Fine di una figura di mediazione

Tra casa editrice e libreria, il promotore costituisce un’importante figura di mediazione degli interessi dei due poli del mercato. Con la sua presenza accanto al libraio, sostiene e motiva i progetti commerciali dell’azienda presso le realtà locali e, specularmente, si fa interprete delle particolari scelte del punto vendita, legittimandole proprio nei confronti dell’editore. Ma nella massiccia modernizzazione del mercato librario sembra non esserci più posto per il suo ruolo: escluso dalle grandi catene di vendita, che trattano direttamente con l’editore, deve concentrare le sue attenzioni sulle librerie indipendenti.
 
Dal gennaio 2005, con la centralizzazione degli acquisti, le librerie Feltrinelli hanno eliminato la mediazione del promotore. Un unico ufficio centrale infatti decide e regola l’invio delle novità su tutti i punti vendita del territorio. La centralizzazione vera e propria, in effetti, riguarda concretamente circa il 4% dei titoli di novità, che vengono comprati da un buyer in sede. Il resto viene comunque ordinato dalla singola libreria, che mantiene pertanto un certo margine d’autonomia locale; questi ordini, a ogni modo, non vengono trasmessi dalla libreria direttamente all’editore ma passano comunque attraverso l’ufficio centrale.
La scelta esprime una strategia di rafforzamento della posizione sul mercato: con questo accorpamento le librerie Feltrinelli si presentano come un unico superinterlocutore che, dal momento che richiede volumi nell’ordine delle migliaia, può strappare condizioni di pagamento più favorevoli e tassi di sconto più alti ai grossi e potenti gruppi editoriali.
Tra le dirette conseguenze delle nuove procedure vediamo l’estromissione della figura del promotore dalle librerie Feltrinelli; inoltre viene riconvertita la figura del direttore, fortemente ridimensionato nel suo ruolo di arbitro delle quantità e dell’assortimento presente nel punto vendita, almeno per quanto riguarda quel famoso 4 % di cui sopra – una percentuale apparentemente piccola, ma che tradotta in termini di numero di copie supera il 60%. Il rifornimento viene comunque gestito dalla libreria.
Dunque fuori i promotori. Ma qual è – o qual era – la funzione del promotore? Il promotore è un libero professionista, un agente di vendita che collabora con un editore. La specifica professionalità del promotore si definisce però anche all’interno di un rapporto di collaborazione con il libraio. Che, ovviamente, si qualifica come un rapporto di natura fondamentalmente commerciale, ma che rivela implicazioni più complesse. Il promotore esercita infatti due funzioni importanti:
1) Informa il libraio sulle novità in uscita e prenota per lui il numero di copie. L’incontro promotore-libraio per il periodico aggiornamento sulle novità editoriali possiede un’interessante qualità dialettica: il libraio può decidere, sulla base delle informazioni trasmessegli dal promotore, quali tra quelli in uscita sono i titoli più adatti alla realtà territoriale del suo punto vendita e al suo tipo di utenza. Sempre il libraio decide, di concerto con il promotore, la quantità più opportuna, in funzione di una complessa serie di fattori, che va dagli interessi dei lettori (noti al libraio), allo spazio materialmente disponibile in libreria, alle informazioni del promotore sulle iniziative dell’editore per la promozione del singolo titolo, che possono persuadere il libraio ad alzare la quantità in previsione di un passaggio televisivo particolarmente propizio o di una campagna stampa d’impatto. Libraio e promotore discutono (entro i margini di autonomia permessi dall’editore) tempi di pagamento e eventuali agevolazioni di sconto. La dinamica della relazione è ricca di sfaccettature: il promotore, nell’intento di vendere di più, può proporre un aumento delle copie, dal momento che esiste comunque il diritto di resa; il libraio può considerare i vantaggi di un sovrasconto o di un pagamento ritardato ma ricorda che, benché il libro possa essere reso se invenduto, la merce inerte abbassa comunque gli indici di rotazione e occupa spazio, non utilizzabile per gli altri titoli. Inoltre, dal punto di vista della libreria, la resa non ha mai costo zero: i libri vanno tolti dagli scaffali, scaricati dal database, inscatolati, spediti.
Al di là degli aspetti di contrattazione commerciale, sempre primari, esistono pertanto componenti di questo rapporto che, da parte del libraio e del promotore, assumono un valore di servizio alla clientela. Per chiarire, consideriamo tipicamente le librerie cosiddette di passaggio, sulle vie dello shopping delle grandi città, che vendono titoli diversi e in quantità differenti rispetto alla piccola libreria specializzata vicino all’università; oppure le librerie di quartiere, dove la percezione dei gusti dei lettori, tendenzialmente più stabili, può essere, per un libraio attento, anche assai precisa.
2) Durante le sue visite periodiche, il promotore si occupa di curare e ripristinare il catalogo e di informare il libraio sui titoli esauriti e su quelli che verranno messi fuori commercio. Questa funzione va estinguendosi, sia per l’avvento di strumenti informatici che permettono la gestione automatica dei riordini, sia perché la presenza del catalogo va sempre più riducendosi per cedere spazio alle novità; il fenomeno è chiaramente osservabile nella sempre più rada presenza dei volumi a scaffale e nell’affastellarsi di grandi piramidi monotitolo, o altre fantasiose architetture. In generale, la bassa rotazione uccide il catalogo – la cui presenza, però, contribuisce parecchio a individuare la specificità della libreria, distinguendola dal punto vendita generico, dal supermercato.
In sostanza, il promotore costituisce una importante figura di mediazione tra l’editore e la singola libreria: si fa interprete presso l’editore delle particolari scelte del punto vendita che contribuisce, con la sua presenza accanto al libraio, a legittimare proprio nei confronti dell’editore. Attraverso la figura del promotore, il libraio viene opportunamente informato sulle nuove uscite; con il promotore decide, in base alle previsioni di vendita, i titoli più adatti all’interno della cedola proposta, e sulla base delle possibili agevolazioni commerciali (sovrasconti, pagamenti a 120 giorni ecc.) decide le quantità. In questa interazione propositiva tra promotore e libraio risiede la specificità professionale del promotore: nella sua funzione di informatore e mediatore degli interessi dei due poli del mercato, editore e libreria.
La soppressione di questa figura si riconduce all’attuale tendenza commerciale che rende le librerie sempre più simili a punti vendita, a prescindere dalla particolare realtà locale dove si collocano: una sorta di non luogo degli acquisti, indifferenziato, come attesta anche la frequente presenza di direttori provenienti dal mondo della grande distribuzione, pertanto abituati a programmare e procedere nel lavoro secondo un concetto gestionale manageriale della merce. Come spiega sinteticamente Renzo Ginepro, citato da Rocco Pinto nella propria Nota sulla realtà libraria di oggi (in Memorie di un libraio, 2005), il pericolo di questa situazione in cui «all’articolazione periferica della responsabilità degli acquisti, della gestione e dell’assortimento, da sempre affidata alle relazioni fra la direzione della libreria e i venditori delle case editrici, vengono preferiti accordi, trattative e prenotazioni di novità centralizzati» è rappresentato dal «rischio assai concreto di un appiattimento della qualità e della profondità dell’offerta, condizionata dalla ricerca ossessiva di “margini” reddituali, scoraggiante verso una domanda che ancora si ostina a essere ramificata e poco docile al comando del marketing globale».
L’operazione di Feltrinelli poi è particolarmente clamorosa, oltre che per il suo impatto quantitativo – la catena detiene circa il 23 % del mercato – anche per lo specifico culturale che ha connotato la casa editrice e le sue librerie. Scrive Roberto Cerreto sul numero di dicembre 2004 di «la Rivisteria»: «[Feltrinelli] è stata tra le prime a dotarsi di una rete di promotori [che mantiene tuttora] e ha sempre mostrato di apprezzare e considerare importante questo strumento». In effetti l’eliminazione dei promotori mostra vistosamente una tendenza che è, comunque, già in atto sul mercato librario. Si tratta di un progressivo adeguamento alle dinamiche della grande distribuzione, sul modello dei grandi punti vendita, per cui le logiche gestionali e manageriali assumono un’importanza nuova e prepotente: le librerie in questo modo si pongono in diretta concorrenza non tra di loro, ma con i centri della grande distribuzione. Le piccole librerie lamentano l’insostenibilità della politica di sconti e promozioni attuata dalle catene; dalla loro hanno spesso una maggiore plasmabilità verso esigenze non previste dalle strategie di marketing di massa che però, non essendo appunto di massa, sono poco redditizie.
La tendenza era manifesta nel modello distributivo Mondadori proposto nel 1997, che consisteva soprattutto nell’invio centralizzato delle novità in uscita: anche questo modello, rapidamente smesso, esprimeva una concezione del promotore sbilanciata sugli aspetti di controllo delle strategie di marketing. Il promotore si avviava a riconvertire il suo ruolo: da mediatore e interprete dei progetti commerciali dell’editore presso le realtà locali delle librerie diveniva operatore di controlling: tra i suoi compiti, la verifica del corretto utilizzo degli spazi, dell’adeguata presenza di copie in libreria, della corretta enfasi sul particolare titolo-prodotto del momento.
Al momento tutto sembra generalmente contrario alla sopravvivenza del promotore, almeno nella sua forma classica: gli acquisti centralizzati, la tendenza a stabilire rapporti diretti tra editore e libreria, l’aumento del materiale informativo (di marketing) che sostituisce la presenza fisica del promotore muovono in direzione della scomparsa della sua figura dalle grandi catene librarie. Il destino del promotore si lega all’evoluzione della libreria verso uno scenario a due versanti: quello della libreria-supermercato (grandi sconti, grandi quantità esposte, logica di funzionamento prevalentemente commerciale, lettori di passaggio) e quello della libreria-negozietto (niente sconti, libri a scaffale, forte specializzazione del catalogo, attenzione alla funzione di servizio, lettori fidelizzati). Siamo davvero di fronte a un’articolazione plurale del mercato in mercati? O è un passo ulteriore verso la vittoria dei più forti?