Supereroi popolari ma non incolti

Il fumetto è oggi davvero vitale e percorso da continue e raffinate metamorfosi. Sempre di più proietta le proprie vicende e i propri personaggi nella storia: è il caso sia di Berlin, la città delle pietre, in cui i personaggi respirano l’ansia del proprio tempo, preludio alla seconda guerra mondiale; sia delle varie pubblicazioni legate alle vicende dell’inquisitore Eymerich nato dalla penna di Valerio Evangelisti. E non manca neppure il fumetto «popolare», in cui un supereroe come Hulk, invece di salvare l’uomo occidentale dal suo difficile destino, ne rappresenta le inquietudini e gli stati d’animo più contraddittori.
 
Il percorso artistico e commerciale del fumetto è sempre più vario, fuso e talvolta confuso con le diverse forme e modalità dei media. Non c’è dubbio: nella storia della letteratura disegnata non c’è mai stata una tale varietà di stili, di formati editoriali, di scambi con il cinema, la musica, la televisione, la letteratura. E di tanta vitalità raramente si ha traccia sui giornali, sui periodici in forma di recensione o di notizia. Perché si tratta di un movimento graduale, silenzioso, raffinato, di una metamorfosi artistica costante fatta di piccoli numeri, di budget discreti, che non possono contare, spesso, né su grandi cifre né su uffici stampa. Eppure, quali meraviglie nasconde il fumetto tra le sue vignette più autoriali e quelle più popolari, e quante suggestioni, proposte, rielaborazioni, azzardi, tra le proposte di editori grandi e piccoli, specializzati e non.
Berlin, la città delle pietre, ad esempio. Nella prima parte di questo lungo romanzo a fumetti di Jason Lutes, il racconto è anche rivisitazione della storia. Come nei fumetti avventurosi di Max Fridman firmati da Vittorio Giardino, i personaggi respirano l’ansia del proprio tempo che, in entrambi i casi, prelude alla seconda guerra mondiale. Ma nel fumetto dell’autore americano ciò che sta intorno ai personaggi sembra importante almeno quanto le loro vicende personali. Se dovessimo cercare gli elementi ispiratori di quest’opera li troveremmo piuttosto nei fumetti di Will Eisner sulla New York degli anni venti, nel Maus di Art Spiegelman ma anche nell’Heimat cinematografico di Edgar Reitz. I destini dei personaggi, ad esempio il giornalista Kurt Severing e la pittrice Marthe Muller, galleggiano con i loro sentimenti, le loro illusioni, i loro ideali, nel mare che preannuncia la tempesta. Questo scorcio di un drammatico tempo passato permette di vedere, come nei Buddenbrook, e come, ancora, nelle storie di Eisner, i destini umani dall’alto, con un senso di pietas che sarebbe molto coraggioso tradurre, riportare in qualche modo sui nostri destini e sul nostro mondo presente. Ma in questo lavoro di Lutes c’è anche l’impegno di un americano che affronta i temi con uno stile del tutto europeo, non solo nella ricerca grafica, ma anche in quella narrativa. Raccogliendo e accogliendo proposte pittoriche, letterarie, filmiche, musicali, e mostrando infine come un fumetto possa essere un meraviglioso centro di raccolta di suggestioni assai diverse.
Di solito i supereroi salvano l’uomo occidentale, mentre Hulk ne descrive le contraddizioni. E straordinario come il fumetto popolare americano possa volgarizzare temi tanto alti. Ma allo stesso modo è sconvolgente come questo fumetto, destinato principalmente al pubblico giovane, possa descrivere gli stati d’animo, e cogliere le inquietudini dei propri lettori. Hulk è l’urlo di dolore, è l’inconscio rimosso che viene fuori con il furore spettacolare di una manifestazione psicosomatica che mette in crisi il modello della civiltà occidentale, ricca e perversa. Ci chiediamo che cosa abbia indotto Ang Lee ad ambientare il finale del suo film (bellissimo per chi scrive; ma il raggio di opinioni possibili ha coperto davvero i 360 gradi) tra la gente povera di un paese sudamericano in cui guerriglieri senza scrupoli non esitano a requisire i medicinali destinati ai bambini poveri. (Non è chiaro il riferimento alla ritrosia delle multinazionali farmaceutiche – e non solo – a favorire gli aiuti quanto mai urgenti in favore del terzo mondo?) E un finale politico, questo. E non è escluso che siano stati questi interventi d’autore a rendere così difficile – e meno popolare del previsto – il suo blockbuster. Ma ciò rende ancora più sensato il mito del Golia verde, che come tutti i supereroi parte da un’intuizione fenomenale, per poi acquisire, a seconda delle interpretazioni, diverso valore e profondità. È così anche nel fumetto, dove negli ultimi decenni non si sono più camuffate le mitologie e i significati che a esse sottendono. Titoli come La psicanalisi di Hulk la dicono lunga sul desiderio di occupare (sempre con il fine spettacolare, che non esclude però una onesta, sincera partecipazione di fondo da parte di chi realizza le storie) territori colti e alti.
Altra prova è in Hulk/Banner, questa storia d’autore di Azzarello e Corben (il primo sceneggiatore di fama del fumetto americano, il secondo celebre per il suo Den fantascientifico su «Métal hurlant») in cui Banner, l’alterego di Hulk, mostra (in forma peraltro parossistica, ulteriormente deformata dal segno ironico di Corben) tutta la drammaticità dei suoi sensi di colpa, dei suoi desideri di distruzione e di autodistruzione, tipici dell’età adolescenziale, che il mondo adulto rimuove e mortifica.
Ancora la storia nel fumetto con Eymerich, l’inquisitore ricreato (sulla base di una vita realmente vissuta) da Valerio Evangelisti in vari romanzi di successo. In questo caso il fumetto non racconta la storia ma la vive, c’è dentro, e nel Medioevo di Evangelisti trova quella dimensione fantastica che supporta così bene. Fumetto che viene dalla letteratura: non è una novità. Ma è del tutto nuova, e anche sorprendente, la divisione della produzione in più pubblicazioni. Eymerich è stato I cristalli di Eymerich, uno speciale di Lazarus Ledd in formato bonelliano (quello di «Tex», per capirci) scritto da Evangelisti insieme al creatore del personaggio Ade Capone (i disegni sono di Arturo Lozzi); poi La furia di Eymerich, un libro in formato appena più piccolo di quello di un comic book, pubblicato da Mondadori e disegnato da Francesco Mattioli; infine una serie di album a colori e di grande formato pensati per il mercato francese, e sceneggiati dall’argentino Jorge Zentner, che si troveranno anche nelle librerie italiane sotto la sigla Edizioni BD. Uno stesso personaggio e storie simili che vengono raccontati con disegni, atmosfere, fogli di carta, colori diversi per un fumetto che moltiplica se stesso e la tipologia dei propri lettori.