Dai superstore alle librerie virtuali

In Italia le catene di librerie di «varia» hanno una quota di mercato del 13%, mentre all’estero la percentuale oscilla tra il 20 e il 30%. La grande distribuzione è passata da una percentuale dell’1% nel 1980 a una del 6% nel 1996. Le librerie virtuali, da Amazon a Barnes&Noble, applicano politiche sempre più aggressive di sconto per conquistare sempre più ampie quote di mercato. Ma il successo dei nuovi canali di vendita non sembra avere determinato un allargamento del mercato quanto una sua razionalizzazione e segmentazione.
 
La crescente produzione editoriale viene collocata in un numero e in una varietà crescente di canali di distribuzione. Catene di librerie e, in anni più recenti, i superstore, hanno sottratto quote di mercato consistenti alle librerie tradizionali; negli Stati Uniti, dove il fenomeno è più eclatante, Barnes&Noble e Borders – i due principali concorrenti – possiedono rispettivamente oltre 500 e oltre 200 superstore. Si tratta di grandissime librerie, con un assortimento di circa 175.000 titoli di libri (entrambe non trattano scolastica), cui si aggiungono una sezione periodici, un reparto dischi e uno di videocassette e, in alcuni casi, un reparto di prodotti di editoria elettronica. I superstore non sono solo librerie molto grandi, ma una via di mezzo fra una libreria e una biblioteca, fra un luogo di svago e un punto vendita; hanno tutti un bar al loro interno, divani, tavoli e sedie sparsi un po’ ovunque per permettere ai clienti di leggere, sfogliare e consultare i libri, un teatrino per gli spettacoli nella sezione bambini. I frequentatori trascorrono in media 45 minuti per ogni visita; ciascun punto vendita (aperto sette giorni su sette anche la sera) organizza incontri con gli autori e sessioni di lettura ad alta voce per i bambini con cadenza settimanale. Le politiche commerciali sono molto aggressive: i best seller sono venduti con uno sconto del 30% sul prezzo di copertina e ogni settimana i libri di alcuni generi sono offerti con uno sconto che varia dal 10% al 30%; ciascuna libreria ha inoltre una sezione di libri a metà prezzo. I risultati: il fatturato medio per superstore si aggira sui 7,5 milioni di dollari (a fronte di un investimento di circa 3 milioni di dollari) e cresce del 10% annuo, lo scontrino medio è di 22 dollari e il tasso di rotazione del monte merci di poco inferiore a 3. Le due aziende – che già possiedono librerie di medie dimensioni all’interno degli shopping center – stanno gradualmente trasformando i loro punti vendita in superstore e hanno dichiarato che negli Stati Uniti c’è posto per almeno 1000 superstore; è ragionevole ipotizzare che nel giro di due-tre anni queste aziende metteranno in atto aggressive strategie di crescita internazionale. Una di esse ha già acquistato una catena di librerie in Inghilterra.
In Italia, le catene di librerie di «varia» hanno una quota di mercato di circa il 13 %, mentre negli altri paesi europei la percentuale oscilla fra il 20% e il 30% (ministero dei Beni Culturali, Rapporto sulla distribuzione del libro in Italia, 1997); la composizione dell’assortimento, la varietà delle categorie merceologiche offerte, le operazioni di fidelizzazione e di promozione svolte dai punti vendita, l’orario di apertura e l’attrazione del marchio della catena rappresentano i principali elementi di differenziazione presso i consumatori.
La grande distribuzione organizzata rappresenta un altro canale che negli ultimi dieci anni ha ottenuto nel nostro paese tassi di crescita significativi; nel 1980 il canale rappresentava l’1% in valore del mercato, mentre nel 1996 la percentuale è salita al 6%; negli ultimi anni i ritmi di crescita sono rallentati, per effetto dei fenomeni di concentrazione nel settore della GDO, ma il peso relativo del canale è inferiore rispetto agli altri paesi europei. Le librerie tendono a diventare o significativamente più grandi (quasi superstore, di cui c’è qualche esempio nelle nostre città di maggiori dimensioni) oppure a caratterizzarsi per un assortimento di libri molto limitato e molto specializzato; si diffondono punti vendita in cui libri su argomenti specifici si affiancano a prodotti molto diversi ma riconducibili allo stesso tema, o piccoli negozi con assortimento molto limitato e finalizzato a favorire gli acquisti d’impulso.
Il fenomeno nuovo è tuttavia rappresentato dalle vendite di libri su Internet; ha cominciato nel 1995 Amazon, «la libreria più grande del mondo», uno dei siti più visitati e uno dei primi a effettuare transazioni sul WEB. Chiamarla libreria è un po’ improprio; l’azienda non aveva tradizioni di vendita di libri, ha sede a Seattle perché lì si trova il deposito principale di Ingram (il più grosso distributore intermedio degli Stati Uniti che funge da magazzino per Amazon ), gli ingenti investimenti che ha dovuto sostenere e tuttora sostiene sono prevalentemente in hardware e software e non in arredi e monte merci. Tuttavia, agli occhi del visitatore, Amazon offre (all’ennesima potenza) i servizi offerti dalle migliori librerie e altri vantaggi:
– l’assortimento comprende 1,5 milioni di titoli in commercio in lingua inglese, più di un milione di titoli fuori catalogo e una selezione di CD, video e audiocassette;
– attraverso un motore di ricerca il visitatore può richiamare i libri di cui ha bisogno, oppure costruirsi una bibliografia; per ciascun titolo viene fornita una scheda anagrafica, una stima dei tempi di consegna, l’eventuale sconto sul prezzo di copertina (che può raggiungere il 40% per i best seller);
– per i titoli di varia, ciascun libro è corredato da una o più recensioni, fatte da personale di Amazon o da lettori (che sono invitati a scrivere una recensione e possono vincere un premio in denaro o uno sconto per l’acquisto di un titolo). Per alcuni titoli sono disponibili interviste a o informazioni sull’autore;
– ciascun titolo rimanda ad altri titoli dello stesso autore o sullo stesso argomento; al lettore che voglia essere consigliato nel­l’ acquisto, Amazon chiede di selezionare i libri letti da un elenco e provvede a fornire una rosa di titoli tra cui scegliere;
– i titoli acquistati possono essere addebitati su carta di credito; il cliente paga le spese di spedizione e può richiedere la consegna urgente, entro 12 ore negli USA dal perfezionamento dell’acquisto; nel caso in cui i titoli siano acquistati per un regalo, è possibile scegliere la carta in cui far impacchettare il libro.
Amazon ha avuto grande successo; le visite medie giornaliere (intendendo col termine non solo l’ingresso nella home page del sito, ma anche una esplorazione al suo interno) sono cresciute da 2.200 nel dicembre 1995 a circa 100.000; l’azienda ha circa 350.000 clienti in oltre 100 paesi; il 40% dei clienti effettua acquisti ripetuti. Nonostante il fatturato e la base dei clienti aumentino costantemente, l’azienda è in perdita e lo sarà – nelle stime del suo management – almeno fino al 1999; tuttavia, la comunità finanziaria americana crede in questa iniziativa; nei primi dieci mesi dalla quotazione in Borsa, il valore del titolo è quintuplicato.
Sulla scia del successo di Amazon, anche Barnes&Noble ha aperto un sito per la vendita di libri, chiamato, ovviamente «BarnesandNoble.com». Le vendite sono cominciate nell’ottobre 1997; il nuovo entrante ha capitalizzato le sue competenze (e i suoi investimenti) nella vendita di libri e ha fatto leva sui punti di debolezza del concorrente, che non gestisce direttamente il magazzino titoli.
La disponibilità fisica di oltre 400.000 titoli a magazzino ha permesso a Barnes&Noble di attuare aggressive politiche di sconto sui titoli a maggiore rotazione (e costringere Amazon a offrire i best seller con uno sconto del 40%) e di garantire su questi titoli tempi di consegna molto rapidi. I titoli che non sono fisicamente disponibili a magazzino sono infatti richiesti agli editori o ad altri intermediari, che possono essere più o meno veloci nell’evasione degli ordini. In risposta all’azione di Barnes&Noble, Amazon ha dichiarato di voler gestire direttamente il 50% dei titoli trattati entro la fine del 1998. Per raggiungere il maggior numero di clienti potenziali, entrambe le aziende hanno posto in atto strategie di alleanza con i principali provider e hanno attivato un programma di collaborazione con altri punti vendita «virtuali». I partner selezionano i titoli o gli argomenti che intendono inserire nel proprio sito e le librerie virtuali gestiscono tutte le procedure collegate alla navigazione e all’evasione degli ordini, riconoscendo una royalty alla «Vetrina» ospitante.
Le due aziende citate non sono le sole a vendere libri via Internet; in Inghilterra, Internet Bookshop vende in rete dal 1996 un catalogo di oltre 900.000 titoli, ed è quotata in Borsa dal 1997. L’azienda dichiara quasi 40.000 contatti al mese. Bertelsmann ha annunciato l’imminente apertura del proprio sito per la vendita di prodotti editoriali. La tecnologia di Internet Bookshop è stata utilizzata per aprire il sito italiano di vendita di libri on line e nei primissimi mesi di attività (giugno 1998) la società dichiarava 100 vendite in media al giorno. Molte case editrici e alcune librerie o catene di librerie hanno un proprio sito nel quale vendono i titoli del proprio catalogo o del proprio assortimento.
Nonostante si tratti di iniziative nate in tempi molto recenti, si nota un certo affollamento del mercato e non è difficile prevedere una sua saturazione, pur tenendo conto del crescente numero di persone che dispone di PC e che naviga in rete. Come dimostra la battaglia in corso fra Amazon e BarnesandNoble, l’attivazione di una libreria virtuale richiede non solo la disponibilità di una base dati bibliografica molto ampia – per attirare un numero molto elevato di potenziali clienti – e di ridondanza informativa su ciascun titolo – per permettere alla libreria virtuale di svolgere il suo ruolo di «libreria» – ma anche l’accesso a un magazzino che consenta di evadere direttamente il maggior numero di titoli possibile, nonché la capacità di gestire le operazioni connesse all’evasione degli ordini. La «fisicità» delle librerie «virtuali» non va sottostimata, soprattutto se si tiene conto del fatto che la vendita via Internet presuppone per definizione un mercato internazionale; questo spiega perché le esperienze finora più significative siano state effettuate da distributori intermedi / grossisti e da catene di librerie più che direttamente da case editrici o da librerie indipendenti. Inoltre, gli elevati investimenti in hardware, software e logistica rendono molto rigida la struttura di costo; questo spiega l’attenzione spasmodica ai tassi di crescita del fatturato.
Di fronte al successo – in alcuni casi significativo – dei nuovi canali di vendita, viene da chiedersi se abbiano determinato un allargamento del mercato o semplicemente una sua razionalizzazione e segmentazione. I dati provenienti dagli Stati Uniti sembrano indicare un modesto allargamento del mercato e una sua netta segmentazione; i superstore attirano attenzione e clienti attorno al libro, ma crescono prevalentemente a spese delle librerie indipendenti e delle piccole catene; anzi, il loro impatto sul settore è tale da ripercuotersi su tutta la filiera del libro e non solo sugli anelli distributivi; la crescita del settore editoriale nel 1996 e la sua successiva contrazione nel 1997 sono in buona parte da attribuire alle politiche di acquisto da parte dei su­perstore (che sono cresciuti numericamente in modo molto marcato nel periodo ‘95-96), seguite dalle rese nell’anno successivo. I siri In­ternet si rivolgono soprattutto a forti e fedeli lettori, con interessi specialistici e di catalogo e poco sensibili al prezzo; uno studio svolto da Merril Lynch mostra che, nonostante le aggressive politiche di sconto attuate sia da Amazon che da BarnesandNoble, l’acquisto di libri via Internet è conveniente solo per acquisti superiori a cinque volumi a visita, poiché l’incidenza dei costi di trasporto sulle vendite on line è piuttosto significativa. Anche i primi risultati derivanti dalle vendite on line del sito italiano sembrano confermare questa direzione: una buona notizia per gli editori professionali e universitari.