Che cos’è un libro

Per secoli i limiti imposti dalla tecnologia alla forma dei libri sono apparsi come caratteristiche intrinseche del testo scritto, più che come sacrifici accettati in nome della sua diffusione. E se nella prima fase dell’e-book i contenuti del libro cartaceo venivano digitalizzati senza rimetterne in discussione la forma, siamo ormai alle soglie del successivo momento evolutivo, quello che riguarderà essenzialmente le opere non letterarie e porterà a una radicale trasformazione della loro forma e delle modalità di progettazione. Di fronte a questa ennesima «rivoluzione del libro», preoccupa l’assenza di un apporto significativo dei player europei e la mancanza di un coinvolgimento più propositivo degli editori.
 
Il termine «libro» è associato a una raccolta rilegata di pagine stampate, caratterizzata da una certa lunghezza (circa cinquanta pagine almeno) e dall’assenza di periodicità nella pubblicazione. Il contenuto è certificato, ha uno o più autori riconosciuti ed è «chiuso» al tempo della pubblicazione. Spesso questo termine viene utilizzato anche per designare un contenuto (per esempio quando si dice «l’ultimo libro di Ken Follett»), ma in questo contributo utilizziamo il termine «libro» solo per designare l’oggetto fisico composto di testo e immagini.
L’organizzazione dei processi di produzione e di distribuzione del libro cui siamo abituati ha origine con l’invenzione della stampa a caratteri mobili. L’amore per i libri o, meglio, per la conoscenza e le sensazioni che i libri ci hanno trasmesso, impedisce a molti di vedere il grande compromesso insito nella loro tecnologia: per poterli diffondere, abbiamo dovuto esprimere i nostri pensieri in forma prevalentemente testuale, lineare, con un unico livello di lettura (debolmente compensato dalla possibilità di inserire note e rimandi) e chiusa agli interventi dei lettori. Si tratta di una forma che è naturale per i testi letterari, ma che non è adatta per la maggior parte delle opere, che oggi troviamo pubblicate sotto forma di libri.
La riproduzione su carta implica infatti una serie di caratteristiche che abbiamo finito con l’associare ai contenuti librari, ma che – a ben vedere – sono solo conseguenza della tecnologia utilizzata e quindi specifiche del libro cartaceo: l’uso limitato del colore e delle immagini, che rendono il libro più costoso, voluminoso e pesante, e che sono quindi impiegati quando non se ne può fare a meno (per esempio nei libri d’arte); l’assenza di contenuti multimediali, anche nei casi in cui questi possono essere molto più efficaci di una descrizione testuale per chiarire un fenomeno; la forma essenzialmente lineare (anche quando l’utilizzo è tutt’altro che lineare, come nelle guide turistiche) e monolivello (anche quando gli utenti presentano diversi livelli di conoscenza iniziale e di interesse ad approfondire); la necessità di un numero minimo e massimo di pagine, per rendere economica la stampa e la distribuzione; la necessità di rimandare aggiornamenti, correzione di refusi ecc. al momento dell’eventuale ristampa; la difficoltà di vendere singoli componenti di un’opera; la difficoltà di inserire avvisi pubblicitari e sponsorizzazioni, perché i tempi lunghi e imprevedibili che intercorrono fra la stampa e la lettura renderebbero non più attuali le eventuali pubblicità inserite nell’opera; l’impossibilità per l’utente di interagire con l’opera, per esempio ricevendo un feedback per le risposte date alle domande di verifica inserite in fondo a un capitolo.
Oltre che influenzare la forma data ai contenuti, la stampa su carta impone una serie di vincoli che rendono l’attività editoriale complessa e difficile da sostenere economicamente. Anzitutto le tecnologie di stampa tradizionali impongono tirature minime piuttosto elevate e questo implica la necessità di stampare centinaia di copie anche per titoli dal mercato molto incerto e l’impossibilità di continuare a vendere opere esaurite se richieste in quantità limitate. Questo problema si è in parte ridotto con la diffusione del print on demand, ma non è stato del tutto eliminato. La distribuzione dei libri cartacei, inoltre, è estremamente complessa e onerosa. Se avviene attraverso i canali tradizionali coinvolge numerosi intermediari (distributori nazionali, grossisti regionali, dettaglianti) e implica una distribuzione capillare anche di titoli con bassi volumi di vendita, generando un forte flusso di resi e, contemporaneamente, la mancanza di molti titoli (che magari giacciono invenduti altrove) presso i singoli punti vendita, favorendo anche in questo caso le fotocopie illegali. Se la distribuzione avviene on line, si elimina il problema dei resi e della limitatezza dei titoli disponibili, ma si devono sostenere elevati costi di logistica e di consegna a domicilio e risulta impossibile la consegna immediata dell’acquisto.
Fino alla fine del secolo scorso, il compromesso descritto sopra appariva ai più insito nella natura delle cose: la facilità di diffusione del libro cartaceo ha rivestito un ruolo chiave nel progresso culturale, sociale ed economico e, per la verità, i limiti imposti dalla tecnologia alla forma dei libri quasi apparivano come caratteristiche intrinseche del testo scritto, più che come sacrifici che avevamo dovuto accettare in nome della sua diffusione. A partire dal 2007 qualcosa è cambiato: dopo anni di tentativi fallimentari, nel mercato hanno cominciato ad avere successo lettori di e-book che consentono un’esperienza di lettura nuova e con servizi non disponibili sulla carta. Il passaggio del testo dalla carta a tali supporti da un lato lascia intravedere un ulteriore salto di efficienza nella sua diffusione rispetto all’innovazione di Gutenberg e, dall’altro, consente di rimettere in discussione la forma stessa dei libri.
Tale passaggio è destinato ad avvenire in due fasi. Nella prima – che è quella che stiamo vivendo – i contenuti del libro cartaceo vengono digitalizzati senza però, di regola, rimetterne in discussione la forma, anche perché ancora per qualche tempo la maggior parte dei titoli verrà distribuita sia in formato cartaceo che in formato digitale. Sono nati alcuni editori esclusivamente digitali, ma la sovrapposizione fra titoli su carta e titoli in formato digitale è altissima e i libri in commercio su carta sono probabilmente trenta volte superiori a quelli in formato digitale. Questa fase potrà subire accelerazioni improvvise nel momento in cui la base installata di e-reader raggiungerà livelli adeguati. Negli Stati Uniti la crescita esponenziale nella vendita degli e-book è stata resa possibile da alcuni fenomeni concomitanti: la diffusione di e-reader dedicati (come Kindle) dai quali è molto facile accedere ai contenuti; la presenza di tablet che permettono l’accesso in mobilità e la lettura di contenuti insieme alla navigazione sul web, la disponibilità di titoli a prezzo ridotto. Il fenomeno degli e-book al momento attuale non è alimentato dagli appassionati di tecnologia, ma soprattutto dai lettori forti; la loro diffusione sembra oggi più ostacolata dai limiti dell’offerta che non dalla domanda.
Mentre la prima fase interesserà tutti i contenuti librari, la seconda riguarderà essenzialmente le opere non letterarie e porterà a una radicale trasformazione della loro forma. Sebbene già oggi esistano esempi di questo tipo di prodotti, che potremmo chiamare «e-book ibridi», si tratta ancora di fenomeni isolati e marginali. Per gli editori interessati, la seconda fase porterà sconvolgimenti se possibile ancora superiori rispetto alla prima, ridefinendo ruoli e competenze.
Questo non significa necessariamente la scomparsa dei libri su carta: tradizionalmente le filiere dei contenuti si sono caratterizzate per una abilità stupefacente nel ridefinirsi e nel trovare ruoli nuovi, man mano che nuove tecnologie e nuovi modelli di business facevano il loro ingresso sul mercato. Nel caso del libro, prodotto usatissimo e che si presta a essere conservato, possiamo immaginare per molto tempo ancora uno spazio importante per i libri su carta. È indubbio però che ampi segmenti del settore sono destinati a considerare la pubblicazione digitale come modalità preferibile e quella su carta come secondaria.
Come tutti i momenti di transizione, anche questo si caratterizza per elevata delicatezza: è proprio in questa fase embrionale, infatti, che vanno prendendo forma i ruoli, le relazioni e i rapporti di forza fra gli attori nella filiera e gli utenti, che si affermano quelli che diverranno gli standard di settore, che si delinea il nuovo sistema di offerta dell’editoria libraria, anche in rapporto agli altri media. Si tratta di cambiamenti radicali che si possono ricondurre a tre fronti principali: le innovazioni nei sistemi di offerta e nella comunicazione con e fra gli utenti; la ridefinizione dei ruoli e delle relazioni lungo la filiera; i cambiamenti nella struttura economica e nelle determinanti della competizione.
La partita che porterà a mutamenti profondi nel settore dell’editoria libraria sinora è stata condotta essenzialmente da Amazon, Google e Apple, mentre gli editori si sono trovati a giocare in difesa, cercando di reagire a cambiamenti generati all’esterno del loro sistema. Con tutto il rispetto e l’ammirazione che si può avere per la capacità di innovazione di queste tre grandi imprese, non può non destare preoccupazione vedere una partita tanto importante svolgersi senza l’apporto significativo di player europei e senza un coinvolgimento più propositivo degli editori, ovvero degli operatori del settore che più di altri possono essere portatori di un progetto culturale, oltre che economico. Si tratta di un gioco nel quale non si può pensare di vincere solo con le alleanze e l’esercizio del proprio potere contrattuale, ma che va affrontato soprattutto con coraggio, entusiasmo, creatività, comprensione profonda dei processi di acquisto e consumo degli utenti e capacità di innovazione. Pensare di entrare fortemente in questo nuovo gioco solo quando si sarà fatto più serio equivale a lasciare ad altri il vantaggio di definirne le regole.