Già nel giugno del 1943 Paolo Grassi indicava con chiarezza i compiti e gli obiettivi di quella “generazione del ’45” che si sarebbe raccolta alla fine della guerra intorno alla casa editrice Rosa e Ballo: «Penso che il compito di noi giovani» scriveva «sia attualmente quello di immagazzinare libri, notizie, dati, cognizioni, conoscenze, documenti; quello che necessita è un lavoro oscuro, durissimo di studio, di preparazione, di affinamento dei nostri mezzi e delle nostre qualità…».
Con questo programma, che affiancava impegno e responsabilità alla consapevolezza delle proprie capacità, Paolo Grassi si proporrà giovanissimo agli editori della Rosa e Ballo non solo come curatore delle collane di teatro ma come «terzo protagonista dell’impresa editoriale».

Quello che vorremmo provare a testimoniare in queste pagine è la straordinaria modernità del modo di intendere il lavoro editoriale che trapela dalle scelte di Paolo Grassi.


Le collane di teatro

In primo luogo dall’impostazione data alle collane di teatro a lui affidate. Ricordava Roberto Cerati: «Libri bellissimi, disegno grafico di Luigi Veronesi; una serie con copertina marrone di autori contemporanei: Brecht, Joyce, Wedekind, Lorca, Yeats, Strindberg, Synge […] e una serie con copertina grigio perla dove uscirono opere di Čehov, Becque, Büchner […] Letture provocanti in quel tempo dove chi amava e leggeva il teatro doveva spigolare nei numeri de “Il Dramma”, la buona rivista di Lucio Ridenti».
In modo sapiente Grassi alterna a testi inediti traduzioni già pubblicate proprio in riviste: è il caso di Esuli di James Joyce, primo volume della collana «Teatro Moderno», traduzione che, come ricorda Ponte di Pino, era apparsa già ne «Il Convegno» di Enzo Ferrieri nel 1920. «Teatro» e «Teatro Moderno» rappresentarono i pilastri del piccolo ma straordinariamente vivo catalogo della casa editrice, collane che, come lui stesso scriveva a Ferrieri il 18 maggio 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, sono «arma oggi per il teatro che ci preme».


«Un fiume in piena»

«Un fiume in piena con una grande volontà e molto rigore», come lo definiva nel 1997 Ernesto Treccani, Paolo Grassi, socialista come Rosa e Ballo, sfidava con consapevolezza la censura fascista che aveva nel mirino l’attività della casa editrice, dove si può dire che autori e collaboratori fossero tutti più o meno dichiaratamente antifascisti.

Svelando ben presto il suo modo di intendere il lavoro culturale, nell’aprile del 1944 Grassi interviene con una esplosiva e divertentissima lettera agli editori sull’organizzazione e la gestione della casa editrice, non risparmiando critiche a nessuno, ma anche proponendo con determinazione che cosa fare. Scrive: «Da noi è un caos assoluto, c’è un sacco di gente che non combina, ci sono idee, c’è la festa del “faremo” ma non si fa nulla. Ci vogliono MESI per avere clichés, copertine, cartoncini, il tutto a prezzi altissimi». E aggiunge: «Quando faremo la carta igienica ROSA E BALLO la faremo fare all’Archetipografia». Una lettera da leggere per intero, che termina con l’invito a prendere «decisioni definitive» e «un’aspirazione a “far bene” finalmente nel nostro disordinato Paese». L’aspirazione di una vita di lavoro:


«si faranno cose belle»

Ma proviamo a seguire da vicino Paolo Grassi per capire come si muove nei panni dell’editore. Potremmo dire che parte “alto” se il primo giorno del suo nuovo lavoro presso la Rosa e Ballo scrive la sua prima lettera a Carlo Emilio Gadda. È il marzo del 1943 e Gadda, che era stato precedentemente contattato da Ballo, viene interpellato da Grassi come traduttore di una novella spagnola. «Cervantes o altro autore a scelta sua», scrive, e spiega che si tratterebbe di un’edizione «raffinata», illustrata dal pittore Luigi Spazzapan. Come spesso accade con Gadda non se ne farà nulla, ma Grassi gli promette ottimista che «si faranno cose belle», nonostante la guerra.


La mediazione editoriale

E non solo la guerra, ma anche la censura frena i lavori, come anticipavamo e come emerge dalla lettera inviata nel marzo del 1944 a Carlo Bo, presso Marise Ferro a Rivanazzano dove era sfollato, in merito alla traduzione di Yerma di Federico García Lorca, di cui la censura vietava la pubblicazione. Il libro sarà pubblicato comunque entro la fine dell’anno. Un Grassi dunque che non si limita ad assegnare traduzioni, ma che si impegna a scegliere i suoi traduttori in una cerchia ben precisa di intellettuali vicini alla casa editrice, consapevole del ruolo che queste figure di mediazione rivestono nella costruzione di un progetto editoriale.

Nel maggio del ’44 in una lettera indirizzata a Giulio Bragaglia, a lui particolarmente vicino soprattutto per le iniziative legate alle traduzioni degli autori irlandesi presenti in misura cospicua nelle collezioni Rosa e Ballo, Grassi si cimentava nella trattativa relativa ai compensi e agli anticipi, dimostrando di sapersi muovere senza problemi tra i numeri della casa editrice.


Un ottimo ufficio stampa

Straordinariamente attuale, possiamo dire, è l’attenzione che Grassi riservava anche alla promozione dei volumi, sui giornali e sulle riviste. Era lui in prima persona a tenere i contatti con i possibili recensori, come dimostrano le lettere che nel 1945 manda a Gadda presso «Il Mondo» per ringraziarlo di una recensione a un volume di William Butler Yeats, e dopo la fine della guerra a Enzo Ferrieri, che aveva ripreso la sua attività di critico teatrale per «Italia libera», e a Lavinia Mazzucchetti, suggerendole alcuni volumi dal catalogo di Rosa e Ballo che a suo parere avrebbero potuto interessarle, visto che a sua volta era da poco “trionfalmente” ritornata all’attività di recensore.
Un ottimo ufficio stampa potremmo dire oggi, attento anche alle opportunità offerte da nuovi media come la radio, quando, saputo che per il giorno di Natale Ferrieri avrebbe mandato in onda una versione radiofonica di Pasqua di August Strindberg nella traduzione di Alessandro Pellegrini edita da Rosa e Ballo, non solo si congratula per la scelta ma esplicitamente chiede che venga ricordato in radio che il testo è pubblicato nella collezione «Teatro» della casa editrice.