Il futuro dei tascabili

50 anni di vita, ma non ancora pienamente sviluppata. Dalla nascita della «Bur», classici a basso costo, agli «Oscar», venduti anche in edicola, il tascabile si arricchisce di una nuova esperienza: il libro+quotidiano, lanciato prima da «Repubblica» e poi a ruota dal «Corriere della Sera». Un successo di pubblico e di vendita a dimostrazione del fatto che il tascabile è un libro diverso dagli altri (e non solo per il prezzo): un libro non adatto alle piccole librerie e non strettamente legato al catalogo dell’editore, e pertanto bisognoso di ampi spazi espositivi ma capace di conquistare fette di mercato forse ancora non del tutto esplorate.
 
Negli ultimi cinquant’anni il cosiddetto libro tascabile ha dato segni di grande vivacità, ha avuto interessanti avventure, ma, a mio avviso, non è ancora veramente decollato. Cercherò di ripercorrere rapidamente le vicende del tascabile e di spiegare perché in Italia non ha ancora sviluppato a pieno le sue caratteristiche e le sue potenzialità. I modelli del tascabile sono fondamentalmente due: il modello Reclam e il modello Penguin. La tedesca Reclam nacque nella seconda metà dell’Ottocento, in un formato molto piccolo e pubblicò i grandi classici letterari di tutte le letterature, con particolare attenzione per quella tedesca (nella Reclam c’è l’opera completa di Goethe). Fu a questa collana che si ispirò Luigi Rusca quando propose a Angelo Rizzoli di fare la «Bur» («Biblioteca universale Rizzoli») nel 1949. La «Bur» propose i grandi classici letterari (eccezioni furono i testi filosofici o storici) di tutte le letterature, in ottime traduzioni complete, con annotazione essenziale di servizio e con un prezzo veramente basso. La «Bur» dava solo testi fuori diritti, niente autori contemporanei. Essenziale per questo tipo di collana è il basso prezzo e quindi si evitava il costo dei diritti. La «Bur» ebbe uno straordinario successo per tutti gli anni cinquanta e per i primi anni sessanta. Erano questi gli anni del miracolo economico, della scolarità di massa e di grandi trasformazioni sociali. Alla metà degli anni sessanta la «Bur» cominciò ad apparire obsoleta, troppo rivolta ai classici e alla letteratura. Chi seppe interpretare i nuovi bisogni dei lettori consumatori fu Alberto Mondadori che pensò a una collana che si ispirasse ai Penguin, collana di tascabili nata in Inghilterra nel 1936 e ideata da Allan Lane. La Penguin presentava i grandi classici delle varie letterature, con particolare riguardo per quella inglese, ma anche gli autori contemporanei, i bestseller, che dopo alcuni anni in hardcover venivano riproposti in paperback, a un prezzo notevolmente più basso. Nei Penguin c’era anche la saggistica, manuali, dizionari, reference books. Nel 1965 nacquero così in Italia gli «Oscar» Mondadori, che presentavano importanti novità. Oltre a pubblicare i bestseller della narrativa contemporanea italiana e straniera (attingendo al ricchissimo catalogo Mondadori), la grande novità fu il canale distributivo che, oltre a portare gli «Oscar» nelle tradizionali librerie, li portava anche nelle edicole, utilizzando quindi un canale più capillare, che diffondeva il libro anche nei piccoli centri della grande provincia italiana e nei quartieri periferici della città. In sostanza, portava per la prima volta il libro fuori dalle librerie, a contatto con un pubblico più vasto che nelle librerie non entrava. Se il primo titolo della «Bur» nel 1949 era stato I Promessi Sposi di Manzoni, il primo titolo degli «Oscar» fu Addio alle armi di Hemingway. La tiratura del primo «Oscar» fu di 350 000 copie e andò esaurita in pochi giorni. Era iniziata una nuova epoca per il tascabile. Cosa accadde poi? Accadde che, visto il successo degli «Oscar», tante altre case editrici portarono i tascabili in edicola, fino a ingolfare il canale edicola. Feltrinelli, Sansoni, Dall’Oglio, Longanesi, Garzanti e vari piccoli editori si buttarono sull’edicola. Nel giro di un anno la formidabile spinta propulsiva del tascabile in edicola si era già fermata. Bisogna tener conto che anche altre pubblicazioni arrivavano in edicola e attiravano un grosso pubblico, come quelle dell’editore popolare Fabbri. Comunque i tascabili continuarono ad andare in edicola ancora per anni, tanto è vero che quando riprese le pubblicazioni la nuova «Bur» nel 1972, una sezione della collana, quella più popolare, andava in edicola oltre che in libreria.
Abbiamo visto dunque quanto sia importante il canale edicola per la distribuzione di un tipo di libro, economico e tascabile, che dovrebbe rivolgersi a un pubblico più vasto di quello, ancora elitario, che va in libreria. Quali sono le caratteristiche del libro da edicola? Quella che si definisce la collezionabilità. Prima degli «Oscar» erano andate in edicola le dispense di Fabbri, con uno straordinario successo, soprattutto per gli ottimi libri d’arte «I maestri del colore». Anche gli «Oscar» all’inizio furono percepiti come collezionabili, come tasselli di una biblioteca ideale a poco prezzo. Ma ben presto il lettore-consumatore capì che se saltava un titolo, non succedeva nulla e quindi la fidelizzazione cadde. Quando nel 1972 la «Bur» rinnovata portò i suoi volumetti in edicola, il risultato più straordinario si ebbe con i libri della Storia d’Italia di Montanelli, che erano i perfetti libri collezionabili da edicola, perché ogni volume era la continuazione dell’altro e il lettore non poteva saltare un titolo.
Abbiamo così esaminato alcune caratteristiche fondamentali del tascabile moderno: la ricchezza e varietà della proposta (classici, narrativa contemporanea italiana e straniera, saggistica, manuali, fumetti) e la facile reperibilità anche fuori delle tradizionali librerie (edicole, supermercati, grandi magazzini). In effetti da anni troviamo in tascabile di tutto (anche delle novità, degli originai s) e troviamo i tascabili al supermercato. Il terzo elemento indispensabile per il decollo del tascabile è il prezzo: deve essere basso, veramente basso, non la metà dell’hardcover. Questo però non sempre succede. Abbiamo avuto dei segnali forti, degli esperimenti sensazionali in questa direzione, penso ai «Millelire» di Baraghini e ai Newton Compton nel corso degli anni novanta.
Anche le grandi case editrici hanno dovuto tener conto di questa forte esigenza del mercato e la Mondadori ha lanciato i «Miti» Mondadori (a meno di 5 000 lire, oggi euro 4,50), che hanno avuto anch’essi un successo travolgente, creando la linea dei supereconomici. Ma anch’essi vanno per lo più solo in libreria e si trovano scarsamente fuori.
Arriviamo quindi al fenomeno editoriale esploso nel 2002, che tanto ha fatto discutere sul rapporto esistente tra gli italiani e il libro: i libri allegati ai quotidiani. In Italia è stata «la Repubblica» a lanciare l’iniziativa. Grande, indovinata, efficace operazione di marketing. Il lancio viene preparato con enfasi e con una studiata strategia dei tempi. Il giornale annuncia che a partire dal 16 gennaio 2002, e per tutto l’anno, ogni settimana verrà data la possibilità al lettore di comprare assieme al quotidiano un grande romanzo, scelto da grandi critici, che andrà a costituire la «Biblioteca di Repubblica», a un prezzo particolarmente basso (euro 4,90), in una bella e decorosa edizione. Per ogni uscita «Repubblica» predispone degli articoli di firme prestigiose che parlano dell’importanza e della bellezza del libro. Durante tutta la settimana in cui il libro è presente nelle edicole, il giornale dedica quotidianamente vistose pagine intere di pubblicità. La pubblicità è presente anche nel supplemento settimanale «Il Venerdì di Repubblica». Una pubblicità martellante e mirata viene fatta contemporaneamente sulle radio nazionali, con la lettura di un brano suggestivo del libro che bisogna assolutamente leggere. Il primo titolo, più volte andato in edicola ma sempre attraente, è 11 nome della rosa di Umberto Eco. Il secondo Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez, il terzo Siddharta di Hermann Hesse. E poi Calvino, Hemingway, Allende, Pavese, Bulgakov, Proust, Schnitzler (Doppio sogno, da cui era tratto il film di Kubrick allora nelle sale), Svevo, Kerouac, Boll, Conrad, Nabokov, ecc. Una scelta ineccepibile di grandissimi romanzi contemporanei, con qualche incursione nei classici fuori diritti, come Proust, Conrad, Svevo. Grande successo, superiore alle più rosee aspettative. Naturalmente il concorrente «Corriere della Sera» ritiene di dover ripetere un’operazione tanto fortunata con i suoi lettori. Per dovere di cronaca, va ricordato che al «Corriere della Sera» avevano preso in esame un analogo progetto prima che a «la Repubblica», per il semplice motivo che il quotidiano spagnolo «El Mundo», di proprietà della RCS, aveva lanciato nel 2001 una identica iniziativa (quotidiano+libro) con grande successo, ma l’alta direzione del quotidiano milanese aveva ritenuto l’iniziativa non convincente per l’Italia. L’iniziativa del «Corriere della Sera» parte in maggio del 2002, con una strategia di marketing simile, ma con qualche differenza significativa. Anche il quotidiano milanese dedica molto spazio all’interno delle pagine culturali per illustrare l’importanza del volume in uscita, vistosa pubblicità con cadenza quotidiana, ripetuta anche nel supplemento settimanale «Sette». Differenza: il primo libro, che è II giorno della civetta di Sciascia, viene dato in omaggio. Successo strepitoso, più facile, oltre un milione di copie. Il secondo, a pagamento, sarà Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson a euro 4,90. Poi Oscar Wilde, Moravia, Hemigway, Kundera, Collodi, Poe, Manzoni, Saint-Exupéry, Tolstoj, Simenon, Melville, Svevo, Kafka, Maupassant, Kipling, Roth. La scelta del «Corriere della Sera» è 50% grandi autori contemporanei e 50% classici fuori diritti. Sull’onda si fanno avanti anche altri giornali o periodici: il settimanale «Famiglia Cristiana» parte in giugno del 2002 con dodici biografie di grandi personaggi del Novecento, da Gandhi a Mussolini, da Pio XII a De Gaulle, da Kennedy a Marconi. In autunno «il Giornale» lancia una serie di saggi storici sui grandi avvenimenti e personaggi del Novecento: Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Petacco, L’archivio segreto di Mussolini, Preston, La guerra civile spagnola, Liddell Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Conquest, Il secolo delle idee assassine, Max Gallo, La notte dei lunghi coltelli. Intanto il «Corriere della Sera» e «la Repubblica» continuano le loro iniziative e si conclude un anno trionfale per le vendite di libri allegati a quotidiani o settimanali in edicola. Si fanno dei consuntivi. Comincia orgogliosamente «la Repubblica», che ha il merito di aver realizzato per prima l’idea. Lo fa prima a maggio e poi a fine anno, con dati più precisi. La vendita di libri uniti al quotidiano ha avuto un successo enorme, esploso con i primi titoli, e proseguito durante l’estate e per tutto l’anno, «la Repubblica» dichiara che l’operazione ha determinato una vendita di 25 milioni di copie di volumi. Allora non è vero che gli italiani non leggono, o se questo era vero fino alla fine del 2001 non è più vero oggi, dopo la felice operazione di «Repubblica». Si analizzano le ragioni del successo: la novità dell’operazione, la novità del canale, il prezzo indovinato, la pubblicità.
Oggi abbiamo dei dati più completi. Vorrei darli prima di provare a fare un’analisi complessiva dell’operazione. Nel 2002 sono stati venduti in edicola complessivamente 38 milioni di volumi, 25 milioni da «Repubblica», 10 milioni dal «Corriere della Sera», 3 milioni dagli altri. Il fatturato è stato di 230 milioni di euro (450 miliardi delle vecchie lire) su un fatturato globale dei libri di 3 miliardi di euro (6 000 miliardi delle vecchie lire). Quale è stata l’incidenza di queste vendite extra sulle librerie? Nel 2001 erano stati venduti in Italia in libreria 90 milioni di volumi, nel 2002 80,5 milioni, con un calo dell’ 11,6%. Calo soprattutto nei tascabili.
E giusto parlare di operazione epocale, di rovesciamento del mercato e dei consumatori, di novità straordinaria e imprevista? Per certi versi certamente sì, per altri no. La verità è che non è la prima volta che dei libri (tascabili) vengono venduti in edicola. Io ricordo operazioni estive, limitate a una diecina di titoli, lanciate daH’«Europeo», da «Epoca», dall’«Espresso», da «Panorama», dallo stesso «Corriere della Sera», ma anche da «Famiglia Cristiana» e da riviste cosiddette femminili, come «Anna» o «Grazia». I cosiddetti fascicoli o collezionabili (De Agostini e Fabbri) hanno mandato in edicola collane chiuse di libri: i «Premi Nobel», «I classici della letteratura straniera», «Gli indimenticabili», «I classici della poesia», «I classici del pensiero», «I classici greci e latini», con esiti di vendita importanti. Quindi non c’è niente di assolutamente nuovo nell’operazione, se non che è stata condotta con particolare efficacia e con un consistente piano di marketing, che ha utilizzato tecniche di lancio da collezionabili. La formula è: mandiamo in edicola una collana chiusa che ti dà i grandi capolavori della narrativa contemporanea (ora il «Corriere della Sera» manda in edicola una collana di romanzi italiani), a un prezzo molto basso da tascabile, e sosteniamo l’operazione con una campagna pubblicitaria articolata e massiccia (dell’ordine dei miliardi di lire) su più media, compreso naturalmente in modo prepotente il quotidiano che lancia la collana. La novità consiste in questo. Non era mai stata lanciata in edicola una collana di libri con una pubblicità così consistente e con un sostegno di articoli, per ogni singolo libro, che in senso tecnico sono delle pubblicità ma per il pubblico sono informazione e sul giornale vengono presentati come informazione culturale. Oggi 17 giugno 2003 apro «la Repubblica» e nella prima pagina della sezione Cultura, dove normalmente si trova un articolo su un libro che sta per uscire, trovo invece un articolo di Irene Bignardi su «J.M. Coetzee – Il cuore del Sudafrica tra violenza e compromessi. Parla l’autore di Vergogna in edicola con la Repubblica da domani». Solo adesso capisco che si tratta del lancio di un libro della «Biblioteca di Repubblica», e da domani tutti i giorni troverò una pubblicità di una pagina intera (o di mezza pagina, o di due mezze pagine) dedicata a questo libro: foto del libro+lo slogan «Nel cuore del Sudafrica vivrete forti emozioni. Scrittore africano, racconta la cultura e le tensioni della propria terra. Ha vinto per ben due volte il Booker Prize». E alla radio potrai sentire una frase tratta dal libro di Coetzee.
Alla Fiera del libro di Torino si è tenuto un dibattito su questa iniziativa che ha scosso il mercato dei tascabili. I librai si lamentano perché sono calate le vendite dei tascabili in libreria, alcuni piccoli editori si lamentano perché temono che il futuro del tascabile sarà questo, fatto dai quotidiani, e non ci sarà più spazio né per loro né per nessuno.
Effettivamente per un po’ le cose non saranno più le stesse dopo questo esperimento coronato da successo. Successo tanto vistoso che sia «la Repubblica» sia il «Corriere della Sera», dopo la prima serie hanno lanciato una seconda serie e «la Repubblica» una terza, «I classici del fumetto». Con risultati più bassi. La prima serie della «Biblioteca di Repubblica», quella del 2002, ha venduto mediamente 500 000 copie di ogni titolo. La seconda serie, quella del 2003, vende mediamente la metà. E andando avanti le cose si faranno sempre più difficili. I grandi romanzi della prima serie sono già stati fatti, quelli della seconda anche. Bisognerà trovare altri temi accattivanti e con una forte presa. Si cambia soggetto, visto che la narrativa è stata ampiamente sfruttata. Il «Corriere della Sera» lancia nel settembre 2003 «I classici dell’arte», partendo dalla popstar Van Gogh, al prezzo di 5,90 euro. Anche «Il Sole-24 Ore» allega alla domenica un volume d’arte a 4,90 euro, «la Repubblica» addirittura pensa a una enciclopedia in 20 volumi di più di 800 pagine l’uno a 12,90 euro (il primo volume in omaggio). E certamente una rivoluzione del mercato, che ha degli aspetti sbalorditivi perché io trovo che sia sbalorditivo riuscire a vendere con un quotidiano che costa 0,90 euro un volume che costa 12,90 euro. Complimenti al marketing, che ha saputo utilizzare tutte le leve del collezionabile. Ma inevitabilmente non tutte le iniziative andranno bene e dopo qualche serie in calando l’operazione libri verrà sospesa, per essere ripresa qualche anno dopo (come fanno De Agostini e Fabbri) ripetendo probabilmente tale e quale l’iniziativa che ha avuto successo.
Intanto le cose sono cambiate. Non sappiamo chi siano i compratori-lettori dei libri allegati ai quotidiani (la Mondadori ha commissionato una scrupolosa indagine di mercato ma non si hanno ancora i risultati), qualcuno dice che questa iniziativa ha scoperto nuovi lettori nascosti, altri pensano che i lettori siano sempre gli stessi, che hanno comprato più lietamente e più facilmente alla metà quello che prima pagavano a un prezzo doppio.
Io propendo per questa seconda tesi. Il non lettore non lo stana nessuno, mentre un lettore-compratore abituale, che ha, dichiarato o no, un budget dedicato ai libri, è comprensibile che distribuisca il suo budget tra libreria e edicola, e inoltre, come spiegano i tecnici del marketing, se incontri un prodotto fuori del suo negozio normale a un prezzo decisamente basso è facile che effettui l’acquisto d’impulso, che invece è bloccato da una soglia di prezzo alto. Le cose sono cambiate perché l’operazione libro+quotidiano ha evidenziato alcuni fatti: c’è un vasto pubblico che è contento di trovare il libro fuori della libreria, c’è un vasto pubblico che è disposto a comprare un libro di qualità a basso prezzo, se sa che c’è.
Il futuro del tascabile in Italia è legato alla ricezione da parte degli editori di queste realtà e alla soluzione dei problemi collegati.
Negli Stati Uniti se di un libro di Stephen King si vendono 500 000 copie in hardcover, quando il libro passa in tascabile se ne vendono 10 milioni di copie. E infatti negli USA nei contratti di edizione il tascabile ha un peso superiore all’hardcover. In Italia le cose sono diverse. Solo pochi bestseller superano nel tascabile le vendite dell’hardcover, cioè solo se diventano longseller, cioè libri che si vendono moltissimo per molti anni, come Siddharta di Hesse, o 11 barone rampante di Calvino, o Se questo è un uomo di Levi, o // piccolo principe di Saint-Exupéry, o 11 fu Mattia Pascal di Pirandello. Ma i longseller sono eccezioni. Questo perché la vendita dei libri è ancora circoscritta alle librerie, che sono circa 2 000. Negli USA invece i tascabili vanno, oltre che nelle librerie, anche in 95 000 supermercati, e anche in Francia metà dei tascabili viene venduta fuori dalle librerie. Questo comporta che le prime tirature, che determinano il prezzo, sono enormemente diverse.
Abbiamo verificato la sensibilità del pubblico italiano al prezzo, che però non è una novità. Quando ci fu l’esplosione degli «Oscar» in edicola, il tascabile costava 350 lire mentre il prezzo medio dell’hardcover era 1 500 lire, quindi quattro-cinque volte superiore. Oggi il tascabile normale costa circa la metà dell’hardcover. L’iniziativa libro+quotidiano ha portato il prezzo a un terzo, in media, dell’hardcover. Ma, abbiamo visto, le tirature sono nell’ordine delle centinaia di migliaia di copie.
So bene che i librai si lamentano se ci sono dei libri che si vendono fuori della libreria, ma bisogna che si convincano che il tascabile è un libro diverso, che non è adatto alle piccole librerie, perché il tascabile è legato al catalogo e non alla novità e ha quindi bisogno di molto spazio espositivo, che le 2 000 librerie italiane non hanno (la libreria media italiana ha uno spazio di 50 mq).
Questi sono i problemi e la soluzione di questi problemi determinerà il futuro dei tascabili in Italia. L’esperimento riuscito dell’iniziativa libro+quotidiano ci ha indicato quale può essere una possibile prospettiva e ha evidenziato delle questioni di cui gli editori di tascabili dovranno tenere conto.