Un commercio fuori commercio

Industrie, banche e assicurazioni: sono questi oggi i nuovi mecenati dell’editoria. Un’editoria su commissione che produce libri dall’accurata veste formale, di qualità spesso alta, la cui vita si prolunga più o meno fortunosamente sulle bancarelle e nei cataloghi di librai antiquari. Un mercato davvero molto appetito dominato, nella maggior parte dei casi (stando al catalogo edito dall’ABI), da alcuni specifici editori come Amilcare Pizzi, Electa, Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo, Scheiwiller e Marsilio.
 
Nell’era dell’industria editoriale e delle democrazie, in Italia, nella funzione di principeschi mecenati, ai sovrani si sono sostituite le industrie. Come ha scritto Umberto Eco: «è un fenomeno unico al mondo, poteva verificarsi solo in un paese in cui i banchieri si sono chiamati alle origini Medici e ai tempi nostri Mattioli».
La storia dell’editoria realizzata su commissione industriale, ancora in gran parte da scrivere, nasce nella seconda metà del XIX secolo. È un’editoria che presenta due ricorrenti particolarità: produce libri dall’accurata veste formale, talvolta, vedremo, persino libri d’artista, e li produce per lo più in edizioni fuori commercio. Sono libri che nascono con il sottinteso d’essere destinati a happy few, libri che, a possederli, marcano una appartenenza. Ricevo questo libro perché appartengo a un selezionato gruppo dirigente; perché ho un cospicuo conto in banca; perché sono un importante socio d’affari piuttosto che consulente, eccetera. E tuttavia nella maggior parte dei casi questi volumi non svolgono soltanto funzioni di arredamento ma hanno anche valore d’uso.
È questo il caso di un ricercato catalogo di riferimento pubblicato in due imponenti tomi, 1.012 pagine complessive che un raffinato libraio antiquario milanese proponeva, nel 1995, a 350.000 lire (anche le successive indicazioni di prezzo si riferiscono a valutazioni di cataloghi antiquari). Eccone la scheda: La banca e il libro. Catalogo delle pubblicazioni delle Aziende e degli Istituti di Credito italiani, a cura di Enrica Schettini Piazza con la collaborazione editoriale di Vanni Scheiwiller, presentazione di Piero Barucci, prefazione di Umberto Eco; Associazione Bancaria Italiana, Bancaria Editrice, Roma, 31 gennaio 1991, stampato nell’Officina d’arte grafica Lucini.
Questo catalogo delle pubblicazioni bancarie italiane (e della Repubblica di San Marino) spazia dalla seconda metà del XIX secolo al 1988, per un totale di 5.139 schede organizzate per autore (Rizzi Aldo), titolo (Giambattista Tiepolo. Disegni dei Civici Musei di Storia e Arte di Trieste) , eventuali prefatori (Presentazione di Grazia Bravar), città ed ente patrocinante ( [Trieste] , Cassa di Risparmio di Trieste), città e editore/stampatore, anno di edizione, numero di pagine, caratteristiche iconografiche, formato ( [Milano] , Electa, 1988, pp. 244 , ili., cm 22×24). Talvolta, al caso, le caratteristiche iconografiche vengono più minuziosamente specificate (tavv. XXVI, tabb. 3 pieg.). Manca sempre, invece, la tiratura. Completano il catalogo gli indici degli autori, dei collaboratori, delle voci a soggetto, delle aziende e degli istituti di credito.
Cosa ci dice, tutto ciò, oltre ai titoli pubblicati in più di un secolo per patrocinio bancario? Intanto, che le banche sono tra i principali committenti editoriali, surclassando per quantità istituti come le assicurazioni. Che la qualità dei contributi – dagli autori al tipografo – è alta. Infine, che questi volumi hanno una vita che si prolunga più o meno fortunosamente sulle bancarelle e nei cataloghi dei librai antiquari. Ma approfondiamo.
Affermato che questo catalogo delinea il panorama di una editoria «accademica di nulla Accademia» (la citazione scomoda Giordano Bruno), la curatrice di La banca e il libro nota: «Già all’insorgere del fenomeno si possono osservare caratteristiche di fondo, che sono immutate nella produzione di oggi. Anche solo sfogliando il catalogo, la prima cosa che dai titoli balza agli occhi è proprio il muovere della banca da interessi circoscritti al luogo, allo spazio scenico dove essa ha voce. Questo, che a prima vista può sembrare un aspetto un po’ provinciale della cultura, permette in realtà indagini più rigorose e complete, il cui esito è una specializzazione non erudita e fine a se stessa, ma una specializzazione che vuole riflettere in maniera obiettiva l’ethnos, la ricchezza e varietà di esperienze culturali, la multiforme realtà dove la banca ha un ruolo da protagonista [ … ] Non mancano, poi, collane di più ampio respiro, il cui intento è quello di riflettere tematiche più complesse che si snodano nel corso dei secoli in: Italia».
Ecco infatti, spulciando da due cataloghi antiquari a caso, entrambi del maggio 2000, che ci imbattiamo in opere come: G. Testori, Elogio dell’arte novarese, Banca Popolare di Novara, 1962 , 4°, pp. 3 12, 13 1 tav. col. n.t. (a 470.000 lire), oppure: M. Pirondini, Arte del legno nell’Appennino reggiano (secoli XVII e XVIII), Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, 1978, 4°, pp. 192, 150 ili. col. n.t. (a 360.000 lire), o ancora: G. Cantone, Napoli barocca e Cosimo Fanzago, Banco di Napoli, 1984, 4°, pp. 472, 357 ili. n.t. (a 550.000 lire) . Se il più noto esempio di ecumenismo editoriale resta, nel settore, la fortunata, meritoria e ricercata collana «Antica madre» – posta in commercio da Garzanti-Scheiwiller prima, Garzanti poi, successivamente alla produzione Scheiwiller riservata al Credito Italiano, la banca promotrice – non pochi sono i volumi che, in merito all’argomento scelto, trattano l’intero territorio nazionale. Numerosi anche i casi di soggetti geograficamente estranei alla regione d’origine dell’istituto bancario: ecco allora, a campione, da un catalogo antiquario del maggio 2000, M.S. Calò Mariani, L’arte del Duecento in Puglia, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1984 , 4°, pp. 220, 295 ili. n.t. (a 175 .000 lire) , oppure, a cura di F. Bruni, L’Italia e la formazione della civiltà europea. Letteratura e vita intellettuale, Banca Nazionale dell’Agricoltura, 1993 , 4°, pp. 390, ca 200 ill. n. t. (a 160.000 lire).
Come si sarà notato, tutti gli esempi citati riguardano volumi in-4° (l’editoria industriale fuori commercio deve apparire, prima ancora che essere: il messaggio è la sontuosità della confezione, poiché i volumi sono destinati a divenire o coffee table books o libri riciclati – e spesso ricercati dagli studiosi, visto che sovente sotto la forma c’è anche un contenuto); inoltre, di nessuno i librai antiquari citano l’editore/stampatore.
Eppure un editore esiste, e il mercato è molto appetito. Spulciando il catalogo edito dall’ABI, possiamo dire che in questo settore la seconda metà del Novecento vede dominare su tutti Amilcare Pizzi, Electa, Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo, Libri Scheiwiller e Marsilio. Sono i cinque grandi, cui si rivolgono banche da tutta Italia. Ma non sono i soli: con alterne fortune nel tempo, ecco infatti ben presenti in questa fetta di mercato editori come Bramante Editrice, Istituto Geografico De Agostini, Sellerio, Priuli & Verlucca, Grafis Edizioni, Le Monnier, Laterza (per Cariplo), Mazzotta, Edizioni Abete. Più sporadica la presenza di editori come Vallecchi, Neri Pozza, Editalia, Bemporad Marzocco, Silvana Editoriale e Olschki (per inciso, ad Alessandro Olschki si deve sull’argomento un contributo fondamentale come Libri, cultura, banche e dintorni) . Si danno infine casi di forte coincidenza territoriale fra editore e committente: le Poligrafiche Bolis di Bergamo stampano per la banca cittadina, e così avviene per Del Bianco (Udine), La Scuola (Brescia), SAGEP (Genova), Pacini Pazzi (Lucca) o gli Editori del Grifo (i quali, a Montepulciano, stampano per una banca di Cortona).
Appare evidente che, se il soggetto viene scelto dal committente su una rosa di proposte la cui genesi può essere tanto interna quanto esterna alla banca, a essa banca pertiene la delicata scelta della quantità di copie da stampare. Banali considerazioni di mestiere farebbero supporre che la tiratura, decisa sulla base di indagini che dalla periferia (filiali) portano al centro, si aggiri su alcune migliaia di copie. Ancora una volta, un catalogo antiquario ci soccorre. Infatti, negli anni dal 1986 al 1990, la Cassa di Risparmio di Roma pubblicò fuori commercio quattro volumi di Carlo Pietrangeli dedicati a Palazzo Sciarra (4°, legatura in seta, custodia fig., pp. XI+467 , 3 65 ill. bn. e 50 col., offerto a 120.000 lire su un catalogo antiquario del maggio 2000), San Giovanni in Laterano (4°, tela ed., sovraccoperta, custodia fig., pp. 336, ili. bn. e col., a 100.000 lire), San Paolo fuori le mura a Roma (4°, tela ed., sovraccoperta, pp. 336, ill. bn. e col., a 100.000 lire) e La Basilica di San Pietro (4°, tela ed., sovraccoperta, custodia fig., pp. 338, ill. bn. e col., a 100.000 lire) , in edizione speciale di, rispettivamente, 6.500, 6.500, 7.000 e 7.000 copie numerate. Lo stesso istituto di credito pubblicò, negli anni 1989, 1990 e 1992, Dalla belle époque ai nostri giorni, tre volumi prefati da Costanzo Costantini, Arturo Gismondi e Walter Pedullà, in edizione speciale di 5.000 copie numerate fuori commercio (detto in margine: una tiratura numerata sopra le mille copie è già operazione molto discutibile, una tiratura numerata in quantità industriale è un ridicolo controsenso, e ciò tanto più in Italia, dove la media delle tirature in commercio si aggira intorno alle tremila copie – con i resi). È ragionevole inferire che le tirature di questi volumi della Cassa di Risparmio di Roma, tra le 5.000 e le 7.000 copie, possano essere prese come valore medio per l’editoria bancaria. Si noti, peraltro, come le tirature dell’esempio citato diminuiscano negli anni: alcuni dirigenti editoriali e bancari votati all’anonimato ci hanno confermato che, dal 1990 a oggi, le tirature dei volumi patrocinati dalle banche sono ulteriormente calate, e che il libro viene sempre più spesso soppiantato da altri e più “prestigiosi” doni. L’analfabetismo di andata e ritorno permea, evidentemente, la vita della nazione. Per contro, va segnalato come stia prendendo corpo il progetto di una biblioteca del sistema bancario italiano da realizzarsi nel corpo di Palazzo Altieri, sede dell’Associazione Bancaria Italiana.
E le altre industrie, dalle assicurazioni alle farmaceutiche, dalle meccaniche alle alimentari? Anche qui possono soccorrerei due cataloghi, quello pubblicato da Marina Bonomelli per i documenti di storia delle assicurazioni raccolti nella Biblioteca Mansutti (Quaderni di Sicurtà) e quello pubblicato dalla Libreria Galleria Andrea Tomasetig i cui volumi sono confluiti nel 1996 nella milanese Biblioteca di via Senato.
Dal primo si ricava che le pubblicazioni patrocinate dagli enti assicurativi hanno il più diretto obiettivo di celebrare l’istituto: nate anch’esse, in Italia, nella seconda metà del XIX secolo, si limitano nella maggior parte dei casi a ricordare l’anniversario di fondazione. Contrariamente a quanto avviene per le banche, le assicurazioni italiane appaiono molto meno presenti di quelle europee nel settore librario: meno di trenta sono, tra i 1 .73 1 titoli d’ogni tempo e paese censiti da Bonomelli, quelli fuori commercio direttamente ascrivibili al patrocinio editoriale di gruppi assicurativi italiani.
Benché i due cataloghi non siano tra loro assimilabili, analogo è il dato numerico riguardante le assicurazioni se si censiscono i 1 .550 titoli raccolti da Tomasetig. Qui, però, si impongono altre e più ampie considerazioni. Divisi in sette grandi sezioni – Agricoltura, Industria (la più cospicua, con 11 suddivisioni interne), Commercio e turismo, Servizi, Artigianato arti e mestieri, Varia, Collezioni particolari – i libri raccolti da Tomasetig presentano diverse caratteristiche, in quanto comprendono cataloghi di vendita, testi teorici, monografici, pubblicitari e celebrativi. È, questo, un catalogo che si propone su differenti piani di lettura e di ricerca. Si va da opere, per lo più in commercio, all’origine, il cui valore è precipuamente storico (come il raro L’Italie Industrielle et Artistique à Paris 1900, Roma-Milano, 1900, straordinario catalogo in francese della partecipazione italiana all’Esposizione Universale parigina di quell’anno, circa 1 .500 pagine con minuziose schede illustrate sulle ditte espositrici) al primo compiuto libro aziendale pubblicitario, Veni VD Vici, nel quale artisti come Cisari, Depero, Dudovich, Marussig, Sinopico illustrano le doti di refrattarietà e durezza dei mattoni V&D prodotti dall’industriale anarchico Giuseppe Verzocchi (Milano, 1924). Spiccano, nella raccolta, libri pubblicitari che sono veri e propri libri d’artista o libri-oggetti: lo stesso libro imbullonato Depero futurista, del 1927, presenta l’artista come pubblicitario della Campari, azienda cui si deve anche il libro-oggetto Nespolo per Campari (Milano, 1990), promosso in occasione dei Mondiali di calcio. Aziende come Osram e Snia Viscosa hanno prodotto libri concepiti da Munari e scritti da Marinetti. Ma il libro modello di questa particolare biblioteca può ben essere il giubilare Olivetti 1908- 1958 (Zurigo, 1958) : di grande formato, curato da Bigiaretti, Fortini e Soavi, impaginato da Huber, illustrato da fotografi come Mulas e Roiter, con una copertina astratta disegnata da Pintori, e naturalmente fuori commercio, è un «grande risultato difficilmente imitabile di una particolare stagione culturale», scrive Tomasetig, e, aggiungiamo noi, un esempio perfetto di quel mecenatismo tutto italiano che ha la sua più lontana origine nell’età d’Augusto. Non scriveva forse Marziale «Sint Maecenates, non deerunt Marones»?