La poesia che non sta nei libri

Da qualche decennio siamo abituati a considerare la poesia contemporanea come un genere cronicamente in crisi, privo di un vero pubblico di lettori, relegato in uno spazio tanto più marginale quanto più intasato da sempre nuove (ma mai davvero nuove) voci proposte iniziative. Negli ultimi anni, però, qualche timido segnale di cambiamento si comincia a registrare. A partire da una rinnovata attenzione al rapporto fra testo medium e destinatario.
 
Nel saggio che apre il suo recente Poesia non poesia (2008) Alfonso Berardinelli ha scritto che oggi la poesia italiana starebbe vivendo «un periodo di nuovi esperimenti». Nei libri di autori come Ruggero Savinio e Alberto Bellocchio, Jolanda Insana e Franco Marcoaldi, a manifestarsi sarebbe l’alternativa possibile di una poesia che, anche in forza di un ritrovato rigore tecnico e formale, «va incontro al lettore», «dice qualcosa di preciso e lo dice in versi riconoscibili come tali», insomma «prova a diventare recitabile e leggibile». L’apertura di credito è abbastanza condivisibile, anche se forse un po’ ottimistica. Sembra d’altronde che questa tendenza si situi in un quadro più generale di rinnovata attenzione al rapporto fra testo medium e destinatario, all’insegna di uno sforzo di ripensamento dei modi di presenza della poesia nella società. Senonché, molti dei segnali di quest’ansia di riscossa vengono da voci ed esperienze tese a ben altro che alla ricerca di leggibilità.
C’è anzi chi pensa che proprio nella prassi della lettura silenziosa – imposta anche alla parola in versi dal travolgente affermarsi, un paio di secoli fa, del sistema editoriale moderno, e della letteratura di stampo romanzesco a esso più congeniale (la «sorellastra sorda della poesia», come la chiama un po’ baldanzosamente il poeta-idéologue Gabriele Frasca) – si annidi il pernicioso virus che avrebbe via via atrofizzato la potenza comunicativa dei poeti. Nell’era della comunicazione elettrica e digitale, la vera chance di rinascita della poesia consisterebbe allora in un drastico cambio di medium, che restituisca ai versi dei poeti la loro voce, il loro corpo.
Quello della riscoperta della voce è un mito che in Italia circola da almeno trent’anni, per lo più in modi assai equivoci. A differenza però di quanto accade nei reading tradizionali (rivolti a chi i poeti non li legge e poi, finito di ascoltarli, continuerà a non leggerli), o con i recuperi allusivi e iperformalistici di una oralità/recitabilità da delibarsi però tutta sulla pagina (attraverso l’acrobatico esercizio della lettura non con gli occhi ma «con le orecchie»), la novità degli esperimenti degli ultimi quindici anni consiste nella disponibilità ad accettare davvero il momento della performance vocale, corporea, musicale, come orizzonte compiuto di progettazione pubblicazione e fruizione del testo. Il più tenace rappresentante di questa new wave poetico-musicale è il vulcanico Lello Voce, la cui esperienza quasi ventennale di contaminazione fra scrittura recitazione e musica è stata appena riassunta nell’autoantologia E esercizio della lingua (2008, libro + DADV). Ma nell’ultimo decennio la figura del poeta-performer, e la forma del cd di poesie musicate/recitate, hanno registrato un successo crescente, anche grazie al fiorire di apposite collane (dalla pionieristica «InVersi» di Aldo Nove per Bompiani, alle proposte più recenti di editori come ZONA, Sossella, Le Lettere). Né va sottovalutato il ruolo di manifestazioni intriganti come i poetry slam, gare di performance poetica in cui il pubblico applaude, fischia, giudica e infine premia i contendenti. Una forma di spettacolarizzazione del dire in versi (importata in Italia, manco a dirlo, dal solito Voce) magari un po’ aleatoria, ma non priva di potenzialità: del resto il primo poetry slam italiano, svoltosi a Roma nel 2001, fu vinto dall’allora quasi sconosciuta Sara Ventroni, oggi ritenuta da molti tra le voci più promettenti della scena poetica italiana (riconoscimento forse impensabile, d’altronde, senza la pubblicazione in un libro del suo Nel Gasometro, 2006).
Uno degli strumenti più efficaci che Voce utilizza nel suo lavoro di promotore poetico/culturale è la Rete: dal 2005 il sito www.lellovoce.it e il blog collettivo www.absolutepoetry.org presentano recensioni, eventi, dibattiti, anticipazioni di testi e video. In passato aveva condotto del resto esperimenti anche più radicali: il romanzo Cucarachas (2002) l’ha composto integralmente sotto l’occhio di una webcam che riprendeva lui e il desktop su cui scriveva, trasmettendo le immagini in diretta sul sito www.raisat- zoom.it/romanzoom.
In effetti Internet è l’altro medium emergente verso cui sembra essersi orientata, da qualche tempo, l’attenzione di una nutrita pattuglia di poeti. Il 5 settembre 2009 Andrea Cortellessa ha recensito su «Tuttolibri» il volumetto di Gherardo Bortolotti Tecniche di basso livello (2009), presentandolo come una delle prime conferme del «Nuovo» che da tempo si attendeva dalla Rete. Certo, che per essere recensito quel «Nuovo» dalla Rete debba appunto uscirne, approdando alla solida terraferma della carta stampata, è di per sé significativo. Comunque la segnalazione mira al bersaglio giusto: non solo il libro di Bortolotti sul web c’è nato (sul suo blog bgmole.blogsome.it), ma l’autore è anche uno dei fondatori, insieme ad Alessandro Broggi, Marco Giovenale, Massimo Sannelli e Michele Zaffarano (ora affiancati da Andrea Raos e Andrea Inglese) del blog collettivo di poesia e scrittura «di ricerca» GAMMM (www.gammm.org), attivo dal 2006. Nati tutti tra gli anni sessanta e settanta, questi poeti curano a loro volta una serie di blogs personali, collaborano a siti e blog altrui, dirigono riviste on line. Assidua, in particolare, è la loro presenza sui siti di Voce e su Nazione indiana (www.nazioneindiana.org), uno dei litblog italiani più seguiti, che del resto annovera tra i collaboratori anche Inglese e Raos (oltre a poeti come Franco Buffoni e Massimo Rizzante). Decisivo è poi il rapporto, che in certa misura è anche un debito, con l’attività in rete di Biagio Cepollaro (un altro ex codirettore della rivista «Baldus», come Voce). La scelta radicale di traslocare la sua attività in Rete, a partire dal 2003, con il sito www.cepollaro.it e il blog Poesia da fare (www.cepollaro. splinder.com), è culminata nella creazione della Biagio Cepollaro E-dizioni e della collana Poesia Italiana E-book (www.cepollaro.it/ poesiaitaliana/E-book.htm), che gli ha permesso di «superare la barriera dell’editoria cartacea» per pubblicare in formato elettronico sia alcuni «classici» della poesia di ricerca (da Corrado Costa ad Amelia Rosselli, da Giuliano Mesa a Mariano Bàino), sia una ricca serie di inediti di poeti giovani e spesso esordienti: una cinquantina di titoli in tre anni, dal 2004 al 2007, tutti scaricabili gratuitamente in pdf, tra cui figurano opere di Giovenale (Endoglosse, 2004), Sannelli (Le cose che non sono, 2004 e Undici madrigali, 2006), Inglese (L’indomestico, 2005), Bortolotti (Canopo, 2005), Broggi (Quaderni aperti, 2005), Zaffarano (Post it, 2006). Interrotta da Cepollaro, la pubblicazione di e-book in versi è ripresa poi su GAMMM (anche nel bizzarro microformato OPEB: One Page E-Book).
A differenza non solo delle centinaia di altri siti dedicati alle scritture/letture in versi (dai più velleitari ai più professionali: come il blog curato da Ottavio Rossani per il «Corriere»), ma anche degli stessi siti-vetrina allestiti da o per singoli poeti, in queste nuove iniziative si avverte subito una più consapevole strategia o politica di presenza. La nota di presentazione di GAMMM lo dice esplicitamente: «think link, le connessioni sono conoscenza, e letteratura». Nello spazio illimitato ma dipersivo del web, l’obiettivo è creare un addensamento, definirsi come il centro gravitazionale di un sistema, percepito peraltro come un’alternativa liberatoria al cappio delle logiche «miopi» e «grette» dell’industria editoriale. La pagina dei link di GAMMM elenca in un indice ragionato circa 500 voci, e su Absolute Poetry è stato predisposto Absolute PoeGator, «il primo aggregatore internazionale dedicato ai siti di poesia attivo in Italia». Non solo esserci e occupare uno spazio, insomma, ma ancorarlo, strutturarlo, renderlo percorribile. L’attrattiva di un ampliamento del bacino potenziale di «contatti» è ovvia: anche se il «navigatore» elettivo sembra essere comunque l’appassionato esperto, e la formula della poesia gratis è una risposta un po’ ambivalente all’obiezione che i versi (di ricerca, poi!) non si vendono.
Quanto alle opzioni di poetica, a dominare è uno spiccato senso di apertura. Su Absolute Poetry Voce sottolinea che i suoi redattori «non si riconoscono in poetiche comuni, né hanno stabilito tra loro alcun tipo di patto o progetto»: li unisce la passione per la poesia «attraverso qualsiasi media essa sia praticata: dal libro scritto, allo spoken word, alla multimedialità e alla performance». Più marcato l’orientamento di GAMMM, che si propone di dare «ospitalità alla ricerca, tutto qui. Bassa fedeltà, bassa risoluzione, frammenti, installazione, non performance, non spettacolo». Cosa si debba intendere di preciso per «ricerca» è tema ricorrente di riflessione e confronto: nell’e-book Dialogo a più voci. Poesia di ricerca e poesia di risultato (2007) Cepollaro ha raccolto gli esiti di un ampio dibattito svoltosi sul suo blog. In linea di massima, se comune è l’insofferenza per il diarismo lirico più o meno di maniera, si guarda con sospetto anche agli sperimentalismi a freddo, al primato del progetto sull’esecuzione, del procedimento sul prodotto. Centrale è l’insistenza sul momento del confronto, dell’ascolto della poesia altrui, con una forte apertura anche e soprattutto internazionale, e un intenso impegno di traduzione: sono di autori contemporanei stranieri, soprattutto americani e francesi, circa metà degli e-books pubblicati su GAMMM (da Georges Perec a Charles Bernstein, Paul Vangelisti, Jean-Marie Gleize ecc.), e buona parte dei testi o frammenti proposti nei singoli post (un orientamento che si riflette sui dati di fruizione del blog, che certificano un’utenza anche internazionale).
La tensione conoscitiva, etica e finanche politica richiesta alla scrittura riflette l’aspirazione a una poesia radicata nel presente, tesa a indagare le dinamiche spersonalizzanti del mondo contemporaneo. In questa prospettiva si inscrive l’idea tecnica del testo come «installazione» coltivata su GAMMM, per cui «il lavoro dell’autore è quello di proporre un ordine, esponendone la sintassi, eventualmente anche come ipotesi sull’ordine del mondo». Sul piano della produzione se ne percepisce l’influenza soprattutto nei testi di quegli autori (come Broggi, Giovenale, Bortolotti) che lavorano non con il verso ma con la prosa – pur se una prosa «poeticamente» tagliata e sabotata. Le loro sono scritture frammentarie costruite per via di sottrazione, o meglio applicando una sorta di regola d’inversione nel rapporto tra vuoti e pieni, dettaglio e contesto, episodio e narrazione. Ciò che resta sulla pagina si offre – sia pure in modi diversi – come traccia o residuo di un racconto inceppato o imploso: di un ordine del discorso, cioè, costantemente evocato (dalla coerenza latente dei testi-tassello, dalla predilezione per costruzioni sintattiche articolate e avvolgenti, dal ricorso a immagini di intensa evidenza piastica) ma infine non convocabile di fronte al lettore a ricomporre un’idea unitaria del reale.
Meno avvertibile è l’influsso del medium nei testi dei poeti in versi. Qui la pagina web resta, più che una forma, una collocazione: peraltro provvisoria, in attesa della vera pubblicazione in un vero libro. Andrea Inglese, ad esempio, ha rifuso buona parte dell’e-book L’indomestico nell’omonima sezione del suo recente La distrazione (2008): come ha fatto del resto con altre plaquettes a stampa. Da questo punto di vista, insomma, le potenzialità del web (la non linearità, la multimedialità) sono ancora tutte da sondare.
Difficile dire se il futuro, o una parte rilevante del futuro della poesia passerà davvero sulle tracce di CD e DVD, o per le pagine di blog e siti Internet, oltre che dentro i libri. Nell’insieme tutti questi segnali, diversi e certo ancora un po’ confusi, testimoniano di un’esigenza diffusa di riposizionamento, che sembra legittimare un timido atto di fiducia nella possibilità che qualcosa nella poesia italiana contemporanea stia cambiando o, se non altro, sia sul punto di poter cambiare. Senza perder di vista le proporzioni, naturalmente: perché la centralità del libro, nel definire non solo i modi della messa in pubblico, ma anche quelli della composizione, pare a tutt’oggi assai salda. Alla garanzia delle «mute» e «sorde» pagine inchiostrate, gli stessi poeti che sperimentano l’uso dei nuovi media digitali non sembrano affatto poter (e voler) ancora rinunciare. Il che ci riporta alla provocazione iniziale di Berardinelli: quella della leggibilità appare, almeno per ora, la sfida cruciale della poesia contemporanea. Che sia solo questione di tempo? E allora non resta che tenere gli occhi (e le orecchie, per carità, anche le orecchie) bene aperti.