Leggere sul cellulare: l’ecosistema è il dispositivo

Nel 2016 un americano su cinque sotto i cinquant’anni ha dichiarato di avere letto almeno un libro sullo schermo del proprio telefono. E sessanta milioni di utenti nel mondo usano lo smartphone, attraverso la piattaforma Wattpad, per scrivere e leggere storie. Forse è solo spazzatura. O forse sono i primi segni di un nuovo sistema letterario.
 
Fra le tante cose che facciamo con lo smartphone, una delle più diffuse è leggere.
Diamo per scontato, ormai, l’uso del telefono per la lettura di testi brevi con fini praticistici, ludici o informativi, ossia l’accesso continuo alle notizie online, ai messaggi degli amici e agli aggiornamenti di stato su Facebook. D’altronde è sotto gli occhi di tutti lo spettacolo di un’umanità intenta a compulsare il proprio smartphone in ogni luogo e ogni momento, catturata nel gorgo di un’esperienza irresistibile.
Meno scontata è l’idea che il cellulare cominci a essere impiegato per il consumo di testi fino a ieri destinati al libro di carta (qui dunque il termine libro rimanda al formato, non al contenuto; si riferisce cioè a un insieme di fogli di egual misura, stampati e rilegati, solitamente numerati e dotati di copertina). Eppure sta accadendo.
In questo senso chi immaginava che a scalzare il supporto tradizionale sarebbe stato l’e-reader, progettato espressamente per la lettura e capace di emulare l’esperienza della carta meglio di qualunque altro gadget grazie alla tecnologia e-ink, ha dovuto ricredersi. Le ricerche ci segnalano che la diffusione dell’e-reader come strumento di lettura di libri in formato digitale segna il passo, mentre cresce l’uso di tablet e smartphone per la stessa finalità.
Vediamo il caso degli Stati Uniti. Secondo la più recente indagine del Pew Research Center (Book Reading 2016, sett. 2016) fra i lettori americani di e-book la quota di coloro che utilizzano l’e-reader è passata dal 7% del 2011 all’8% del 2016. La penetrazione di Kindle, Kobo e simili, dunque, resta piuttosto modesta. Viceversa la percentuale di chi legge libri su smartphone è cresciuta, raggiungendo nel 2016 il 13% (e il 15% su tablet). Tale quota è risultata più alta tra gli afroamericani non laureati, ma soprattutto tra i più giovani. In sostanza lo scorso anno un americano su cinque sotto i cinquant’anni ha usato il telefono per leggere un libro.
È pure vero che stiamo parlando di una minoranza di lettori e che, anche nei mercati tecnologicamente più avanzati, la carta continua a essere l’opzione preferita per la lettura dei libri in ogni fascia di età. Tuttavia accanto alla dinamica di chi legge su cellulare testi concepiti per essere fruiti sui libri di carta, si registra il caso opposto: nuove tipologie di testi nascono per l’ecosistema del cellulare, e solo in un secondo tempo prendono la strada della carta. Non si tratta di un fenomeno residuale, se è vero che gli utenti di Wattpad hanno raggiunto il ragguardevole numero di 60 milioni. Sono per lo più giovani e giovanissimi che scrivono e leggono storie online, utilizzando il telefono. I sottogeneri più frequentati sono quelli che ci si aspetta: racconto fantasy, romanzo rosa, fan fiction, new adult.
Senz’altro Wattpad è – in larghissima parte – un contenitore di prodotti dozzinali, ingenuamente adolescenziali, privi di alcun valore letterario e tendenti al trash. Ma in mezzo a tanta spazzatura ci sono lavori che raccolgono il consenso di milioni di lettori. E il caso della trilogia Bad Boy, di Blair Holden, o della serie After, di Anna Todd. Si tratta di fenomeni editoriali su scala mondiale.
Parlo di ecosistema del cellulare, perché Wattpad è fatto di diversi elementi: la comunità online, l’applicazione di lettura da scaricare sul proprio telefono, una specifica logica di pubblicazione (seriale), un certo modo di intendere il rapporto fra chi scrive e chi legge, ma anche il rapporto fra contenuti grassroot e operatori mainstream (agenti letterari, editori, case di produzione).
Resta tuttavia irrisolta la questione di partenza. Il telefono può diventare un supporto adeguato per la lettura letteraria, ossia per quel particolare tipo di lettura nella quale facciamo esperienza del mondo dell’opera scritta più che decodificare un messaggio? In modo ancora più specifico, è possibile leggere un romanzo sul cellulare?
Credo che una simile domanda rinvii a due questioni fondamentali.
La prima riguarda le differenze che le tecnologie di lettura si portano dietro, sul piano della dimensione cognitiva dell’esperienza. Leggere un testo lungo e complesso con un dispositivo elettronico dotato di uno schermo tattile capacitivo da 4-6 pollici non è come farlo con un supporto librario tradizionale. Non lo è, intendo dire, dal punto di vista della possibilità di attivare un complesso di procedure che hanno come fine la comprensione del testo: implicazione e inferenza, ragionamento deduttivo, procedimento analogico, analisi critica, riflessione e intuito. Su questo punto gli studi non mancano. Una rassegna esaustiva delle ricerche dell’ultimo decennio si trova in Lauren M. Singer, Patricia A. Alexander, Reading on Paper and Digitally: What the Past Decades of Empirical Research Reveal, «The Review of Educational Research», 87, 6, 2017.
In definitiva, se il nostro modo di leggere cambia, cambia anche il modo in cui facciamo vivere l’opera letteraria. Opera che, come ci ricorda Mario Barenghi, «è il testo concretamente riattivato dalla lettura: eseguito – nel senso musicale della parola – da un lettore o da una comunità di lettori» (A cosa serve la letteratura?, «Doppiozero», 13 giugno 2017).
Donald McKenzie, controverso quanto geniale sociologo dei testi scritti, era solito provocare i propri allievi sottoponendo loro un volume composto da pagine prive di qualsiasi tratto identificativo: un libro senza parole, totalmente bianco. In una celebre conferenza del 1993 per il centenario della Bibliographical Society di Londra, disponibile in italiano nel volume Il passato è il prologo. Due saggi di sociologia dei testi (Sylvestre Bonnard, Milano 2002), fu lo stesso McKenzie a spiegare il senso di questo espediente didattico. La sfida, per gli studenti, consisteva nell’ipotizzare il tipo di testo per il quale il libro in esame fosse stato progettato. Attraverso una serie di indizi – peso e grana della carta, formato, spessore, tipo di rilegatura ecc. – gli studenti arrivavano a ricostruire con una certa precisione la destinazione d’uso del libro e addirittura a immaginare la storia della sua produzione, fino a discutere aspetti quali pubblico, tiratura e prezzo dell’opera.
In questo modo McKenzie induceva a riflettere sull’interrelazione fra manufatto librario e prodotto letterario. Per meglio dire: fra supporto fisico, forma testuale ed esperienza di lettura. Immaginiamo di svolgere lo stesso esercizio oggi. Osserviamo le caratteristiche di usabilità di un qualsiasi telefono cellulare dotato di interfaccia touch screen, connessione dati, sistema operativo proprio e capacità di calcolo. Consideriamo le dimensioni dello schermo, le prestazioni grafiche, le modalità di organizzazione e presentazione dei contenuti testuali di un simile dispositivo. E domandiamoci per quale tipo di testo esso sia stato progettato. Un romanzo di centinaia di pagine? O forse un saggio, con il suo apparato paratestuale fatto di titoli, note e illustrazioni? O magari una raccolta di composizioni in versi, in cui l’andare a capo non è un evento arbitrario, ma asservito a un più complessivo lavoro di significazione del testo?
Soprattutto domandiamoci se, rispetto alla struttura del codex, ossia il libro a pagine rilegato, le innovazioni introdotte con lo smartphone non segnino un arretramento, se non addirittura un ritorno a una forma più simile a quella del volumen o del rotulus. La risposta a questa domanda non è agevole, dal momento che a determinare il livello di ergonomia e l’esperienza di lettura sul telefono contribuiscono due componenti: da un lato c’è il telefono stesso, con tutte le sue prerogative hardware e software (dimensioni, comportamento dello schermo, risoluzione grafica, interfaccia utente del sistema operativo), dall’altro lato ci sono le caratteristiche dell’applicazione (modello di interazione con il contenuto, interfaccia grafica, funzionalità). Ma è chiaro che anche il software applicativo deve fare i conti con i limiti imposti dal dispositivo.
La seconda questione, per me ancora più importante, riguarda le interdipendenze tra strumenti di trasmissione dei testi e sistema letterario. Mi domando cioè se e in che direzione certe forme codificate di tale sistema – penso in particolare al romanzo – siano destinate a evolvere per effetto dell’innovazione tecnologica.
Il romanzo può conservare la propria riconoscibilità oggi, adattandosi ai nuovi strumenti di trasmissione e rimanendo se stesso?
Che effetto avrà lo smartphone sul destino del romanzo in quanto istituzione letteraria?
Perché è sempre opportuno ricordare che la letteratura non è solo l’insieme delle opere affidate alla scrittura e fornite di un mandato estetico. La letteratura è appunto un’istituzione, fatta di regole, ruoli e tecnologie, con il compito di mediare fra l’esperienza della scrittura e quella della lettura; essa concerne «un ambito di attività predisposte e organizzate allo scopo di favorire lo sviluppo di relazioni reciprocamente soddisfacenti fra degli autori e dei lettori» (Vittorio Spinazzola, L’esperienza della lettura, Unicopli, Milano 2010).
Per questa ragione lo studio dell’opera letteraria – dico lo studio del romanzo, come di qualsiasi altro oggetto fondato sulla parola e sul valore della scrittura – non può essere disgiunto dall’analisi dei dati materiali attraverso i quali tale opera si manifesta e degli aspetti socioeconomici che ne accompagnano la produzione, la diffusione e il consumo.
Occuparsi della lettura letteraria con lo smartphone concentrandosi sulle caratteristiche dello smartphone stesso è riduttivo. Ciò che orienta l’esperienza di lettura del singolo e la posizione degli attori coinvolti (autore, lettore, editore), è l’ecosistema nel suo complesso. Per questo, parafrasando il noto adagio di Marshall McLuhan, secondo il quale il medium è il messaggio, dovremmo dire: l’ecosistema è il dispositivo.
Torno al punto nevralgico, ovvero alle possibilità e ai limiti insiti nell’esperienza della lettura offerta dall’ecosistema del cellulare. Vedo tre dinamiche significative.
La prima dinamica è costituita dalla frammentazione del tempo della lettura in una serie di brevi episodi. Leggere in mobilità e con uno smartphone significa approfittare degli spazi di volta in volta disponibili: cinque minuti in attesa dell’amico in ritardo, un quarto d’ora mentre si viaggia sull’autobus, altri cinque minuti a scuola, fra una lezione e l’altra. In questo senso la logica seriale, cui è improntata tutta la produzione disponibile su Wattpad, è di aiuto.
La seconda dinamica riguarda la convergenza culturale, ovvero l’integrazione di contenuti, stili e personaggi che tiene insieme il cellulare con altre piattaforme mediali: cinema, televisione, videogiochi.
Infine la lettura al telefono ci parla della irresistibile spinta di chi legge a impossessarsi del materiale letterario disponibile per commentarlo e rielaborarlo, senza troppi complessi di inferiorità nei confronti degli autori. Siamo testimoni di una progressiva diminuzione di rilevanza della paternità dei testi pubblicati sulla piattaforma. L’unicità dell’autore perde parte del suo significato. Identificare chi ha generato un testo conta meno degli obiettivi di chi si trova a manipolarlo, l’originale e le sue intenzioni contano meno della copia, la produzione è meno significativa della postproduzione.