcinelli, quella di Sur che passa dalla collana al “format” (ma sempre con Falcinelli), e quella di minimum fax (affidata a Patrizio Marini) che annuncia novità anche tra gli editor: arrivano Luca Briasco (narrativa straniera) e Fabio Stassi (narrativa italiana), lasciano Nicola Lagioia e Christian Raimo, oltre ad Alessandro Grazioli (ufficio stampa) e Giorgio Gianotto (direttore editoriale).
Infine, qualcosa si è mosso quest’anno anche intorno al premio Strega: dopo la scomparsa di Tullio De Mauro (5 gennaio 2017) il nuovo presidente della Fondazione Bellonci, Giovanni Solimine, ha introdotto una novità nella Giuria del Premio, per cui quest’anno a determinare il titolo vincitore (Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi) hanno concorso, oltre ai voti dei tradizionali 400 Amici della Domenica, anche 20 voti espressi da biblioteche, scuole e università, 15 dai circoli di lettura delle biblioteche di Roma e 200 voti provenienti da intellettuali, traduttori e studiosi, italiani e stranieri, selezionati da 20 Istituti Italiani di Cultura all’estero.

Milano sempre più capitale dell’editoria
È di nuovo Giuseppe Laterza a sollevare la questione: «Caro Levi, l’editoria in Italia non è solo a Milano. Il nostro patrimonio editoriale si distribuisce su tutta la penisola». Questa volta l’editore si rivolge a Ricardo Franco Levi, nominato nuovo presidente sia dell’Associazione Italiana Editori sia di Tempo di Libri, la manifestazione che quest’anno si propone per la seconda volta a Milano, non più nei padiglioni di Rho ma a Fieramilanocity, dentro la città, non più ad aprile ma a marzo (dall’8 al 12), con la direzione di Andrea Kerbaker che succede a Chiara Valerio.
A marzo 2018, Milano ospiterà anche la quarta edizione di Book Pride (23-25 marzo), la fiera degli editori indipendenti che ovviamente non ha gradito lo spostamento di data di Tempo di Libri e che coerentemente ha rifiutato all’unanimità la proposta di portare Book Pride all’interno della manifestazione maggiore, che così «si candida ancora una volta a essere solo la fiera dei grandi gruppi editoriali», si legge in un comunicato dell’ODEl (Osservatorio degli Editori Indipendenti, organizzatore di Book Pride) che conclude auspicando che Milano sappia confermarsi «come una città che dell’editoria accoglie tutte le sue molteplici manifestazioni». Un panorama affollato quindi per la città che, lo ricordiamo, ospita anche BookCity a novembre (sesta edizione dal 16 al 19 novembre 2017) e per la quale è recentemente arrivata da parte dell’UNESCO la nomina a “Città Creativa per la letteratura”, un riconoscimento attribuito per la prima volta a una città italiana, ora inserita in un circuito internazionale di 18 città scelte dall’agenzia delle Nazioni Unite tra quelle che maggiormente hanno «individuato nella creatività un fattore strategico per lo sviluppo sostenibile». Unendosi al network, «Milano si impegna a condividere le buone pratiche e le iniziative che ha saputo realizzare finora, sviluppando partnership che promuovono la creatività e le industrie culturali, la partecipazione e l’integrazione della cultura nel piano di sviluppo urbano», si legge in una nota del Comune.
In tutto questo Torino è in qualche modo risorta, perché la trentesima edizione del Salone del Libro, guidata da Nicola Lagioia, è stata un successo superiore alle aspettative, tra le più partecipate degli ultimi anni (oltre 100mila visitatori); tanto è vero che a ottobre 2017 sia Mondadori che GeMS hanno annunciato per il 2018 il loro ritorno a Torino, che l’anno scorso avevano disertato scegliendo di partecipare solo a Tempo di Libri. La manifestazione milanese, al suo debutto nel 2017, ha fatto registrare circa 70mila presenze, poche se confrontate con quelle di Torino, ma in linea con le aspettative degli organizzatori che, del resto, sono stati sicuramente penalizzati sia dal fatto di essersi ritrovati a organizzare la manifestazione in pochi mesi, sia dalle date sostanzialmente infelici perché a cavallo tra Pasqua e il ponte del 25 aprile.

Amazon, librerie e promozione della lettura
La prima libreria fisica Amazon è stata aperta all’interno del centro commerciale Time Warner Center di Columbus Circle, New York, e a questa ne sono rapidamente seguite altre 12 in California, Illinois, Massachusetts, New Jersey, Oregon, Washington, e a breve anche in Texas. In un contesto stile Ikea, scaffali neri su cui campeggiano scritte realizzate in Bookerly (che è il font del Kindle), ogni libro è presentato con una targhetta che riporta la media dei voti che ha ricevuto sul sito di Amazon e il commento di un lettore che ha postato la recensione online. Le suddivisioni sono a dir poco innovative, faccio solo due esempi: si va dagli “Highly Rated Books” (quelli che hanno totalizzato più “stelline” online, senza distinzione di genere) ai “Books Kindle Readers Finish in 3 Days or Less”, altrimenti detti pageturners. Si può pagare tramite la app di Amazon e uscire dal negozio senza neanche aver estratto il portafogli dalla borsa. Anche nel mondo di Amazon, dunque, i libri si comprano in libreria, che del resto si conferma (per tornare ai dati Aie) anche nel nostro paese come il principale canale attraverso il quale le case editrici raggiungono i loro clienti. Detto questo, non possiamo nasconderci che le nuove formule di commercio online ne hanno comunque eroso importanti quote di mercato e hanno abituato i clienti a modi diversi di acquistare: nel 2016 si assiste a una perdita di quota di mercato della libreria fisica che passa dal 79% del 2007 all’attuale 73 %, mentre le librerie online crescono dal 3,5 % del 2008 all’attuale 17%, superando ormai la Gdo, il canale che soffre più di tutti e fa registrare un fatturato in calo addirittura del 46%. Attenzione, però, ammonisce l’Aie: «Diminuisce il fatturato ma non il ruolo di questo canale: i banchi libri di supermercati e i grandi magazzini avevano avuto un ruolo fondamentale nell’intercettare, tra gli anni ottanta e novanta, un pubblico nuovo di lettori e di clienti che non entrava in libreria, ma che è poi migrato progressivamente verso canali con assortimenti e servizi maggiori. Ciò nonostante, quasi un milione di persone dichiara di comprare libri solo in Gdo, che rimane in alcuni casi, come nei piccoli comuni, il punto di vendita fisico più vicino dove trovare assortimenti sia pure minimi». Non dobbiamo infatti dimenticare che in Italia ben 13 milioni di italiani vivono in un comune senza libreria, così come circa mezzo milione di ragazzi frequenta una scuola senza biblioteca. A questo dato possiamo aggiungere quello relativo alla presenza o meno di libri nelle case poiché sappiamo che esistono profonde differenze in relazione alle abitudini di lettura dei genitori: leggono il 65 % dei ragazzi con genitori lettori, ma solo il 27 % di quelli con genitori non lettori. Ed è partendo da questa constatazione che Ricardo Levi ha intenzione di avanzare la richiesta presso le istituzioni della detrazione fiscale per l’acquisto dei libri, «detrazione che oggi viene concessa persino alle spese per la palestra» ricorda al «Corriere della Sera». Intanto anche gli editori stanno facendo la loro parte, con il progetto #ioleggoperché, una grande raccolta di libri a favore proprio delle biblioteche scolastiche.