Vedere i testi, leggere le immagini. Le visualizzazioni per l’Atlante Calvino

Il progetto Atlante Calvino è un esempio felice di convergenza collaborativa di competenze e sensibilità disciplinari differenti che è una delle più impegnative sfide, e delle più suggestive opportunità, aperte dall’avvento delle Digital Humanities. Le tre visualizzazioni anticipate sul «Corriere» coniugano autorevolezza critica e raffinatezza visiva; consentono dimettere in luce le potenzialità di strumenti tanto più incisivi quanto più il “patto di lettura” sarà esplicito e condiviso.
 
Il 17 ottobre e il 16 dicembre 2018 «la Lettura» ha ospitato alcune visualizzazioni letterarie che ben si prestano a sviluppare in forma più analitica il ragionamento su qualità e limiti del rappresentare per immagini schematizzate. Si tratta di tre fra le prime visualizzazioni realizzate per Atlante Calvino. Letteratura e visualizzazione, progetto triennale finanziato dal Fondo svizzero per la ricerca scientifica e guidato da Francesca Serra dell’Università di Ginevra (fra i maggiori esperti dell’opera calviniana) e Paolo Ciuccarelli del laboratorio DensityDesign del Politecnico di Milano, con la collaborazione di Mondadori che ha messo a disposizione tutti i testi. Sono «visualizzazioni orientative», ha detto Serra pensate con l’intento di tracciare un primo profilo d’insieme del percorso letterario e intellettuale dell’autore: una ricostruzione delle vicende editoriali dei racconti; una sintesi, per decenni, di tutte le opere pubblicate (in forma di volume); una schematizzazione della rete di riferimenti culturali che attraversa la produzione saggistica (le visualizzazioni sono consultabili sul sito del progetto http://atlantecalvino.unige.ch). Non dunque visualizzazioni singole, ma in serie. Pensarle al plurale è un punto decisivo, una mossa necessaria per comprendere appieno la natura di questi peculiari testi ibridi, per usarne al meglio le risorse e favorire la diffusione di uno specifico saper leggere.
Duecentosette racconti a colpo d’occhio: la prima visualizzazione mostra la produzione narrativa breve calviniana sintetizzandola con efficacia analitica. L’asse centrale della doppia pagina è occupato dalla striscia dei titoli che il lettore può ripercorrere uno per uno in ordine cronologico. Nella fascia superiore sono indicate le varie sedi di pubblicazione in periodico o quotidiano a cui, grazie a collegamenti curvilinei, i singoli testi sono ricondotti; nella fascia inferiore invece i collegamenti ricostruiscono l’apparizione in libro (visualizzato come segmento di misura corrispondente al numero di pagine). Un colore specifico consente di individuare il volume di appartenenza anche nella zona alta della tavola, mentre la zona bassa dà conto anche dei successivi passaggi di gruppi o singoli racconti ad altro libro (per esempio la confluenza nelle grandi autoantologie: I racconti del 1958 e Cosmicomiche vecchie e nuove del 1984). Chiarezza di impianto (una ben leggibile struttura orizzontale tripartita), ricchezza informativa (un’immagine puntuale, individualizzata, dei passaggi essenziali della storia editoriale del racconto calviniano), solidità dei dati, derivati da una autorevole base preesistente (anche se fonte ed eventuale criterio di limatura fine non sono indicati) ne fanno un buon esempio di visione panoramica d’autore. La presenza di segnali grafici ulteriori aggiunge informazioni significative (eventuale prima pubblicazione «in miscellanea», «in volume» o «ripubblicazione in volume autonomo»), ribadendo la base quantitativa di questa iniziale vista complessiva di percorso.
Al contrario la seconda visualizzazione ha un impianto prevalentemente qualititativo. La doppia pagina leggera e ariosa titolata Il tempo e le opere mostra al lettore solo 31 elementi grafici primari: 22 «opere», 4 «romanzi falliti o opere non pubblicate», 5 «progetti incompiuti». Opere in volume e progetti sono disposti in sequenza cronologica secondo una forma sinusoidale, asse portante dell’architettura visiva. Le curve scandiscono il passaggio di decennio, mentre linee tratteggiate danno conto di una precedente prima pubblicazione. Arricchiscono lo schema, con una presenza visiva in secondo piano, su scala inferiore, nell’angolo in basso a destra, i quattordici circoletti dei volumi postumi (da Sotto il sole giaguaro al Meridiano delle Lettere). In forma di nuvola-alone trovano poi posto anche le maggiori collaborazioni giornalistiche («l’Unità», «Corriere della Sera», «la Repubblica» – la superficie della nuvola corrisponde alla dimensione quantitativa).
In questo caso la selezione ed elaborazione grafica dei dati che configurano il discorso critico e lo orientano (non ne sono semplice trascrizione oggettiva o abbellimento estetico) è subito chiara: al centro la forma libro e la categorizzazione di «genere». Il lavoro di etichettatura punta a una mappatura d’insieme, cercando però di evitare schematismi e riduzioni. Ecco allora l’ampliamento della visualizzazione del lavoro calviniano anche ai progetti insoddisfacenti, deludenti, interrotti per scelta o per forza di cose; ecco la connessione selettiva all’attività giornalistica (che congiunge, con altri elementi, questa visualizzazione alla precedente). Ma quali sono i generi cartografati? Se scorriamo la tipologia delineata dalla legenda, incontriamo i termini romanzo e racconto, breve e lungo, ma non quelli realistico, fantastico, storico, di formazione, urbano-industriale… Per il loro lavoro in corso Serra e Ciuccarelli si propongono nell’intervista un principio di metodo, un atteggiamento progettuale e operativo, da sottoscrivere e rilanciare: fare i conti «con il qualitativo e l’incerto», «visualizzare anche l’incerto e dire quanto è incerto». È una questione capitale. Dire quanto è incerto e sfaccettato quel che si prova a visualizzare e altrettanto dire quanto è orientato quel che si visualizza. Si tratta di esplicitare i criteri con cui si modellano – per selezione e dando loro forma, colore, dimensione – i fenomeni analizzati, anche con più decisione di quanto consente lo spazio contingentato della comunicazione giornalistica. Il termine genere qui può lasciare insoddisfatti, ma viene ben utilizzato per mettere in primo piano le grandi scelte calviniane sul terreno delle architetture narrative: la vocazione al breve e le varie sperimentazioni sul lungo, nelle quali emergono, come ben segnala lo schema, l’importante valorizzazione della «forma ibrida tra romanzo breve e racconto lungo» e di quelle modulari con cornice.
L’arcipelago dei nomi citati nei saggi di Italo Calvino: il titolo della terza visualizzazione dichiara subito gli elementi essenziali dell’immagine sintetica, puntata questa volta sulla «biblioteca mentale» dell’autore (così Virginia Giustetto e Valeria Cavalloro nell’articolo in calce alla pagina). Per proporre un sondaggio orientativo si sceglie di nuovo una base dati ricca (per quanto non completa), rappresentativa e affidabile: l’indice dei nomi dei due Meridiani dei Saggi curati da Mario Barenghi, allestito da Luca Baranelli. L’intelaiatura visiva della doppia pagina è modellata da quattro fitte reti di relazioni, ancora, disposte per decenni, e illustra graficamente il numero delle menzioni di persona e il tessuto dei legami (definiti dalla compresenza dei nomi nel singolo saggio). La sequenza delle quattro reti mostra il «processo di riconfigurazione nel tempo» della gerarchia d’importanza dei nomi, del sistema di rapporti di prossimità e confronto che possono suggerire.
Due gli elementi di interesse. La natura interattiva della visualizzazione – generata attraverso il software Gephi – che la pubblicazione su «la Lettura» non può restituire (ma prossimamente le visualizzazioni dovrebbero essere rese accessibili in forma interrogabile sul sito del quotidiano), e il sistema di annotazioni che le si intreccia. In questi dispositivi a dominante grafica un ruolo essenziale può essere giocato, sempre più, dalle forme di testualità breve e minima che le corredano: dalla titolazione e dalla etichettatura dei simboli, alla abituale legenda che illustra il valore dei segni utilizzati, ai possibili box con note di vario tipo. Qui è particolarmente significativa la presenza – oltre alle annotazioni che segnalano linee di interesse, persistenze e mutamenti – di un riquadro che esplicita il Processo di elaborazione dei dati. Ai dispositivi testuali interni si può aggiungere una testualità d’accompagnamento (come un sintetico articolo di presentazione), fuori dai margini della visualizzazione ma a contatto. Appunto le annotazioni possono dare diversa incisività e flessibilità problematica alla forma: favorire la comprensione dei dati elaborati per via grafica delineando piste di lettura, dichiarare criteri e procedimenti dell’analisi, mettere in luce il carattere aperto e parziale della lettura sintetizzata, le sue componenti esplorative, sperimentali.
Visualizzare ci serve. Anche per avere una via in più per scansare gli automatismi dell’interrogare e dell’esporre. Serve innanzi tutto chiarire il patto di lettura che le diverse visualizzazioni ci possono presentare. Lo sforzo del chiarimento sta tanto a chi le legge, quanto a chi le progetta o potrebbe farlo (per esempio chi scrive di letteratura in forma divulgativa o con intenti specialistici). Per sfruttarne meglio le potenzialità, notevoli e ancora da sondare, per minimizzarne limiti e fraintendimenti.