Il mondo va al contrario?

Sono gli sviluppi paradossali e inattesi della seconda oralità informatica: le tecnologie si muovono verso i media tradizionali, e la smaterializzazione del supporto si coniuga al ritorno al testo. Google Print e Open Content Alliance puntano a rendere disponibili in rete migliaia di libri, file multimediali, materiali multilingue; Amazon annuncia nuove soluzioni per acquistare contenuti editoriali in modo flessibile, con un integrazione sempre più stretta tra cartaceo e digitale. E a fronte di una crescente affidabilità dei contenuti, aumentano gli utenti che hanno già pagato per un servizio on line.

Il mito della biblioteca universale
Il 2006 potrebbe essere l’anno in cui il mito della biblioteca universale diventa realtà. Molti sono i progetti innovativi che aziende provenienti dal mondo di Internet e delle tecnologie stanno lanciando, in questo ultimo scorcio di 2005, in grado di accelerare il processo di accesso ai contenuti digitali.
È di questi giorni la notizia che Wikipedia, la famosa enciclopedia interamente scritta e aggiornata da una community di autori in logica di licenze creative commons – un insieme di licenze standardizzate che consentono la diffusione di opere creative protette dal diritto d’autore con modalità che prevedono, di volta in volta e a seconda delle intenzioni dell’autore, una maggiore flessibilità rispetto alla protezione dei «tutti i diritti riservati», incoraggiando la condivisione, il riuso e il riadattamento dei contenuti digitali a scopo personale da parte di chi sottoscrive la licenza (per maggiori informazioni, vedi www.creative-commons.it) -, consultabile finora solo on line, ha deciso di pubblicare una versione cartacea o su cd rom da distribuire a costi bassi in quei paesi in via di sviluppo in cui le connessioni a Internet non sono ancora disponibili in modo diffuso, con l’obiettivo di diventare poi il punto di riferimento dei lettori anche nella versione on line.
Solo pochi mesi fa Google, il motore di ricerca Internet più utilizzato al mondo, ha lanciato con un’ampia campagna di comunicazione il suo progetto di digitalizzazione Google Print, nato per facilitare il reperimento dei libri desiderati, grazie alla possibilità di effettuare tramite Internet ricerche su informazioni fino a oggi disponibili solo off line.
Per raggiungere tale scopo Google ha offerto alle biblioteche delle università del Michigan, di Harvard, di Stanford, alla New York Public Library e a quella della Oxford University, che sono tra le più ricche e fornite del mondo, di digitalizzare e indicizzare il loro patrimonio librario.
In una recente intervista gli inventori di Google hanno dichiarato che il loro fine ultimo è quello di «creare una biblioteca virtuale completa e disponibile per la ricerca, che consenta agli utenti di scoprire nuovi libri e agli editori di trovare nuovi lettori»; in realtà il loro intento è anche quello di vendere pubblicità collegata alle ricerche effettuate.
Il progetto ha però dovuto fare i conti con la controffensiva dell’Associazione degli editori Usa che, convinti che con la digitalizzazione dei volumi presenti nelle biblioteche senza una specifica richiesta agli editori e/o agli autori vengano lesi i loro diritti di copyright, nel mese di ottobre hanno promosso un’azione legale contestando tale violazione.
Google Print ha dovuto quindi modificare in parte la sua strategia e in questa prima fase si possono effettuare ricerche solo sui libri di alcuni editori e/o autori che ne hanno concesso l’autorizzazione, e in migliaia di opere letterarie e storiche americane del diciannovesimo secolo, i cui diritti d’autore sono invece scaduti.
Una volta effettuata la ricerca gli utenti, nel caso dei testi fuori diritti e quindi di dominio pubblico (Grafico 1) possono sfogliare tutte le pagine del libro senza dover richiedere la copia cartacea, mentre nel caso di testi di case editrici e/o autori ancora coperti da diritti (Grafico 2) possono accedere solo alla visualizzazione di alcuni stralci di testo che includono il termine ricercato e solo successivamente, sulla base di questi, valutare l’opportunità di ricercare in biblioteca o di richiedere all’editore una copia cartacea del libro.
La strada però è stata aperta e nel mese di ottobre Yahoo!, The Internet Archive con molte altre aziende e organizzazioni internazionali tra cui Microsoft, Adobe Systems, The European Archive, Hewlett Packard Labs, The National Archives (Uk), O’Reilly Media Ine, e le Università della California e di Toronto hanno annunciato la creazione della Open Content Alliance (OCA) che intende anch’essa rendere disponibili on line e interamente ricercabili via Internet migliaia di libri, file multimediali, altri materiali testuali e multimediali multilingue.

Per evitare i problemi in cui è incorso il progetto di Google, l’Open Content Alliance digitalizzerà solo testi di pubblico dominio o quelli per i quali sia stato possibile ottenere un’espressa autorizzazione dai legittimi detentori, a cui verrà garantito il rispetto dei diritti.
In questo caso, inoltre, i contenuti digitalizzati potranno essere ricercati tramite ogni motore di ricerca e non solo tramite Google, come invece accadrebbe per i testi digitalizzati nel progetto Google Print.
Microsoft si accollerà i costi relativi alla digitalizzazione di 15.000 volumi nel primo anno, per un importo stimato di 5 milioni di dollari. L’impegno di Yahoo! coprirà invece la digitalizzazione di altri 18.000 testi.
I testi saranno digitalizzati da Internet Archive (www.archive.org), ente no profit creato con l’obiettivo di dare accesso ad archivi storici di contenuti e prodotti culturali in formato digitale, che oggi comprendono libri, musica, immagini in movimento, pagine web e programmi software. Uno dei progetti più noti è The Wayback Machine, grazie alla quale è possibile accedere alla storia del web fin dai suoi inizi e navigare nelle pagine dei principali siti Internet dal 1996 a oggi.
I primi a essere digitalizzati saranno i circa 100.000 volumi forniti dalla British Library, che verranno messi a disposizione del pubblico entro la metà del 2006.
Oltre a collaborare a questo progetto Microsoft lancerà sul suo sito MSN il servizio MSN Book Search con cui sperimenterà diversi modelli di business per l’accesso ai contenuti presenti: pay per page, abbonamenti mensili, annuali, vendita di libri in formato e-book, vendita di spazi pubblicitari. I modelli varieranno sia in funzione del fatto che i testi a cui si accede siano o meno coperti da copyright, sia sulla base di altri servizi che potranno essere richiesti dagli utenti, quali per esempio possibilità di inserire note e commenti, esportare i testi in altre applicazioni, creare gruppi di discussione e/o community.
In questo nuova arena competitiva è scesa in campo anche Amazon.com che, già due anni fa e per prima, aveva offerto ai suoi clienti la funzionalità Search Inside the Book, con cui era possibile fare ricerche all’interno dei testi disponibili nel sito e visualizzarne l’indice e alcune pagine, replicando così on line le modalità di consultazione dei libri che i lettori utilizzano in libreria prima di procedere all’acquisto. I lettori ne hanno approfittato subito e con molta soddisfazione. Oggi metà dei libri venduti sul sito di Amazon Usa propongono questa soluzione e anche gli altri siti nazionali si sono attivati in tal senso.
Sono due i progetti annunciati da Amazon che offriranno nuove soluzioni per acquistare on line contenuti editoriali digitali in modo flessibile.
II primo, denominato Amazon Pages, permetterà ai lettori di acquistare i libri non più solo nella loro versione integrale ma anche limitatamente a singole pagine, capitoli, o sezioni in base alle diverse necessità. Il costo, sulla scia di quanto già avviene per la musica, sarà di pochi centesimi di dollaro a pagina.
Il secondo, Amazon Upgrade, metterà invece i lettori che hanno acquistato la versione cartacea di un testo in condizione di disporre anche della versione on line, accedendo al sito di Amazon tramite Internet da qualsiasi parte del mondo, con un sovrapprezzo di 1,99 dollari.
I progetti sviluppati da Amazon possono contare, contrariamente a quanto avviene per il progetto di Google, sulla collaborazione degli editori che già distribuiscono il loro catalogo tramite la libreria on line, che in questo modo potranno sperimentare nuovi modelli di business per la commercializzazione dei loro contenuti in formato digitale e otterranno un’equa remunerazione per i loro diritti.

L’evoluzione dei lettori
Queste nuove forme d’offerta di contenuti editoriali digitali vanno incontro alle esigenze di una nuova generazione di consumatori: i lettori stanno cambiando rapidamente, l’utilizzo di Internet per la consultazione e l’accesso a contenuti è sempre più diffusa e modelli di business che fino a qualche anno fa erano impensabili cominciano a essere applicabili con successo (Tabella 1).

Dalle più recenti indagini emerge che più di un quinto dei navigatori compra contenuti on line e più di due terzi guarda video o ascolta audio, musica e radio via Internet.
Secondo i dati di una ricerca su imprenditori, liberi professionisti e manager italiani realizzata a maggio di quest’anno da Swg (indagine commissionata dalla società di comunicazione Chiappe-Revello in occasione del suo ventesimo anno di attività, presentata nel corso del dibattito su luetica nella comunicazione e nell’informazione a Genova), Internet è il miglior modo per informarsi e le notizie fornite dalla rete sono più credibili anche rispetto a quelle proposte da quotidiani, radio e televisioni (Grafico 3).
Queste tendenze sono confermate anche dai dati 2005 dell’Osservatorio Aie sull’editoria digitale realizzato per il terzo anno consecutivo in collaborazione con Ispo.

Il 70% delle persone che navigano in rete consulta almeno tre delle quattro tipologie di contenuti editoriali attualmente presenti in Internet: contenuti per lo svago e il tempo libero; materiale informativo quali news, articoli di giornali, riviste; materiali per lo studio e la ricerca; materiali per l’attività professionale (Grafico 4).

Dall’analisi dei dati sono poi emerse diverse modalità di consultazione (Grafico 5) che evidenziano quattro tipi di internauti:
1) I “curiosi” (37%): persone a cui piace navigare in Internet e che lo fanno per tenersi informati un po’ su tutto. Non hanno l’abitudine di stampare, né di salvare i contenuti digitali sul pc o su altri supporti, generalmente li consultano direttamente on line. Sono soprattutto maschi, 18-39enni, con livelli di istruzione elevati (diploma/laurea), forti lettori di libri e quotidiani, si caratterizzano per un livello tecnologico individuale elevato.
2) I “funzionali” (22%): usano Internet soprattutto per lavoro/ studio e generalmente conservano i contenuti digitali in un archivio temporaneo per poi buttarli quando non ne hanno più bisogno. Sono soprattutto i giovanissimi (14-17enni), le persone con livelli di istruzione inferiore e i pensionati.
3) I “basici” (24%): non manifestano particolare interesse per Internet e i contenuti digitali, navigano di rado, nella maggior parte dei casi non salvano i contenuti che consultano on line e quando lo fanno non salvano mai in modo sistematico. Si tratta delle persone meno giovani (>50 anni), con livello di istruzione inferiore, casalinghe, con un livello tecnologico familiare basso, con scarsa attitudine alla lettura di quotidiani.

4) Gli “ultimi arrivati” (17%): usano Internet con maggiore frequenza rispetto ai “basici”, tuttavia si presume che non abbiano molta dimestichezza con la tecnologia e per questo tendono a salvare tutto ciò che trovano in rete. Si tratta soprattutto di 50-59enni, residenti al Sud e nelle isole, poco propensi alla lettura.
Rispetto agli scorsi anni, emerge anche una maggiore propensione all’accesso a pagamento a servizi/siti di interesse, in particolare per quei contenuti editoriali che sono più legati allo studio e al lavoro, a ulteriore dimostrazione del fatto che Internet non è più considerata solo come strumento “di perdizione” e di distrazione, ma anche e soprattutto come mezzo per aggiornarsi e tenersi informati.
Un atteggiamento particolarmente positivo nei confronti dell’ipotesi di pagamento è manifestato soprattutto dai “curiosi”, che ritengono che al giorno d’oggi fare acquisti on line sia molto sicuro (e parliamo del 58% di loro). Si tratta di coloro che dichiarano più degli altri di aver già pagato per accedere a qualche tipo di servizio on line e, se potessero scegliere tra le forme di pagamento, preferirebbero l’abbonamento, in modo tale da poter utilizzare i servizi liberamente, ogni volta che vogliono.
Il quadro che emerge dall’Osservatorio lascia pertanto intuire come si sia ormai giunti a una nuova consapevolezza dell’importanza dei contenuti digitali disponibili on line e come questi siano oggi considerati elemento fondamentale del panorama dei media disponibili.
Un capitolo a parte riguarda poi il mondo dei giovani: i ragazzi navigano in rete sempre più spesso e iniziano a farlo sempre prima.
Secondo i dati di una indagine condotta da Swg per conto del Comitato regionale per le comunicazioni del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con Studenti.it (su un campione di 1.000 ragazzi sparsi in tutta Italia e un campione di 800 concentrati nella sola regione Friuli Venezia Giulia, di ambo i sessi, compresi tra i 14 e i 21 anni) il 43 % dei ragazzi che attualmente ha tra i 14 e i 16 anni ha cominciato a navigare prima dei 12 anni, mentre l’età cambia se si prendono in considerazione invece i ventenni, tra cui il 54% ha cominciato dopo il sedicesimo compleanno.
Anche in questa fascia d’età il web è lo strumento privilegiato per moltissimi scopi: in primis viene utilizzato per fare ricerche necessarie per lo studio o il lavoro (90%); per approfondire argomenti (78%), per svagarsi e rilassarsi (44%); per ampliare i propri orizzonti (46%), e non ultimo per passare il tempo divertendosi (52%).
La tv mantiene il predominio (54%) solo quando si tratta di avere notizie aggiornate; per il resto, viene giudicata dai più di bassa qualità, inaffidabile, faziosa, superflua e da alcuni anche diseducativa, mentre Internet risulta innovativa, indipendente e stimolante.
Il tempo di connessione è un elemento che rivela in modo inequivocabile i cambiamenti in atto: la media è di 20 ore e 35 minuti settimanali; decisamente tanto, soprattutto se si confronta questo dato con il tempo dedicato alle altre occupazioni: 14 ore e 25 minuti impiegati nello studio, 13 ore e 25 minuti assorbiti dalla tv, 8 ore spese al telefono, 6 ore e 20 minuti dedicati allo sport, 4 ore e 10 minuti impegnati nella lettura di libri non di studio e 2 ore e 20 minuti ritagliati per la lettura di quotidiani e riviste. Probabilmente questo fatto dipende dalla disponibilità di una vasta scelta di connessioni fiat a basso costo: il 72% degli interpellati infatti utilizza già la banda larga (il 56% con una Adsl fiat, il 12% con una Adsl a tempo, il 4% con fibra ottica o satellite), solo il 23% fa affidamento sul “vecchio” modem analogico a 56 K.
Sicuramente poi la parte del leone la fa la musica; il tempo impegnato ad ascoltare musica è di 34 ore settimanali, di cui il 38% con il tradizionale cd e già il 39% con gli innovativi lettori di Mp3 ; a queste vanno aggiunte altre 7 ore e 40 di ascolto della radio. Anche il modo di ascoltare musica è cambiato: secondo quanto rilevato, i ragazzi scaricano dalla rete una media di 21 brani musicali al mese (non è però indicato con quale rispetto della legalità! ) contro una media di 1 o 2 cd acquistati nei negozi o in edicola.
Sarà importante monitorare questi fenomeni nei prossimi anni, per verificare se e come atteggiamenti ormai divenuti abituali per questi media avranno delle ripercussioni anche in altri segmenti del mercato dei contenuti.