In libreria con le Coop

Romano Montrom formula una teoria della moderna libreria di qualità, in cui lavorano operatori in continua formazione che esercitano un ruolo di mediazione e orientamento tra domanda e offerta di lettura speculare a quella dell’editore. Il concetto costituisce l’anima della catena Librerie coop, che scommette sull’assortimento e sul servizio al lettore, all’interno dei centri commerciali. Le Librerie, coop occupano così uno spazio di mercato, resosi oggi disponibile e delimitato, da una parte, dalla standardizzazione delle grandi catene e, dall’altra, dalla piccola libreria specializzata del centro storico.
 
Non inganni il titolo mefistofelico: Vendere l’anima. Il mestiere del libraio non è un manuale di demoniache tecniche di vendita, né un prontuario di machiavellismi commerciali. L’autore Romano Montroni sistematizza con chiarezza, a uso dei futuri librai, la sua pluridecennale esperienza sul campo, come operatore e formatore. L’ex direttore delle librerie Feltrinelli lascia però emergere, oltre l’intento formativo del suo libro, una vera e propria teoria della libreria. E sostiene che la funzione del libraio si configura come speculare e complementare rispetto a quella dell’editore.
Entrambe le figure, infatti, si qualificano omologamente nella misura in cui esercitano un ruolo di mediazione e orientamento tra domanda e offerta di lettura, e si completano poi vicendevolmente, dal momento che è il libraio a costituire il collo di bottiglia che permette al progetto dell’editore di raggiungere capillarmente i singoli lettori; lettori che, dal canto loro, adottano il libraio, e non l’editore, come punto di riferimento per le loro scelte.
La libreria pertanto, benché ultimo anello della filiera, non deve limitarsi a subire le proposte degli editori, come un passivo intermediario: anche al livello della vendita al dettaglio, e anzi proprio per il diretto contatto quotidiano con il consumatore, è possibile e necessario esprimere un progetto, commerciale e culturale insieme. Concetto chiave di Vendere l’anima è infatti quello di «identità» del punto vendita, identità concepita come personalità, che distingue la libreria all’interno di un mercato molto affollato, e ne permette l’identificazione da parte del suo pubblico di riferimento, in un atto di riconoscimento che conferisce valore al lavoro del libraio.
Ora, nell’epoca della massificazione dell’offerta e dell’omologazione delle modalità d’acquisto, pur nell’ambito di una moderata diversificazione tra format diversi, un forte investimento sulla distinzione e sull’individualità del punto vendita – nonché sulla personalità del libraio – sembrerebbe un gesto in controtendenza, se non addirittura sconsiderato: la schiacciante preferenza verso le grandi catene, mostrata dai consumatori, dimostrerebbe piuttosto l’efficacia economica della standardizzazione, tanto nella scelta dell’assortimento quanto nella sua esposizione, nonché nel comportamento degli operatori. I quali, nel disegno di Montroni, dovrebbero piuttosto costituirsi come operatori della conoscenza, e agire in piena consapevolezza all’interno del complesso intreccio tra i fattori economici e i fattori umani di questo commercio, per convertire curiosità ed esigenze del pubblico in risultati economicamente valutabili. In questo modo il libraio vende l’anima: perché non è solo un trafficante in oggetti di carta stampata, ma vende promesse di sapere e di appagamento fantastico, merce impalpabile e preziosa, orientando nella selva dei libri il lettore smarrito, con sensibilità e perizia, e individuando nella folta schiera dei lettori il giusto destinatario del prodotto editoriale.
Sulla carta tutto torna; ma siamo di fronte a un’utopia o c’è davvero uno spazio reale per far funzionare questo meccanismo?
Ci scommette la Coop, con la sua catena di librerie, che inaugura il suo primo negozio il 23 febbraio 2006 all’interno di un centro commerciale di Ravenna. Facciamo attenzione, che non si tratta di uno spazio, più o meno ampio, dedicato ai libri all’interno delle Coop dove andiamo a fare la spesa, ma di una vera e propria catena, una serie di negozi di libri, con un loro format riconoscibile, gestiti da librai professionisti, formati alla scuola di Montroni, che partecipa fin dall’inizio al progetto.
Una catena di librerie, collocate all’interno dei centri commerciali: catena, perché tutte le librerie sono di proprietà della società Librerie.coop Spa, nata per volontà di Coop Adriatica nel 2005, e partecipata, oltre che da Coop Adriatica, da Coop Consumatori Nordest, Nova Coop Piemonte, Unicoop Tirreno, Coop Liguria. Nell’estate 2007 le librerie della società sono una decina, per lo più concentrate in Emilia Romagna (ricordiamo che l’idea parte da Coop Adriatica) ma con presenze anche in Veneto e Abruzzo, e altre aperture imminenti Dunque si consolida la presenza dei libri nel centro commerciale, secondo un trend ormai collaudato, ma con una differenza: in questo caso, non si tratta di un fenomeno di espansione su uno spazio periferico – come per i format Village di Feltrinelli – ma di qualcosa che nasce direttamente dall’interno del centro commerciale.
Ah ecco, si può pensare, come al solito non appena si scopre una nuova formula economica, tutti ci si buttano: è l’ennesima catena di librerie dall’assortimento poco profondo, pensate per un’utenza predisposta all’acquisto d’impulso e particolarmente sensibile alla novità pubblicizzata e al prodotto d’evasione. Ma allora vediamo da vicino, come sono fatte queste Librerie.coop? E qui cominciano le cose davvero interessanti. Il format infatti prevede un’estensione da negozio e non da megastore, tra i 200 e i 500 metri quadrati: dimensioni mediograndi, a misura di lettore. Inoltre, nonostante l’uniformità di arredo e di layout, che contraddistingue le catene, qui i negozi mantengono singolarmente una loro personalità, evidente – per esempio – nelle sezioni dedicate alla storia e all’editoria locale, che ovviamente si diversificano in funzione del luogo in cui è sito il punto vendita. Ma non solo: a ciascun direttore è lasciata ampia autonomia di proposte bibliografiche, e di valorizzazione di percorsi di lettura possibili (attraverso l’uso accorto della disposizione e dell’esibizione dei libri), vale a dire l’esercizio di una vera e propria promozione indipendente di titoli. È evidente poi come ci si riferisca al modello della libreria di servizio in questo: che oltre a esibire già in partenza un assortimento completo (dai 20 ai 30mila titoli, e circa 600 sigle editoriali, come una buona libreria cittadina), le Librerie.coop sono dotate di strumenti informatici e di un’area apposita per la prenotazione dei volumi richiesti e non presenti in casa al momento.
Siamo pertanto di fronte alla volontà di introdurre un modello, la libreria di assortimento e servizio all’interno del centro commerciale, non allineato con il modello prevalente dei format pensati per questi luoghi. E in controtendenza anche rispetto alla generale assimilazione della gestione della libreria ai meccanismi della grande distribuzione: un dato assai rilevante è, in questo senso, l’assenza di centralizzazione degli ordini, come invece accade in alcune grandi catene, in cui proprio la centralizzazione costituisce un’opportunità managerialmente e commercialmente molto vantaggiosa. Senza centralizzazione il direttore decide, di concerto con il rappresentante, la quantità e i titoli che ritiene più adeguati ai suoi clienti fissi, i lettori forti che costituiscono lo zoccolo duro della sua clientela, sui quali si basa la sopravvivenza economica del punto vendita.
Attenzione al lettore forte, dunque, e radicamento nella realtà locale, per costruire una precisa identità alla singola libreria, pur all’interno dell’identità di catena. Questo ci permette di effettuare alcune considerazioni:
1) sulla fisionomia dell’utenza: intanto, probabilmente non è così vero che il frequentatore del centro commerciale sia un consumatore suggestionato dalla pubblicità, qual piuma al vento delle strategie di marketing. O almeno questo credono le Librerie, coop: anche nel centro commerciale possono infatti esprimersi esigenze specifiche; inoltre, se il lettore forte va fino al centro commerciale per trovare una libreria di qualità che possa offrirgli un servizio adeguato, questo significa sia che ormai la presenza dei libri anche nel centro commerciale è accettata pacificamente, sia che, forse, l’offerta del centro storico, in fatto di libri e librai, non è più così soddisfacente;
2) dal punto di vista della gestione: pur mantenendo i vantaggi della catena, come la riconoscibilità presso il pubblico, la comunicazione e gli scambi di merce tra i negozi, vengono promosse l’autonomia e l’identità del punto vendita, nella convinzione che il radicamento nel suo peculiare contesto sociocommerciale generi un ritorno economico positivo.
 
È un modello che va nella direzione opposta rispetto alle altre grandi catene di librerie sul territorio nazionale, dove la centralizzazione degli ordini rischia – secondo i detrattori – di recidere i legami con le esigenze specifiche del pubblico locale, e di deprimere la visibilità dei piccoli editori, i quali invece sono qui largamente accolti.
Lasciando ai sociologi e agli urbanisti l’interpretazione del mutuo scambio di connotati tra i centri commerciali e storici, si può certo affermare che Librerie.coop trasferisca la libreria cittadina nella periferia commercializzata delle nostre città postmoderne. Si può individuare a questo punto una precisa evoluzione: le catene, nate in città, a un certo punto capiscono che il centro commerciale offre loro un’opportunità di allargare i loro spazi di vendita. Nasce pertanto un format di libreria appositamente studiato per il centro commerciale, che attecchisce e rende normale la presenza dei libri in questo contesto. Contemporaneamente, nei centri storici, le librerie delle grandi catene vanno sviluppando un tipo di gestione sempre più manageriale, che comporta tra l’altro anche uno sfoltimento degli assortimenti e la riduzione delle sigle editoriali rappresentate, e affianca al libro numerosi altri prodotti dell’industria culturale, fino alla trasformazione della libreria di servizio in un megastore per la ricreazione nel tempo libero, con musica, film, videogiochi, e anche libri. E viene meno lo spazio per il lettore che vuole procurarsi il saggio dell’antropologo poco noto, o la ristampa dell’autore d’avanguardia per lo più introvabile. Resiste certo qualche antica libreria di tradizione, nei centri delle città più grandi, o la piccola libreria indipendente che si è specializzata per sopravvivere alla pressione dei grandi gruppi, ma a livello di catena – questo sembra dirci Librerie.coop – lo spazio si è liberato ed è attualmente vuoto. Si può interpretare dunque l’esperimento di Coop come la volontà di portare la forza economica e commerciale della catena sul livello di servizio e di assortimento della libreria cittadina, per riconquistare poi, usando il centro commerciale come avamposto, direttamente il centro città. E infatti le Librerie.coop hanno acquistato la storica libreria Palmaverde di Roberto Roversi, a Bologna, preparando il primo punto vendita della catena all’interno di un centro storico, e richiudendo simbolicamente il cerchio.
Si tratta dunque di un’intuizione commerciale tutta da verificare, che individua una precisa mancanza del mercato (confermata, indirettamente, anche dai molti operatori passati a Coop e provenienti da precedenti esperienze di catena) e ne trae una nuova opportunità economica, che vuole maturare in periferia per poi impiantarsi nel centro.
Dinamica dalla periferia al centro che attende sviluppo non solo a livello cittadino, ma anche sul territorio nazionale: per ora Milano, capitale editoriale, non è toccata. Del resto le altre catene italiane di maggior visibilità sono nate proprio a Milano. Ma certo, benché sia presto per dirlo, sembra in atto un movimento di bilanciamento interno al mercato, una ridistribuzione delle tipologie di negozio, che da un lato conferma ancora una volta la centralità del modello gestionale della catena, e dall’altro esprime, all’interno di questo modello, una necessità di diversificazione e di agilità di servizio, pronta a trasformarsi in reddito assecondando le esigenze molteplici dei lettori.