Vienna 1888

«Una città grigia, splendidamente grigia, come Parigi, come tutte quelle vecchissime città europee nate come guarnigioni delle colonie dell’Impero romano. Colori smorzati ovunque. Il Danubio, non azzurro, ma di un ozioso giallo torbido. La patina verde vellutata sui tetti bombati e sulle cupole, e i campanili a cipolla, il più alto di tutti in pieno centro – la chiesa romanico-gotica di Santo Stefano, una delle più vecchie ed imponenti cattedrali europee, attorno alla quale la città si è espansa in cerchi concentrici. Proprio come i tronchi delle sequoie giganti si allargano, anello dopo anello, un secolo dopo l’altro, così Vienna è cresciuta attorno a Santo Stefano».
Così, nella sua autobiografia, Vicki (Hedwig) Baum descrive la Vienna di fine Ottocento dove nasce, in una famiglia ebrea, il 24 gennaio 1888.
Benché «figlia unica di una buona famiglia», la sua infanzia non é particolarmente felice: il padre Hermann, un impiegato di banca ipocondriaco e tirannico (ucciso a Novi Sad nel 1942 durante l’occupazione ungherese), lascia la casa tutte le volte che la madre Mathilde Donath, una fragile donna malata di mente, ha una crisi. Leggere per piacere è proibito e diviene un «vizio segreto». Unica consolazione per la piccola Vicki è l’amatissimo nonno, «un caro, brutto, strabico vecchio Ebreo», che la protegge e la coccola. A otto anni, mentre frequenta la scuola, inizia lo studio dell’arpa. Nel 1904 si iscrive all’Accademia musicale, dove completa i suoi studi diventando arpista di professione con il Konzertverein di Vienna fino al 1916. Nel 1906 muore la madre, e Vicki, appena diciottenne, sposa Max Prels, un giornalista che la introduce nel mondo intellettuale ed artistico di quegli anni. Incontra, tra gli altri, Thomas Mann, Arnold Schönberg, Gina Kaus (che diventerà sua compagna di esilio negli anni del nazismo), Ernst Lubitsch, Fritz Lang, Felix Guggenheim.
Insieme all’amore per la musica cresce la passione per la letteratura e la scrittura. Comincia a scrivere a soli quattordici anni ed a vincere premi per i suoi racconti. Mentre lavora come arpista, scrive per il marito come ghost writer. Il matrimonio però è di breve durata.

In Germania: l’editore Ullstein e il successo

Nell’agosto 1912, dopo il divorzio, Vicki si trasferisce a Darmstadt, assunta nell’orchestra da camera dell’Opera House. Qui conosce il direttore Richard Lert che sposa nel 1916, seguendolo di città in città. Nascono due figli, Wolfgang nel 1917 e Peter nel 1921. Vicki vende la sua arpa e di notte, dopo aver accudito la famiglia, scrive romanzi.
È del 1920 il suo primo romanzo Frühe Schatten: Die Geschichte einer Kindheit (Early Shadows: The Story of a Childhood) seguito da Der Eingang zur Bühne (Stage Door). Quest’ultimo é pubblicato dall’editore Ullstein di Berlino, con il quale Vicki inizia a collaborare dopo aver lasciato Vienna. Dal 1920 al 1931 lavora anche come redattrice per la stessa casa editrice. Hermann Ullstein la sollecita a scrivere una storia che abbia come protagonista «una capace giovane donna». Arriva il primo grande successo Stud. chem. Helene Willfüer (1929), che in tre anni vende oltre centomila copie.
Vicki è ormai un’autrice di best seller e continua la sua sfolgorante carriera pubblicando un nuovo libro almeno una volta all’anno. Le sue storie, ambientate in alberghi, grandi magazzini, luoghi lontani, sono scritte per catturare il pubblico, particolarmente quello femminile. Il suo interesse per il genere umano, ed in particolare per le protagoniste, donne belle e volitive, diverse dalle casalinghe mogli e madri allora in voga, rende i suoi personaggi attraenti ed indimenticabili.
Nel 1929 Menschen im Hotel (Grand Hotel) inaugura il genere “storie ambientate nei grandi alberghi” e la consacra scrittrice di culto. Scritto in soli tre mesi, è pubblicato a puntate dal «Berliner Illustrirte»: grazie al favore dei lettori diviene presto un libro di successo. Sul titolo del periodico, la Baum precisa nella sua autobiografia: «Illustrierte è, naturalmente, l’ortografia corretta. Tuttavia, per un errore, la prima edizione della rivista uscì come Das Berliner Illustrirte, e così rimase». Prima di iniziare la stesura della storia Vicki lavora sei mesi come cameriera in un grande albergo, osservando ogni particolare della vita che vi si svolge. Nella stagione 1929-1930 a Berlino viene rappresentata, con la regia di Max Reinhardt, la versione teatrale del libro, curata dalla stessa Baum. Nel 1931, con il titolo di Grand Hotel, la commedia approda a Broadway, tra gli applausi degli smaliziati spettatori newyorkesi. Nel 1931 la riduzione cinematografica del romanzo conduce per sette mesi la Baum a New York e poi a Hollywood.
Edmund Goulding dirige la versione cinematografica di Grand Hotel con alcuni grandi divi del tempo: Greta Garbo, Joan Crawford, i fratelli Barrymore, Wallace Beery. Nel 1933 la pellicola vince l’Oscar come miglior film.
Durante il soggiorno americano Vicki ha l’opportunità di osservare da lontano quanto sta accadendo agli ebrei in Germania e riflette sull’opportunità di emigrare negli Stati Uniti. Tornata a Berlino riprende il lavoro di redattrice alla Ullstein, ma la decisione di ripartire è ormai matura. «Come in una relazione amorosa, la distanza e la separazione mi avevano mostrato le cose nella giusta prospettiva… Dopo i miei sette mesi negli Stati Uniti, avevo una visione molto più chiara di quanto stesse succedendo in Germania».

Il sogno americano

Vicki, a differenza della maggior parte degli esuli ebrei, arriva volontariamente negli Stati Uniti nel 1932 con la famiglia, stabilendosi a Los Angeles dove lavora come sceneggiatrice per dieci anni, prima per la Paramount poi per la Metro-Goldwyn-Mayer e infine come libera professionista. Il marito è nominato direttore dell’Orchestra Sinfonica di Pasadena. Nel 1938 Vicki diventa cittadina americana e da allora scrive i suoi libri prevalentemente in lingua inglese.
Dal 1933 al 1942 vive al n. 1461 di Amalfi Drive a Pacific Palisades. Trasloca in seguito a Pasadena, una città della quale scrive: «[Pasadena] mi dà la claustrofobia, mi sento soffocata, asfissiata». Poi per molti anni la sua abitazione è al n. 2477 di Canyon Oak Drive a Hollywood. È un’appassionata di giardinaggio e descrive la sua amatissima casa sulle colline a nord di Hollywood con queste parole: «Puoi stare di fronte ad essa e non vederla perché la mia casa è come una buona scarpa, piccola fuori, grande e comoda dentro. Un pezzetto di tropici cresce di fronte ad essa: qualche palma reale, felci ….. un albero di jacaranda, una nuvola azzurra durante la fioritura, il tutto attraversato dalle spire grigio argento di un tronco di sicomoro». E di Los Angeles: «Qui a Los Angeles, tu non puoi passeggiare: questo fa parte della mia sensazione di esule».
Nelle storie dell’esilio, come Hotel Shangai (Shanghai ’37, 1939), Vicki ritorna costantemente alla situazione della Germania nazista, dove i suoi libri sono stati banditi sin dal 1935. A conferma delle sue indubbie capacità, pubblica con cadenza regolare una trentina di opere, per lo più romanzi, molti dei quali diventano best seller. I critici del tempo la lodano per il dono di creare atmosfere raffinate e la elevano al rango di «scrittrice di alto livello». Anche Thomas Mann, altro illustre esule negli Stati Uniti, esprime apprezzamento per le sue capacità.
Con ironica franchezza, Vicki così definisce i suoi lavori ed il suo talento letterario: «Quando ho scritto opere commerciali, l’ho fatto deliberatamente, per affinare i miei strumenti, mettere alla prova le mie capacità, e naturalmente, avevo bisogno di soldi. Ho scritto anche qualche buon libro……So quanto valgo: sono una brava scrittrice di seconda categoria».
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale i suoi lavori cominciano ad essere considerati banali e leggeri, adatti ad un pubblico minore e presto dimenticati. Tra i suoi ultimi romanzi figurano Hotel Berlin ’43 (1944), ambientato nella Germania Nazista, The mustard Seed (1953) e Theme for Ballet (1958) che narra della carriera americana di un’affascinante danzatrice viennese.
Vicki muore di leucemia a Hollywood il 29 agosto 1960. Per suo espresso desiderio, le ceneri sono sparse in una foresta di sequoie.
Nel 1962 la sua autobiografia è pubblicata postuma da Ullstein con il titolo Es war alles ganz anders. Seguono nel 1964 le pubblicazioni in inglese con i titoli It was all quite different negli Stati Uniti (Funk & Wagnalls), e I know What I’m Worth in Gran Bretagna.