Giunti al punto

Azienda leader dell’editoria scolastica e terzo gruppo di varia del paese, il Gruppo Giunti giunge al 2017 sull’onda dell’acquisto dello storico marchio Bompiani. Un passaggio importante quello che si profila adesso all’orizzonte, tra ricambi generazionali ai vertici e ampliamenti strategici in altri settori, fra cui quello dei programmi televisivi. Sebbene l’ingresso in Borsa, a lungo prospettato, sembri al momento lontano, gli obiettivi di Giunti sono più che chiari: continuare a potenziarsi e accrescere il proprio fatturato in vista degli sviluppi futuri.
 
Con alle spalle una storia di oltre 150 anni, il gruppo Giunti si appresta ad affrontare il suo secondo passaggio generazionale. Forte di quasi 200 milioni di fatturato e un utile di 562mila euro, la Giunti si pone come il leader italiano nell’editoria scolastica per la scuola primaria ed è il terzo gruppo nel segmento della varia con una quota intorno al 7 % dietro la Mondadori (28,8%), che di recente ha rilevato la Rizzoli, e dietro il gruppo GeMS col 9,6% del mercato.
La guida del gruppo è in mano a Sergio Giunti, classe 1937, che quest’anno si appresta a varcare la soglia degli ottant’anni. Un passaggio cruciale che coinvolge anche il futuro dell’azienda. La governance è chiara: Sergio è presidente, mentre le leve operative sono divise tra l’amministratore delegato Martino Montanarini e il direttore generale Daniele Tinelli. Sergio è anche il socio di riferimento della Giunti: possiede direttamente il 19% del capitale e, attraverso la holding Amanda, ne gestisce un altro 78%. A Radiana Giunti (classe 1931) spetta invece il residuo 3%.
La gestione quotidiana e le scelte strategiche sono affari del patron e dei manager, mentre il futuro del gruppo è scolpito nell’elenco soci della Amanda, la cassaforte di famiglia. Nel consiglio di amministrazione della Giunti siedono già gli eredi Camilla (nata nel 1965), Giulia (1967) e Daniel (1977), tutti con la carica di consiglieri, senza nessuna distinzione fra loro. Le quote della holding, invece, lasciano intravedere la prossima evoluzione del controllo e quale peso spetterà a ciascuno nel gruppo. In Amanda srl, Giulia e Camilla possiedono il 9,4% del capitale a testa, mentre a Daniel tocca il 64,10%. E la quota di maggioranza assoluta anche se per le decisioni straordinarie, quelle per cui serve il 66,6% (i due terzi del capitale), manca l’appoggio di almeno una delle due quote di minoranza. Il passaggio di controllo, tuttavia, non è ancora sancito nei fatti, perché a oggi Daniel ha solo la nuda proprietà del 64,10% del capitale: l’usufrutto è ancora saldamente nelle mani del patron Sergio.
Che la famiglia stia comunque da tempo pensando al passaggio generazionale si intuisce dalla già avvenuta spartizione delle quote, ma il nodo è come e quando avverrà la staffetta. Quest’anno, Sergio farà ottant’anni, mentre Daniel ne compirà quaranta. La ridistribuzione delle partecipazioni è avvenuta nel 2012 a ridosso della riorganizzazione societaria che ha portato alla fusione per incorporazione di Giunti Servizi e Giunti Distribuzione in Giunti Editore.
I tempi sembrano ormai maturi e, se così fosse, ricalcherebbero anche la storia del gruppo. Lo scorso anno correva il sessantesimo anniversario della data in cui Renato Giunti è diventato proprietario e amministratore delegato della Paggi-Bemporad, la società editrice nata a metà dell’Ottocento dall’intraprendenza delle omonime famiglie ed entrata in difficoltà finanziarie con l’avvento del fascismo. Il gruppo, da sempre attivo nell’editoria scolastica e reso celebre dalla pubblicazione delle Avventure di Pinocchio e dal Giornalino di Gian Burrasca, non aveva retto l’imposizione del testo unico scolastico voluto dal duce, rimasto in vigore dal 1923 al 1943. La crisi impose due trasformazioni: il cambio dell’insegna, diventata Marzocco in onore del leone che regge con la zampa destra uno scudo con il giglio che simboleggia la città di Firenze; e l’ingresso delle banche nel consiglio di amministrazione. Due passaggi fondamentali che hanno portato al cambio della guida del gruppo. L’uomo nuovo era Renato Giunti, attivo in azienda dal 1935, che diventa in rappresentanza dei nuovi soci prima direttore generale, poi amministratore delegato finché a metà degli anni cinquanta assume il controllo del gruppo. L’azienda risanata riparte. E nel 1975 avviene il primo passaggio di consegne tra due generazioni: al vertice della società arriva il 38enne Sergio Giunti, erede di Renato. Ci vorranno altri quindici anni e una ulteriore campagna di fusioni e acquisizioni per dar vita all’attuale gruppo editoriale Giunti. Qui confluiscono tutti marchi rilevati, tra i quali la Giacomo Agnelli, l’Editrice Universitaria, la Barbera e la Aldo Martello. L’espansione per linee esterne con il consolidamento del primato nell’editoria per ragazzi resta la direttrice principale della crescita della Giunti. Numerose le etichette del settore confluite negli anni nel gruppo dalla Dami alla Motta Junior, dalle Edizioni del Borgo all’Editoriale Scienza. E sempre nell’ottica di corroborare il segmento dell’editoria per i più giovani, la società ha comprato nel 2014 i marchi Disney, Marvel e Lucas Film, rilevando la loro produzione di libri e la licenza per pubblicarli in italiano. Un catalogo di 700-800 titoli che sono andati ad arricchire gli oltre 8mila di cui la Giunti già disponeva.
La volontà di aumentare il proprio perimetro di consolidamento si sposa bene con un’altra opzione per il passaggio generazionale all’interno del gruppo che da almeno un paio di anni si trova sulle scrivanie dei piani alti del quartier generale fiorentino. L’idea sarebbe di portare la società in Borsa, dove le aziende in crescita sono le più premiate dagli acquisti. Lo sbarco a Piazza Affari servirebbe sia per facilitare la raccolta di capitali sia per accelerare ulteriormente l’espansione, ma anche per transitare il gruppo verso una nuova governance in cui la gestione dei manager sia più incisiva e al tempo stesso mitigata dal controllo non solo dei soci di rifermento, ma anche dall’occhio vigile degli investitori e delle authorities dei mercati.
A novembre 2015, la Giunti editore ha ricevuto da Borsa Italiana il certificato Elite, una sorta di pagella che testimonia come il gruppo si sia evoluto attraverso un affinamento della gestione e un ampliamento dei marchi. Il programma, che coinvolge altre 150 aziende, si propone di accompagnare le piccole e medie imprese nella loro crescita dimensionale e nello sviluppo organizzativo e manageriale. La speranza ultima di Borsa Italiana è di convincere queste aziende a quotarsi per rimpolpare lo scarso numero di matricole che trattano a Piazza Affari.
«Giunti Editore ha seguito in questi ultimi due anni un percorso di miglioramento dei sistemi manageriali che l’ha portata a ottenere il certificato Elite. Cercheremo di valorizzare al meglio le competenze acquisite per continuare a mantenere vivo, anche in futuro, il dialogo, oltre che con i nostri numerosi clienti, anche con la comunità finanziaria e gli operatori del settore» ha dichiarato nell’occasione dell’investitura l’amministratore delegato Martino Montanarini. Non è difficile cogliere in cosa consista il «dialogo con la comunità finanziaria». La Borsa è sempre a caccia di società da ospitare sui propri listini, mentre le banche sono avide di commissioni che possono incassare sia vendendo in Borsa le azioni delle matricole sia concludendo affari con le aziende. Si va dalle fusioni alle acquisizioni, dai prestiti ai finanziamenti fino alla vendita di derivati. E il gruppo Giunti ha percorso tutte queste strade, tranne il collocamento in Borsa. L’opzione si rende interessante per il concomitante avvicinarsi del cambio al vertice: quotarsi significa per la proprietà cedere una parte del capitale e con esso del controllo. I proprietari non fanno un passo indietro, nel senso che restano azionisti di riferimento, ma mettendo la società sotto i riflettori delle authorities di Borsa e condividendo il controllo con nuovi azionisti, non sono più i padri padroni dell’azienda. Quando nelle famiglie manca un rampollo in grado di raccogliere il testimone, la gestione dei manager e le briglie dei mercati sono, nonostante le parziali rinunce, una buona via d’uscita per il passaggio generazionale. E stato il caso degli Agnelli che una volta finita l’era di Gianni, l’Avvocato, hanno trovato la soluzione per i problemi di successione con l’avvento di un manager del calibro di Sergio Marchionne, la cui consacrazione è avvenuta proprio sui mercati finanziari. Di quotazioni in questo caso non ce n’era ovviamente bisogno, perché le società sono in Borsa da tempo.
L’ingresso o la presenza di nuovi azionisti, seppur di minoranza, cambia radicalmente le prospettive. I manager devono rendere conto a diversi portatori di interesse e spesso il mercato impone una gestione più efficiente. Eppure i primi a volere la quotazione sono proprio i manager per una serie di benefici immediati. Con lo sbarco a Piazza Affari cresce enormemente, e da subito, la loro popolarità e possono legare il proprio stipendio alle stock option. Tutti sanno chi è Marchionne, nessuno invece conosce il nome dell’amministratore delegato della Barilla, società che ha sempre fuggito qualsiasi idea di quotazione. Sul fronte dello stipendio, invece, l’integrazione economica avviene con l’offerta di azioni che i manager riscattano e vendono sul mercato ogni volta che raggiungono un obiettivo.
Tutto questo è implicito nella volontà di «mantenere vivo il dialogo con la comunità finanziaria» annunciata dall’amministratore delegato Montanarini. E alla comunità finanziaria piace di certo anche la strategia di diversificazione che il management della Giunti persegue sistematicamente. Sull’onda del successo editoriale di Topo Tip, e sul modello di Peppa Pig, entrambi personaggi arruolati nelle file della casa editrice fiorentina, la Giunti ha acquisito il 30% di una società di produzione di programmi televisivi e animazione. L’idea di estendere la produzione dai libri ai cartoni animati non tradisce la vocazione originaria del gruppo e garantisce una migliore divisione delle entrate. Topo Tip è un successo editoriale da 8 milioni di copie e vanta al suo attivo anche una programmazione Rai e in Germania sulla rete televisiva Rtl. Per potenziare invece le proprie librerie Giunti al Punto è stato firmato un accordo con Amazon per trasformare i negozi della casa editrice in punti di consegna dei prodotti venduti sulla piattaforma digitale. Da ultimo invece è arrivato un ampliamento inatteso nel campo della varia con l’acquisto della Bompiani dalla Mondadori. La cessione è avvenuta per 16,5 milioni di euro ed è stata imposta alla casa editrice di Segrate dall’Antitrust italiano in seguito alla fusione con la Rizzoli Libri.
Grazie al nuovo marchio, la Giunti aumenterà il proprio fatturato di altri 15 milioni di euro nel 2016 e il margine operativo lordo (inteso come Ebitda, Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) di 1,3 milioni. Numeri importanti in vista di una valutazione della società necessaria per approdare in Borsa. Il bilancio consolidato 2015, l’ultimo disponibile, si è chiuso con un giro di affari di 198 milioni di euro e un margine di 12,9 milioni di euro. Un ulteriore aumento significa un maggiore valore se si pensa che le società vengono valutate dagli analisti anche attraverso i multipli delle principali voci di bilancio. Mondadori, che in Borsa ha una capitalizzazione di 233 milioni di euro, per gli analisti dovrebbe avere un valore che si aggira intorno a 6 o 7 volte il margine operativo lordo per un totale di 570 milioni di euro. Agli stessi multipli, appare un pessimo affare l’acquisto della Bompiani (che sarebbe dovuta costare non più di 10 milioni di euro), mentre la Giunti varrebbe circa 90 milioni di euro. Un valore forse ancora troppo basso per convincere la famiglia a cedere parte del controllo. E Montanarini ha confermato, in occasione dell’acquisto di Bompiani, che al momento l’opzione della Borsa è congelata. Forse, serve più tempo per aumentare la massa critica e il valore del gruppo.