Com’è fatto il popolo di Internet

Elaborare una tecnica di rilevazione attendibile dei dati relativi a Internet è assai complesso. L’indagine più accurata è quella della milanese Between, che prevede ogni settimana 2.000 interviste telefoniche e definisce le categorie degli utenti secondo l’uso effettuato della rete (una volta nella vita, una volta nell’ultimo mese, una volta nell’ultima settimana, più di una volta alla settimana: questi ultimi sono in forte crescita), il sesso (i maschi più che le femmine usano la rete), l’età (i più assidui frequentatori: i giovani tra i 18 e i 24 anni) e l’area geografica di residenza (assai più al Nord-Ovest che nelle Isole).
 
L’aspetto più impressionante della lettura delle diverse e variegate statistiche che di continuo vengono pubblicate sull’uso di Internet nel nostro paese è il massiccio utilizzo dell’indicativo presente. «All’inizio del 2000 vi sono in Italia quasi cinque milioni e mezzo di utenti Internet», scrive Giacomo Fusina di One-to-one Research (http://www.cfmt.it/pag2fusina2 .html).
«Nel 1999 gli italiani che hanno avuto accesso a Internet sono stati 8,2 milioni», afferma invece Antonio Emmanueli nella prefazione all’Osservatorio Smau sull’Information & Communication Technology 2000, che aggiunge: «e sono destinati a crescere al 2002 sino a 28 milioni, ovvero metà della popolazione del nostro paese».
Tanta sicurezza sintattica viene sbandierata a dispetto di un universo magmatico, in trasformazione così rapida che ogni affermazione rischia di avere validità per lo spazio di un mattino; e dove elaborare una tecnica di rilevazione che garantisca una reale attendibilità statistica è oltremodo complesso. Eppure, le formule dubitative, qualche cautela nel presentare le stime si ritrova solo laddove queste riguardano il futuro. Ma sono cautele minime, che non impediscono che le tabelle dei dati contengano spesso informazioni sugli anni a venire, per le quali è quasi sempre impossibile capire non solo la metodologia statistica ma nemmeno a spanne i criteri con i quali sono elaborate le previsioni.
Capita, inoltre, che i dati di base utilizzati per l’elaborazione di statistiche e previsioni di fonti diverse siano in realtà gli stessi, il più delle volte ripresi in modo approssimativo. La frase di Fusina citata all’inizio è letteralmente riportata nel Rapporto sulla Rete in Italia di Metanews (www.metanews.it/rapporti/200003 ), dove sono sì citati i dati One-to-one, ma dove il commento non è firmato e sembra da attribuirsi agli autori del rapporto.
Non è che un esempio. Il riciclaggio continuo e disinvolto degli stessi dati, delle stesse informazioni e persino degli stessi commenti è tale da acuire la necessità di analizzare con cura origini e metodi dei dati che con tanta noncuranza vengono proposti.
Abbiamo girato tra siti Internet alla ricerca di fonti statistiche edite (e dunque ci limitiamo a commentare quanto disponibile gratuitamente in rete, che significa spesso una versione ridotta di rapporti venduti sul mercato dei servizi alle imprese). Com’è caratteristico di Internet, il primo problema che ci si è posto è stato quello della eccessiva abbondanza di dati. Tuttavia, non appena abbiamo assunto come criterio di selezione la presenza di note metodologiche sufficientemente chiare da consentire una valutazione dell’attendibilità statistica delle stime, il lavoro di cernita è divenuto molto semplice.
Tra i pochi siti che rendono gratuitamente disponibili dati verificabili sulla diffusione di Internet segnaliamo quello di un’azienda milanese, la Between (www.between.it) che pubblica mensilmente i dati sintetici del proprio Osservatorio settimanale sulla rete (in verità del Weekly Observatory of the Web, così come i rapporti sono report, gli utenti users, ecc.: l’uso spropositato dell’inglese – o di un para-inglese gergale e maccheronico – è l’altra costante retorica che si deve subire nel corso della lettura di queste fonti, di cui non è più possibile stupirsi ma alla quale è doveroso non abituarsi). Tutti i file scaricabili contenenti i dati sono corredati, in premessa, di una breve scheda tecnica e dal sito è anche accessibile il questionario di rilevazione. L’indagine prevede ogni settimana 2.000 interviste telefoniche a un campione stratificato sulla base delle principali caratteristiche socio-demografiche (sesso, età, area geografica e ampiezza del comune di residenza, condizione professionale), il che garantisce – secondo le dichiarazioni degli estensori – un intervallo di confidenza (ciò che nel linguaggio giornalistico viene indicato con la stramba metafora della forchetta) di più o meno il 2% con una probabilità di errore del 5%. La popolazione di riferimento è costituita dai residenti adulti (maggiori di 18 anni) in possesso di telefono. L’errore non campionario di indagini di tal genere risiede non tanto nel trascurare i non possessori di telefono (che sono una percentuale ridotta della popolazione, anche se va diffondendosi la presenza di giovani che utilizzano solo servizi di telefonia mobile), quanto nelle tecniche utilizzate per raggiungere le unità campionarie: a quali ore del giorno si telefona? cosa fare se l’utente telefonico estratto non risponde? ecc. A fronte di tali difficoltà, tuttavia, è evidente che si ha il vantaggio della celerità (oltre che dell’economicità): un’indagine tradizionale con interviste de visu richiede certamente più tempo e rischia di produrre alla fine del processo dati divenuti obsoleti già al momento della pubblicazione.
Un’ulteriore limitazione, di non poco conto, riguarda il fatto di considerare come popolazione di riferimento solo quella adulta, trascurando quindi i comportamenti di adolescenti e preadolescenti, che invece sono tra i più attivi e costanti navigatori di Internet. D’altro canto, la maggiore cautela necessaria – a norma di legge – nella rilevazione e nel trattamento dei dati relativi ai minorenni ha evidentemente prevalso sull’esigenza di avere un’indagine più completa.
 
Tra i pregi dell’indagine Between è la chiarezza nelle definizioni adottate. Sono stimati:
Gli Utenti, definiti come «persone che hanno usato la rete almeno una volta nella loro vita», definizione che oggi – considerato quanto il fenomeno sia giovane – è accettabile, ma che dovrà essere sostituita nel tempo con una che consideri un intervallo definito di tempo. Un punto di riferimento può essere l’anno, anche per analogia con le definizioni generalmente adottate nelle rilevazioni della lettura, per le quali-è un lettore chi ha letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi.
Gli Utenti ultimo mese, definiti come «chi ha usato la rete almeno una volta nell’ultimo mese». Va considerato che – in un momento di rapida evoluzione – questi utenti, apparentemente molto più assidui, spesso coincidono con i precedenti, laddove si tratti di neofiti del web, come nella maggioranza dei casi. Sarà invece interessante seguire l’andamento futuro delle due serie di dati, per verificare se, una volta entrati nel mondo di Internet, gli utenti tendano a rimanervi, collegandosi alla rete con un minimo di assiduità.
Gli Utenti ultima settimana, ovvero «chi ha navigato almeno una volta nell’ultima settimana».
Gli Utenti più di una volta la settimana, che per similitudine alle indagini sulla lettura potremmo definire anche «navigatori forti», in parallelo ai «lettori forti», o più semplicemente «utenti assidui» (e che in ogni caso non chiameremo heavy users, come è scritto sul rapporto originale) .
Secondo i dati Between alla fine di giugno 2000 ci sarebbero in Italia 11 ,6 milioni di utenti Internet (adulti), corrispondenti a quasi un quarto (24,7 %) della popolazione di riferimento. I dati più impressionanti, tuttavia, riguardano i tassi di crescita: rispetto al settembre del 1999, quando le rilevazioni hanno avuto inizio, ci sarebbe stata una crescita del 35 %, registrata – va sottolineato – a metodologia costante. Detto in altri termini, sembrerebbe che circa 500 mila nuovi utenti abbiano avuto un accesso a Internet ogni mese.
 

 
n tasso di crescita sembra essere più alto man mano che si considerano categorie di utenti più assidui. Tra coloro che hanno navigato in Internet nell’ultimo mese prima della rilevazione, la crescita è stata del 63 %, il che ha condotto questa categoria a sfiorare i 10 milioni di utenti. I «navigatori forti» sembrano essere cresciuti addirittura dell’84% in soli nove mesi. Per effetto di tali fenomeni sembra che oltre la metà (il 51%) di chi ha navigato almeno una volta nella vita dichiara di farlo più di una volta la settimana. La stessa percentuale era del 37% nel settembre 1999.
Come detto, tali dati sono influenzati dal fatto che il fenomeno è molto giovane, per cui, che i nuovi utenti siano anche assidui, non può essere preso come base per previsioni future: essi infatti non hanno ancora avuto il tempo di annoiarsi del nuovo mezzo. Non è detto che debbano farlo, ma non è neanche certo che continueranno a utilizzare Internet in modo così costante.
Può essere interessante confrontare questi dati con gli indici di lettura di libri. Il numero di utenti complessivi Internet si avvicina ormai alla categoria di lettori abituali, rilevati dall’Istat come coloro i quali leggono almeno quattro libri l’anno (cfr. I lettori di libri in Italia, Istat, 1998), che sono stimati un po’ meno del 30% della popolazione, compresi i bambini con più di sei anni e i ragazzi. Poiché per altro nelle classi più giovani le abitudini di lettura sono più forti, sembra che l’uso di Internet abbia velocemente raggiunto la lettura di libri.
Ciò non significa, evidentemente, che i lettori di libri siano anche utenti Internet; tuttavia il confronto con gli indici di lettura non è una pura curiosità. La lettura è infatti condizionata da fattori socio-culturali di natura strutturale, che non tarderanno a farsi sentire anche nella diffusione di Internet. Sostanzialmente, nel nostro Paese si legge poco perché – specie nelle classi più anziane – gli italiani sono andati poco a scuola; per la stessa ragione è verosimile che la crescita di Internet possa trovare limiti nelle capacità alfabetiche degli italiani, ancor più che nella loro scarsa familiarità con le tecnologie.
(Sia detto per inciso: di per sé, e al netto dei possibili blocchi psicologici che taluni hanno di fronte a un computer, navigare in Internet non è più complesso che usare un telecomando; la rapidità con la quale questa tecnologia si va diffondendo dipende in larga misura dalla sua facilità d’uso. Pensare che «saper navigare in Internet» sia una competenza su cui fondare strategie educative è pertanto semplicemente un assurdo. Ciò che conta, piuttosto, è la capacità di lettura, intesa in un senso sempre più ampio, ma comunque legata a competenze alfabetiche; il vero obiettivo educativo dei prossimi anni sarà allora l’ acquisizione di una capacità di lettura critica di testi residenti su più media).
Tra gli elementi di maggiore interesse dei dati Between vi è la classificazione degli utenti Internet sulla base di alcune variabili sociodemografiche, quali il sesso, la classe d’età e l’area geografica di residenza. Sono variabili sulle quali è abbastanza agevole operare comparazioni con le indagini sulla lettura.
Il sesso, in primo luogo, è una discriminante importante, che per Internet agisce in senso esattamente contrario di quanto non accada per la lettura di libri. Se le donne sono costantemente più assidue lettrici degli uomini, allo stesso tempo sono molto più raramente frequentatrici di Internet.
 

 
La distanza tra i due sessi è molto elevata: la percentuale di maschi che utilizza Internet è doppia rispetto a quella delle femmine, e – nonostante gli sconvolgimenti avvenuti nel periodo – il rapporto sembra rimanere più o meno costante nel tempo. Per altro, se si guarda ai frequentatori abituali di Internet, la distanza è addirittura maggiore. Nel giugno 2000 la rilevazione Between indica che la frequenza di «navigatori forti» tra i maschi è tre volte maggiore che tra le femmine. In misura diversa, la minore propensione delle donne al consumo tecnologico è confermata da numerose indagini. Tra le più recenti, ricordiamo l’indagine One-to-one, basata sull’analisi dei comportamenti di un panel di famiglie tecnologicamente attrezzate, che ci ricorda come la percentuale di donne che utilizzano il computer è del 60 % inferiore rispetto a quella degli uomini. Inoltre, se si considera solo chi usa il computer, «i maschi adoperano il Pc in generale per il 30% del tempo in più rispetto alle donne» (L. Massaron, L’utilizzo del Pc per sesso e per fasce d’età, «Apogeonline», 21 luglio 2000, www.apogeonline. com/informaifartprn382 .html).
Le stesse indicazioni fornisce il rapporto Federcomin e-family. L’utilizzo domestico della tecnologia, a cura di Niche srl (www.federcomin.it, sessione «materiali»), presentato nel giugno 2000. Secondo questa fonte (che non fornisce indicazioni su come siano ricavati i dati) gli utenti Internet sarebbero al 65% maschi e al 35% femmine, il che confermerebbe che i primi sono circa il doppio delle seconde.
Non siamo in grado di proporre interpretazioni sociologiche del fenomeno, che tuttavia riteniamo meriti più di un approfondimento. Le spiegazioni non possono infatti essere così semplici, da affidare a una presunta «mancata evoluzione culturale femminile», come propone il Censis con riferimento a fenomeni simili (33 ° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, sintesi in www.censis.it, Roma, 2000), se non si vuole considerare la maggiore lettura delle donne (specie le più giovani) come sintomo di arretratezza.
Più scontati i risultati relativi alle classi di età: la frequenza in Internet diminuisce vertiginosamente passando dalle età più giovani a quelle più anziane. Già nel febbraio 2000 (mese per il quale sono forniti dati più analitici) quasi il 45 % degli adulti al di sotto dei 25 anni aveva navigato almeno una volta in Internet. Quattro mesi dopo questa percentuale si avvicinava al 50% per la categoria 18- 34 anni. Al contrario, tra chi ha più di 54 anni il fenomeno resta ancora del tutto marginale.
 

 
Ancor più interessanti questi dati sarebbero se si avessero anche informazioni sui minorenni. Indirettamente, un sintomo di come Internet sia diffuso tra i più giovani, e in particolare tra i giovani più istruiti, sono le percentuali raggiunte tra gli studenti (in questo caso universitari o prossimi al diploma) : il 71,6% degli studenti è classificato tra gli utenti Internet, e il 35 ,3 % tra gli utenti assidui. Si tratta – come era lecito aspettarsi – della categoria di popolazione che raggiunge le percentuali più elevate, il che conferma come il problema della scuola non sia certamente quello di insegnare ad accedere a Internet, quanto quello di fornire gli strumenti per navigare in modo criticamente evoluto.
Terza variabile che influenza i comportamenti in rete degli italiani è l’area geografica di residenza. Le differenze tra Nord e Sud del Paese esistono anche in questo caso, e non si discostano troppo da quelle rilevate per la lettura di libri. Fatta pari a 100 la percentuale di residenti che ha utilizzato almeno una volta Internet nella vita, nel Centro-Nord ci troviamo di fronte a indici che variano da l 04 a 1 13, nel Sud e nelle Isole siamo attorno a 80-85. Gli indici di lettura sembrano essere leggermente più squilibrati, ma la somiglianza diviene molto evidente se si considerano gli indici relativi agli utenti assidui di Internet, per i quali le distanze diventano più marcate: da un indice pari a 120 nel Nord-Ovest a un valore di poco superiore a 70 nelle Isole.
 

 
In un rapporto di ricerca Censis-Unicab realizzato per il Forum della Pubblica Amministrazione, relativo ai primi mesi del 2000, si hanno risultati analoghi, se non più accentuati a danno del Mezzogiorno. Quest’ultimo rapporto (www.censis.it/ricerche/2000/forumpa/internet.html) è elaborato con una tecnica simile a quella di Between, attraverso interviste telefoniche a un campione di popolazione adulta, anche se – almeno nelle pagine Internet – l’istituto romano è molto più avaro di indicazioni metodologiche.
Tra le indagini più recenti si va diffondendo lo strumento del pan e!, ovvero di un campione che viene seguito costantemente nel tempo. Questa tecnica – adottata ad esempio dal più volte citato osservatorio di One-to-one e più recentemente da un’indagine Nielsen-NetRatings per il «Sole 24 Ore» (cfr. «Il Sole 24 Ore», fascicolo Management & Impresa, 11 settembre 2000) – consente di scavare più a fondo nelle abitudini degli utenti inseriti nel campione ed è di particolare utilità per la stima del traffico sui siti, al fine di avere parametri per la determinazione delle tariffe pubblicitarie. Effettivamente, le indagini funzionano similmente all’Auditel, registrando con appositi strumenti software, momento per momento, i comportamenti delle unità campionarie.
Il principale problema statistico di questo tipo di ricerche risiede nella contraddizione tra l’utilità di avere un campione sta bile nel tempo e il vorticoso aumento del fenomeno sottostante, così che un panel costruito sulla base degli utenti attuali rischia di divenire rapidamente obsoleto. Una particolare attenzione deve essere quindi data alle tecniche di aggiornamento del panel. Sotto questo profilo, non depone a favore di One-to-one l’indicazione presente sul sito per cui chiunque lo voglia può chiedere di entrare nel campione, lasciando intendere che questo sia selezionato del tutto prescindendo da qualsiasi tecnica statistica.