«Sono stato a Milano tre volte. La prima, non appena arrivato in Europa, e prima di recarmi a Parigi, per discutere il progetto della Casa Editrice Mondadori; la seconda alla vigilia del mio viaggio in Algeria, per consegnare il progetto di massima; la terza, prima di tornare in Brasile, per consegnare il progetto definitivo.
Durante queste brevi permanenze ebbi frequenti contatti con Giorgio Mondadori e con i suoi collaboratori nella sua moderna Casa Editrice. Tutti mi accolsero con cordialità e amicizia.
Il progetto definitivo fu fissato negli uffici della Sede di via Bianca di Savoia assieme ai miei colleghi e collaboratori, architetto Luciano Pozzo e ingegneri Giorgio Calanca e Antonio Nicola.
Nel suo entusiasmo, Giorgio Mondadori desiderava una sede spettacolare che caratterizzasse la Casa Editrice.
Illustrai il progetto in questo modo:
“La nuova Sede AME comprende uffici, sala conferenze, servizi generali, ristorante ecc. La sua localizzazione e la sua finalità suggeriscono una architettura differente capace di caratterizzare l’importanza della Società. In casi del genere la bellezza e l’invenzione architettonica costituiscono già di per se stesse una funzione considerevole, che poi le ragioni funzionali devono completare e definire. Si tratta di caratteristiche che si integrano tra di loro, alcune connesse alla logica, al buon funzionamento dell’insieme, e alle previsioni future; altre connesse alle novità delle tecniche attuali e all’aspetto innovatore che la moderna architettura esige.
In breve queste sono le sue caratteristiche:
1° I blocchi principali, le cui forme libere, ma logiche, comprendono i servizi generali centralizzati (dis. 76).
2° I blocchi separati. Abbiamo preferito questa soluzione per due motivi: primo, per dar loro una migliore proporzione; secondo (ed è la ragione principale), per non creare nel caso di una ulteriore fase di costruzione una confusione inutile ed evitare l’aspetto di opera incompleta che sussisterebbe per troppo tempo (dis. 77).
3° La flessibilità interna. La soluzione strutturale che abbiamo adottato risponde allo spirito del progetto, permettendo le indispensabili divisioni interne mobili (dis. 78). Per questo abbiamo evitato di inserire troppe colonne, garantendo cosi la leggerezza della costruzione e la libertà dello spazio a pianterreno (dis. 79). Questa idea ci ha spinti a sospendere (ingabbiare) i piani in una struttura esterna per mezzo di tiranti verticali, soluzione che si accorda con le esigenze tecniche ed economiche del complesso (dis. 80).
4° Gli archi a ritmo variato, soluzione che non interferisce in alcun modo nel problema strutturale (dis. 81).
5° Per i corpi bassi che contengono i servizi generali noi proponiamo due soluzioni: la prima definisce plasticamente i suoi elementi: auditorium, ristorante, biblioteca ecc. (dis. 82); l’altra, quella che preferiamo e che è senza dubbio la più bella e originale, valorizza il blocco principale e crea all’interno ambienti originali, che per noi costituiscono la vera architettura (dis. 83).
6° Gli accessi (dis. 84) potranno essere ulteriormente studiati sia dal viale della circonvallazione (a), soluzione che ci sembra decisamente la migliore, sia dalla strada provinciale (b). Le due soluzioni mantengono la facciata principale dalla parte della circonvallazione, come è meglio. Il parcheggio è previsto per 1.000 veicoli. La varietà degli archi, le superfici vetrate delle facciate, le forme quasi astratte dei servizi generali e lo specchio d’acqua che arricchisce il tutto sono i complementi plastici dell’insieme che garantiranno, speriamo, all’AME l’importanza desiderata, e ai suoi visitatori l’effetto che solo la sorpresa . e la bellezza possono provocare”.
Era la costruzione moderna e attuale che io desideravo progettare in Italia, basandomi sulla tecnica più avanzata, usando il cemento armato perché il tema e gli obiettivi del progetto lo consentivano, dimostrando a tutti che il progresso tecnico non deve paralizzare l’immaginazione, e che il lirismo, l’invenzione e la fantasia continuano ad essere presenti, perché costituiscono l’architettura stessa.
Terminai i miei lavori all’estero e, come le altre volte, mi affrettai a fare ritorno, ansioso di rivedere la mia famiglia, gli amici, e il mio paese pieno di contrasti dei quali parliamo da lontano con intransigenza, ma che, non appena vi giungiamo, consideriamo con amarezza, constatando – più realisticamente – che i nostri fratelli sono sempre poveri e scoraggiati e che è necessario un impegno più grande al loro fianco. (…) Nel settembre del 1969 tornai nel vecchio mondo: a Milano, per rivedere i disegni della Casa Editrice Mondadori; ad Algeri, per portare il progetto del centro civico e veder iniziare le opere dell’Università di Costantina».
Oscar Niemeyer, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1975, pp. 299; 301.