Un’intricata foresta

Nel 2013 si conferma la perdita di lettori in Italia e gli editori provano a reagire: in questa direzione va la campagna dell’Aie #unlibroèunlibro per abbassare l’iva sugli e-book al 4 %; cosi anche la scelta di GeMS e Feltrinelli di investire nella distribuzione. La tendenza sul mercato internazionale è di creare modelli commerciali innovativi: il programma Next Big Book permetterà alle aziende rilevazioni più precise sulle vendite; servizi come “MatchBook” e “Kindle unlimited” di Amazon offrono un’alternativa alle modalità di acquisto tradizionali. In questo panorama si torna anche a parlare di questioni etiche e di editoria sostenibile; complice lo scontro tra Amazon e Hachette.

Cala la lettura di libri di carta, cresce quella digitale
Nel 2013 sono 1,6 milioni in meno gli italiani che leggono almeno un libro all’anno (-6,1%) e la lettura cala in tutte le dimensioni sociodemografiche che la rappresentano: tra i giovani 6-14 anni del -7,4%; tra le donne del -4,7%; tra i forti lettori (+12 libri l’anno) del -10,3 %; nelle regioni del Sud (-9,8%) e delle Isole (-11,2%). Il Rapporto sullo stato dell’ editoria in Italia 2014, presentato dall’Associazione italiana editori (Aie) alla Buchmesse di Francoforte, parla chiaro: «Quest’anno il 57% degli italiani non ha comprato neppure un libro» spiega Marco Polillo, presidente dell’Aie «siamo penultimi in Europa, avanti solo alla Grecia». In tre anni, dal 2011 al 2013, i lettori di libri sono diminuiti dell’ 11 % e gli acquirenti del 15%.
Dopo aver scorso tabelle su tabelle piene di dati, tutti preceduti dal segno meno, viene sicuramente da chiedersi che cosa facciano oggi i tre milioni di ex lettori, quelli che nel 2011 leggevano e ora non leggono più. Come impiegano il tempo della non-lettura? Forse leggendo in digitale? Non è facile dirlo, perché sì, la lettura digitale risulta in crescita (i lettori di e-book sono stati nel 2013 1,9 milioni, +18,9% sull’anno precedente, con una crescita del +72,7% sul 2010) ma non è ancora chiaro quanto ciò sia frutto di processi di sostituzione (dall’abbandono del libro alla lettura dell’e-book), o di integrazione (assai più probabile) tra forme diverse di lettura fatte, a seconda delle circostanze, su device differenti.
Intanto da uno studio presentato a luglio 2014 a Torino al convegno dellTgel (Internationale Gesellschaft fur Empirische Literaturwissenschaft) arriva un risultato inquietante: cinquanta studenti omogenei per cultura e uso delle tecnologie sono stati invitati, dalla norvegese Anne Mangen e dal francese Jean-Luc Velay, a leggere un breve racconto della giallista Elizabeth George: metà di loro su un libro cartaceo, metà sul Kindle. Poi sono stati interrogati sugli aspetti della storia, emotivi e narrativi. E il risultato è che quelli del Kindle, a differenza degli altri, avevano difficoltà a ricostruirne la trama.

Ma #unlibroèunlibro
E qui si apre un’altra questione, che quest’anno è stata particolarmente sentita dagli editori italiani: quella dell’Iva che era fissata al 4% sui libri di carta e al 22% sugli e-book. Intervistato da «Repubblica», il presidente e Ad di GeMS Stefano Mauri ha sottolineato l’assurdità di questa disparità, «dal momento che l’e-book è solo un modo diverso per fruire un libro», mentre Riccardo Cavallero (ex numero uno di Mondadori Libri) ha ricordato la scelta della Francia, che ha già fissato l’iva al 5% per la carta e il digitale.
Secondo Marco Polillo: «La discriminazione tra libro e libro elettronico danneggia la competitività del settore, rallenta sviluppi in aree cruciali come l’editoria educativa e scientifica e indebolisce gli editori europei nel confronto con quelli di altri Paesi come gli Stati Uniti, dove l’assenza di imposte sulla vendita di pubblicazioni elettroniche è stata uno dei fattori della forte espansione del mercato negli ultimi anni. La scelta di parificare l’aliquota Iva tra cartaceo e digitale, come avvenuto in Francia, potrebbe favorire la crescita del segmento degli e-book e la riduzione dei prezzi, con benefici diretti per i consumatori».
A questo scopo l’Aie ha lanciato la campagna #unlibroèunlibro e attraverso un sito (www.unlibroeunlibro.org) ha invitato gli autori, i bibliotecari e gli altri professionisti del settore, ma soprattutto i lettori, a condividere la battaglia che ha ottenuto i risultati sperati proprio durante il semestre europeo di presidenza italiana: è infatti del 30 dicembre 2014 la notizia (twittata in anteprima dal ministro Dario Franceschini) dell’avvenuta equiparazione dell’Iva sugli e-book a quella sui libri di carta.

La chimera del successo costruito a tavolino
Una delle novità più in vista nel 2014 ha come protagonista Next Big Book, un sistema che mostra dati aggiornati relativi non soltanto alle vendite dei libri ma anche al gradimento che si misura in Rete, dai social network a Wikipedia. In sostanza «questo monumentale passo avanti per chi si occupa di marketing del libro nell’era digitale» (come lo definisce il comunicato stampa) consiste in una rilevazione ravvicinata e quotidiana di vendite, iniziative promozionali, incontri, presenza sui social media, traffico Internet e tendenze sulla Rete dei titoli presi in esame.
La novità dunque consiste nel fatto che con Next Big Book è possibile analizzare contemporaneamente dati di diversa provenienza, e sappiamo quanto questo servizio possa ingolosire le case editrici e le librerie online che, non a caso, nell’ultimo anno si sono mosse proprio in questa direzione: si veda l’acquisto, da parte di Amazon e di Mondadori, dei due maggiori social network sulla lettura, rispettivamente Goodreads e aNobii, giganteschi bacini di informazione sui gusti dei consumatori.
Nel caso di Next Big Book, scrive Leslie Kaufman sul «New York Times», «l’idea è che la piattaforma consentirà all’editore di vedere quali fattori, dai post di Facebook alle recensioni, alle comparsate televisive, influenzano maggiormente le vendite». La sperimentazione è già in corso: consultando i dati di Next Big Book, Brittney Kleinfelter, un’analista di marketing per Macmillan, ha rilevato che un autore della casa editrice registrava buone vendite in un’area geografica dove però si doveva confrontare con uno scrittore simile pubblicato da un’altra etichetta, e così ha deciso di dirottare gli investimenti promozionali in una zona diversa, meno competitiva.
Se l’arrivo dei Big data in campo editoriale porterà a quella che finora è stata una chimera, quella del bestseller costruito a tavolino, è tutto da vedersi. Intanto in Italia si è sviluppato un dibattito intorno al tema, al quale hanno preso parte, tra gli altri, Giuseppe Genna, secondo il quale «non è in questa direzione algoritmica che l’editoria andrà. Sarà un elemento destinato a esserci tra molti altri, senza particolari significati storici», e Loredana Lipperini, che ha rilevato come in questo settore l’editoria arriverebbe buon’ultima a sperimentare: risale a più di un anno fa l’accordo tra Facebook e Datalogix per incrociare i dati di navigatori e consumatori senza violarne la privacy, ovvero cancellando dai database le informazioni personali e sostituendole con codici cifrati. In quel caso le verifiche sono state fatte con un detersivo, scoprendo che il 70% delle aziende che avevano pubblicato banner avevano avuto un ritorno sugli in vestimenti almeno triplo, e che effettivamente i clienti di un supermercato tendevano ad acquistare il detersivo che avevano visualizzato nella colonnina destra della propria bacheca. In pratica, se si applicasse ai libri questa metodologia, si potrebbe scoprire quante persone che hanno visto il banner pubblicitario dell’ultimo libro di Camilleri lo hanno poi acquistato in libreria.

La classifica dei libri meno letti
Altra diavoleria del 2014, inventata da Jordan Ellenberg, docente di Matematica all’Università del Wisconsin, è 1’“Indice Hawking” che rende possibile calcolare in quale percentuale un e-book è davvero letto dagli utenti. Si tratta di analizzare i “popular highlights” presenti per ogni libro in versione Kindle (ogni e-book ha, visibili a tutti, i cinque passaggi più sottolineati dai lettori). Se la maggior parte delle citazioni riguarda i primi capitoli è altamente probabile che molti acquirenti non siano arrivati fino alla fine. Per ottenere una cifra esatta si fa la media delle pagine più citate e la si divide per il numero di quelle del libro: più alta è la percentuale risultante, più è verosimile che la lettura sia stata conclusa.
La classifica è un divertissement, come dichiara lo stesso Ellenberg nel suo intervento sul «Wall Street Journal». Eppure, la fotografia che ne viene fuori ha una certa plausibilità. Per esempio, mostra come le dimensioni contino ma fino a un certo punto: in cima alla classifica c’è un “mattone” che potrebbe intimorire per la mole, e invece Il cardellino di Donna Tartt svetta con il 98,5% e con i passi più apprezzati provenienti tutti dalle ultime venti pagine. Al polo opposto, la maglia nera spetta a Thomas Piketty, a lungo in testa alla classifica dei bestseller su Amazon ma anche autore del libro meno letto tra quelli acquistati: secondo Ellenberg, infatti, solo il 2,4% di coloro che hanno comprato Il capitale nel XXI secolo lo avrebbe letto fino in fondo.

Amazon contro Hachette
Lo scontro tra Amazon e Hachette Book Group riguardo alla vendita degli e-book del gruppo sul grande store online ha infiammato le cronache editoriali del 2014. Riassumendo i termini della questione, il motivo del contendere riguarda il fatto che i rivenditori ricevono gli e-book a un prezzo fissato dagli editori, su cui possono però applicare uno sconto, e chiaramente questo sconto riduce i ricavi dell’editore. Attualmente la disputa verte proprio su questo punto: Amazon vuole applicare uno sconto maggiore, Hachette no, e non riescono a mettersi d’accordo.
Detta così sembra una questione abbastanza semplice, e soprattutto una questione tra aziende, una divergenza di vedute su un negoziato commerciale. Ma lo scontro tra il gigante della distribuzione e uno dei più grandi gruppi editoriali statunitensi ha assunto, nella seconda metà del 2014, proporzioni molto più vaste fino a coinvolgere un cartello di autori e finanche i loro lettori.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il tentativo, da parte di Amazon, di boicottare le vendite degli autori Hachette. Sembra incredibile ma è successo veramente: come hanno segnalato diverse testate giornalistiche, verso la metà di maggio 2014 il negozio online di Amazon ha interrotto o reso difficoltose le vendite e prevendite di alcuni libri pubblicati da Hachette. In alcuni casi la possibilità di acquisto della versione dei libri in edizione tascabile era completamente scomparsa dalle opzioni a disposizione del cliente, e in altri Amazon segnalava tempi di reperibilità insolitamente molto lunghi, o prezzi più alti rispetto a quelli di altri rivenditori.
Chiaramente gli autori Hachette (e non solo) non ci hanno visto più, ed è così che un migliaio circa di scrittori americani (tra cui molti autori di bestseller) riuniti intorno alla sigla “Authors United” hanno comprato una pagina sul «New York Times» per pubblicarvi una lettera indirizzata ai propri lettori, in cui hanno chiesto alla multinazionale di Jeff Bezos di «smetterla di arrecare danni alle possibilità di sostentamento di quegli autori su cui ha costruito i suoi affari».
Amazon ha risposto citando (male) Orwell e fornendo cifre e numeri sul tema dell’elasticità del prezzo degli e-book che sono subito stati contestati da più parti. Si legga il commento di eFFE: «Sorprende come il linguaggio pubblico di Amazon non si periti di nascondere le pratiche ricattatorie messe in atto contro Hachette e utilizzi toni allusivi francamente poco degni di una grande azienda. Chi vede in Amazon una nuova incarnazione del demonio trova qui altra benzina da lanciare sul fuoco sacro dell’indignazione. Oggi fare a meno della distribuzione di Amazon è nel migliore dei casi un azzardo finanziario, nel peggiore un suicidio assistito. Ciò non toglie che bisogna concretamente pensare a costruire delle alternative efficaci».
E infatti anche in Italia si temono le prossime mosse di Jeff Bezos. I nostri editori osservano quello che è accaduto in Germania, dove il gruppo Bonnier ha subito un trattamento simile da parte di Amazon. Studiano il fallimento della legge francese, che per proteggere le librerie tradizionali ha impedito la spedizione gratuita dei libri, salvo trovarsi poi con Amazon che offre il servizio a un centesimo. Pensano a una strategia di difesa: il pericolo è vicino, non vogliono farsi trovare impreparati. «In Italia Amazon non ha abbastanza potere per fare quello che ha fatto in America e Germania, ma questo non ci mette al riparo da rischi», dichiara Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli. Ernesto Franco, direttore editoriale di Einaudi, non sa dire fino a quando l’Italia sarà al sicuro, ma è certo che se Bezos applicasse la formula Hachette al nostro mercato, scatenerebbe una rivolta: «Saremmo tutti uniti, editori e scrittori». Secondo Giuseppe Laterza, Amazon «non è un semplice distributore, è una straordinaria potenza di fuoco con grandi interessi al di fuori del mercato editoriale, un colosso che utilizza tutte le possibilità che il mercato globale gli offre, comprese le condizioni di lavoro». Laterza chiama in causa la politica, che in Francia e Germania non è certo stata a guardare, e dello stesso parere è Massimo Turchetta (Rcs Libri) : «Io penso che Amazon debba fare Amazon, e che gli editori debbano fare gli editori, salvaguardando la qualità dei libri. Non devono essere gli editori ad andare al muro contro muro con Amazon. Deve essere la politica a intervenire, a livello prima europeo e poi globale».
Marco Cassini (minimum fax) teme che «si trovi una soluzione all’italiana. Magari con i grandi editori, che qua controllano la distribuzione e hanno catene di librerie, pronti a siglare un patto di non belligeranza con Amazon. Non vorrei combattere un monopolio e ritrovarmi con un oligopolio».

Messaggerie con Feltrinelli
«Nasce il nuovo polo italiano della distribuzione libraria da 70 milioni di volumi all’anno» annuncia il comunicato stampa che descrive l’accordo sottoscritto tra Gruppo Messaggerie e Gruppo Feltrinelli, subordinato però all’approvazione da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che dovrà verificare se tale concentrazione di potere sconfini in una posizione monopolistica. Ma l’intervento dell’Agcm è ritenuto dalle parti deboli della filiera editoriale sufficiente a tutelarle? Un numero crescente di piccoli editori alleatisi in Odei (Osservatorio degli editori indipendenti) ha di recente espresso il bisogno di una garanzia maggiore nel proprio settore, lamentando che «nessuna legge regola le percentuali di sconto che la distribuzione e la promozione trattengono, né le percentuali di sconto che le librerie rivendicano e spesso riescono a imporre. La concentrazione della filiera ha reso così alquanto asimmetrica una relazione contrattuale che vede, da un lato, noi editori indipendenti e, dall’altro, una o più reti di librerie in grado di dettare le condizioni dell’accesso al mercato. Con un accesso al mercato di fatto monopolizzato dai circuiti delle librerie di catena, siamo venuti a trovarci nell’impossibilità di negoziare qualunque condizione economica. A maggior ragione quando a mediare tra noi e le librerie sta un distributore la cui compagine societaria è chiaramente riconducibile a quella delle stesse librerie a cui vende».
Per capire meglio il senso di questo accordo tra grandi operatori della filiera editoriale italiana, i bravissimi redattori del Tropico del Libro sono andati a chiedere ai diretti interessati. In primis Messaggerie, che vanterà il 70% di partecipazione nella joint venture. Claudio Fanzini, amministratore delegato Messaggerie Libri, assicura che «unendo le forze di MELI e PDE riteniamo di poter mantenere nel tempo, nonostante la diminuzione delle vendite, le stesse condizioni economiche garantendo al mercato un livello di servizio eccellente; implementeremo il nostro sistema informativo per distribuire le informazioni che riceveremo dal e sul mercato in tempo reale e fondamentali per affrontare la situazione di scarsità che colpisce tutta la filiera».
I librai indipendenti, quasi pleonastico aggiungerlo, non sono delle stesso parere. Di fatto l’accordo tra Messaggerie e Feltrinelli viene realizzato tra i due principali distributori presenti nel mercato e ne “rafforza la leadership” finendo con l’avvantaggiare l’intera filiera che hanno alle spalle. Si tratta, in entrambi i casi, di enormi gruppi che controllano componente editoriale (gruppo GeMS e Feltrinelli), logistica, distribuzione libraria e grande distribuzione, vendita online, sino alle principali catene librarie e, nel caso di Feltrinelli, persino alcuni immobili in cui le librerie hanno sede.
Allo stato attuale delle cose, non possiamo affatto dare per scontato che l’Agcom autorizzi l’accordo, ma intanto la corsa a ingrandirsi da parte dei soliti appare inarrestabile, e lo testimonia anche il nuovo piano di espansione delle librerie Mondadori: l’obiettivo del gruppo è quello di portare da 600 a 1.000 i propri punti vendita in Italia; quasi una risposta a Messaggerie e Feltrinelli sul ring dei pesi massimi dell’editoria.
Nel frattempo Romano Montroni è stato eletto presidente del Centro per il libro e la lettura e nella sua dichiarazione inaugurale, organizzata per ironia della sorte proprio a Segrate in casa Mondadori, ha dichiarato: «Più che aprire nuove librerie, fatto in sé encomiabile ma di difficile attuazione, bisognerebbe dare maggior qualità e professionalità a quelle che già esistono, per impedire che chiudano». Ma sono tante le realtà che hanno chiuso in silenzio, disseminate su tutto il territorio italiano: 150 nel 2013, secondo i dati dell’Associazione librai italiani.

Alla ricerca dell’integrazione perfetta tra cartaceo e digitale
Ci sono tentativi, da parte delle librerie reali, di competere con gli store online. Cito per esempio le librerie Ibs, dove è possibile scegliere l’e-book da una postazione pc, pagare in contanti alla cassa e poi scaricare il libro (sul posto o a casa). Ma il modello che sembra avanzare è un altro e proviene dalla solita Amazon. Mi riferisco a MatchBook (per ora attivo solo nella versione americana del sito), il servizio che consente ai clienti di scaricare a prezzo scontato la versione digitale di ogni libro cartaceo acquistato su Amazon dal 1995 a oggi. L’ennesima mossa strategica da parte di Amazon nella direzione di equiparare l’acquisto cartaceo e quello digitale, questa volta però non proponendoli più come alternative, ma come versioni complementari.
Anche in Italia ci sono alcuni segnali che vanno già in questa direzione. Protagonista ancora una volta Ibs, con riLeggo, il servizio che permette di acquistare a prezzo ridotto (a partire da 1,99 euro) la versione e-book dei libri acquistati in versione cartacea, attivo non solo sui nuovi acquisti ma anche su quelli effettuati negli anni precedenti. Allo stesso modo, nel periodo dicembre 2013 – gennaio 2014 (per Natale) le librerie Mondadori hanno regalato l’e-book a chi comprava la rispettiva novità in cartaceo. Secondo Riccardo Cavallero, in futuro si potrebbe arrivare a offrire, di routine, tre opportunità per gli acquirenti: «comprare solo l’e-book o solo la versione cartacea oppure, con un costo lievemente superiore rispetto a quello del libro cartaceo di turno, si potrà avere quasi in regalo anche la versione digitale».
Ma Amazon è già andata oltre e, per ora solo negli Stati Uniti, ha lanciato anche Kindle Unlimited, un pacchetto di abbonamento sugli e-book, con testi da scaricare illimitatamente, sul modello di Spotify o di Netflix, per una cifra mensile di 9,99 dollari (i primi trenta giorni sono gratuiti). Anche in questo caso, qualcosa si muove già pure in Italia: in autunno Laterza ha lanciato Lea, una piattaforma che offre agli abbonati anche materiali inediti audio e video; mentre a luglio è nato Bookstreams, con un catalogo di alcune migliaia di titoli proposti da piccole case editrici di cultura, come Nottetempo, Del Vecchio, Zandonai. Resta ora da vedere se, dopo tante parole sul “modello Netflix” per i libri, i lettori italiani sottoscriveranno effettivamente i loro abbonamenti e ameranno leggere in streaming quello che, a quanto pare, non hanno più voglia di leggere su carta.
Sicuramente una delle tendenze emergenti sembra essere quella di leggere (e scrivere) storie sempre più brevi. Penso a Wattpad, il sito che promuove una forma estrema di lettura e di scrittura partecipata: un social network dove tutti possono scrivere storie che vengono commentate in tempo reale dai lettori. La piattaforma si presenta con i classici connotati del social network, il login può essere fatto attraverso Facebook e ogni utente ha un profilo dove può pubblicare la sua storia, che è rigorosamente a puntate, ideale per una fruizione in un tempo limitato. Wattpad per molti giovani ridefinisce la lettura e la scrittura (risulta che il 53% degli scrittori abbia scritto con il proprio smartphone): entrambe si compiono in mobilità, stando sempre connessi, interagendo con gli altri lettori e con l’autore stesso, commentando l’opera in divenire. Sulla falsa riga di Wattpad opera anche FingerBooks, mentre il Gruppo Editoriale L’Espresso (già ilmiolibro.it) ha lanciato storiebrevi.it, che imita Wattpad anche nella grafica e propone «narrativa italiana contemporanea da leggere dove e quando vuoi» ma rigorosamente sul telefonino.
Potrebbe aver ragione Filippo Pretolani, quando dice che «il mercato della lettura è saturo mentre quello della scrittura è tutto da inventare». Le persone scrivono e non leggono, e secondo lui «per rimettere in gioco le sorti del mercato editoriale è il caso di indagare seriamente e senza pregiudizi come la domanda/offerta di lettura e la domanda/offerta di scrittura vengano mediate dal processo editoriale».

Verso un’editoria sostenibile?
Come andrà a finire? Cosa ci diranno i dati e le cronache editoriali dell’anno prossimo? Chissà se il 2015 sarà l’anno nel quale la flessione del mercato dei libri di carta sarà finalmente compensata dalla crescita dei ricavi nel digitale? E presto per dirlo, e forse è prematuro immaginare che si possa prefigurare, a breve termine, uno scenario del genere.
Intanto circola, o meglio serpeggia, negli ambienti editoriali una “visione” che fa appello alla responsabilità dei lettori e che mi piace provare a diffondere. Per farlo, vorrei fornire tre piccoli riferimenti bibliografici: “En Amazonie”’. Un infiltrato nel “migliore dei mondi”, un reportage di Jean-Baptiste Malet, giovane giornalista francese che si è fatto assumere in un magazzino Amazon nel periodo prenatalizio, che racconta le condizioni di lavoro negli impianti della multinazionale americana; Essere editori oggi, un manuale, redatto e pubblicato da : duepunti edizioni, che riflette a 360 gradi sulla funzione editoriale in tempi di crisi; e Verso un’editoria eticamente orientata?, un’intervista rilasciata da Andrea Baranes (da anni impiegato in prima linea in movimenti e reti della società civile volti alla riforma del mondo finanziario ed economico) al Tropico del Libro, da cui sono tratte le considerazioni seguenti.
Così come in altri settori (dall’agricoltura a chilometro zero ai gruppi di acquisto solidale, dal commercio equo alla finanza etica, dal turismo responsabile al software libero) si sta sviluppando un embrione di un vero e proprio sistema economico alternativo, fondato su basi di partecipazione democratica e rapporti diretti tra produttori e consumatori, la sfida potrebbe essere quella di ricollocare l’idea di mestiere editoriale nello stesso recinto di concetti come equità e solidarietà, cercando al tempo stesso l’antidoto al precariato e all’autosfruttamento. Sarà possibile per le piccole imprese editoriali modificare il loro modello di business in chiave etica in un contesto in cui i grandi gruppi editoriali agiscono secondo i dettami tradizionali? L’idea è quella di una nuova gestione, in cui una “comunità” di persone si prende cura di un determinato bene, superando la dicotomia pubblico-privato e mettendo in campo strumenti di partecipazione. Si tratta di un percorso che è ancora tutto da costruire, in cui serve un cambiamento culturale dei cittadini prima ancora di un cambiamento economico, finanziario o commerciale. Un’editoria eticamente orientata si dovrebbe fondare su trasparenza, partecipazione, attenzione agli impatti non economici delle attività economiche. La differenziazione tra due modelli di editoria potrebbe essere addirittura un punto di forza per un mondo di riferimento che si sta affermando. Molti studi e analisi mostrano che una percentuale elevata di consumatori, anche in un momento di crisi, si dice disponibile a pagare eventualmente di più un dato prodotto se ha la garanzia che questo venga realizzato nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.
Se Amazon è indubbiamente imbattibile dal punto di vista della praticità e dell’efficienza e se questo primato si basa tuttavia su pratiche aziendali che non hanno molto da invidiare alle miniere dell’Inghilterra vittoriana, allora la scelta del consumatore/lettore responsabile non può solo basarsi sulla comodità del buy-with-one-click. Comprare uno stesso libro sul sito dell’editore, e sopportare una procedura d’acquisto leggermente più lunga e dei tempi di consegna (per il cartaceo) maggiori, consente all’editore di avere margini operativi più alti e dunque di poter continuare a fare il suo lavoro.
Come ha scritto nel gruppo Facebook “Essere librai oggi” Marco Zirotti, libraio indipendente dal 1993 a Castel San Pietro Terme: «Solo se si riesce a far percepire che scegliere una libreria locale indipendente è un atto dai risvolti sociali potremo riuscire ad avere delle chance. A far percepire che da una parte ci sono i colossi, quelli abituati a vincere, a prendere tutto il bottino senza fare prigionieri, l’ossessione per il profitto, dall’altra gli indipendenti».