La breve vita felice delle librerie indipendenti

Il sorpasso c’è stato: nel mercato italiano, le librerie di catena hanno superato quelle indipendenti. Nelle librerie di catena l’assortimento è più profondo e il cliente è sicuro di trovare quello che cerca, gli sconti sono maggiori, l’orario più ampio. Se le vendite degli e-book saranno destinate a crescere in modo esponenziale, tanto più con i nuovi negozi virtuali su Google e iTunes, saranno proprio le catene, i supermercati e le librerie on line a salvare quel che resta del mercato editoriale, garantendo al lettore un mondo in cui leggere sarà più facile, con più opportunità di acquisto e maggiore soddisfazione dei bisogni.
 
È come la parabola della pagliuzza e della trave: si discute tanto della morte del libro a stampa senza accorgersi che sono le librerie a versare in condizioni critiche. La triste diagnosi proviene dagli Stati Uniti: da lì, a fine gennaio, Amazon ha annunciato che per la prima volta le vendite di libri elettronici hanno superato le vendite di libri cartacei – ogni cento volumi cartacei se ne vendono centocinque digitali – e subito il successo dell’editoria elettronica ha travolto prima Barnes & Noble (la catena di librerie più grande del mondo, che il suo proprietario ha messo in vendita ad agosto) e poi la concorrente Borders, che a febbraio ha dichiarato fallimento. In America le grandi catene riescono ormai a vendere solo un volume su quattro: una quota notevole delle vendite è infatti coperta dal commercio on line di Amazon, mentre metà del mercato viene divorata dai supermercati, come Wall-Mart e Target, che vendono solo ed esclusivamente bestseller ad alta tiratura, offrendo sconti imbattibili. Soffrono dunque le librerie, grandi o piccole che siano, mentre il mercato degli e-book si può supporre destinato a crescere in modo esponenziale, tanto più con l’apertura di nuovi negozi virtuali di libri digitali su Google e su iTunes; ed è comunque già tale da coinvolgere anche le biblioteche pubbliche, che prestano i libri in formato digitale ai lettori iscritti i quali poi se li scaricano direttamente sul loro iPad. Come ricorda Robert Darnton nel suo libro Il futuro del libro: «La Public Library di New York dispensa elettronicamente così tanti dati ai lettori di tutto il mondo che già nel 1999 registrava dieci milioni di accessi singoli al suo sistema telematico, di contro a una richiesta di cinquantamila libri registrata nella sala di lettura della sua sede sulla Quarantaduesima Strada».
Mentre all’origine della crisi delle librerie in America ci sarebbe il successo dell’editoria elettronica, a Milano l’antica libreria Bocca fa pagare cinque euro per poter sfogliare i volumi esposti in negozio («Il negozio è mio, questi sono libri miei, io pago l’affitto, e se lei vuole consultare i miei libri, deve pagare») e le vendite on line di libri, cartacei o digitali che siano, per ora da noi coprono solo il 4% del mercato. Secondo gli analisti, quattro anni separano la cultura digitale americana da quella europea, quattro anni nel corso dei quali sono anche stati commessi tanti errori, dai quali gli editori, i distributori e le librerie europee possono forse imparare: da noi Amazon arriva in un momento in cui non può più agire come monopolista sul mercato; d’altra parte è anche vero che se nella maggior parte dei paesi europei i prezzi dei libri sono fissi o gli sconti sono limitati per legge, da noi questo è vero solo a partire dall’approvazione della Legge Levi, che è entrata in vigore lo scorso mese di luglio, troppo presto per fare un bilancio. Non possiamo (ancora) dirci americani, ma intanto qualcosa è successo anche da noi: è avvenuto un sorpasso storico, quello delle librerie di catena (40,3 % del mercato) sulle librerie indipendenti (37,9%), che improvvisamente hanno perso il loro scettro secolare di regine del mercato italiano, nel quale operano anche grande distribuzione organizzata (Gdo), con una quota del 17,5%, e Internet che, come dicevamo, è al 4,3%. Ancora più in dettaglio: nel 2010 le librerie indipendenti fanno segnare un -5,2% nelle vendite rispetto all’anno precedente, sia a valore che a volume, la Gdo cresce del 3,2% a volume e del 2,9% a valore, mentre la scalata di Internet e delle catene è vertiginosa: rispettivamente 25,5% e 10,9% a volume; 24,9% e 12,9% a valore (i dati Nielsen Bookscan Italia, presentati al Salone del Libro di Torino 2011 dall’Associazione italiana editori, si riferiscono all’anno 2010 rispetto al 2009). Stiamo parlando, per intenderci, di un mercato che vale 1.447 milioni di euro (108 milioni di copie) e di un paese dove il 53,2% della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno. Un paese dove, tra coloro che dichiarano di aver letto almeno un libro nel 2010 (46,8% della popolazione, dati Istat) dominano i lettori deboli (44,3%, da 1 a 3 libri all’anno), scarseggiano i lettori forti (15,1%, 12 o più libri all’anno) e arranca una fascia media di lettori di 4-11 libri all’anno (40,6%).
Se questi dati verranno confermati, saranno le catene, i supermercati e le librerie on line a salvare il mercato editoriale; mentre le librerie indipendenti, che fino all’anno scorso erano sempre state il canale di distribuzione principale del libro e che, fino a prova contraria, sono garanzia di pluralismo e di libertà nella scelta dei libri, saranno destinate a scomparire. Di più: se nel mondo milioni di lettori, italiani e americani, cambiano le loro abitudini di lettura e di acquisto, come sta accadendo in questi anni e più profondamente in questi mesi, si innescherà un effetto a catena che disegnerà uno scenario completamente nuovo e molto complesso, perché quello che sta accadendo non nasce solo con l’e-book quanto con l’avvento della comunicazione elettronica e del web di per sé stessi, che fanno parte di una trasformazione ancora più profonda della nostra cultura e del modo in cui le società gestiscono oggi la conoscenza. Ed è da qui, dalla «quarta rivoluzione» che stiamo vivendo, in un periodo di transizione nel quale la modalità a stampa e quella digitale coesistono, che vengono i guai delle librerie, in particolare delle piccole, sostituite dalle grandi catene, a loro volta minacciate dai distributori on line come Amazon. Allora, come fare? Se guardiamo alla storia del libro vediamo come l’esplosione delle modalità di comunicazione elettroniche sia oggi altrettanto rivoluzionaria di quello che fu l’invenzione della stampa a caratteri mobili e che noi abbiamo altrettante difficoltà ad assimilarla di quante ne ebbero allora i lettori del Quattrocento. Ma possiamo notare anche come i professionisti del libro hanno sempre fornito e continueranno a fornire servizi che sono sopravvissuti e sopravvivranno a ogni cambiamento tecnologico, e che il lettore, sia pure inconsapevolmente, influenza da sempre con le sue pratiche ogni attore del circuito della comunicazione editoriale, dal libraio all’autore. Ed è proprio la voce dei lettori quella che dovremmo ascoltare per provare a comprendere meglio il significato del quadro che stiamo guardando.
 
Mi chiamo Ludmilla
Ho 35 anni, vivo a Milano, leggo più di dodici libri all’anno. Lavoro al Policlinico, per cui mi basta attraversare la strada ed entrare alla libreria Cortina: poche volte mi è successo di non trovare, subito, il libro che stavo cercando. Qualche volta però mi è capitato: non ho dovuto far altro che percorrere un paio di isolati a piedi e recarmi in piazza del Duomo, entrare alla libreria Feltrinelli, e comprarlo, subito, lì. E se non c’è in Feltrinelli allora accendo il computer, vado sul sito di Internet Bookshop Italia e lo ordino on line, anche se un po’ mi scoccia dover aspettare due o tre giorni per la consegna. Alcune volte sono stata particolarmente fortunata perché il libro che cercavo apparteneva al catalogo di un editore che lo rendeva disponibile per l’acquisto e il download immediato on line informato e-book. Così come altre volte invece mi è capitato di cercare un libro fuori diritti e di trovarlo già digitalizzato su Google Book Search.
La forza della libreria indipendente, oggi, lo si sente ripetere da più parti, sta nella specializzazione: nel dettaglio tradizionale le librerie che funzionano sono quelle che si specializzano su un tema o un target, quelle che creano «nicchie» di consumo e puntano a migliorare il servizio al pubblico. Inoltre, pare che avranno successo le librerie che hanno un rapporto forte con il quartiere o la città: si dice che solo quando questi luoghi di incontro e di socializzazione hanno una base sufficiente di frequentatori affezionati riescano a sconfiggere la concorrenza dei colossi e dei distributori di e-book. Tutto vero, sì, ma la forza delle librerie indipendenti, oggi, risiede anche nell’ampiezza, o meglio ancora nella profondità dell’assortimento. Ce lo spiega Romano Montroni in Vendere l’anima. Il mestiere del libraio’. «Se prima il libraio diceva: “Questo è il servizio che offriamo, diventate nostri clienti”, nell’era dell’informazione il cliente pensa con determinazione: “Questo è ciò che voglio, datemelo voi oppure me lo darà qualcun altro”». Nel 2003 un convegno intitolato Distribuzione del libro in Italia e in Germania. Due realtà a confronto (Osservatorio permanente europeo sulla lettura) ha centrato l’attenzione sul fatto che in Italia il 43% dei lettori non riesce a trovare in libreria il titolo che cerca e che per questo motivo le piccole librerie tenderanno sempre più a diminuire a favore dei grandi punti vendita, dove è facile trovare a colpo sicuro quello che si cerca, soprattutto se si tratta dei titoli più venduti.
 
Mi chiamo Lotaria
Ho 30 anni, vivo a Bologna, lavoro in uno studio legale. Ho appena finito di leggere l’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio che nel frattempo ne ha scritto un altro. Appena ho tempo vado alla Feltrinelli in piazza Ravegnana e me lo compro, speriamo ci sia lo sconto! Già che sono lì magari mi compro anche Io non ho paura di Ammaniti, che non l’ho mai letto e mi hanno detto tutti che è bello, vedo quanto costa… Poi lì posso trovare anche l’ultimo cd dei Verdena e la cover per l’iPad.
Perché comprare libri in una libreria di catena? Il motivo è presto spiegato: perché il libro è un bene con il prezzo imposto stampato sul retro ma tuttavia gli editori lo cedono a condizioni diverse alle grandi catene, ai supermercati, ai grossisti o ai librai indipendenti, dunque spesso la grande catena ottiene uno sconto doppio rispetto a quello praticato alla libreria indipendente e di conseguenza potrà fare al pubblico uno sconto molto più allettante. Poi, ci sono una serie di altri motivi del successo delle librerie di catena, motivi che ha già spiegato Giovanni Peresson dell’Associazione italiana editori: «Crescono le librerie di catena perché hanno saputo rinnovarsi, sono più efficienti, hanno orari più lunghi, maggiore offerta di incontri. Crescono anche perché alcune librerie indipendenti fanno accordi di franchising con grandi gruppi o perché alcune librerie a conduzione familiare, radicate sul territorio, vengono rilevate e recuperate» (Ma i lettori adesso scelgono ipermercati e librerie on line, «Corriere della Sera», 13 maggio 2011). In realtà, non stupisce che in un paese dove poco più del 40% della popolazione legge, e legge la stessa cosa (il bestseller del momento), le catene abbiano superato le librerie indipendenti: lì l’assortimento è più profondo e il cliente è sicuro di trovare immediatamente quello che cerca. Assortimenti ampi e profondi servono, anche nelle librerie di catena, a intercettare i desideri esistenti e anche a crearne di nuovi, a incuriosire e a stimolare il cliente che entra per comprare un libro ed esce con tre libri e due gadget nel sacchetto.
 
Mi chiamo Irnerio
Ho 45 anni, vivo e lavoro a Carpi, in provincia di Modena. Leggo uno o due libri all’anno. Hanno scorso, per esempio, ho letto La caduta dei giganti di Ken Follett, che ho comprato all’Autogrill mentre andavo al mare, e adesso voglio leggere La mia vita di Fabio Volo. Ascolto sempre il suo programma alla radio, e ho trovato il libro in edicola, allegato al «Corriere della Sera», costava, mi pare, un euro in più del quotidiano.
I canali di vendita non sono neutri rispetto al pubblico che li frequenta. Guardiamo ancora una volta a come sono cambiate le quote di mercato dei canali di vendita del libro: intravediamo trasformazioni profonde nei comportamenti d’acquisto del pubblico, trasformazioni che corrispondono a quelle nelle modalità di lettura. Non era profetico Italo Calvino, nel 1978, quando, a proposito della lettura, in Se una notte d’inverno un viaggiatore scriveva che «la dimensione del tempo è andata in frantumi», che «non possiamo vivere o pensare se non spezzoni di tempo che s’allontano ognuno lungo una sua traiettoria e subito spariscono»? La risorsa tempo è diventata il criterio fondamentale con cui organizziamo le nostre scelte di vita e di acquisto, che sempre più spesso ci portano a frequentare questi «non luoghi», come sono i reparti libri nella Gdo, secondo la celebre definizione di Marc Augé «spazi in cui gli individui si incrociano senza entrare in relazione sospinti dal desiderio di accelerare le operazioni quotidiane». E molto importante riflettere sul fatto che le opere di cui possiamo fruire, in questo modo, sono solo ed esclusivamente quelle già consacrate al successo «planetario» dal pubblico di massa che le ha acquistate e dalla grande sigla editoriale che le ha pubblicate. Perché molto difficilmente il prodotto di una piccola casa editrice di ricerca arriva sugli scaffali della Gelo e ancor più improbabilmente vi rimane per mesi in paziente attesa di trovare i suoi lettori.
Se i cambiamenti nei processi distributivi esprimono i cambiamenti in atto nel pubblico, possiamo notare come in Italia, dal dopoguerra a oggi, diverse siano state le trasformazioni nei modi di concepire la libreria da parte dei librai e nei modi di procurarsi i libri da parte dei lettori. Nel 1957 la Feltrinelli per prima ha saputo intercettare una nuova esigenza dei suoi clienti, quella di scegliersi da soli i libri tra gli scaffali. La successiva rivoluzione nella vendita di libri è arrivata negli anni ottanta con Libraccio e i libri venduti a metà prezzo, da una parte, e con lo sviluppo di un nuovo canale di vendita del libro, la grande distribuzione organizzata (Gdo), dall’altra. Formati come Fnac e Feltrinelli Libri e Musica, verso la fine degli anni novanta, hanno dato un’ulteriore spallata al canone delle librerie, proponendo più merceologie, libero servizio, novità continue, sistemi di fidelizzazione evoluti e libertà di non acquistare ma di passare solo qualche ora di intrattenimento in negozio. Quello che la storia più recente delle librerie ci insegna è che ogni volta un’innovazione è «vincente» perché intercetta un nuovo bisogno del pubblico. Oggi le librerie di catena superano le indipendenti perché il nuovo bisogno del pubblico è legato al fattore tempo, sempre più fondamentale nella società moderna: «risparmio tempo, sono sicuro di trovare il libro che cerco, non devo tornare, non devo andare in giro a cercarlo da un’altra parte». Questo vale sia per la Gdo: «risparmio tempo perché compro il libro mentre faccio la spesa e denaro perché ottengo un notevole sconto»; sia per la libreria di catena: «vado alla Feltrinelli dove sono sicuro di trovare quello che cerco». Una recente ricerca di mercato ha messo a confronto in dodici paesi europei i livelli di «affidabilità percepita» di 183 catene di negozi diversi e in Italia le librerie Feltrinelli hanno vinto su Ikea, Chicco, Geox ed Esselunga (Se il marchio preferito è una catena di librerie, di Maurizio Bono, «la Repubblica», 4 luglio 2011). Ecco perché «non vado dal piccolo libraio, che non ha il libro che cerco, mi fa tornare, oppure mi fa aspettare mentre cerca inutilmente, mi fa perdere tempo che io, sempre di corsa, non ho da perdere». E questo modo che le librerie di catena hanno superato le librerie indipendenti, nello stesso modo in cui le librerie on line stanno superando quelle reali in America: riuscendo non solo a intercettare le esigenze attuali dei lettori ma anche a crearne di nuove, con la vendita, per esempio, accanto al libro, di oggetti del desiderio che, sempre più spesso, saranno proprio i tanto temuti e-book.
Secondo uno scenario futuribile, che in parte è già realtà, Google Books potrebbe diventare la più grande industria libraria del mondo: «non una catena di negozi ma un fornitore elettronico di servizi capace di fare ad Amazon quello che Amazon ha fatto alle librerie tradizionali» (ancora Robert Darnton). E infatti all’esame della Corte di giustizia di New York un accordo secondo il quale Google metterà a disposizione la versione digitale di tutti i testi non ancora fuori diritti ma già fuori catalogo vendendo l’accesso a una gigantesca banca dati di sua proprietà. Proviamo poi a prefigurarci un aggeggio come l’Espresso Book Machine (molto simile a una fotocopiatrice che, adeguatamente rifornita di titoli da una memoria virtuale, è in grado di stampare e rilegare un libro in soli cinque minuti) che in America è già in funzione, presumiamo di entrare in libreria e di servirci da un distributore automatico di libri, una sorta di bancomat della cultura, di comprare un volume a scelta dei «Meridiani» Mondadori venduto in edizione economica anziché in hardcover pagandolo sei anziché sessanta euro, oppure un tascabile dell’«Universale Economica Feltrinelli» a cinque invece che undici euro. Immaginiamo che domani gli editori dicano addio ai distributori e decidano di consegnare i libri direttamente nelle mani dei librai, come farà Sur, nuova casa editrice che nascerà da una costola di minimum fax e che distribuirà da sola i suoi titoli, raccogliendo le ordinazioni attraverso il sito web e stabilendo in base a queste il numero delle copie da tirare. E per finire, immaginiamo una pletora di editori nativi digitali, che producono testi pensati solo per il digitale, libri nati per i bit, polistorie digitali che sulla carta non potrebbero esistere.
Ludmilla continuerà forse ad avere bisogno di analizzare e confrontare molte edizioni nelle versioni originali, non nelle riproduzioni digitali che Google sceglierà con criteri che probabilmente non avranno niente a che vedere con la scienza bibliografica e la filologia dei testi a stampa. Mentre Lotaria e Irnerio (che con ogni probabilità sono già attrezzati tecnologicamente per sfruttare tutte le potenzialità dell’editoria elettronica) potrebbero piuttosto essere attirati in libreria proprio dalla possibilità di comprare anche gli e-book (per esempio BookRepublic, la piattaforma di distribuzione di e-book nata a luglio 2010 che ha aggregato intorno a sé la piccola e media editoria indipendente e di qualità, si è recentemente unita a libreria Rinascita e a Rinascita Informatica – la società che ha progettato e sviluppato MacBook, il più diffuso gestionale per librerie – nel progetto «E-book in libreria», che permetterà di poter acquistare in numerose librerie italiane e-book) e chissà che questo possa in futuro addirittura migliorare i tassi di lettura «intermittente» e le vendite di libri in generale: Amazon, per intenderci, sostiene fermamente di riuscire, con la vendita di libri on line, ad ampliare anche la distribuzione del libro tradizionale in ogni paese in cui arriva. E quando le vendite di e-book supereranno davvero le vendite di libri tradizionali (ancora non è così, checché ne dica Amazon), sarà perché la distribuzione di contenuti digitali sarà riuscita a intercettare e a soddisfare un altro nostro nuovo bisogno: quello di non staccare mai, nemmeno per un secondo, gli occhi dallo schermo del pc, neanche per uscire a fare due passi, entrare in un piccolo ma accogliente negozio di altri tempi, fare due chiacchiere con un libraio alla Pino Orioli o Cesarino Branduani, che non ci sono più, e comprare un bel libro da leggere comodamente sdraiati in un verde prato metropolitano, che non esiste.
Tutto questo non esaurisce certo il panorama del cambiamento ma forse lascia emergere una speranza, vale a dire l’idea che il lettore, l’amante dei libri, ci guadagnerà sempre ed entrerà in un mondo in cui leggere sarà più facile, con maggiori opportunità di acquisto e maggiore soddisfazione dei bisogni. Per dirla ancora con Robert Darnton: «Libri di carta e libri elettronici non sono nemici: sono alleati. Da quando si cominciò a parlare del Memex a oggi, il libro non è morto e si stampano più libri oggi che mai, in tutto il mondo si pubblicano un milione di libri l’anno. La storia del libro ci insegna che un medium non ne sopprime un altro, vi si affianca. Il futuro sarà di certo digitale ma non per questo dimenticheremo le raccolte di libri a stampa». Forse in futuro la libreria tornerà a essere come quando fare il libraio significava fare un mestiere che coincideva con quello di editore e di stampatore. La libreria è morta! Viva la libreria!