Audiolibri, che bellezza!

Nel 2018, fa il suo ingresso in Italia Storytel, azienda svedese di audiolibri. Non è una novità assoluta, Audible è presente nel nostro paese già da due anni, però è un segnale importante. Come avvenuto in passato per i collezionabili e per gli e-book, il rapido successo degli audiolibri è dovuto alla congiuntura di fattori diversi, a un (fortunato?) allineamento di pianeti: in questo caso hardware flessibili, un sistema aperto, piattaforme di vendita ben strutturate, contenuti editoriali molto curati.
 
Una delle novità editoriali del 2018 è l’ingresso in Italia di Storytei, fondata in Svezia nel 2005. Non è la prima azienda in Italia che proponga audiolibri: Audible, che appartiene ad Amazon, è presente sul mercato italiano da due anni; il fatto che l’offerta cresca e la competizione aumenti rende ancora più interessante studiare un settore che esiste da tempo, ma che in questo momento si caratterizza per particolare vivacità, anche nel nostro paese.
Per anni abbiamo considerato gli audiolibri un “fenomeno da americani”, che notoriamente passano un sacco di tempo in macchina e utilmente, a quanto pare, lo impiegano in parte ascoltando libri, o la versione moderna, ma neanche troppo, delle fiabe sonore. Poi ci siamo distratti un momento e ci ritroviamo con uno scoppiettante fenomeno, in crescita negli Usa (e va bene, visto che là hanno sempre avuto una loro dignità) e in Europa, e in sviluppo in alcuni paesi, fra cui l’Italia.
Che cosa mai può essere successo? A me piace paragonare il fenomeno agli e-book e ai collezionabili: anche questi due prodotti hanno “covato” nell’ombra per un po’ prima di sbocciare. Ed entrambi, mi pare, aiutano a spiegare l’attuale momento di gloria degli audiolibri.
Gli e-book si sono trasformati da fenomeno di nicchia a mercato grazie alla diffusione di hardware dedicato e alla presenza di una base significativa di contenuti originali digitali che avevano bisogno di un supporto per la lettura. Kindle non è stato il primo lettore di e-book (qualcuno ricorderà Rocket e-book e l’hardware di Microsoft del 2000), ma abbiamo dovuto aspettare il 2007 perché ci fosse la combinazione di hardware, piattaforma di vendita/di accesso a contenuti digitali e un catalogo di titoli digitali autoprodotti, e non perché si creassero le condizioni per la realizzazione di un mercato di massa per gli e-book. E non stupisce che il mercato più significativo sia rappresentato dagli Usa, dove il presidio di hardware, piattaforma di e-commerce e catalogo si andava consolidando nelle mani dello stesso operatore, Amazon, che in questo modo ha potuto controllarne l’evoluzione.
Anche i collezionabili sono un prodotto “antico”; la loro trasformazione (e l’incredibile successo commerciale che hanno avuto) si deve all’intuizione di considerarli parte core e non più ancillare dell’offerta del quotidiano. Mentre i fascicoli abbinati ai quotidiani erano prodotti editoriali che avevano progressivamente perduto il loro fascino, i collezionabili usciti a partire dal 2000 (più di un milione di copie de Il nome della rosa in abbinamento a «la Repubblica» il giorno del lancio: vogliamo parlarne?) erano bei libri da tutti i punti di vista: editoriale, perché la scelta dei titoli era di tutto rispetto; fisico, perché si trattava di volumi di buona fattura; economico, perché la scelta del canale e le tirature permettevano un prezzo di copertina bassissimo e attrattivo rispetto a quello dei corrispondenti titoli venduti in libreria, che però garantiva margini molto interessanti agli attori coinvolti nella loro produzione: autori, detentori di diritti, editori di quotidiani, edicolanti.
Con questi paragoni in mente, lo sbocciare degli audiolibri appare più facilmente comprensibile. Due fattori di contesto sono rilevanti come nel caso degli e-book: diffusione di hardware dedicato e modelli di vendita già familiari al pubblico. Le statistiche dello scorso anno (dovremo aspettare la fiera di Bologna per avere dati internazionali aggiornati) ci dicono che negli Usa gli audiolibri sono ascoltati attraverso gli smartphone, i computer e i tablet, segno che il consumo non avviene più solo in auto, ma in mobilità e anche in casa. Questo particolare non è trascurabile: sappiamo che una delle frontiere nello sviluppo di hardware è dato dagli smart speakers, che promettono di rivoluzionare la gestione intelligente delle nostre case e che ben si prestano a essere utilizzati, fra l’altro, per ascoltare un audiolibro. In presenza di un vacillamento nella crescita vertiginosa delle vendite di iPhones, il fatto che ci sia pronto un device complementare sul quale far scommettere investitori e produttori per trascinare le vendite di contenuti è un dato incoraggiante; dopotutto è noto che uno dei motivi dello stallo nelle vendite di e-book è proprio il disamoramento da parte dei produttori di hardware, che hanno significativamente rallentato il tasso di introduzione di nuovi prodotti, riducendo così la crescita nella base installata, il tasso di sostituzione e il tasso di crescita del mercato dei contenuti. In più, c’è da considerare un’importante differenza fra e-book e audiolibri: dal punto di vista dell’hardware, l’ecosistema degli audiolibri è un sistema aperto, il che aumenta le possibilità di crescita del fenomeno. La diffusione dei modelli di streaming (dalla musica ai film) e quella dei podcast rende l’abbonamento ai libri in ascolto un modo di fruire libri facilmente accettabile e riconoscibile. Insomma, l’hardware c’è e non è una barriera, il mercato educato a una varietà di canali e di modelli d’acquisto anche, l’infrastruttura della filiera pure. I pianeti mi sembrano allineati perché si possano creare mercati di dimensioni ragionevoli per i titoli.
Sul fronte dei contenuti, è innegabile che gli audiolibri, come i collezionabili, siano un bel prodotto editoriale, curati nella scelta dei titoli e in quella dei lettori; la qualità nell’offerta stimolerà la domanda. C’è di più: mentre nel caso dei collezionabili, il prodotto è lo stesso, ma cambia il canale di vendita (un libro venduto in libreria o in edicola sempre libro è), l’audiolibro offre un’esperienza di lettura diversa da quella del libro. Inoltre, così come nell’audiovisivo la diffusione di canali digitali ha permesso la crescita e la diffusione di format diversi (le serie, i corti, i documentari, i videoclip), così gli audiolibri stanno sperimentando non solo trasposizioni audio di libri di generi diversi, ma la costruzione di nuovi prodotti editoriali attorno all’esperienza di ascolto in contesti diversi e in risposta a bisogni diversi. Pensiamo per esempio ai bisogni di aggiornamento, autoapprendimento e formazione: la disponibilità di abbonamenti a progetti costruiti a partire da file audio che permettono un ascolto su più piattaforme. La formula streaming sembra essere un buon modello di vendita di contenuti e di fidelizzazione degli utilizzatori e la possibilità di interagire con la piattaforma e di utilizzarla anche in mobilità permette configurazioni molto interessanti di sistemi di offerta.
Penso che un vivace segmento degli audiolibri farebbe bene a molti: senz’altro a chi di audiolibri vuole campare in via diretta e indiretta, ma anche in generale al consumo dei prodotti culturali. L’ubiquità della musica ha creato una sorta di diffuso inquinamento acustico, non in termini di decibel, ma di attenzione: se gli audiolibri aiuteranno a riscoprire il valore dell’ascolto, come già fa la lettura ad alta voce, sarà davvero una cosa bella. Sono ottimista.