«Agli inizi del 1950 la Mondadori si trasferì dagli uffici di via Corridoni in quelli di via Bianca di Savoia, sempre nella zona centrale di Milano. La forza di lavoro era, in quel periodo, di 335 persone. Dal 1950 l’azienda cominciò quell’espansione che dopo 15 anni la mise di fronte al problema di cercare o creare una nuova sede. Fra dirigenti, giornalisti e impiegati eravamo passati da 335 a oltre 1300.
Cercammo innanzitutto di trovare una soluzione nell’ambito di via Bianca di Savoia, costruendo il costruibile e acquistando l’acquistabile nelle .immediate vicinanze. Ma risultò chiaro che non era possibile risolvere il problema in loco, per la continua espansione dell’azienda e l’impossibilità di costruire, date le limitazioni imposte dal nuovo piano regolatore, nuovi edifici in via Bianca di Savoia.
Proposi allora al presidente, Arnoldo Mondadori, di affrontare radicalmente il problema, progettando e costruendo un nuovo edificio fuori dal centro, come già in molti paesi da anni veniva fatto, per evitare la congestione del traffico e la difficoltà dei parcheggi e per cercare un nuovo habitat nelle zone verdi limitrofe alla città.
Venne scelto Segrate, sia per la relativa vicinanza al centro della città (10 -12 chilometri), sia per l’ubicazione posta sulle strade più vicine agli stabilimenti di Verona, sia per l’immediata vicinanza all’aeroporto. Proposi allora di affidare la progettazione del nuovo stabile a un architetto di fama mondiale e la mia scelta fu per Oscar Niemeyer. Con Niemeyer discutemmo a lungo le caratteristiche e le necessità della nostra nuova sede. Nel 1969 portai al mio presidente il progetto iniziale che venne accolto con grande entusiasmo. A esso vennero successivamente apportate tutte le modifiche che condussero alla realizzazione di quello definitivo, ora realizzato. Purtroppo Arnoldo Mondadori, che vedeva nella nuova sede il completamento di oltre 60 anni di lavoro, non poté assistere alla realizzazione. Questo rimane per me e per tutti i miei collaboratori un motivo di profonda tristezza.
lo ritengo che Oscar Niemeyer, con la collaborazione prima di Luciano Pozzo e poi di Glauco Campello, e sempre con il prezioso aiuto di Giorgio Calanca e della sua direzione impianti, abbia realizzato un complesso di edifici che non hanno oggi paragone al mondo. Noi abbiamo dato la nostra collaborazione più aperta al creatore, e tutti coloro che hanno contribuito a costruire, arredare e rendere funzionabile questa sede hanno diritto a una citazione di lode per il lavoro svolto. Per me, la nuova sede costituisce la realizzazione di una aspirazione che da anni la Mondadori perseguiva. E il risultato è, secondo me, superiore a ogni aspettativa. E qui voglio rivolgere un ringraziamento profondo alle Assicurazioni Generali, che, prima con l’amico Carlo Faina e poi con il presidente Cesare Merzagora, hanno compreso l’importanza del progetto e ne hanno reso possibile la realizzazione.
Per noi tutti della Mondadori, la nuova sede è un pegno di fiducia nelle sorti del nostro paese. E noi guardiamo ora all’avvenire nel quale l’Italia, sempre più libera e socialmente in progresso, potrà sviluppare in ogni cittadino quelle aspirazioni culturali alle quali la Mondadori intende dare tutto l’appoggio della sua fede e delle sue capacità imprenditoriali e umane».

Giorgio Mondadori, Un pegno di fiducia nel futuro del paese, in «Espansione», supplemento al n. 70, agosto-settembre 1975.