Gli agenti letterari al tempo di Amazon

Trovare il giusto libro per il giusto editore facendo allo stesso tempo l’interesse dell’autore è un’arte. Specie se, come capita al LitAg Centre della Buchmesse l’agente ha solo pochi minuti per “raccontare” un titolo. Il segreto? Lavorare sulle rispettive identità, creando affinità e sintonie di gusto. La recente nascita di Amazon Publishing solleva però nuove questioni per le agenzie: è corretto far pubblicare i propri rappresentati con un soggetto considerato da (quasi) tutto il settore come il principale nemico?
 
Con i suoi quattrocento tavoli, il LitAg Centre occupa un’enorme sala al terzo piano del padiglione numero 6 della Fiera di Francoforte. La prima cosa che colpisce il visitatore che entra nella sala è il brusio, un rumore di fondo che lo accompagna per l’intera giornata, dall’apertura alle 9 fino alla chiusura alle 18.
La sala è scandita da tavoli bianchi, ordinati, con quattro posti a tavolo, per un totale di 1.600 persone. Anzi, 1.600 agenti letterari. Perché il LitAg Centre è il più grande mercato di diritti editoriali al mondo, e va in scena tutti gli anni per cinque giorni a ottobre, durante la Frankfurt Buchmesse. A ogni tavolo si svolgono centinaia di incontri tra agenti letterari e rights managers delle case editrici. Due minuti per rompere il ghiaccio, la famiglia sta bene? com’è andato l’anno lavorativo? quindi iniziano i racconti veri, racconti di storie, racconti di libri. Perché un agente letterario fa questo, racconta storie, nel tentativo di trasmettere a qualcun altro l’entusiasmo per una certa opera, con l’obiettivo di fargliela acquistare, ma anche di fargliela piacere, come fossero semplici lettori che parlano di libri. La vendita dei diritti al LitAg è quasi un’arte, perché l’agente ha solo una manciata di minuti prima che si passi all’appuntamento successivo, in un’agenda serratissima di incontri. In fondo, allora, quello che conta davvero, forse ancor più della qualità del libro, è la qualità delle persone, l’affinità tra le persone, la capacità di sviluppare empatia, tutti elementi fondamentali quando l’incontro e lo scambio avvengono viso a viso.
Questo modo di lavorare ricorda da vicino quello di un’altra categoria professionale di intermediari: i broker assicurativi della City di Londra che si recano ogni giorno nella storica sede dei Lloyd’s per vendere rischi e comprare coperture assicurative. Il meccanismo è simile: ci si siede a un tavolo con un assicuratore e si inizia a parlare del più e del meno. Essendo gli interlocutori spesso uomini, si parla di calcio, dell’ultima giornata di campionato, ma se due persone si conoscono bene, la conversazione vira presto verso la famiglia, in tipico stile britannico, con uno humour di fondo che accompagna ogni parola. Poi si passa agli affari, il broker propone un rischio da assicurare e l’assicuratore lo valuta secondo criteri precisi. Anche in questo caso, la differenza la fa la credibilità delle persone, la capacità di sviluppare un rapporto trasparente, l’abilità di raccontare le storie. Rischi di qua e rischi di là, perché i libri non sono azzardi inferiori rispetto alle polizze assicurative.
Per molto tempo la Frankfurt Buchmesse è stato l’appuntamento più atteso dagli agenti letterari di tutto il mondo, il momento in cui si potevano decidere le sorti dell’intero anno editoriale (soprattutto per quel che riguarda la vendita diritti all’estero), o quasi. Forse è ancora così. Quello dell’agente può tuttora essere considerato un lavoro di artigianato, che richiede competenza e conoscenze.
 
Questione di identità
In campo editoriale, la questione dell’identità ha da sempre un’importanza fondamentale. E facile vedere come, tolti i grandi gruppi, le case editrici che godono di maggiori salute e successo siano quelle con un progetto editoriale chiaro e forte (Sellerio, Adelphi, e/o, Iperborea, solo per fare qualche esempio).
Per le agenzie letterarie il discorso non è molto diverso: ognuna di esse ha un’identità precisa, un marchio nel quale gli autori possono rispecchiarsi, dal quale si sentono rappresentati. L’identità è anche garanzia per gli editori, che ricevendo una proposta da un agente letterario sanno già cosa aspettarsi, si formano un orizzonte d’attesa entro il quale circoscrivere le potenzialità dell’autore proposto.
Alla questione dell’identità si lega anche quella del lavoro sui testi che arrivano in agenzia. Gli agenti sono infatti i primi lettori di un libro, almeno i primi lettori professionali, e dai loro consigli e suggerimenti può derivare parte del successo di un’opera. Ogni intromissione rischia di scatenare gelosie e tensioni, ma il lavoro dell’agente, di un bravo agente, non è quello di correggere un libro per scriverlo a propria immagine, bensì di migliorarlo per renderlo più appetibile agli editori, mantenendo chiara la voce dell’autore. Quindi l’identità può permettere di creare sintonie e affinità, ma non deve (dovrebbe) schiacciare una voce sull’altra.
 
A ciascuno il suo editore?
La dinamica descritta per il LitAg vale per la vendita dei diritti agli editori esteri, perché la Frankfurt Buchmesse è la più importante fiera internazionale dell’editoria. Ma in piccolo, qualcosa di simile accade anche nel mercato nazionale, per esempio durante il Salone del Libro di Torino o la fiera Più libri più liberi, anche se l’appuntamento italiano che più si avvicina alla fiera tedesca è la Bologna Children’s Book Fair, una delle fiere più importanti al mondo in tema di letteratura per ragazzi. Accanto e intorno a questi momenti che potremmo quasi definire conviviali, un’agenzia letteraria dipana una fitta attività quotidiana volta a trovare una casa per tutti gli scrittori della scuderia, anzi la casa migliore.
Ma come individuare l’editore perfetto? Esiste? O è più facile trovare una forma di vita intelligente nell’universo?
Be’, l’autore avrà probabilmente già un’idea precisa di quale sia l’editore perfetto, e di solito coincide con il suo editore preferito, a prescindere dall’affinità tra libro e catalogo/progetto editoriale. La spinta emotiva che si legge negli occhi di uno scrittore può giocare brutti scherzi all’agente letterario troppo tenero, che non sa dire di no, perché non sempre, se non quasi mai, i desiderata sono le soluzioni migliori.
L’agente deve saper gestire i propri assistiti, individuare gli editori più adatti, raccontare al meglio le storie che vuole vendere.
Fondamentale in tal senso è avere un quadro chiaro del panorama editoriale, di chi lavora dove, e di quali sono i gusti di chi lavora dove. Ricordate? Si tratta di incontri di persone, di affinità di gusti. La scelta potrebbe non essere a prova di errori per i più diversi motivi: è il posto giusto ma il momento sbagliato, oppure la persona di riferimento è assente, magari in maternità, oppure ci sono vecchie ruggini tra l’autore e l’editore; o può succedere che dopo la pubblicazione di un libro, editori non interpellati in sede di scelta possano risentirsi perché pensano di aver perso un’occasione. Ma l’agente non ha il compito di inviare i manoscritti a tutti gli editori senza distinzioni, questo potrebbe farlo anche lo scrittore (e chissà, magari già lo fa), deve saper scegliere, con tutto quello che la scelta comporta.
In fin dei conti, come ha affermato recentemente un’agente letteraria, l’editoria è la scienza del poi, non c’è nulla di certo, e forse l’editore perfetto esiste tanto quanto esiste l’amore eterno.
 
Il gigante che viene da lontano
Da un po’ di anni, però, un nuovo attore è comparso all’orizzonte, un attore ingombrante che rischia di cambiare la scena: Amazon. Come si inserisce in questo panorama?
Il colosso di Seattle ha di certo modificato le abitudini di acquisto di tutti noi, e la qualità del servizio, gli sconti, l’esaustività dell’offerta di prodotti portano spesso le persone ad acquistare direttamente online senza passare per un negozio fisico (variazione sul tema, si va in negozio solo per valutare la merce dal vivo, poi si compra online).
Anche il settore editoriale è stato profondamente scosso da Amazon, in modi diversi.
Ovviamente le vendite di libri online hanno nociuto alle librerie fisiche, anzi quello editoriale è stato il primo mercato a essere invaso, visto che Jeff Bezos ha iniziato vendendo libri e scatenando una concorrenza spietata (forse più alle librerie di catena che a quelle indipendenti, per diversi motivi). Uno sforzo che si è poi spostato verso il digitale, con lo sviluppo di diverse generazioni di e-reader Kindle e con la vendita massiccia di e-book, creando per di più un sistema chiuso nel quale i possessori di Kindle possono acquistare e-book solo su Amazon.
Il mercato digitale ha portato a una seconda invasione: dopo i librai, sono stati gli editori a vedersi occupata parte del giardino. Infatti, con lo sviluppo di Amazon Kdp, ovvero della piattaforma self-publishing online, molti aspiranti scrittori hanno potuto vedere pubblicate le loro fatiche senza sforzo e senza costi (traendone anche una certa legittimazione letteraria). Una vera rivoluzione. Caricare il proprio libro sullo store e autopubblicarsi è semplicissimo, le royalties riconosciute sono molto alte, la distribuzione è più che capillare. E se è vero che i prezzi di vendita sono bassi (spesso 99 centesimi), è anche vero che si può arrivare a un numero altissimo di download. Il corollario di tutto questo è rappresentato da una decisa tendenza verso la disintermediazione: uno scrittore carica il libro senza bisogno di un agente letterario e senza attraversare le forche caudine dell’editore, alla fine delle quali però il libro esce migliorato, perché c’è un agente letterario e poi un editor che valutano, scelgono e consigliano, e poi redattori, impaginatori, grafici, uffici stampa ecc. Con Amazon invece si può mettere in vendita tutto ciò che si vuole, ma senza professionisti al proprio fianco, avendo a disposizione esclusivamente le proprie forze e competenze, che non possono essere esaustive.
Come si è detto, si tratta di un fenomeno limitato agli aspiranti scrittori, che troverebbero con difficoltà un editore disposto a pubblicare il loro libro, e le vendite online riguardano di solito parenti e amici. Gli editori e gli agenti semmai intervengono in un secondo momento, qualora il libro diventi un caso editoriale (raramente). Allora l’autore viene contattato e messo sotto contratto, a ricomporre il quadretto tradizionale e rassicurante.
Più complesso e spinoso è invece il caso di Amazon Publishing, una vera e propria casa editrice a marchio Amazon, che in Italia ha esordito a novembre del 2015, ma che negli Stati Uniti è attiva fin dal 2010. Il suo funzionamento è uguale a quello di tutte le case editrici, con ruoli e competenze ben definite, a parte il fatto che i loro libri non si trovano nelle librerie, e possono essere acquistati solo sul sito di Amazon. Ma se funziona come qualsiasi altra casa editrice, il ruolo dell’agente non viene ridimensionato, anzi l’agenzia avrà un ulteriore interlocutore cui proporre i propri scrittori. È su questo punto, però, che ultimamente si è acceso il dibattito e il confronto tra gli attori in campo, soprattutto tra gli agenti: è corretto fare affari con Amazon, anche se in qualità di editore? E corretto foraggiare un gigante che nel campo editoriale è visto da (quasi) tutti come il nemico numero 1?
La questione è meno scontata di quanto non si pensi, visto che alcuni agenti hanno iniziato a pubblicare autori con Amazon Publishing e hanno avuto anche un buon riscontro di vendite. E si sono attirati diversi strali da chi pensa che le librerie vadano difese a ogni costo. Difficile imputare torti e ragioni, certo è che la molteplicità può essere considerata comunque un valore, e il fiorire di sempre nuove librerie indipendenti con idee interessanti e progetti forti dimostra che forse la capillarità e il servizio di Amazon non hanno ancora cancellato la voglia e il bisogno dei lettori di vedersi rappresentati in una libreria a dimensione umana, con un’identità precisa e qualcuno con cui parlare. D’altronde non si è detto che l’editoria è il campo privilegiato delle affinità elettive e dei rapporti tra persone? E un algoritmo queste cose non può simularle. Non ancora.