Newton Compton, come partire da una nicchia e arrivare a una miniera

I volumetti della collana «Millelire» hanno avuto un tale successo da diventare battistrada di un nuovo genere editoriale, le edizioni supereconomiche, a cui la Newton Compton sin dal 1988 ha dedicato particolare attenzione: volumi a prezzi imbattibili o decisamente bassi a fronte però di curatele spesso prestigiose, con tirature elevatissime, in un labirinto di collane, vendute in libreria e in edicola, che tendono a coprire interessi vari e disparati, dalla storia locale alla gastronomia, dal giallo ai grandi classici, dall’horror alla narrativa italiana contemporanea.
 
Dal giugno 1999 «Millelire» è solo un marchio. I celeberrimi volumetti editi da Nuovi Equilibri, lanciati nei primi anni Novanta nella trasmissione televisiva Babele da Corrado Augias, dalla metà dell’anno scorso di lire ne costano duemila, anche se il glorioso nome della collana resta invariato. In periodo di bassa inflazione pare un brutto segno. Aria di crisi sul supereconomico?
Nella prima metà del decennio il successo dei «Millelire» fu certamente un evento sorprendente, che rivelava la possibilità di raggiungere con una formula innovativa un settore di pubblico che solo in parte coincideva con quello dei forti lettori. Chi già acquistava libri, acquistava nella stessa occasione anche qualche «Millelire»; ma il fenomeno, specie nelle fasce giovanili, creava anche nuovi acquirenti/lettori, proponendo un prodotto che per i contenuti era a pieno titolo un libro, ma che del libro rinunciava a tutte le caratteristiche seriose, impegnative, un po’ inquietanti per i non lettori. Si proponeva quasi come un usa-e-getta della cultura, un prodotto di informazione rapida, accattivante per la scelta dei temi curiosi, non spregevole per qualità culturale, estremamente raffinato nella sua povertà materiale (la collana vinse nel 1994 il premio Compasso d’Oro, massimo riconoscimento del design italiano, che di solito va a lampade, mobili, automobili, grafica di alta qualità … ). Un libro dalla modernità piena e senza complessi, che non pretendeva di contrapporsi alla televisione ma ne sfruttava in positivo lo stile di comunicazione rapido e frammentario.
 
Dal fenomeno al genere
Il successo di questo battistrada fu tale da creare addirittura un nuovo genere editoriale. A poco a poco tutte le case editrici presenti nel settore dei tascabili fecero in modo di spezzare verso il basso la barriera dei prezzi (intorno alle diecimila lire) proponendo «nuove» edizioni supereconomiche che rilanciavano un’operazione più che tradizionale: il riciclaggio del proprio catalogo di classici, narrativa e saggistica. Con successo spesso meno fulminante dei «Millelire», dato che il puro intervento sul prezzo non era l’unica componente del fenomeno.
Abbassare il prezzo era in realtà un risultato possibile solo sulla base di una strategia più complessa. Lo rivendica con orgoglio Vittorio Avanzini, presidente della Newton Compton, una casa editrice che per tradizione dedica la sua principale attenzione alle fasce di prezzo più basse e che del fenomeno dei supereconomici è ancora oggi protagonista, con volumi di produzione e presenza sul mercato decisamente imponenti.
«I supereconomici li abbiamo inventati noi nel 1988», afferma Avanzini, «quando lanciammo una collana di volumi a 3.900 lire. Un’indagine di mercato casalinga ci aveva suggerito che 3.900 sembra più vicino a 3.000 che a 4.000, come i jeans che vengono venduti a 59.900 invece che 60.000». Ma, a parte il marketing di Porta Portese, la leva fondamentale fu l’ingresso in un canale trascurato: quello dell’edicola. Gli editori lo avevano abbandonato al genere rosa («Harmony»), giudicandolo inadatto a vendere libri «di cultura».
Primo fattore cruciale è stata quindi la distribuzione: Newton Compton si è rivolta a Pieroni, quarto distributore nazionale per grandezza, ma in grado di operare con grande attenzione ai singoli punti vendita. Secondo fattore chiave (e grande rischio imprenditoriale), un investimento iniziale molto forte nella tiratura, per saturare un canale potenzialmente vorace.
«L’idea», spiega Avanzini, «era di riuscire a riprodurre il rapporto tra mercato dell’hard cover e mercato del paperback dei paesi anglosassoni, dove dall’edizione rilegata a 30 dollari si passava all’edizione economica a 5-6 dollari, con vendite molto alte. Mentre in Italia, a due anni di distanza, un titolo del prezzo di 32.000 lire veniva riproposto in edizione tascabile solo alla metà (14-15.000 lire), con una vendita massima limitata alle 20.000 copie. Noi partimmo con tirature da 65.000 copie per tre titoli al mese». Di queste 65.000 copie, 35.000 andavano alle edicole, 30.000 alle librerie e alla grande distribuzione.
 
Quantità e qualità
Quando scoppiò il boom dei «Millelire» Newton Compton aveva già nel cassetto un progetto di collana con volumi di 96 pagine più 4 di copertina: insomma dei «Millelire» tutti suoi (anzi l’idea originaria era di venderli a 900 lire – ancora i jeans ... ).
n programma prevedeva la pubblicazione di 6 titoli al mese per 12 mesi. Molti di questi 72 titoli erano tratti dal catalogo della casa editrice: Newton Compton già nel 1969 pubblicava paperback a 1.000 lire (dell’epoca) nei settori allora più popolari della poesia (Lorca, Prévert) e della psicologia (Freud, Jung, tradizionalmente ai primi posti anche nei canali dei club del libro).
Gli altri editori (quelli per struttura dell’azienda o del catalogo meno pronti ad adeguarsi al nuovo trend) in quegli anni affermavano che, se un libro costa meno di un gelato, difficilmente può essere un prodotto culturalmente apprezzabile, non solo per veste editoriale ma soprattutto per qualità della traduzione e della cura del testo. Avanzini ribatte che i suoi titoli sono sempre stati curati da specialisti, come l’Amleto con la curatela di Squarzina o Il naso e Il cappotto di Gogol’ curati da Luisa De Nardis. Patrimonio di casa, insomma, ma – specie con il consolidarsi del mercato – anche buon investimento in risorse culturali fresche. Del resto la collana è viva ancor oggi, con 276 titoli in catalogo e una tiratura media di 50.000 copie, per il 70% distribuita in edicola (le rese vengono riciclate in libreria).
La spinta degli anni dal 1992 al 1994 fu forte: gli Aforismi di Wilde superarono il milione di copie. Acme emblematico dell’operazione fu la Divina Commedia (senza commento ma con brevi introduzioni alle tre cantiche) racchiusa in 96 pagine formato album, stampate in un microscopico corpo 7 e naturalmente venduta a 1.000 lire. Un tour de force dalla forte carica ironica (quale editore italiano si permette mai di fare dell’ironia?), che tuttavia il mercato di quegli anni premiò in modo molto serio: della prima tiratura di 750.000 copie ne ritornarono in resa solo 100.000, smaltite negli anni fino ad arrivare all’attuale giacenza di magazzino di 16.000 copie.
Oggi la festa è finita? Avanzini preferisce parlare di ridimensionamento, di scelta più oculata dei titoli e di gestione più attenta delle tirature (ora del resto tecnicamente più facile). Certo le cifre che fornisce sono ancora più che notevoli: 150 titoli l’anno al di sotto delle 5.000 lire, più un altro centinaio tra le 5.000 e le 10.000. Le grandi librerie storcono il naso di fronte ai volumetti che «portano via spazio» e la grande distribuzione non li accetta più, forse a motivo del basso margine di profitto che offrono, «nel tentativo», dice Avanzini, «di alzare il prezzo medio dei libri che tratta, ma senza considerare che il libro, in quel contesto, rappresenta l’ultimo prodotto che si pensa di acquistare, dopo aver provveduto agli alimentari»; come dire che occorre sfruttare – come fanno i supereconomici – il carattere residuale della domanda.
 
Stanare i lettori
L’attenzione alla domanda, la capacità di «andarsi a cercare i lettori» dove gli altri editori passano oltre, pare essere, nella strategia complessiva della Newton Compton un fattore cruciale. Lo indicano in particolare due elementi: la forte incidenza delle copie vendute nelle fiere, dalla Fiera del libro di Torino (nell’edizione 1999 16.800 copie della collana a 2.000 lire) fino alle bancarelle cittadine. Un assorbimento complessivo che Avanzini stima nel 7-8% delle vendite.
Il secondo elemento significativo è che le vendite Newton Compton grosso modo invertono le percentuali della diffusione geografica del commercio librario italiano: il Meridione ( 13-14 % del mercato nazionale complessivo) rappresenta circa il 35% del mercato del supereconomico. Che cosa si vende di più? I classici che si leggono a scuola, la narrativa classica italiana e straniera e, come sempre, i titoli «curiosi» (le raccolte di aforismi, per esempio).
Ma cercarsi il pubblico significa anche diversificare l’offerta, moltiplicando le tipologie e i generi editoriali, pur rimanendo nelle fasce di prezzo più basse. Il catalogo Newton Compton, al di là dei «mille (o duemila) lire», comprende oggi la bellezza di 1.500 titoli, distribuiti in una quantità di collane (e a volte circolanti in veste diversa dall’una all’altra) che sembrano corrispondere ad altrettante soluzioni su misura per un certo settore di pubblico.
«Nel luglio 1999», spiega Avanzini, «abbiamo varato una collana di “tascabili da biblioteca”. Tra le 5.000 e le 10.000 lire offriamo libri rilegati e ben curati: un Manzoni a cura di Ferruccio Ulivi con più di 700 pagine (Promessi sposi, Storia della colonna infame, Inni sacri, Poesie civili, tutto ciò che si legge normalmente a scuola), i Canti di Leopardi e la prima edizione integrale italiana del Corano. Mentre i tascabili si acquistano d’impulso e – a parte certo pubblico giovane – non si conservano, abbiamo individuato una larga fascia di pubblico dalle limitate disponibilità economiche che tiene a costruirsi una biblioteca di classici. Noi gli offriamo volumi che fanno bella figura in biblioteca sia dal punto di vista estetico sia dal punto di vista dei contenuti». Un labirinto di collane
Fascia per fascia, settore per settore, Newton Compton è andata scoprendo con costanza negli anni piccoli/grandi giacimenti di lettori: quando nel 197 6 venne varato l’ordinamento regionale inaugurò la collana di storia locale «Quest’Italia», oggi la più organica nel settore, i cui titoli sono stati oculatamente dedicati alle regioni dove la tradizione locale è più sentita, come Piemonte, Sicilia, Sardegna. Il filone dei temi «curiosi» ha generato la collana delle «guide insolite» ai misteri di una città o di una regione, con prezzi dalle 30 alle 35.000 lire, buona carta, illustrazioni a colori (il volume dedicato a Roma è alla terza edizione).
E del gruppo Newton Compton fanno parte anche piccole case editrici specializzate come «La compagnia del buongustaio», che pubblica libri tematici di gastronomia (la Pasqua, le grigliate e un mostro sacro della popolarità: la nutella) con tirature di 80.000 copie per titolo distribuite in edicola a 1.000 lire, con cento ricette e 164 pagine l’uno. Poi, in edicola e in libreria, la collana «365 ricette», una ricetta al giorno per tutto l’anno, 200 pagine a 4.900 lire, 20.000 copie distribuite per il 70% in libreria. Poi ancora il «Giallo economico classico», 176 titoli a 1.500 lire. E una collana di supereconomici locali da 1.000-1.500 lire, testi originali di 64 pagine dedicati a un quartiere di Roma, a una via di Napoli, a un aspetto della cultura di una città (80 titoli). E la collana «Italia tascabile», con una Breve storia della lingua sarda; la «Biblioteca economica Newton», a 4.000 lire, classici di narrativa italiana e straniera spesso collegati a successi cinematografici (Le affinità elettive, Jane Eyre, Washington Square) per attirare il pubblico giovane. E ancora i «Mammuth», grandi classici da libreria; e la collana «l volti della storia», distribuita in libreria, che si permette anche costosi libri illustrati come la Controstoria e storia dell’architettura di Bruno Zevi, 150.000 lire, prima edizione·esaurita. Infine le antologie tematiche di narrativa horror e letteratura fantastica (consulente Gianni Pilo, già direttore di Fanucci, prezzo da 9.900 a 19.900 lire) e l’enciclopedia tascabile «Sapere» diretta da Roberto Bonchio, a 1.500 lire sia in edicola sia in libreria.
Nel gran labirinto delle collane, fermo restando il principio vitale che le forti vendite in edicola hanno costituito la spina dorsale che ha permesso le iniziative in libreria, si ha l’impressione che, andando con acume a caccia di nicchie e approfondendone lo sfruttamento, Newton Compton abbia costituito nei livelli medio-bassi del mercato uno sterminato percorso sotterraneo di cunicoli, differenti ma collegati tra loro (economicamente e per circolazione di titoli e temi), ritrovandosi alla fine con una vera e propria miniera.
E senza rinunciare a nulla: nemmeno alla presenza attiva nel settore della narrativa italiana contemporanea. Newton Compton partecipa al premio Strega da oltre dieci anni, «e tranne una volta», precisa Avanzini, «siamo sempre entrati nella cinquina dei finalisti». Come nell’edizione 1999, dove si sono classificati al terzo posto.