Chick Lit, Lad Lit, Click Lit

In principio erano Sex and the City e Il diario di Bridget Jones di Helen Fielding. Nasce un genere denominato Chick Lit, ovvero «letteratura per pollastrelle». Alta fedeltà e Un ragazzo di Nick Hornby sono la risposta maschile alla Chick Lit: ossia la Lad Lit, narrativa che esplora i sentimenti degli uomini. Obiettivo comune è catturare l’ampia fascia di lettori/lettrici adolescente a vita, solitamente di cultura medioalta, con una esistenza sentimentale disordinata. Così come obiettivo della Click Lit, ovvero la letteratura da cliccare, è proporre al popolo della rete romanzi come fossero dei videoclip. Semplici formule o veri e propri fenomeni editoriali?
 
Alle origini della «Chick Literature», la cosiddetta letteratura per pollastrelle, c’è il genere rosa, ovvero quel tipo di narrativa che si rivolge esclusivamente a un pubblico femminile. Con sicuramente almeno un must da rispettare: indipendentemente da tutte le traversie e gli ostacoli che i due protagonisti devono superare, la loro storia d’amore si conclude con un inevitabile happy end.
Insomma, storie per sognare rivolte a «lettrici di ceto basso», che le analisi di mercato hanno tratteggiato per lo più come casalinghe frustrate, che cercano nella lettura l’evasione dalla realtà. Editore di riferimento per questo genere è la Harlequin Mondadori, una joint venture tra due colossi editoriali, la canadese Harlequin Enterprises e l’italiana Arnoldo Mondadori Editore, presente sul mercato italiano dal 1981. Da allora la crescita di Harlequin Mondadori è stata costante sia nei numeri sia nei contenuti editoriali, che sono cambiati e si sono ampliati, seguendo i cambiamenti della società e quindi inevitabilmente delle lettrici. Dai romanzi rosa seriali si è passati a libri più lunghi e corposi, che vanno dal tradizionale romance storico al trasgressivo erotico, fino al debutto nel 2002 di una collana, «Red Dress Ink», che si rifà a un fenomeno editoriale (e non solo: si pensi alla serie televisiva di gran successo Sex and the City) di gran lunga tra i più interessanti degli ultimi anni, vale a dire appunto la Chick Lit, che ha visto anche in Italia una risposta attenta di case editrici come Sonzogno, Salani, Sperling & Kupfer, ossia gli editori di maggior peso nella narrativa femminile.
Il primo successo planetario di questo genere di letteratura è Il diario di Budget Jones, dell’inglese Helen Fielding, pubblicato in Italia da Sonzogno, tradotto in un film di altrettanto successo interpretato da Renée Zellweger. Tratto da una rubrica settimanale sull’«Independent», che la Fielding ha battezzato nel 1995, il diario percorre un intero anno di una single thirtysomething a Londra, che lavora in una casa editrice, da un lato in eterna lotta contro la cellulite, le sigarette e una discreta propensione alle sbronze, dall’altro all’eterna ricerca del principe azzurro. Proposito giornaliero è diminuire sigarette e calorie, proposito annuale è trovare un fidanzato sensibile e carino. Utilizzando un sense of humour tipicamente british, la Fielding ha descritto una donna qualunque, e quindi qualunque donna.
A seguito del successo del libro, si sono moltiplicate le Bridget Jones e anche autrici italiane come Alessandra Casella con Un anno di Gloria, o Alessandra Appiano con Amiche di salvataggio e Domani ti perdono, si sono cimentate nel genere. Alcuni punti in comune avvicinano le svariate Bridget Jones, italiane e non. Le protagoniste sono sempre donne tra i trenta e i quaranta anni, lavorano generalmente nel mondo dei media e/o della comunicazione; sono di cultura medioalta, single, con un’amica o più amiche generalmente nevrotiche, con cui condividono un drink, spesso più di uno, dopo l’ufficio. Hanno un capo dispotico. Conducono una vita alimentare-alcolica-sociale-sentimentale assolutamente disordinata/disastrosa. Sono disperatamente alla ricerca dell’uomo ideale: bello, brillante, passionale e innamorato. E ovviamente inciampano nell’uomo reale, ovvero l’eterno immaturo, un ragazzino mai cresciuto, il Kidadult, che è a sua volta il protagonista della risposta maschile alla Chick Lit, ossia la LadLit, «Littleboy Façade», come la definisce la stampa anglosassone.
Ma all’interno del fenomeno letterario della Chick Lit, si intravedono già dei nuovi filoni: dato comune è l’onnipresente spirito autoironico, qualunque siano i temi trattati. Un primo filone presenta eroine che si misurano con problemi più connessi alla vita adulta e che quindi non si esauriscono nella ricerca di «Mr Right». Esempio è il libro di Allison Pearson dal titolo, assolutamente chiarificatore del contenuto, Ma come fa a far tutto. Vita impossibile di una mamma che lavora. O ancora Baby-à-porter dell’autrice irlandese Sinead Moriarty. Il tema è decisamente serio – l’impossibilità a procreare e la fecondazione artificiale – ma ancora una volta trattato con tipico british humour. Un altro filone è quello che si potrebbe definire monomaniacale: ossia, le protagoniste sono per lo più concentrate, a volte ossessionate, da un interesse predominante. Con un titolo ancora una volta al limite del lapalissiano, I love shopping, pubblicato da Mondadori, Sophie Kinsella racconta con ironia i drammi di una shopping addicted eternamente in lotta con la propria carta di credito. Bestseller negli Stati Uniti (pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer con il titolo Biondo n. 5) è Bergdorf Blondes di Plum Sykes: la protagonista è troppo magra, troppo bionda, troppo blasonata, troppo well connected… ma a salvarla dall’odio e dall’invidia delle altre donne è ancora una volta l’arma dell’autoironia.
Come già anticipato, fenomeno dell’ultima ora è la Lad Lit, la narrativa sentimentale scritta da uomini. I papà letterari di questo genere sono Tony Parsons, pubblicato in Italia da Mondadori, e Nick Hornby, pubblicato da Guanda. Due esempi illuminanti della genia dei Kidadult ce li offre l’autore inglese Nick Hornby: il primo è il trentacinquenne Rob Fleming, protagonista di Alta fedeltà, diventato un film interpretato da John Cusack, il secondo è Will Freeman, protagonista a sua volta del libro Un ragazzo, seguito dal film con Hugh Grant, che ha mantenuto il titolo originario del romanzo, About a Boy. Rob Fleming è un ex deejay confuso sentimentalmente, che gestisce insieme a due amici ancora più confusi di lui un negozio di vecchi vinili. Eterno adolescente, il protagonista di Alta fedeltà redige continuamente personalissime Top Pive, che vanno dai cinque peggiori dischi della storia del rock alle prime cinque donne che lo hanno lasciato.
Anche negli Stati Uniti la Lad Lit è in piena espansione. Tra i colossi editoriali che per primi hanno puntato su questo nuovo filone ci sono la Miramax Books – che nel febbraio 2004 ha esordito con Booty Nomad del ventinovenne Scott Mebus – e la William Morrow, che nello stesso periodo ha fatto uscire Love Monkey (che sarà pubblicato in Italia da Sonzogno) di Kyle Smith, un esordiente di oltre trentanni. Scritto sotto forma di diario, Love Monkey ha come protagonista un giornalista che colleziona fidanzate ma è innamorato di una refrattaria ventiduenne.
Epigono italiano di questa narrativa sentimentale declinata al maschile – ma rivolta soprattutto a un pubblico femminile ansioso di comprendere come funziona quella scatola nera che è la mente degli uomini – è Franco Barberi (uno pseudonimo che nasconde ben tre giornalisti, due uomini e una donna), che ha pubblicato da Sonzogno S.d.R. (Single di Ritorno). Con questo titolo sapientemente bridgettiano, gli autori narrano di un uomo che sulla soglia dei quarant’anni viene lasciato dalla fidanzata e si sottopone a sedute psicoalfabetiche che lo aiutano a comprendere dalla A alla Z le ragioni del suo fallimento. O ancora Gino Armuzzi, che con Sognavo di essere Bukowski, pubblicato da Sperling & Kupfer, traccia con ironia il ritratto di una generazione di ventenni nei modaioli anni ottanta. Poca l’ansia di trovare Miss Right (complice anche la giovane età dei protagonisti), maggiore quella di collezionare ragazze, procurarsi la lista di tutte le feste in città, tifare la squadra del cuore rigorosamente in compagnia maschile ingurgitando junk food, emulare gli scrittori maledetti. Protagonista è anche la musica, una colonna sonora che va dal rock allo ska, dalla new wave al punk.
In un certo senso possono essere letti come autori ante litteram della LadLit made in Italy anche Fabio Volo e Giuseppe Culicchia. Protagonista dei libri di Volo, Esco a fare due passi e È una vita che ti aspetto, è il tipico trentenne confuso sentimentalmente: ma con un consolatorio happy end, almeno nella sua seconda fatica letteraria. In Tutti giù per terra di Culicchia (diventato nel 1997 un film con Valerio Mastandrea), il protagonista è Walter, ventenne in bilico tra gli amici del sabato sera e l’amore vero da trovare.
Se è forse troppo presto per valutare dal punto di vista dei numeri di vendita il fenomeno della narrativa sentimentale declinata al maschile, è però possibile esprimere qualche considerazione rispetto al posizionamento sul mercato. Come hanno fatto notare gli editori americani, con la formula della Lad Lit si è cercato di raggiungere un pubblico ampio, maschile e femminile – considerando peraltro che storicamente sono le donne le più forti lettrici -, mettendo in mostra la vulnerabilità e le ansie dei giovani uomini. Si è cercato cioè un pubblico composto da lettori che dovrebbero identificarsi nei protagonisti, ma anche da lettrici attratte dalla possibilità di comprendere un po’ di più l’universo maschile.
In sintesi, la Chick Lit è scritta da donne per le donne (rivisitando temi classici quali le diete o lo shopping), mentre la Lad Lit è scritta da uomini sicuramente per le donne (da sempre il pubblico di maggior consumo di un genere di narrativa sentimentale, seppur nelle sue accezioni più attuali), ma – è questa la vera sfida che parte dal mercato statunitense – anche per gli uomini (non mancano ovviamente riferimenti più tipicamente maschili quali lo sport, le varie marche di whisky e la musica, vero e proprio must soprattutto per gli autori d’Oltremanica). Con il dubbio, legittimo, se anche nel caso della «letteratura per galletti» si tratti effettivamente di un nuovo trend letterario oppure di un semplice diverso posizionamento nel mercato editoriale. Ossia il tentativo da parte degli editori di provare – grazie a una grafica accattivante, a un lettering più moderno, a titoli più glamorous – a raggiungere un pubblico più vasto, tra i trenta e i quarant’anni, acculturato, attento ai fenomeni di moda (non a caso anche la Lad Lit è disseminata di oggetti culto per lettori metropolitani).
Nella varietà delle formule editoriali, delle etichette utilizzate per proporre al pubblico di lettori fenomeni nuovi o supposti tali, vi è comunque l’ansia di raggiungere il più ampio mercato parlando ai potenziali lettori linguaggi a loro più vicini. E rientra in quest’ansia anche l’ultima moda – non squisitamente editoriale ma più smaccatamente di marketing – della Click Lit, come l’ha definita l’autorevole «Guardian», ossia della letteratura da cliccare: vale e dire dei propri e veri trailer di romanzi messi in rete, in cui più che la trama contano le emozioni, le immagini trasmesse. Veri e propri promo, che copiano il linguaggio dei videoclip del rock per parlare alla comunità di Internet. Insomma, al mutare dei contenuti editoriali, rivolti a un pubblico più giovane, dovrebbe corrispondere anche il mutamento dei contenuti della comunicazione. Forse la vera sfida sta proprio qui: nel mischiare i linguaggi e catturare un pubblico che sempre di più si fida del passaparola (degli amici e) della (comunità in) rete.