Il gemello del libro cartaceo

Non è vero che l’avvento del libro elettronico rivoluzionerà in modo radicale l’industria della scrittura e della lettura, spazzando via ruoli e mestieri secolari, azzerando competenze e saperi professionali consolidati. La rete di autoprotezione tempestivamente edificata dal sistema editoriale metterà al riparo da situazioni di pericolo e di disordine. L’e-book è il fratello siamese del libro, e non può fare a meno di ripercorrere le identiche tappe del robusto gemello cartaceo: i conti economici degli e-editori, e la nuova filiera distributiva, non sembrano differenziarsi così tanto da quelli dei progenitori gutenberghiani. Tutto sta cambiando perché tutto rimanga così come è?
 
I più inconsolabili sono quelli che «io i libri di carta li annuso». In effetti ad annusare un e-book non si hanno grandi soddisfazioni, ma basta portare un po’ di pazienza e in un futuro non troppo lontano una qualche applicazione olfattiva (scaricabile gratuitamente, si capisce) risolverà anche le dipendenze da sniffamento che condizionano spesso la vita dei forti lettori.
Che il libro elettronico fosse da considerare in buona sostanza un clone più fragile e disgraziato del libro di carta avevo cominciato a sospettarlo quando avevo portato a riparare il mio primo (e fino a oggi unico) e-reader. Lo zainetto con l’acqua minerale, la frutta, il costume da bagno, gli occhialini per lo snorkeling del miope e, appunto, l’e-reader nuovo di zecca imbottito nella sua custodia in pelle, era caduto dal portapacchi del motorino lungo un tornante di un sentiero di Astypalea, la più occidentale delle isole del Dodecanneso. Tutti sanno che i sentieri delle isole greche sono accidentati, e quelli di Astypalea non fanno eccezione. Lo zainetto è caduto dal portapacchi da circa un metro di altezza mentre il motorino viaggiava a meno di cinque chilometri all’ora (ero in discesa, i freni davanti e dietro tirati al massimo), a causa di una buca più profonda delle altre. Una bottarella sullo sterrato.
Tanto lieve che dalla bottiglia d’acqua minerale non si era versata una goccia, gli occhialini non avevano un graffio e le susine erano senza ammaccature. Tutto sano e salvo. Tranne l’e-reader, che dal momento della caduta dello zainetto e fino alla fine della vacanza si era rifiutato perfino di accendersi. Per fortuna, quasi per un presentimento, all’ultimo momento prima di partire avevo infilato in valigia quei tre o quattro libri di carta che mi avrebbero garantito la sopravvivenza insieme a un paio di bestselleroni in inglese recuperati nell’emporio-tabaccheria-libreria di Astypalea. Al mio ritorno, la diagnosi dei riparatori di e-reader (esistono, esistono, sono un po’ come i vecchi rilegatori) fu drammatica: rottura del foglio elettronico con fuoriuscita dell’inchiostro elettronico. Reagii da uomo: aprii un ticket, spedii l’e-reader dove mi venne comunicato, attesi un paio di settimane e alla fine l’e-reader mi ritornò aggiustato (con il costo della riparazione mi sarei comprato mezzo catalogo TEA ma pazienza) e da allora lo uso con soddisfazione, ma solo in ambienti protetti.
Da allora ha cominciato a prendere forma in me anche la convinzione che l’e-book sia in realtà il cugino primo, giusto un po’ più gracile e olfattivamente meno entusiasmante del libro vero, quello di carta. E che tutte quelle gran differenze temute (o esaltate, a seconda dei meccanismi di difesa preferiti) dagli addetti ai lavori editoriali non ci fossero proprio. Come quando ho visto E.T.: un po’ stranino, d’accordo, ma se è in ritardo telefona a casa anche lui, come tutti.
La convinzione è andata solidificandosi durante l’anno successivo e fino ai nostri giorni, quando, dopo una gestazione più che decennale, i libri elettronici cominciano a essere venduti anche in italiano. Se qualcuno avesse pensato (non importa se in preda al panico, con un ghigno di soddisfazione o semplicemente con sobria curiosità) che l’avvento del libro elettronico avrebbe rovesciato come un calzino il mondo della produzione e della commercializzazione all’interno dell’editoria libraria, avrebbe preso un granchio. Chi l’ha detto, infatti, che produrre un singolo file per ebook sia così diverso dal produrre un libro di carta stampato in poche decine di copie o tirato in diverse centinaia di migliaia? E chi l’ha detto che, in assenza dei costi variabili di carta, stampa e confezione, il costo di produzione di un e-book debba per forza essere inferiore rispetto allo stesso libro di carta? Profeti di sventura, catastrofisti, debosciati. Anzi, a guardar bene nelle pieghe dei conti economici degli e-editori, c’è da giurare che un po’ di costi di carta, stampa e confezione salterebbero fuori anche per produrre un e-book, sissignore. Altro che cugini primi, qui siamo di fronte a due fratelli gemelli, ho cominciato a profetizzare, solo uno più ambiguo.
E non parliamo di distribuzione e commercializzazione. Qualche provincialotto aveva creduto che per vendere, o tentare di vendere, un e-book non occorresse portarlo avanti e indré per Stivale (che è lungo assai, come si sa, e ad andare fino a Lecce non si arriva mai), farlo uscire dalla tipografia e accompagnarlo in magazzino, poi dal distributore, metterlo sui pallet, negli scaffali, imballarlo, stivare le scatole nei tir, riempire di gasolio i serbatoi dei tir, farlo arrivare alle filiali periferiche, poi ai grossisti e di lì, con un ultimo agile guizzo, sui banchi delle librerie, perfino (certo, mica sempre sempre) alle cartolibrerie della provincia di Lecce, da dove poter riprendere, qualche settimana dopo, un po’ meno baldanzosamente, l’identico viaggio alla rovescia (le rese sono fisiologiche, non è il primo comandamento che ci hanno fatto imparare in tutti i master per librai, editori e distributori?). Lo stesso ingenuo provincialotto pensava bastasse fare clic sulla propria tastiera per comprarsi un e-book e ritrovarselo sul proprio ereader pronto da leggere, e invece no, non scherziamo: l’e-book è fratello siamese del libro di carta, non può fare a meno di ripercorrere, passo dopo passo, le identiche tappe del gemello robusto, evoluto e con tanta esperienza, quello di carta, quello perfetto, immodificabile come il cucchiaio e le forbici.
Somiglianze e coincidenze mi paiono oggi indiscutibili, ben più di quelle che legano a tripla mandata i replicanti di Blade Runner alla razza umana. Basterà elencarne qualcuna per convincere anche i più timidi: lo schermo degli e-reader touch screen non è forse ciancicato e avvolto in una pellicola di grasso vischioso come le pagine dei libri letti da bambini con le dita unte di focaccia o sporche di Nutella? E dove la mettiamo la solare analogia fra i rischi di pirateria per l’e-book e l’immonda piaga della fotocopiatura del libro di carta? E la geniale proposta avanzata da alcuni editori di pagare agli autori royalties variabili a seconda che il loro e-book sia l’avatar di un’edizione cartacea hard cover o di una tascabile non certifica forse, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esistenza in natura di e-book rilegati e di e-book tascabili? Infine, che dire del regale concetto di net receipts, o netto incassato?
Il concetto di net receipts è la cartina di tornasole, la prova del nove, il profumo di gigli che spandeva intorno a sé Padre Pio se a qualcuno restava un’ombra di dubbio sulla sua santità. L’editore calcolerà le royalties spettanti all’autore dell’e-book non già sul banale prezzo di vendita defiscalizzato, ma in base a quello che gli rimarrà una volta alimentata la nuova, efficientissima filiera che l’editore stesso è stato costretto a creare e ha creato (a volte uno dice le combinazioni) modellandola pari pari sulla filiera che tante soddisfazioni ha fornito in passato e tanto ha contribuito all’espansione del mercato cartaceo nei decenni trascorsi. E-tipografia (con e-carta, e-inchiostro, e-confezione); e-magazzino (con e-scaffali, e-pallet, e-furgoncini); e-distributore (con altri e-scaffali, e-pallet, e-furgoncini); e-grossista, e-libraio (con e-vetrine, e-banconi ed e-pacchetti regalo), e-remainder ed e-bancarellai. A un primo grossolano appello sembrerebbero mancare solo gli e-promotori, ma nessuno dubita che al momento opportuno sapranno ripresentarsi anche loro e sarà una festa per tutti ritrovare le e-tredicesime, gli e-conti deposito e gli e-blocchetti delle e-rese (e-fisiologiche?) da autorizzare. Dovendo alimentare e sostenere questa meravigliosa macchina da guerra appare evidente che le royalties d’autore non possano essere riconosciute sul prezzo di vendita ma, al massimo, si debbano calcolare sugli spiccioli che all’editore rimarranno in cassa una volta adeguatamente remunerati tutti gli eroi della nuova, spumeggiante e-filiera. Ecco cosa sono i net receipts. Un dribbling di Maradona, un verso di Sanguinei, un gorgheggio di Mina.
A questo punto sarà evidente a tutti come le fosche previsioni di alcuni fra gli osservatori più impressionabili, e perfino di certi ingrati addetti ai lavori, siano del tutto infondate e anche un po’ menagramo. Non è vero che il libro elettronico, posto che davvero esista e non sia un’allucinazione collettiva, rivoluzionerà in modo radicale l’industria della scrittura e della lettura, spazzando via ruoli e mestieri secolari, azzerando competenze e saperi professionali costruiti in decenni di onorato servizio nelle trincee a difesa del caro vecchio libro di carta, in quelle trincee dove il libro lo si poteva liberamente annusare, chi aveva tempo per leggerlo? Non è vero che il paventato avvento del libro elettronico disegnerà scenari post-apocalittici in cui il lettore si aggirerà fra le macerie del bel mondo editoriale di una volta spingendo desolato il carrello del supermercato virtuale. La solida rete di autoprotezione tempestivamente edificata dal sistema editoriale metterà al riparo da situazioni di pericolo e di disordine.
E poco importa se, qua e là, dovesse levarsi qualche patetica voce critica a chiedere di rivedere, mettiamo per assurdo, le quote di ripartizione dei ricavi ottenuti dalla vendita degli e-book, per esempio la voce di qualche autore. E talmente evidente che un autore l’e-book si limita pigramente a scriverlo, da risultare inconcepibile a quale titolo possa accampare certe bizzarre pretese.