Chi guadagna di più con Harry Potter?

La saga del maghetto con gli occhiali tondi, giunto ormai alla settima e ultima avventura, non è soltanto uno dei maggiori fenomeni editoriali di tutti i tempi: è anche un modello di business complesso che progressivamente coinvolge tutti gli anelli della filiera nella strategia di lancio. Autrice, editore, lettori, distributori, biblioteche diventano protagonisti di un vero successo planetario (tradotto in ben 66 lingue) da centinaia di milioni di copie, potenzialmente capace di durevoli ricadute positive per l’intero settore. A patto che gli acquirenti si trasformino – per magia? – in lettori.
 
Siamo arrivati in fondo: è uscito in Inghilterra e negli Usa il settimo e ultimo volume della saga di Harry Potter, largamente atteso, anticipato in rete, ampiamente festeggiato e piratato all’uscita, ovviamente in cima alle classifiche di vendita, anche in Italia. Il «New York Times» del 24 luglio 2007 lo definisce «Uno dei fenomeni editoriali più di successo di tutti i tempi, che ha trasformato milioni di ragazzi in avidi lettori»; qui interessa studiarlo dal punto di vista economico, poiché – nato per caso – è diventato un modello di business sul quale vale la pena riflettere per il giro d’affari che genera e per l’impatto sull’intero settore editoriale.
All’uscita del settimo volume, gli altri titoli della serie avevano venduto 121,5 milioni di copie negli Usa e oltre 350 milioni di copie in 66 lingue nel mondo, e avevano dato vita a diversi prodotti derivati, a partire da una serie cinematografica di grande successo.
Il settimo volume è stato messo in vendita alla mezzanotte di venerdì 20 luglio in tutti i paesi di lingua inglese, durante una festa in costume organizzata in moltissime librerie. L’eccitazione all’uscita è stata paragonata dal presidente di Scholastic, la casa editrice di Harry Potter negli Usa, a quella che aveva salutato l’arrivo dei Beatles.
È interessante la strategia di lancio seguita dai diversi attori: un fenomeno editoriale nasce per caso, ma cresce come fenomeno globale solo attraverso la costruzione di una strategia di lancio, sviluppata su Harry Potter a partire dal quarto titolo della serie, che coinvolge tutti gli anelli della filiera.
L’autore. La leggenda vuole che la signora Rowling – divorziata, con una bambina, e con grandi difficoltà economiche – abbia concepito l’intera opera nel 1990 durante un viaggio in treno; il primo titolo – Harry Potter e la pietra filosofale – uscì nel 1997 con una tiratura iniziale di 1.000 copie per i tipi di Bloomsbury Publishing. La cessione dei diritti a Scholastic Books fruttò l’incredibile anticipo di 105mila dollari e segnò l’inizio di una carriera editoriale su scala globale che ha reso l’autrice, risposata e madre di tre figli, una delle persone più ricche d’Inghilterra. I sette volumi della serie sono usciti con cadenza regolare e il numero di pagine è cresciuto nel tempo. La Tabella 1 sintetizza la dinamica dei diversi titoli sul mercato di lingua inglese. Prima dell’uscita dell’ultimo volume, l’autrice ha lasciato intendere che due personaggi chiave sarebbero morti, contribuendo ad alimentare le speculazioni della stampa e dei lettori.
 

 
L’editore. La prima tiratura negli Usa dell’ultimo volume è stata di 12 milioni di copie e nelle prime 24 ore dal lancio sono stati venduti 8,3 milioni di copie. Due anni fa, il volume precedente – Harry Potter e il principe Mezzosangue – aveva venduto nelle prime 24 ore 6,9 milioni di copie. Molta cura è stata posta nel creare l’attesa attorno all’uscita e nel gestire il lancio: embargo fino alla mezzanotte, misurate uscite sui giornali prima del D-Day, corposi investimenti in trade marketing (manifesti da distribuire ai lettori nei punti vendita, vetrine dedicate, merchandising), reazioni composte agli annunci di versioni on line piratate («stimolano le vendite perché attirano l’attenzione» hanno dichiarato i librai on line e off line; «non sono originali» ha dichiarato l’editore), reazioni molto aggressive nei confronti dei distributori che non avevano rispettato l’embargo. Il 19 luglio, la casa editrice ha denunciato una libreria on line dell’Illinois e il suo distributore per flagrante violazione di precisi obblighi contrattuali poiché aveva consegnato copie del volume una settimana prima della data di lancio; l’editore ha dichiarato di aver contattato tutti i lettori che hanno ricevuto il libro in anticipo pregandoli di non cominciare la lettura prima di sabato 21 luglio.
Le biblioteche. Come parte del programma di promozione, nei mesi di giugno e luglio Scholastic ha promosso un giro di un autobus ispirato a Harry Potter nelle biblioteche di 37 località degli Usa. Numerose biblioteche hanno acquistato alcune copie del libro e promosso feste in occasione dell’uscita del volume. Sfruttando la popolarità dei personaggi della serie, alcune biblioteche hanno indetto – prima dell’uscita del volume – un concorso fra i propri iscritti, suggerendo di inviare on line un breve racconto che descrivesse l’interazione dei lettori con Harry Potter e i suoi amici. I vincitori hanno ricevuto una copia dell’ultimo volume in prestito in occasione della festa di lancio.
I distributori. Le principali catene librarie hanno organizzato eventi in tutti i punti vendita: la festa in maschera nel flagship store Barnes & Noble di Union Square a New York nel pomeriggio di venerdì 20 luglio è stata ampiamente pubblicizzata sui giornali e la massiccia partecipazione ha richiesto la distribuzione di braccialetti per garantire ai primi arrivati una copia del volume. Il gruppo Borders ha annunciato di avere venduto 1,2 milioni di copie in una giornata (rispetto alle 850mila del volume precedente) nei suoi 1.200 punti vendita Borders & Waldenbooks. Circa 800mila persone hanno partecipato alla festa nelle librerie della catena. Anche i distributori hanno contribuito a segnalare l’importanza dell’evento, pubblicando dichiarazioni sui giornali prima del lancio. Per esempio, il 2 luglio Amazon ha annunciato di avere ricevuto 1,6 milioni di ordini da parte dei lettori nel mondo, di cui più di 1 milione negli Usa, rispetto a 1,5 milioni di copie ordinate in anticipo in occasione dell’uscita del penultimo volume. Alla vigilia dell’uscita, il volume è stato ordinato da 1,5 milioni di persone presso sia Barnes & Noble sia Borders e da 2,3 milioni di clienti nel mondo presso Amazon. In Inghilterra, gli ordini sono cresciuti del 17 % rispetto al volume precedente.
La maggior parte delle vendite è stata effettuata con un massiccio sconto di copertina: Barnes & Noble ha posto il libro in vendita al 40% di sconto rispetto al prezzo di copertina di 34.99 dollari; Amazon ha garantito la consegna negli Usa nella mattinata di sabato 21 luglio a tutti coloro che avessero acquistato il libro on line entro giovedì a mezzogiorno e ha venduto il volume a 17.99 dollari. Ipotizzando un prezzo medio di vendita di 20 dollari, questo si traduce in un fatturato complessivo di 166 milioni di dollari in una giornata.
I lettori. I lettori sono parte attiva della strategia di lancio: l’attiva comunità on line ha ovviamente speculato sulla conclusione del romanzo e preso posizione rispetto alle indiscrezioni e alle uscite pirata comparse in rete. Siti come MuggleNet.com e TheLeaky-Cauldron.org si sono schierati rispetto alla diffusione di versioni pirata on line e in un commento del 14 maggio scorso la signora Rowling ha esortato la comunità on line ad aspettare l’uscita del volume. «Desidero che i lettori, che sono cresciuti in molti casi con Harry Potter, si imbarchino nell’ultima avventura che condivideranno con lui senza sapere dove vanno a finire». La vivacità di alcune comunità di fan fa pensare che l’attenzione su Harry Potter non si esaurirà nel breve periodo nonostante la fine della saga.
Spoiling e pirateria. Come per tutti i fenomeni mediatici, l’uscita del libro è stata preceduta da una serie di indiscrezioni sul finale (non solo negli Usa e in Inghilterra, ma anche in Italia) e dalla pubblicazione on line di brani del libro. Quattro anni fa, prima della pubblicazione di Harry Potter e l’ordine della fenice, il quinto titolo della serie, il «Daily News» acquistò una copia del libro in una superette di Brooklyn quattro giorni prima dell’uscita ufficiale del volume e pubblicò la foto di due pagine del libro. L’autrice denunciò il quotidiano e chiese 100 milioni di dollari. Uno dei siti di fan club ricevette la notizia della morte del padrino di Harry Potter alcune settimane prima dell’uscita del volume, poiché qualcuno aveva caricato sul sito alcune pagine del manoscritto. Allo stesso modo, l’uscita del sesto volume è stata preceduta dall’invio a uno dei siti di fan club di un riassunto, della prima pagina di ciascun capitolo e del capitolo finale.
Per quanto riguarda l’ultimo volume, numerosi siti di file sharing hanno caricato file contenenti foto di alcune pagine del manoscritto da cui si poteva leggere la fine del romanzo (vera o fasulla) alcune settimane prima dell’uscita del libro; Big Champagne, una azienda che misura gli upload dei file P2P, ha dichiarato che decine di migliaia di persone hanno scaricato le immagini contenenti il finale del libro dai siti di file sharing il giorno prima dell’uscita. A mezzogiorno, molti dei link non erano più attivi.
La magnitudine dell’operazione e la complessità della strategia di lancio (dal punto di vista produttivo, logistico e organizzativo), il raggio d’azione e l’entità degli investimenti e dei fatturati rendono indubbiamente il fenomeno Harry Potter un caso a sé stante nel panorama editoriale. Non si tratta però di un caso isolato, ma è rappresentativo di un tipo di prodotto editoriale con il quale tutto il settore deve necessariamente fare i conti, perché svolge alcune importanti funzioni per l’economia dell’intera filiera.
E un prodotto civetta. Nel caso di Harry Potter, l’anello distributivo – che nella filiera editoriale assorbe in genere una percentuale significativa del valore generato – è quello penalizzato. Sembra paradossale che su uno dei pochissimi titoli sui quali le vendite sono garantite e per i quali c’è una aspettativa elevata da parte del mercato, i principali retailer non guadagnino, o addirittura perdano, come si specula sia il caso di Amazon (per garantire il pareggio è necessario ipotizzare che Amazon abbia acquistato il volume al 35% del prezzo di copertina). Mentre al lancio della Playstation e dell’iPhone (uscito negli Usa poche settimane prima di Harry Potter) l’aspettativa ha portato una scarsità dell’offerta e un aumento dei prezzi nei mercati paralleli, il libro tanto atteso è venduto con sconti strabilianti. In Inghilterra, le catene e i negozi on line scontano il libro da 17.99 sterline a 8.99. Bloomsbury ha fatto pressione su Asda (la seconda maggiore catena di supermercati inglese di proprietà Wal Mart) perché non vendesse 500mila copie del volume a 8.87 sterline. Perché questo massacro, che va a netto vantaggio del lettore? Perché Harry Potter svolge per la libreria di catena o per la libreria on line la stessa funzione del prodotto civetta per il supermercato: attira il cliente, che poi verrà invitato a acquistare qualcosa d’altro. La differenza rispetto al dizionario venduto in grande distribuzione (tradizionale prodotto civetta nelle riflessioni della filiera editoriale libraria nel nostro paese) è rappresentata dal fatto che su Harry Potter le librerie indipendenti (che non possono competere con le politiche di prezzo delle catene) probabilmente hanno guadagnato: il titolo così famoso ha creato traffico anche nelle librerie di più piccole dimensioni. E curioso: per una volta la liberalizzazione dei prezzi favorisce le librerie indipendenti.
Ha un ciclo finanziario largamente positivo; se dal punto di vista economico alcuni retailer non ottengono risultati significativi dal lancio di Harry Potter, la dinamica dei flussi di cassa è decisamente favorevole per tutti gli anelli della catena.
Orienta i destini del settore. Se guardiamo alle statistiche relative ai libri per ragazzi negli Usa, notiamo che nel 2006 le vendite dei libri rilegati sono aumentate del 2,5 % in valore rispetto all’anno precedente, mentre fra il 2004 e il 2005 si era verificato un aumento del 10%; la differenza è in gran parte imputabile all’uscita nel 2005 del volume Harry Potter e il principe Mezzosangue e del film Harry Potter e il calice di fuoco. Del resto, anche se un titolo su 500mila è una goccia nel mare, 8,3 milioni di copie vendute in un giorno spostano le statistiche a livello nazionale. Possiamo con certezza anticipare che il 2007 sarà un ottimo anno negli Usa e in Inghilterra per la letteratura rivolta ai ragazzi.
Stimola politiche di scouting per gli editori che li pubblicano. Scholastic dichiara che Harry Potter non ha mai rappresentato più dell’8% del suo fatturato; per un’azienda che fattura 2,2 miliardi di dollari si tratta di una cifra davvero significativa. È evidente che il budget 2007 di Scholastic o di Bloomsbury è garantito da Harry Potter, e che i risultati economici di queste due aziende saranno di tutto rispetto nell’anno fiscale 2007. Non è ragionevole immaginare però (perché non è nelle logiche di buona gestione di una azienda) che il prossimo anno i risultati di queste due case editrici possano ridursi drasticamente e ricalcare le dinamiche di settore. Poiché è difficile avere un Harry Potter all’anno, bisogna impostare le politiche editoriali in modo da garantirsi ogni anno qualche titolo redditizio e al massimo avere punte di risultato negli anni particolarmente felici. E quindi immaginabile una politica di catalogo e di novità che tenga conto della presenza di titoli eccezionali, ma che a livello aggregato mostri continuità e stabilità di risultato nel tempo. I titoli ad altissime tirature sono appannaggio di poche case editrici e influenzano la gestione dell’intero catalogo. Poiché anche Harry Potter è partito con una tiratura da 1.000 copie, è auspicabile che parte degli enormi guadagni sul titolo siano reinvestiti in attività di scouting di nuovi autori.
Polarizza i consumi e orienta i gusti. Anche negli Usa, come nel resto dei paesi occidentali, la metà della popolazione che legge legge uno o due libri l’anno. La presenza di pochi titoli a tirature altissime significa che le probabilità che Harry Potter sia l’unico libro letto nell’anno è relativamente elevata, anche se la lunghezza del romanzo e il piano dell’opera favoriscono la fidelizzazione dei lettori e – si spera – l’aumento dei titoli letti. Questo significa che per ogni Harry Potter che viene pubblicato, moltissimi titoli vedono ridurre in modo consistente le loro tirature.
Fa bene al settore un titolo come Harry Potter? Certamente, a patto che – come penso sia il caso di questo libro – buona parte degli 8,3 milioni di copie acquistate nel primo giorno di uscita sia anche letta; perché in questo caso l’investimento fatto sul lettore e il rischio o il costo sopportato dai diversi attori della filiera si traduce in rendita di posizione per l’autore e per l’editore, in ritorno sull’investimento promozionale per le catene di librerie, in aumento della capacità di attrazione per le biblioteche, anche se la creazione e la gestione del fenomeno sono estremamente faticose e dispendiose. Se invece i supertitoli sono solo espressione di forza dei player più grossi nei confronti dei loro concorrenti, il mercato non cresce e la qualità della competizione all’interno del settore diminuisce, rendendolo via via meno appetibile per tutti gli attori coinvolti.