Amore, cuore, hardcore

Sarà per il suo carattere primario e preverbale, ma il sesso è ancora terreno di difficile ricomposizione dei conflitti, anche sul piano letterario: scandalo e provocazione per l’irrompere del pornografico in narrazioni che si vorrebbero neutre si contrappongono a specializzazione e meccanicismo delle collane dedicate. Nei tentativi di integrare l’atto in una vicenda emotiva autentica, sembra prevalere una dicotomia di genere: se le donne sono impegnate nel tessere i fili della trama erotica, l’eros al maschile procede per esternalizzazioni teatrali, con forme di rimodellamento della materia sessuale che puntano a celebrare un io protervo ma fragile.
 
Le storie a più esplicito contenuto erotico in genere interessano poco il lettore colto e attrezzato. E quasi un luogo comune: chissà poi se sarà anche vero.
L’argomentazione più frequente a sostegno dello scarso amore per il sesso in letteratura chiama in causa la noia, la monotonia. Basate su un numero relativamente limitato di variabili (leggi: identità psicosessuali, parti del corpo, atti erotici), le scene e le vicende di sesso, dopo qualche buona mossa, finirebbero per girare in tondo, ripetendosi e quindi annoiando. Oppure (si fa osservare), il troppo sesso, gli “organi bollenti” spiattellati di continuo stancano perché, appunto, scoprono troppo e tolgono mistero, o forse perché risultano “ottusi”, non abbastanza espressivi. Certo, l’implicito giova ben di più all’effetto erotico e il potenziale immaginario di orifizi, secrezioni e protuberanze ha i suoi limiti, malgrado gli sforzi lodevoli per incrementarlo.
Altri insofferenti dell’indugio sulle pratiche sessuali in letteratura ne fanno una questione di oscenità come fonte d’imbarazzo o, più sobriamente, di scarsa opportunità: tutto sommato, sono cose interessanti da praticare, molto meno da raccontare e farsi raccontare nei dettagli. Di nuovo, probabilmente, a causa del carattere primario e preverbale della “cosa”.
Ma certo non tutti la pensano così. Non i milioni di lettori di Melissa P, per citare il caso di sesso e successo più eclatante degli ultimi anni. Stante la povertà di valori estetici dei 100 colpi di spazzola, le sue fortune riposano semplicemente sulla “scandalosa” combinazione fra la tranquilla oscenità dei contenuti e la condizione adolescenziale (e sicula) dell’autrice. Melissa se ne avvantaggia abilmente. La sua giovane età garantisce esuberanza di desiderio e di fantasie erotico-sessuali, restituite e trascritte con occhio ingenuo ma asciutto, senza garbo né enfasi, con effetti di “reality” che devono soddisfare il gusto di un pubblico presumibilmente abbastanza giovane, in cerca di rispecchiamento e voglioso di sensazioni forti.
Non è da escludere, nel caso di narrazioni erotiche così piatte e veristiche, una lettura in chiave documentaria, autoformativa. Il che richiama alla mente la pornografia, la sua dimensione didattica e i suoi compiti (impliciti) di contenimento e incanalamento delle pulsioni. Si tende ancora, con spirito censorio, a denunciare scivolamenti e derive pornografiche tutte le volte che, in un testo qualsiasi, ci s’imbatte in scene prolungate di sesso senza emozioni né abbellimenti né mediazioni, dove la funzione – la copula, la fellatio ecc. – viene ingigantita, come in un ingrandimento fotografico. Ma è un punto di vista sterile e sostanzialmente sbagliato.
L’ostinazione con cui si cerca di tracciare un confine tra pornografia ed erotismo, oltre che superata, appare moralistica e auto difensiva. Fanno bene a burlarsene autori di buona scrittura – e precursori dell’eros letterario italico d’oggi – come Una Chi (È duro campo di battaglia il letto), ironica fin dalla scelta del titolo della sua opera prima. Ciò che contrassegna il porno non è il dettaglione erogeno, ma l’occhio e la motivazione del soggetto che guarda (o legge), e che può trovare erotico – ovvero eccitante, rispondente ai propri fantasmi – anche un paio di scarpe.
Piuttosto, si può dire che tratti caratteristici della pornografia siano la marcata specializzazione (per cui il consumatore opera una scelta, all’interno della combinatoria offerta dal mercato), la tendenza alla ripetizione (per cui si va in cerca sempre delle stesse situazioni, immagini, processi), il meccanicismo (per cui i corpi si presentano come macchine efficienti e felici, senz’ombra di affetti e di conflitti). In questo senso, la scrittura propriamente porno assume un carattere di fissità, minuziosità, chiusura, in antagonismo con gli imprevisti dell’immaginazione.
Se si vuole sottolineare il requisito della prevedibilità, qualche scheggia di porno forse si può trovare nell’affezione alle collane dedicate al genere erotico, i cui singoli volumetti sono ricercati e attesi per ciò che hanno in comune, cioè la capacità di stimolare e appagare le fantasie di sesso felice e sfrenato. E il caso della serie «Pizzo Nero» dell’editore Borelli. I suoi testi narrativi – tutti scritti da donne e rivolti al pubblico femminile (ma, a quanto pare, letti per un terzo anche dai maschi) – non sono altro che romanzi rosa con una nota dominante di erotismo. Non osceni, ma torridi, passionali e trasgressivi, con qualche concessione alle perversioni. Un erotismo chic (o anche kitsch, se si vuole), attento alla cornice emotiva e sentimentale del piacere sessuale.
Francesca Mazzucato è la più nota tra le firme della collana. In Enigma veneziano racconta di «antichi amori che, nonostante il tempo passato, hanno lasciato un amaro sapore di nostalgia», e soprattutto di «nuovi bollenti incontri […] un imprevisto, qualcosa di assolutamente incredibile, proprio là, sulla laguna, nel luogo adatto perché ogni enigma amoroso possa finalmente svelarsi», vale a dire Venezia, la «magica città sull’acqua dove tutto è possibile, la città dell’arte e degli amori», dove «Clara ha prenotato una vacanza con la sua migliore amica Chicca, da sempre compagna di scorribande e trasgressioni».
Anche altre presentazioni sono ugualmente godibili: in Momenti di Valeria Pitti, durante «un fine settimana, rubato […] agli impegni, alle ipocrisie quotidiane che celano ogni passione», i protagonisti scoprono il piacere del tempo per amarsi in luoghi diversi e distanti. Tra i vapori irreali di un lussuoso e remoto bagno turco, perso tra i vicoli di una città superba di mare e tradizioni, giocando in un sontuoso ristorante, casa di piacere all’inizio del Novecento che aveva conservato «specchi opulenti, velluti fastosi e menù ammiccanti».
Ma c’è anche Passione sospesa di Alina Rizzi (non Reyes), dove la protagonista è «una donna delusa dall’amore, che crede soltanto all’istante perfetto e irripetibile che si crea qualche volta tra un uomo e una donna che non temono la passione», e poi L’odore di me stessa, Sguardo letale, Camicia di seta, Dentro di me ecc., per un totale di quarantanove titoli.
Uscendo dalla serialità dei rapinosi piaceri di «Pizzo Nero», e rimanendo sempre nell’ambito dell’erotismo al femminile, ci s’imbatte per forza nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere, che si propone come un punto di riferimento del genere (vedi Tirature ’05), adunando un certo numero di giovani scrittrici di peso. Al di là di ogni considerazione di qualità sui singoli racconti, ciò che colpisce – dal punto di vista del trattamento del tema “sesso” – è la costante capacità d’integrarlo in una vicenda emotiva autentica, vissuta, spesso sofferta. Ne deriva l’impressione di una sessualità a volte problematica, faticosa se non infelice, tutt’altro che gioiosa e spensierata, ma solidale con l’esperienza amorosa. D’altronde, è proprio l’assenza di maniacalità che dà sapore, spessore, credibilità all’eros delle «ragazze» (o meglio, di alcune di esse: non tutte sono propriamente da «conoscere»).
L’attenzione introspettiva, la capacità d’integrazione del sesso nell’esperienza psichica complessiva, la tensione verso il recupero del senso anche nelle vicissitudini più amare e distruttive, sembrano caratteri persistenti dell’eros al femminile, stando a ciò che ci offre la produzione letteraria più recente.
Ciò in fondo vale anche per i casi apparentemente più artificiosi e “telefonati”, come i lavori di Isabella Santacroce. Prendendosi la pena di andare oltre le pose e le manifestazioni narcisistiche più fastidiose, si scorge un’autenticità, un tormento passionale che investe e alimenta le scelte del corpo e della sessualità, e che si esprime direttamente nello stile frammentato.
Solo nelle narrazioni erotiche femminili più acerbe e modaiole, occasionate da esperienze curiose (cubista in una discoteca ecc.) o da episodi di notorietà cinetelevisiva, viene a mancare ogni profondità emozionale, per lasciare il posto a un chiacchiericcio evasivo, senza pregi di scrittura.
Ostentazione e provocazione, in ogni caso, accompagnano con assiduità l’eros narrato di questi anni. Ciò vale per molte giovani scrittrici, ma soprattutto per gli autori di sesso maschile. Leggendo questi ultimi, si ha sovente una sensazione di minore veracità, come se cambiasse qualcosa nel percorso di simbolizzazione. Se le donne sembrano impegnate nel tessere e legare tutti i fili della trama erotica, restituendone il senso interiore e cogliendone il fattore umano primario, l’eros al maschile procede per esternalizzazioni teatrali, con interventi di deformazione e rimodellamento della materia sessuale rispondenti a tutt’altri fini.
Nella rappresentazione delle gesta erotiche virili prevale l’estremizzazione, il trionfo, lo scialo, la superpotenza, il superamento dei limiti. Di smarrimento o incertezza non se ne parla neanche. Anche nei momenti difficili, domina un atteggiamento assertivo, che esclude ogni vera interrogazione interiore e ogni atteggiamento depressivo. Così, ben raramente si ha la percezione di un’esperienza amorosa profonda, empatica, ricettiva. L’accadimento sessuale è sempre un momento di celebrazione dell’io, succeda quel che succeda.
Parallelamente, proliferano le manovre di elaborazione psicoretorica: isolamento, spostamento, amplificazione ecc. In contesti postmoderni, il sesso non viene raccontato e rappresentato per se stesso, ma utilizzato per ottenere e rafforzare certi effetti stilistici o narrativi. E essenzialmente un operatore di eccesso, come il consumo di alcolici o di droghe, o come la rabbia e l’aggressività. Ha infatti la proprietà di autoalimentarsi, di crescere su se stesso a spirale, fino a un punto di crisi risolutiva (fino alla prossima volta).
Si racconta di scopate «a sangue», ma si potrebbe ugualmente bene, con gli stessi effetti, parlare di un episodio di vandalismo, di un’intossicazione da tv (o da Internet), dell’umiliazione di un avversario ecc. Il sesso al maschile, tuttavia, è particolarmente suggestivo e funzionale, se si perseguono finalità grottesche, barocche, caricaturali. D’intensificazione dell’eccesso, appunto.
In un certo senso, la scissione tra sesso e amore giova al virtuosismo e alla libertà di rappresentazione erotica, che vira facilmente verso il fantastico, il comico, il carnevalesco.
Kamikaze d’Occidente di Tiziano Scarpa è un buon esempio di tale tendenza. Il sesso abbonda, con il protagonista e il suo «nobile cazzo» sempre bene in evidenza, a beneficio di una lunga sequela di donne (incontri casuali, amiche, ammiratrici ecc.). Per quanto artificiosa sia la cornice che contiene la serie di quadretti lussuriosi più altri divertimenti di varia natura, è interessante il presupposto, anzi, il pretesto: lo scrittore viene scelto e reclutato all’interno di un grande progetto internazionale che mirerebbe a ratificare (o a smentire?), agli occhi dell’Oriente, l’irrimediabile dissolutezza occidentale, ovvero la separazione tra pratica erotica e passione (amorosa, si suppone). L’esuberanza sessuale e il gusto di assaggiare sempre nuove prede fanno perdere di vista, si direbbe, la visione d’insieme, a vantaggio dei toni goliardici e autocelebrativi, peraltro bilanciati dall’estro e dalla piacevolezza dello stile.
Più solida e seria appare la struttura di La macinatrice di Massimiliano Parente, ambiziosa opera-mondo in cui il sesso è una componente fondamentale, ma in condominio con altri: la satira, l’utopia negativa, la parodia ecc. L’eros è ben presente ma per lo più in forma refrigerata e iperrealistica, oltre che spostata sul virtuale. Di amore naturalmente non c’è traccia. Dominano semmai i toni acidi e “cattivi” della perversione, in relazione con i processi degenerativi della sessualità connessi con lo sviluppo della rete. Una delle forme metaforiche principali dell’opera è infatti «Vagina’s World», sito Internet onnicomprensivo e vivente, in cui allignano, ben segmentate e catalogate, tutte le tipologie immaginabili di erotismo virtuale (ossia reale, a questo punto). Sono dunque in funzione meccanismi di dilatazione e amplificazione, che fanno dell’oggetto sessuale un gigantesco contenitore che ospita sì un bel po’ di crudezze erotiche, ma serve soprattutto ad altro: speculazioni filosofiche, regolamenti di conti, acutezze ecc.
Un terzo esempio recente di eros al maschile è l’opera prima di Giuseppe Carlotti, Klito (un nome, una garanzia). Rispetto a Scarpa e Parente, la qualità di scrittura è molto inferiore e la stessa articolazione del libro appare piuttosto casuale, improvvisata, traballante. E tuttavia è un prodottino abbastanza istruttivo, in quanto documenta un gusto, un approccio alla scrittura, una condizione morale e culturale (incresciosa), tipica di molti scriventi della generazione “postcannibalica” (tanto per darle un nome). Il libro è fatto di episodi, pensieri, giudizi, battute, smargiassate, atti inconsulti ecc. di un giovanotto sofferente, che oscilla tra autoesaltazione e fallimento, e che sta sviluppando una fobia per le donne, pur continuando a spararle grosse sulle proprie qualità di amatore. «Le conosco bene le donne quegli esseri infimi e raccapriccianti dotati di una bocca per proferire stronzate e ingurgitare peni», rimugina dopo aver deciso di sospendere i contatti con una ragazza che disprezza, in quanto lo cerca, ma che in realtà gli piace («una specie di standby che servirà a farle capire di che pasta sono fatto») e che finirà per perdere, mentre sprofonda via via nella paranoia. La disgregazione psichica è accompagnata da un continuo rimuginare sugli argomenti di cui è intessuta la sua vita: il lavoro (che alla fine perde), la psicoterapia (interrotta), il packaging dei prodotti di largo consumo, l’enologia, i ristoranti di lusso ecc. Il colpo di grazia però viene col rifiuto da parte della ragazza da lui rifiutata. La scissione è completata: la protervia sessuale, le fantasie di strapotere su ogni creatura di sesso femminile mostrano il loro rovescio di fragilità e timore panico.