Requiem per la scheda

Qual è oggi il rapporto biblioteche-utenti in uno scenario di rapida evoluzione tecnologica? Benché il mondo dell’automazione bibliotecaria stia ammodernandosi un fatto è tuttavia certo: non esiste al momento alcun sistema, o soluzione tecnologica, che soddisfi tutte le esigenze degli utenti. Lo dimostra l’esperienza di qualsiasi povero utente, costretto a girovagare da una biblioteca all’altra per reperire i documenti di cui ha bisogno.
 
Scenario uno: l’immaginario (parte prima)
Galleria del deposito librario della Biblioteca pubblica di New York, una bibliotecaria precocemente invecchiata e irrimediabilmente rinsecchita, dall’alto colletto inamidato, spinge il carrello dei libri restituiti dal prestito a domicilio e s’appresta a ricollocarli nel loro posto sullo scaffale.
Improvvisamente, le si manifestano fenomeni strani: libri che per autocinesi si spostano da uno scaffale all’altro, cassettini degli schedari che si aprono al passaggio del carrello, migliaia di schede che «saltano» fuori, come fette di pane grigliato al tostapane, e vagano per aria, si confondono, girano vorticosamente: un uragano di schede bibliografiche violentemente sbalzate dal secolare «ordinamento alfabetico stretto».
I fantasmi al servizio delle forze del Male iniziano da lì, dalla Biblioteca pubblica di New York, e con la distruzione del catalogo, la loro marcia di conquista del Mondo dei Viventi!
 
Scenario due: l’immaginario (parte seconda)
Ancora New York, in un giorno di pioggia battente. Nel Centro di documentazione della American Literary Society, alcuni impiegati sono intenti alle loro mansioni: alla reception, una segretaria di mezz’età (con la pistola nel cassetto) smista la corrispondenza, il fattorino (con il fucile a pompa a portata di mano), passa da un ufficio all’altro per consegnare pacchi di libri che alcuni addetti ai terminali dovranno analizzare, mentre le stampanti srotolano tabulati a getto continuo: l’attività ferve e, come tutti i giorni, il postino suona per recapitare la nuova corrispondenza.
La segretaria controlla al video a circuito chiuso e fa scattare l’apriporta. Il postino indugia all’ingresso, scuote il pesante impermeabile dalla pioggia, estrae dal borsone una mitraglietta con silenziatore: la strage … dei «bibliotecari» ha così inizio.
Più tardi si verrà a scoprire che gli ignari impiegati sono in realtà agenti della CIA che, nel loro lavoro di immissione dati nella «rete» (Internet?), hanno interferito su grandi problemi di strategia internazionale, tanto da diventare scomodi testimoni da eliminare.
Mi pare che le scene tratte da due film famosi (Ghostbusters e I tre giorni del Condor) possano rappresentare eccellenti metafore del tema che intendo trattare: il rapporto biblioteche-utenti in uno scenario di rapida evoluzione tecnologica.
 
Scenario tre: la realtà desiderata
Osservo, innanzitutto, che la biblioteca funziona come un sistema d’informazioni composto da quattro settori in connessione tra loro:
– personale della biblioteca;
– chiavi d’accesso (cataloghi e sezione di consultazione);
– deposito, o contenitore, dell’informazione (libri, periodici, documenti diversi);
– utenti.
 
Ora, in una biblioteca «aperta», come ormai s’avviano a essere le nostre, l’utente ha la possibilità di:
l . andare direttamente allo scaffale, se sa esattamente cosa vuole;
2. consultare i cataloghi per cercarvi l’informazione di cui ha bisogno e poi andare allo scaffale a trovarla;
3. rivolgersi all’assistenza del personale specializzato, che probabilmente consulterà per lui i cataloghi, gli troverà l’informazione sugli scaffali, o per lo meno gli indicherà la direzione giusta.
 
Naturalmente, questa è una semplificazione del problema: come tutti sanno, ci possono essere difficoltà e frustrazioni, perché i libri sono a prestito, o dal legatore, o anche essere stati rubati (purtroppo succede). Di più: il catalogo può risultare difficile da usare o non contenere l’informazione richiesta, o il documento cercato può non esistere in biblioteca. Ancora: il personale può essere occupato, o non capire bene la domanda dell’utente.
In ogni modo, accettando che una biblioteca sia inevitabilmente uno strumento imperfetto per soddisfare le richieste d’informazione di ogni possibile utente in qualsiasi momento, resta impegno dell’utente quello di capire il funzionamento del sistema-biblioteca. Egli dovrà:
a. rendersi conto che l’informazione totale che cerca su un particolare argomento non può trovarsi tutta concentrata in una sola biblioteca, o in un solo punto della biblioteca;
b. dedicare qualche tempo alla comprensione del modo in cui vanno usati i cataloghi e gli indici;
c. esporre le sue richieste ai bibliotecari in forma chiara e adeguata;
d. imparare a usare i servizi innovativi proposti dalla biblioteca.
 
È chiaro anche da questo semplice schema che le parti del sistema sono interdipendenti e che ciascuna delle tre possibilità aperte all’utente mette quest’ultimo a contatto, diretto o indiretto, con gli altri elementi del sistema stesso. Così, chi va ai cataloghi entra in contatto indiretto con il personale della biblioteca, da cui i cataloghi sono stati costruiti, e con il materiale che nei cataloghi è descritto. Allo stesso modo, se si rivolge al bibliotecario, l’utente sarà da questi guidato a una o a diverse sezioni dell’informazione. Chi va direttamente agli scaffali entrerà ancora una volta in contatto con il bibliotecario, cui risale la responsabilità della scelta e dell’ organizzazione del materiale presente in biblioteca.
Così è stato nel passato, così è, e così sarà presumibilmente nel futuro, anche in uno scenario d’alta tecnologia.
 
Scenario quattro: La realtà possibile
In altri termini, se l’attività di catalogazione è perno del sistemabiblioteca, al punto in cui l’evoluzione tecnologica è giunta, deve anch’essa mutare la propria prospettiva: non più la funzione base delle varie operazioni biblioteconomiche, bensì una delle fasi di movimento della catena informativa della biblioteca.
Riconoscere ciò comporta la netta riduzione dell’attività di catalogazione originaria – vale a dire catalogazione fatta con il libro alla mano – per effettuare invece un’operazione partecipata, cooperativa o derivata da altre fonti bibliografiche, ovviamente controllate attentamente e attendibili.
La questione è la seguente: perché svolgere un’operazione molto costosa, lunga e complessa con le proprie misere forze, quando qualcun altro ha fatto lo stesso lavoro sugli stessi dati? Lo sviluppo delle enormi basi dati on-line permette operazioni che, fino a pochi anni fa, nelle nostre biblioteche si potevano soltanto sognare.
Ricordo solo, a titolo esemplificativo, OCLC e RLIN. li primo è l’acronimo di On-line Computer Library Center, organizzazione cooperativa di biblioteche, senza fini di lucro, che offre prodotti, servizi e sistemi informati ci alle biblioteche. Attiva dal 1967, OCLC ha dapprima riunito le 54 biblioteche dei college e delle università dell’Ohio, e si è via via estesa fino a creare una rete informativa che include le biblioteche di oltre 40 paesi nel mondo. RLIN, invece, è una rete concorrente che si sta sviluppando notevolmente, anche perché è nata direttamente su Internet. Entrambe mettono a disposizione bibliographic utilities per la ricerca e la catalogazione partecipata, dietro pagamento o di una quota annua o di tariffe specifiche.
Lo stesso discorso vale per i CD-ROM contenenti i dati bibliografici in formato, come si dice, «esportabile» a uso della biblioteca, i quali consentono di recuperare, schedare e adattare alle esigenze della singola biblioteca, a costi estremamente contenuti, con poco personale specializzato, e minimo dispendio di tempo, tutto il patrimonio bibliografico. In tal modo, le risorse lavorative, «liberate» dalle operazioni di classificazione, controllo bibliografico, catalogazione, possono essere proficuamente impegnate nei servizi di assistenza e istruzione agli utenti.
Non è un caso, infatti, che persino i fornitori di libri e periodici si siano accorti di quanto possa essere utile per le biblioteche (e, ovviamente, per il loro giro di affari) offrire un servizio a valore aggiunto, quale quello di una pre-catalogazione attendibile e adattabile alle esigenze del cliente (una nota società commissionaria di libri, con sede a Firenze, per esempio, oltre alle schede bibliografiche cartacee, fornisce i suoi dati anche in formato elettronico adattabile alle esigenze delle singole biblioteche sue clienti).
L’avvento di Internet ha facilitato molto questo processo, che definirei di miglioramento continuo della performance bibliotecaria; è quindi giusto sottolineare, come ha fatto qualche collega, che Internet «è una fucina di idee e di innovazione, che potrebbe dar luogo a soluzioni e modificazioni non ancora prevedibili anche per la concezione stessa del catalogo di biblioteca» (C. Basili, Internet come strumento per la catalogazione retrospettiva, in AA.VV., Catalogazione retrospettiva, Lazo, 1996, p. 113).
 
Scenario cinque: la realtà vera
La cosiddetta «biblioteca virtuale», «biblioteca elettronica», o «biblioteca senza muri», vale a dire quella biblioteca che abbia «la capacità di cercare e recuperare l’informazione di cui abbiamo bisogno nel momento in cui ne abbiamo bisogno e nella forma desiderata senza muoverei da casa o dal posto di lavoro» (G. Clavel Menin, La biblioteca virtuale, «Bibliotime», n. 3-4, lug.-dic. 1992, pp. 21-25), tuttavia non esiste ancora.
Attualmente convivono diverse soluzioni tecnologiche e organizzative:
– sistemi integrati di automazione;
– reti locali, regionali, nazionali e internazionali di computer;
– banche dati contenenti sia citazioni bibliografiche, sia numeri e statistiche, o addirittura il testo completo di articoli e saggi.
Benché il mondo dell’automazione bibliotecaria sia in rapida evoluzione, un fatto è tuttavia certo: non esiste al momento alcun sistema, o soluzione tecnologica, che soddisfi tutte le esigenze degli utenti. Lo dimostra l’esperienza di qualsiasi povero utente, costretto a girovagare da una biblioteca all’altra per reperire i documenti di cui ha bisogno.
Certo, i sistemi di automazione integrata, cioè quelli che forniscono un accesso alle collezioni di una biblioteca per mezzo dell’automazione dei processi interni di produzione (acquisti, catalogazione, gestione periodici e abbonamenti, distribuzione) e mettono a disposizione cataloghi in linea (gli OPAC = Online Public Access Catalog, cioè cataloghi elettronici in linea) sembrano essere quelli di più facile utilizzo per l’utente medio. Anche se, a questo proposito, si devono registrare notevoli differenze di atteggiamento verso una biblioteca elettronica. Valgano per tutti due aneddoti: un giovane, e già illustre, professore di glottologia della mia Università mi ha confessato di provare una nostalgia indicibile per i vecchi schedari alfabetici davanti ai quali provava più familiarità e facilità di utilizzo, che non di fronte all’impaziente, un po’ nevrotizzante, schermo di computer. Dal lato opposto, ho conosciuto un anziano dirigente aziendale, in pensione da tempo, che, aiutato dalla moglie, nipote di uno dei più grandi esponenti della Scapigliatura milanese, ha ricopiato le schede bibliografiche compilate a penna dall’avo, ne ha inserito i dati in formato elettronico secondo le specifiche di un software bibliografico, e s’accinge a riconvertirle in formato HTML, e per far ciò ha appena sottoscritto un abbonamento con un provider locale di servizi Internet.
Casi estremi di un atteggiamento degli utenti verso l’automazione, entro i quali vi è una miriade di comportamenti intermedi. Tuttavia, un fatto è certo: gli inarrestabili sviluppi di Internet consentono: a. di avere accesso all’informazione fuori dai confini della biblioteca stessa; b. di ottenere – in qualsiasi forma – il documento desiderato; nonché, c. di permettere l’accesso a molteplici banche dati; d. di catturarne i documenti contenuti; e. di trasformarli in veri e propri documenti sul proprio personal computer.
In questa situazione, le biblioteche, i bibliotecari come si comportano?
Appartiene ormai alla storia, invero un po’ «sanguinosa» (I tre giorni del Condor), dell’automazione bibliotecaria in Italia, la nota diatriba tra i sostenitori del sistema – diciamo così – istituzionale SBN (nelle sue varie, e differenti tra loro, versioni) e gli altri sistemi, cosiddetti commerciali (DOBIS-LIBIS, ALEPH, TINLIB, ecc.). Si è trattato di una controversia che, iniziata alla fine degli anni settanta, solo ora si sta risolvendo con un dignitoso armistizio fra i belligeranti, ma dopo aver condizionato in notevole misura lo sviluppo del sistema bibliotecario del paese, e sempre a danno dell’utenza.
Che fare per superare gli ostacoli a una vera cooperazione fra le biblioteche? Come aiutare gli studiosi nella consultazione, non solo di singoli cataloghi, ma soprattutto dei vari sistemi adottati da ciascuna biblioteca o gruppo di biblioteche?
Anche di fronte a questi problemi, Internet sembra essere lo strumento più efficace. Segnalo, a questo proposito, un’iniziativa promossa dal CILEA, Consorzio Interuniversitario Lombardo per l’Elaborazione Automatica, per il momento riservata alle biblioteche universitarie, per superare le differenze di linguaggio d’interrogazione e unificare i differenti cataloghi elettronici delle varie biblioteche: si tratta di Azalai, termine Tuaregh che significa «separarsi per poi ritrovarsi», un concetto – come è stato detto – squisitamente nomade con il quale si prende atto che differenti sistemi d’automazione, con linguaggi e specifiche diversi, decidono di comunicare e mettersi a disposizione della comunità degli utenti delle biblioteche in modo da far percorrere alle loro richieste strade diverse per raggiungere i vari cataloghi, per farle poi ricongiungere in una risposta univoca.
Si tratta, in altri termini, di un super-catalogo elettronico che – analogamente a quanto avviene per i cosiddetti «motori di ricerca» di Internet – permette di interrogare contemporaneamente diversi OPAC facendo un’unica richiesta iniziale.
In questo primo tentativo, utilizzato per creare il «Catalogo bibliografico virtuale delle università lombarde», i cataloghi automatizzati di 8 università lombarde mettono a disposizione oltre 1.390.000 record bibliografici di 69 fra biblioteche centrali, di istituto e di dipartimento ( cfr. la documentazione su Azalai all’indirizzo Internet: http:/ l azalai.cilea.it).
Vino nuovo in botti vecchie, dunque. «La tentazione – è stato detto – di aggiungere le nuove risorse informative all’organizzazione inveterata dei servizi bibliotecari è molto forte per i bibliotecari, tradizionalmente restii ad avventurosi salti nel buio» (A.M. Tammaro, «Introduzione» a Reti telematiche e servizi bibliografici, a cura di A.M. Tammaro, IFNIA, 1993, p. 7).
In realtà non si tratta solo di questo: l’erogazione di servizi d’assistenza o, se si vuole, di «facilitazioni» alla ricerca di risorse informative (queste sì catalogate con precisione, e descritte accuratamente in conformità a precise norme) disponibili in Internet, potrà trasformare uno dei più antichi (forse) fra i mestieri al mondo nel mestiere del futuro.
Il bibliotecario – novello Ghostbuster – potrà così mettere a disposizione dell’utente un potente strumento per recuperare l’informazione roteante nel vortice di schede messe a soqquadro dalle forze del Male!