Vetrine di carta. Le librerie e il loro visual merchandising

Negli ultimi decenni la modalità di esposizione e comunicazione visiva dei prodotti in vetrina nei canali retail ha subito uno stravolgimento. Per quanto riguarda le librerie, le vetrine sono diventate sempre più uno strumento per incuriosire e dialogare con i passanti e sempre meno un’estensione del punto vendita. Se garantire uri esperienza d’acquisto suggestiva diventa fondamentale per contrastare la minaccia dell’online, la domanda giunge impellente: come saranno le librerie di domani?
 
Sviluppatosi in periodi differenti a seconda delle diverse geografie e maturità dei sistemi economico-sociali, il visual merchandising ha accompagnato e si è evoluto insieme alle attività di distribuzione e scambio delle merci. Le librerie tra Settecento e Ottocento si presentavano a tutti gli effetti come delle botteghe, dove la presenza del libraio dietro il bancone era centrale per poter trovare ciò che si cercava, e le vetrine, se c’erano, avevano una struttura tamponata, con i libri massivamente di piatto su grandi espositori in legno a chiudere ogni visuale verso l’interno. Fu Hoepli – ci racconta la nipote Barbara – a modernizzare fortemente questo modello in Italia, in occasione della ricostruzione della libreria nella sede attuale, nel 1958, in seguito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale: ispirandosi alle librerie osservate in area mitteleuropea e anglosassone, affidò le architetture razionaliste dell’intero edificio e degli interni agli architetti Figini e Pollini, proponendo loro un abbattimento delle barriere attraverso l’uso di alte vetrate, che attirassero i passanti, lasciati liberi di entrare e consultare poi i libri, senza doversi rivolgere al bancone del libraio.
Negli ultimi decenni, ci racconta Karin Zaghi, docente di Marketing presso l’Università Bocconi di Milano, specializzata in visual merchandising e store design, la progettazione dello spazio di vendita ha subito trasformazioni importanti. Il punto vendita è diventato il contesto narrativo del marchio, e il visual merchandising la struttura linguistica dell’allestimento, attraverso cui creare specifiche atmosfere che comunichino rapidamente e chiaramente con il passante, inducendolo quindi a entrare. La vetrina da strumento di vendita è diventata sempre più elemento di comunicazione e narrazione, in grado di trasmettere una continuità con le attività interne dello store. Oggi assistiamo infatti alla «presa di distanza dai bisogni, ma anche al superamento dei desideri, che erano stati individuati come sostitutivi dei bisogni espliciti o latenti […] il consumatore postmoderno ricerca esperienza piuttosto che beni e servizi» (secondo le parole di Giampaolo Fabris in Societing. Il marketing nella società postmoderna, Egea 2009). Ciò si è tradotto, sul piano espositivo, nell’apertura delle vetrine in qualsiasi settore, permettendo il duplice vantaggio di far acquisire spazio ai punti vendita più piccoli, e agevolare l’esposizione, per chi non era dotato di grandi capacità di allestimento: la libreria, infatti, diventa di per se stessa l’oggetto esposto in vetrina, la storia da raccontare. La permeabilità di poter osservare cosa succede all’interno, cosa è esposto sugli scaffali, diventa essa stessa un elemento di visual merchandising. Le vetrine tamponate, o semitamponate, sono prevalse e continuano invece a essere allestite nei grandi store, o nel settore dei beni di lusso, dove il valore della merce viene isolato e preservato, o dove c’è quella competenza in grado di teatralizzare gli allestimenti, creando delle storie in spazi delimitati dal resto del negozio attraverso quinte, o pannelli a chiusura. L’alternanza di vetrine aperte e chiuse, rappresenterebbe l’allestimento ideale – ci dice ancora Karin Zaghi – di ogni punto vendita.
Come hanno interpretato questi nuovi comportamenti d’acquisto le librerie? Secondo Maurizio Vivarelli, docente di Archivistica e biblioteconomia all’Università di Torino, «i fattori di mutamento hanno riguardato sia il libro, nella sua dimensione oggettuale, simbolica e metaforica, sia i luoghi del libro, e cioè le librerie, le biblioteche, i musei, ma anche i luoghi di comunicazione temporanei, come festival ed eventi».
Partendo dal layout esterno, secondo Karin Zaghi «oggi la vetrina di una libreria dovrebbe essere pianificata per trasferire innanzitutto dei messaggi, che devono essere chiari, veloci, legati al lancio di temi, eventi organizzati dal punto vendita, eventuali promozioni, in una cornice di ampiezza e profondità, dove la vetrina non diventi l’estensione dei libri esposti nel punto vendita, ma mantenga un dialogo costante con il passante, incuriosendolo e inducendolo a entrare in pochi secondi». Di qui, secondo Barbara Hoepli, la necessità di «utilizzare la vetrina abbattendo i confini tra dentro e fuori, fisici e psicologici, con un’esposizione bassa, che lasci allo sguardo la possibilità di spaziare verso l’interno, ma permetta nel contempo di individuare dei punti focali, mantenendo un giusto equilibrio tra la conservazione del valore dell’oggetto libro, e l’eliminazione di quel timore reverenziale che accosta la libreria a una sorta di tempio del sapere». In chiave di seduzione estetica, secondo Maurizio Vivarelli, «la vetrina dovrebbe essere uno spazio di comunicazione preliminare rispetto all’uso dello spazio interno, in cui l’offerta viene più sistematicamente declinata; dovrebbe evocare, suggerire, sedurre, consentendo al potenziale lettore di intuire qualcosa sia sul singolo libro, sia sulle possibili relazioni istituibili grazie alle relazioni di vicinanza dei libri tra loro, mettendo a disposizione piste, percorsi, traiettorie per letture creative, oblique, e trasversali». Come? «Allestire un libro in vetrina» ci spiega Alberto Galla «è complicato e semplice al tempo stesso, perché il libro ha una sua rigidità di prodotto: a causa della bidimensionalità della superficie esterna, che si presta a una fantasia limitata, e lo rende unico rispetto anche a un articolo di cartoleria, necessita di layout che lo rendano dinamico e tridimensionale.»
Una modalità tradizionale, secondo Galla, efficace per i lettori è senz’altro l’esposizione di libri per tematiche, che deve essere fatta ruotare molto rapidamente, seguendo o anticipando suggestioni, temi di dibattito e attualità. Nella sua libreria a Vicenza, si troveranno perciò vetrine dedicate alla memoria dei migranti di Lampedusa, nel periodo della ricorrenza, con richiami ai temi dell’accoglienza, del razzismo, delle leggi e politiche connesse. Nella libreria Hoepli, nel giorno della scoperta delle onde gravitazionali, le biografie dedicate a Einstein, insieme a libri illustrati sull’universo in espansione, e riviste scientifiche, comparivano disposti a formare un’onda gravitazionale.
Un’altra tendenza è quella di superare la bidimensionalità dei libri con non hook, o gadget che da diversi anni gli editori forniscono alle librerie. Nel primo caso, oltre a shopper, magliette, articoli di cancelleria, gli editori accompagnano spesso l’uscita di bestseller con cartonati a grandezza naturale, a riprodurre scrittori o personaggi di saghe o romanzi. Nella libreria Girapagina di Vicenza, un grande orso di peluche di nome Ettore, vera mascotte della libreria per ragazzi, accompagnava ogni vetrina con proposte multi – titolo, stagionali, o tematiche. Lo si trovava per esempio su una bicicletta, in occasione del Giro d’Italia, generando naturale attrazione e divertimento nei bambini.
Altra tecnica odierna molto in voga è l’esposizione massificata di un titolo, soprattutto per bestseller acclamati, che rappresenta una delle modalità più efficaci per restituire dinamismo e tridimensionalità alla vetrina, attraverso la creazione di disposizioni geometriche fantasiose, come per esempio in occasione dell’uscita del recente libro della Rowling, Harry Potter e la maledizione dell’erede.
Ci sono poi gli spazi espositivi sponsorizzati, messi a disposizione a pagamento soprattutto nelle catene, dove materiali di accompagnamento e grafica sono tendenzialmente forniti dagli editori paganti, per ottenere maggiore visibilità. Vetrine, tavoli ed espositori delle più varie forme e dimensioni sono offerti (prevalentemente nelle catene) al metro quadro e per periodi concordati.
Tra le ultime tendenze, spiccano anche vetrofanie ed esposizioni cromatiche: nel primo caso, le decorazioni adesive applicate alle vetrine hanno la funzione di mettere in risalto una proposta tematica, un layout multicanale, o un evento organizzato dal punto vendita; nel secondo, tecnica molto diffusa all’estero, si tratta di un vero e proprio divertissement, come ci racconta Alberto Galla, che a Vicenza ha realizzato vetrine di narrativa utilizzando per esempio esclusivamente libri dalla copertina blu. Ultima variante rivolta all’impiego del non hook negli allestimenti esterni è rappresentata dai dispositivi digitali, che in vetrina al momento rispondono più a esigenze di vendita legate agli e-reader, mentre soprattutto all’estero vengono utilizzati per aumentare il livello di seduzione estetica e cognitiva della superficie comunicativa del libro, attraverso display che mostrano in loop booktrailer, o copertine. Ma il loro ruolo è decisamente più interessante all’interno della libreria, come vedremo più avanti.
Per quanto concerne l’allestimento interno al punto vendita, la progettazione di layout e display di vendita diventano elementi non più trascurabili. Occorre definire con attenzione un percorso di circolazione, il punto di controllo, di dislocazione delle aree e attrezzature di vendita, gli spazi espositivi. Importantissimi sono i punti focali, le porte, l’illuminazione e tutte le scelte di comunicazione visiva che danno personalità alla libreria. Secondo Karin Zaghi, «non c’è un modello di librerie del futuro, ma tante librerie in funzione di quella che è la tipologia del cliente: avranno ancora senso così modelli ibridi, dove il libro viene unito a categorie merceologiche altre, come i giochi, i videogame, dischi e cd; ci sarà spazio per i caffè letterari, dove la libreria è anche e soprattutto luogo di incontro, dove trovarsi per mangiare o partecipare a un evento». Alcuni elementi, a prescindere dal tipo di libreria che verrà aperta, sono imprescindibili e trasversali, quali un ambiente stimolante, dinamico, pensato per il lettore in ogni dettaglio, dalla chiarezza di un percorso scandito dalla corretta segnaletica dei settori e punti focali, alla creazione di un ambiente piacevole, accogliente, dove ci si possa sedere per sfogliare un libro, fermarsi a un tavolo, in un percorso guidato, dove alla libertà del vagare, si accompagni comunque un cammino obbligato. E importante che l’esposizione sia ordinata e curata, con schede libro che evidenzino alcuni aspetti di libri rispetto ad altri, percorsi tematici, letture scelte e consigliate per il lettore, espositori a scaffale e tavoli che non ne diventino l’estensione, ma valorizzino alcuni volumi isolandoli dal contesto.
Per Maurizio Vivarelli, da un punto di vista estetico-formale, «una libreria indipendente di piccole-medie dimensioni dovrebbe evitare estetiche omologanti come quelle delle librerie di catena, in direzione di una costruzione ragionata dell’identità della libreria, nella dimensione tendenzialmente unitaria e olistica, e poi nella declinazione di questa identità nei diversi canali comunicativi e nelle diverse interfacce, fisiche e digitali. Lo spazio fisico va quindi pensato come integrato agli altri diversi spazi/canali utilizzati per la comunicazione di quella stessa identità (il profilo Facebook o Twitter, il sito web, la segnaletica), con particolare riferimento alla rappresentazione dell’identità visiva. È in questo modo che viene concretamente costruita l’identità, quasi come il brand di un’azienda». Quanto alla possibilità di ibridare fisico e digitale, Vivarelli sostiene che se «l’uso di dispositivi mobili e app per potenziare l’accesso ai contenuti informativi è interessante, lo è ancor più la possibilità di utilizzare il digitale per accrescere la seduzione estetico-cognitiva dello spazio fisico; due spazi che possono essere sovrapposti, come dei layers, e integrati in un unico percorso comunicativo, dando origine a quello che i semiotici chiamano testo sincretico. Immaginare scaffali che sono definiti sinestesici, in grado cioè di fornire sollecitazioni attraverso diversi canali sensoriali, a partire dalla vista, e che si collegano all’idea di scaffali animati, evoluti e arricchiti, grazie alle tecnologie di Realtà Aumentata».
Chiudiamo la nostra riflessione con un viaggio tra nuovi trend di questi ultimi anni e visioni internazionali: quali sono gli studi architettonici più noti, e quali tipi di concept stores stanno privilegiando? La libreria Rizzoli, ristrutturata due anni fa dallo studio architettonico Lucchetta+Retail Design, già artefice di molti punti vendita per le librerie Coop e Eataly, ha optato per un design che restituisca eleganza, in una dimensione accogliente e raffinata, con un’illuminazione soffusa e un arredamento confortevole, unito a una grande attenzione per il digitale. Display alle pareti e una app: BooktoBook, che oltre a unire la dimensione fisica e quella digitale della libreria, mette a disposizione degli utenti contenuti tratti dal sito, approfondimenti su titoli di catalogo e novità, la loro dislocazione in libreria, classifiche e suggerimenti dei librai. Per il direttore della libreria, Massimo Taulli, gli obiettivi raggiunti con la ristrutturazione sono stati due: ottenere una maggior “percorribilità” delle proposte, grazie anche all’organizzazione degli spazi in stanze tematiche e blocchi; la realizzazione riuscita di un ambiente totalmente dedicato ai libri che potesse risultare il più piacevole possibile durante la permanenza del lettore (da qui la scelta di evitare caffè letterari, gadget di elettronica ecc.). Progettata interpellando il parere di focus groups qualitativi e quantitativi, la libreria Rizzoli ha scelto di utilizzare le strutture multimediali per dare tutto il risalto possibile al libro fisico, e supporto ai numerosi incontri che avvengono tra lettori e scrittori.
Inaugurata a maggio 2015, il restyling della libreria Feltrinelli Duomo risponde coerentemente all’idea della libreria intesa come una grande “piazza”, un polo integrato, dove si ritrova e passa del tempo una comunità curiosa, di libri e non solo, in un arredamento caldo e una disposizione chiara e ordinata dell’assortimento.
La libreria è stata progettata dall’architetto e brand consulting Miguel Sai, collaboratore per le più prestigiose realtà librarie internazionali. Lo studio ha realizzato per il restyling della libreria di piazza Duomo un ambiente più accogliente, spazioso, arioso nei corridoi e spiazzi creati. L’atmosfera è ricercata attraverso la scelta di parquet, mobili e scaffali in legno, pareti bianche, alternate al rosso della segnaletica e delle pareti di fondo. Al lavoro sull’illuminazione è stata aggiunta un’area eventi, attrezzata con poltrone per la lettura e la sosta, con un pianoforte e un impianto di amplificazione.
«La differenza principale tra la cultura occidentale e la cultura orientale nell’affrontare i luoghi è che nello stesso lotto di terra con al centro un albero, l’architetto occidentale taglia l’albero per costruire un edificio ricco di linguaggi articolati. L’architetto orientale progetta la sua architettura intorno all’albero» ci racconta Paolo Lucchetta, architetto della libreria Rizzoli. È in Estremo Oriente quindi che occorre spostarci, in particolare in Cina, per trovare oggi i più visionari ed entusiasmanti format di librerie, dal design estremamente ricercato e realizzazioni funamboliche. Non sorprende che tra le quattro librerie nominate tra le più belle al mondo – in occasione della London Book Fair dello scorso marzo – ce ne fosse proprio una cinese, la Sanlian Bookhouse di Pechino.
Inaugurata nel 2015, incredibile esempio di allestimento e design è la libreria Fangsuo di Chengdu, una città con più di quattro milioni di abitanti nella regione del Sichuan, al centro della Cina. Il progetto dell’architetto cinese Chu Chih-Kang è ispirato ai luoghi vicini ai templi buddhisti cinesi in cui venivano conservati i testi sacri: l’architetto ha studiato la vita di Xuan Zhang – un monaco buddhista del VII secolo, famoso viaggiatore e traduttore, che mise in contatto la cultura cinese con quella indiana – e ha reinterpretato lo stile del tempio Daci, il più importante di Chengdu. La libreria, che misura ben 5.500 metri quadrati, è di cemento, acciaio, rame e vetro. Lo stile è grandioso e insieme minimale: le colonne di cemento non sono dipinte, i tubi sono lasciati a vista, la luce è soffusa. All’ingresso, una scala mobile chiusa in una galleria di rame ispirata a una meteora conduce al grandissimo open space che ospita libri, cartoleria e un’area dedicata ai vestiti. Nel 2015 la Fangsuo ha vinto due premi di architettura e design: il Good Design Award che si tiene a Chicago dal 1958, e il tedesco Iconic Awards.
Spostandoci vicino a Shanghai, lo studio d’architettura XL-Muse ha progettato nel 2016 la nuova libreria Zhongshuge Hangzhou, all’interno di un centro commerciale. Dall’ingresso, è possibile osservare una parete vetrata ricoperta di testi, che invita il visitatore al suo interno. Guardando attraverso la vetrata, si intravede uno spazio bianco puntellato da un gran numero di pilastri circolari bianchi con scaffalature integrate, con i libri disposti attorno: si tratta degli alberi della “foresta dei libri”, dove le persone possono camminare per imparare e scoprire cose nuove. Le colonne arrivano fino al soffitto specchiato, dando vita a uno spazio continuo che gli architetti definiscono “foresta luminosa”: gli scaffali sono stati disposti in modo da dare l’idea di «una conversazione oltre il tempo» tra i libri; hanno inoltre posizionato degli specchi sul soffitto per dare l’impressione che le pile di libri si moltiplichino all’infinito. La volta è decorata con piccole luci in movimento, come lucciole in un bosco, mentre i banconi a terra si integrano con gli elementi verticali, permettendo alle persone di leggere stando sedute o in piedi. Attraverso un corridoio di transizione, il visitatore viene poi accompagnato in un’area completamente diversa, dove l’intera libreria sembra estendersi all’infinito, in tutte le direzioni. I ripiani sono più scuri, con grandezze variabili, i piccoli abat-jour sembrano sospesi nel vuoto, ammorbidendo il carattere futuristico dello spazio. Qui gli ospiti possono sfogliare un libro e bere un caffè in un’atmosfera dai toni surreali, ma molto calda e accogliente al tempo stesso. All’interno dell’area dedicata ai bambini vige un design molto ricercato: i soffitti sono anche qui ricoperti di specchi, mentre gli scaffali sono a forma di nave dei pirati, giostra e mongolfiera, e sul pavimento c’è un disegno del Sistema solare. Una specie di parco giochi del libro, con tanto di trenino a percorrere gli scaffali della stanza!
Concludiamo con una riflessione sulle librerie del futuro e sul perché dovremmo continuare a comprare in un negozio fisico, nell’era dell’e-commerce. Nel 2014, la grande libreria londinese Foyles, in occasione del rifacimento della sua storica sede da parte dello studio anglosassone Lifschutz Davidson Sandilands, ha interpellato dei focus groups, chiedendo indicazioni chiare sui temi che i clienti avrebbero voluto al centro della progettazione degli spazi della propria libreria ideale: il concetto di partecipazione (sia intesa come club, che come schema strutturato e specializzato di programma fedeltà), spazi dedicati, servizi per gli scrittori (dalle stampanti ai servizi di rilegatura), tour guidati degli scaffali, strutture ad alto tasso di flessibilità, così da poter facilmente trasformare gli spazi del negozio in aree dedicate agli eventi, attrezzature per cinema e proiezioni, mappatura da parte di Google dell’interno del negozio e, ovviamente, moltissimi spazi per sedersi, leggere, mangiare e bere. Ma su tutto, trascurato dai designer, il focus group ha chiesto che venisse mantenuto lo straordinario servizio al cliente assicurato dal personale della storica libreria Foyles. Quasi a intendere che, se l’occhio vuole la sua parte, per l’altra necessiteremo sempre di un buon libraio!