Ma cosa leggono gli immigrati?

Le letture dei migranti, registrate dai Servizi bibliotecari del Comune di Milano, mettono in evidenza una propensione alla lettura notevole per quantità e varietà. Gli orientamenti di lettura si caratterizzano per il peso consistente delle esigenze pratiche e di integrazione; ma la lettura letteraria mantiene una decisa preponderanza nelle scelte dei lettori.
 
Che cosa leggono gli immigrati? Il quesito, apparentemente univoco, si articola in almeno due ordini di problemi. Il primo riguarda i soggetti della lettura: di quale figura, esattamente, dobbiamo tenere conto? Il lettore di seconda generazione, scolarizzato in Italia, è ancora culturalmente un immigrato? Ha senso confrontare tra loro scelte e abitudini del consumo culturale delle più disparate provenienze? E poi, in secondo luogo: chi conserva i dati sulla lettura degli stranieri? Le librerie? I servizi sociali? Le istituzioni culturali? La dettagliata e approfondita indagine del Centro per il libro e la lettura di Gian Arturo Ferrari, pubblicata nel marzo 2012 e reperibile sul sito del Cepell, fornisce un esauriente panorama Italia dei libri nell’anno 2011, sia sulle tipologie editoriali più frequentate, sia sul lettore secondo fasce di età, sesso, provenienza geografica ed estrazione socioculturale: la ricerca è però limitata ai consumi degli italiani. In che modo possiamo allora utilizzarla per rispondere alla nostra domanda?
Come si vede, invece di trovare una risposta, si moltiplicano gli interrogativi. Forse è più opportuno affrontare il quesito secondo una prospettiva più pragmatica, circoscrivendo meglio il complesso oggetto «lettura dei migranti»: abbiamo pertanto girato la domanda ai servizi bibliotecari del Comune di Milano, supponendo, come è stato effettivamente confermato dai dati, che le biblioteche rionali, decentrate e maggiormente legate alla realtà sociale dei quartieri, potessero fornire, più della centralissima sede principale, dati utili sulla tipologia e sulla frequenza del prestito librario dei numerosi cittadini stranieri, stabilmente residenti in città. Il coordinatore delle biblioteche rionali, Federico Pasotti, ha pertanto reperito i prestiti effettuati, lungo l’arco dell’intero anno 2011, dagli iscritti appartenenti alle sette nazionalità più rappresentate sul territorio cittadino: ragioniamo dunque su un campione contenuto entro i confini di una precisa realtà locale, ma abbastanza ampio e rappresentativo per indicare alcune tendenze generali.
Prima di tutto: quali stranieri? Secondo i dati del Settore statistica del Comune di Milano, i cittadini stranieri maggiormente presenti in città sono, in ordine decrescente, filippini, egiziani, cinesi, peruviani, srilankesi, ecuadoriani e romeni: sono tutte comunità che, dai trentasettemila cittadini filippini ai dodicimilasettecento romeni, oltrepassano le diecimila unità, seguite da marocchini, ucraini e albanesi che si mantengono tra le ottomila e le cinquemilaquattrocento unità. Nel complesso risultano, tra i cittadini delle prime sette nazionalità elencate, 3.802 iscritti al prestito bibliotecario, i quali hanno effettuato, nel 2011,20.204 prestiti. I dati mostrano con evidenza che non si può tracciare una proporzione diretta tra numero di residenti e numero di lettori iscritti al prestito, né tra il numero di iscritti al prestito e il numero di libri letti: per esempio, la comunità peruviana, che si colloca solo al quarto posto per numero di residenti in città (19.655), esprime però il più numeroso gruppo di iscritti al prestito (904). I romeni, a loro volta, che si collocano al quarto posto per numero di iscritti al prestito (502), sono in proporzione i lettori più forti, con 8,47 libri a testa all’anno. Nella tabella 1, i dati, ordinati secondo il numero decrescente, degli iscritti al prestito (pagina seguente).
Come si vede, gli immigrati delle sette nazionalità che maggiormente frequentano le biblioteche rionali di Milano leggono una media di 5,53 libri all’anno ciascuno. E un indice alto? E basso? Può essere utile, per capire meglio, confrontare il dato con quanto emerge dal rapporto sull’Italia dei libri secondo il Centro del libro e della lettura, di cui si parlava all’inizio. L’indagine del Cepell ci dice che, nel 2011 – lo stesso anno cui fanno riferimento i nostri dati sui lettori stranieri – 25,3 milioni di italiani hanno letto almeno un libro, per un ammontare complessivo di 169 milioni di libri: dunque una media di 6,67 libri all’anno per lettore. Il gioco delle percentuali e dei calcoli mostra, allora, che il lettore migrante legge in media un numero di libri corrispondente all’83 % della media italiana: è di meno, è vero, ma la differenza non è certo abissale. Consideriamo inoltre che i nostri dati sugli stranieri riguardano solo i prestiti bibliotecari, e prescindono dalle eventuali letture acquistate in libreria, che potrebbero contribuire a ridurre ulteriormente lo scarso 20% di scarto.
 

 
Ma quali sono, più precisamente, le scelte di lettura? I titoli presi in prestito sono stati raggruppati secondo due parametri: la nazionalità del lettore da una parte e il numero della classificazione decimale Dewey, cui appartiene il titolo preso in prestito, dall’altra. La combinazione di questi parametri permette sia di tracciare un profilo abbastanza preciso dei principali interessi culturali dei lettori nel loro insieme, sia di individuare alcuni interessi specifici delle singole nazionalità. Anche in questo caso, per avere un raffronto con dati noti e capire meglio il comportamento dei lettori stranieri, può essere utile ricorrere al rapporto del Cepell. In questo confronto, però, non più schiettamente numerico, i dati non sono sempre perfettamente commensurabili, perché la decimale Dewey, che ripartisce i testi in base al loro contenuto e al settore disciplinare di riferimento, non è completamente sovrapponibile ai parametri dell’indagine Cepell, più concentrata sulla tipologia editoriale delle letture. Come procedere?
Conosciamo, perché ce li illustra il Cepell, i gusti degli italiani: al punto «Lettori: che cosa leggono?», la statistica risponde elencando, in ordine decrescente, le categorie più frequentate dai lettori nostri connazionali. Ne riporto le prime sei nella tabella 2:
 

 
La statistica del Cepell continua con altre categorie, come Politica e attualità, Manuali di taglio accademico, Divulgazione scientifica generale e via discorrendo, tutte categorie che contemplano una percentuale di gradimento inferiore al 4 %.
Provo adesso, con un ovvio margine di arbitrio, a ricondurre i dati del Coordinamento delle biblioteche rionali entro le categorie proposte dal Cepell; le percentuali sono calcolate in base al numero complessivo dei prestiti, riportato nella tabella 1.
 

 
Se per Narrativa e letteratura, Umorismo e Fumetti, Biografie e autobiografie, Storia e Religioni si può, tutto sommato, individuare un corrispondente più o meno preciso all’interno delle classi della Dewey, l’ultima categoria, quella dei Testi utili, non è ovviamente prevista, in quanto essa definisce più una tipologia editoriale che un ambito disciplinare. Osservando però i numeri dei prestiti, si notano alcuni picchi – variabili per nazionalità, ma complessivamente consistenti – entro alcune specifiche sottoclassi della Dewey: spiccano, per esempio, le letture relative al settore 600; Tecnologia, che comprende, tra le sue sottoclassi, la 610: Medicina e salute, e la 640: Economia domestica e vita familiare. Si fa notare, inoltre, il settore 400: Linguaggio, e in particolare la sottoclasse 420: Inglese, e la sottoclasse 450: Italiano e romeno. E sono rilevanti le letture all’interno della classe 300: Scienze sociali, che toccano in particolare la sottoclasse 330: Economia, la 360: Problemi sociali e servizi sociali, e la 390: Usi e costumi, galateo e folclore. Si tratta, con tutta evidenza, di una tipologia di lettura che può essere facilmente accorpata all’interno della categoria Testi utili, e che documenta, con la sua particolare consistenza quantitativa, una specifica attitudine di lettura, orientata in ragguardevole misura verso la lettura utilitaristico-informativa.
La lettura letteraria risulta così quantitativamente ridimensionata, rispetto alle medie nazionali, a vantaggio di una più marcata esigenza di istruzione e informazione pratica. Ciò non significa però che la componente letteraria non mantenga, com’è nel caso degli italiani, il peso maggiore. Può essere interessante vedere più da vicino la lettura letteraria dei migranti, e in particolare osservare il campo della letteratura italiana, soffermandoci sulle singole nazionalità. Un’ultima tabellina di dati, prima di muovere alcune considerazioni:
 

 
Da sola, la letteratura italiana occupa dunque uno spazio consistente, certamente di molto superiore allo spazio riservato alle lingue straniere (che corrisponde, nel complesso, a una percentuale attorno al 4%, italiano compreso); i titoli scelti aderiscono strettamente al canone degli ultimi anni della scuola superiore. Il dato lascia capire due cose: la prima, che siamo di fronte, almeno in questo campo disciplinare, a una ragguardevole presenza di immigrati di seconda generazione, per i quali la conoscenza della lingua non è più così problematica e perciò possono privilegiare la lettura in italiano rispetto allo studio dell’italiano. La seconda è che la scelta di leggere un romanzo in lingua italiana viene per lo più orientata da indicazioni scolastiche, come dimostra Pirandello al vertice della graduatoria, con Il fu Mattia Pascal, seguito da Se questo è un uomo di Primo Levi. E, a scendere, i primi venti titoli italiani più letti sono quasi tutti classici della narrativa novecentesca, la cui presenza definisce la natura principalmente istituzionale delle letture italiane degli stranieri. Ci si muove pertanto tra Sciascia – Il giorno della civetta – e Tomasi di Lampedusa – con Il Gattopardo, a proposito della cui presenza va considerato che il 2011 è stato l’anno del centocinquantesimo dell’Unificazione – passando per Pasolini – Ragazzi di vita – e Bassani – Il giardino dei Pinzi-Contini. Che si tratti di letture scolastiche viene confermato dalle incursioni nella narrativa ottocentesca, rappresentata dai Promessi sposi e dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis, nonché dai due capolavori verghiani, I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo. Decisamente pochi gli apparenti scarti dalla linea istituzionale: due titoli di Ammaniti -Io e te, e Io non ho paura – e uno di Carofiglio – Testimone inconsapevole. A ben vedere, però, anche in questo caso la selezione dei titoli documenta una fruizione sostanzialmente scolastica: i romanzi di Ammaniti, i cui protagonisti sono in piena età evolutiva e le cui tematiche mostrano una evidente ricaduta formativa (le relazioni sociali e interpersonali, la condanna della violenza e della droga) si adattano particolarmente a fini educativi, mentre nel caso di Carofiglio, che adombra un fatto di razzismo dietro il legai thriller, è certamente la rappresentazione del diverso e dello straniero a indirizzare il consiglio degli insegnanti.
 
Un cordiale ringraziamento a Federico Pasotti del Coordinamento delle biblioteche rionali di Milano a Francesco Cosenza della Biblioteca di Dergano-Bovisa a Rosa Gessa della Biblioteca Valvassori Peroni