Il pornofumetto e la reversibilità dei ruoli sessuali

Mentre si continuano a ristampare le tavole e le storie dei maestri dell’eros disegnato, i graphic novel erotici più recenti prediligono la contaminazione tra discorso pornografico e generi narrativi di consumo, all’insegna di una gamma assai variegata di esperienze e di esiti. Ad avvantaggiarsene sarà spesso quella solidità d’intreccio che la misura lunga richiede, ma la declinazione hard dei moduli della fantascienza, dell’horror, della spy story, del fantasy finisce anche per rivelare un’inedita e sempre più intensa reversibilità dei ruoli sessuali.
 
Addentrarsi nell’universo vasto e composito dell’eros disegnato non è semplice: a ostacolare un’indagine sistematica sono in primo luogo le concrete difficoltà di reperimento di un materiale eterogeneo per esiti, destinazione editoriale e orizzonte d’attesa. Malgrado il contributo sempre più importante del web, le esperienze più recenti stentano a uscire da un mercato di nicchia, mentre i circuiti tradizionali della grande distribuzione libraria ospitano quasi esclusivamente le firme gloriose della fumettistica erotica dei decenni scorsi in una sostanziale uniformità di offerta che privilegia le esperienze più raffinate e riconosciute, in grado di oltrepassare la storica separatezza del genere per essere ammesse a pieno titolo entro i confini del disegno artistico di qualità.
Va rilevato, d’altra parte, che in quest’ambito il fenomeno delle riedizioni e ristampe degli albi di alcune prestigiose matite ha assunto dimensioni considerevoli, soprattutto grazie al peso dei grandi editori nazionali che si sono lanciati nell’impresa: basterà citare le due retrospettive dell’opera erotica di Magnus edite recentemente da Rizzoli Lizard (Erotico e fantastico. Opere 19801995,2009; Racconti erotici e dell’orrore, 2010), la riproposta pressoché continua – si parla di tre o quattro titoli all’anno nell’ultimo periodo – delle storie di Milo Manara portata avanti da Mondadori, o ancora la ripubblicazione delle avventure di Valentina, con tanto di commento filologico, promossa da un colosso della gadgettistica da libreria come Magazzini Salani.
Operazioni editoriali volte al recupero, celebrativo e nostalgico, dell’epoca aurea dell’eros a fumetti sono anche due antologie dedicate al genere: Maledette vi amerò. Le grandi eroine del fumetto erotico italiano a cura di Sergio Rossi, che sin dal titolo punta a rivitalizzare presso nuove generazioni di lettori il fascino di alcune note e disinibite protagoniste, e Alta infedeltà. Il meglio dell’eros italiano a fumetti, a cura di Diego Cajelli e Marco Schiavone, che invece assembla una serie di storie e disegnatori di livello eterogeneo. La vasta portata commerciale di queste e altre simili iniziative segnala un durevole interesse di lettura nei confronti degli autori che hanno fatto la storia del fumetto erotico italiano, ma ne indica soprattutto un allargamento e insieme un innalzamento qualitativo dell’area di ricezione: una mutata composizione del pubblico tutta nel segno dell’equiparazione definitiva tra questi testi e le altre tipologie della produzione grafica di intrattenimento. Va da sé che in un orizzonte editoriale di questo tipo il potenziale eversivo dei «fumettacci» esce abbondantemente mitigato: ci troviamo semmai di fronte a una sostanziale consacrazione estetica del fenomeno.
L’intento attualizzante e insieme nobilitante di molti repechages è del resto innegabile: non è un caso che le tavole dei maestri del genere, abbinate ad alcuni classici dell’erotismo letterario, siano state riedite proprio sulla scia del successo crescente, anche in ambito nazionale, dei graphic novel letterariamente più raffinati. Ne è un esempio un’opera come Tre classici dell’erotismo, che accosta La marchesa di O… di Kleist illustrato da Crepax, Lettere di una monaca portoghese con disegni di Manara, e Sonetti erotici di Giorgio Baffo con figure di Hugo Pratt. Al medesimo scopo di valorizzazione delle sintesi più sofisticate tra parola e immagine risponde la collana «Ars Amandi» dell’editore ES, che ha riproposto le tavole di Crepax per Emmanuelle, in due volumi (2007 e 2009), e per Histoire d’O (2008). Mentre punta a una selezione verso l’alto dei destinatari, la pratica di illustrare testi letterari, osé o meno, va a vantaggio della misura lunga della narrazione fumettistica: si tratta di una morfologia in gran parte inedita per quel che riguarda l’eros disegnato, che più di altri generi, per sua natura, fatica a oltrepassare la forma autoconclusa del singolo episodio.
Del resto non è difficile accorgersi che nei graphic novel a dominante erotica il distendersi del racconto su campiture ampie avviene grazie all’innesto della tematica pornografica su altre forme narrative. Può trattarsi di elementari complicazioni d’intreccio, per cui le scene di sesso fungono da raccordo tra una peripezia e l’altra, ma più di frequente si assiste a una vera e propria contaminazione tra il disegno erotico e i generi tipici dell’avventurosità romanzesca, che garantiscano al non immenso repertorio delle immagini copulatone una qualche solidità d’impianto e tenuta narrativa.
D’altra parte, è proprio l’irrealistico sfrenamento immaginativo insito nella rappresentazione pornografica a adattarsi assai bene alla creazione di mondi fantastici paralleli: basterebbe constatare la frequenza con cui il fumetto per adulti si sposa al racconto fantascientifico, al fantasy, al genere cyborg.
Così avviene in un altro classico hard comic recentemente riedito, la saga di Druuna di Paolo Serpieri di cui l’editore Lo Scarabeo ha da poco ristampato in volume Morbus Gravis e Delta (2010). Come nella maggior parte dei fumetti per adulti degli anni settanta e ottanta, anche qui il maggior potenziale attrattivo e lo stigma di riconoscibilità del prodotto risiede nella fisionomia inconfondibile della figura femminile protagonista, tratteggiata come di consueto con un’attenzione realistica per i particolari anatomici che ne potenzi il sex appeal. Nel caso di Druuna, tuttavia, l’accuratezza del disegno e della sceneggiatura coinvolge parimenti lo sfondo ambientale, un universo di fantasia meticolosamente delineato: trova qui smentita uno degli assiomi del racconto pornografico, dove la tecnica dell’ingrandimento del dettaglio riservata alla rappresentazione dell’amplesso lascia in secondo piano il fondale. Nel lavoro di Serpieri le vignette a carattere osceno non sovrastano mai quelle dedicate all’orchestrazione d’intreccio, in un capovolgimento della gerarchia narrativa tipica del genere. Druuna si muove in un cupo panorama postapocalittico, invaso da mutanti crudeli e da un pestilenziale contagio che trasforma gli umani superstiti in viscidi mostri tentacolari; il suo ripetuto concedersi agli appetiti carnali di chiunque incontri trova giustificazione diegetica nelle movimentate traversie a cui la procace eroina deve far fronte, per sopravvivere in un contesto ambientale spaventoso e ostile. Lo spessore non banale delle storie di Serpieri è dato anzitutto dalla drammaticità chiaroscurata del racconto, dove il ritmo avventuroso dell’intreccio, le movenze horror e la tensione erotica si potenziano vicendevolmente senza che una componente prevalga sull’altra in modo netto, grazie anche a un segno molto marcato e all’uso uniforme del colore.
Le prove più recenti di fumetto pornofantascientifico paiono tuttavia perlopiù lontane dalla concitazione tetra della saga di Druuna, inclinando a una rappresentazione della sessualità più distesa, anche se forse non meno inquieta. Sono in particolare gli artisti riuniti attorno all’impresa editoriale di Francesco Coniglio, e soprattutto quelli formatisi durante l’esperienza della rivista «Blue» negli anni novanta e poi di «X Comics» nel primo decennio del Duemila, a interpretare il fumetto erotico nel segno della curiosità giocosa, con esiti diseguali per qualità grafica e narrativa, ma dando prova di una complessiva vocazione al rinnovamento sperimentale del genere, soprattutto attraverso un confronto attivo con la produzione manga giapponese.
Un esempio di fumettistica per adulti dai toni apertamente scanzonati è Sesso alieno di Marco Turini, disegnatore già noto agli appassionati del genere per aver dato vita a Claudia Poe, sinuosa ragazza disegnata apparsa solo su Internet, le cui vicende erotiche si sviluppavano attraverso un dialogo interattivo con i navigatori. Nel volume del 2007, la contaminazione tra eros e tematica fantascientifica è mossa da intenti parodici; attraverso lo schermo digitale di un’astronave, due extraterrestri osservano incuriositi varianti e complicazioni della sessualità umana. Scorrono così immagini di amplessi lesbici, autoerotismo in ufficio, sesso coniugale – o meglio mancato sesso coniugale, dato che il marito teledipendente rimane cieco e sordo di fronte ai legittimi desideri della sfortunata consorte. Il ricorso ad alcuni blandi cliché del racconto di fantascienza diviene dunque mero espediente narrativo per una carrellata di rappresentazioni pornografiche più o meno riuscite, finché gli spettatori alieni, palesi controfigure del lettore, arrivano a concludere che le pratiche sessuali sul pianeta Terra siano viziate da incomprensibili tortuosità psicologiche.
Le suggestioni dell’erotismo fantascientifico sono sviluppate in modo assai più sofisticato da uno dei più recenti graphic novel di Roberto Baldazzini, una delle matite più celebri del fumetto erotico, che in Trans/est si avvale della collaborazione di uno sceneggiatore e consulente editoriale smaliziato come Daniele Brolli. La vicenda, che fa il verso ai classici del racconto di spionaggio e insieme attinge all’immaginario cyberpunk, si svolge in una dimensione temporale indefinita, ma volutamente straniata: mentre gli interni domestici e l’abbigliamento dei personaggi richiamano gli anni trenta-quaranta, l’ambientazione è tecnologica e futuribile, all’insegna di una simbiosi avanzata tra uomo e macchina. Le due potenze di Lusitania e Eastlandia si combattono ferocemente con spietati metodi polizieschi, ma le armi consistono in pratiche sessuali sadomasochistiche. In questo scenario pornoguerresco, la protagonista Marta viene mandata al di là delle linee nemiche come spia, dopo un addestramento che l’ha dotata di un organo maschile per meglio carpire i segreti piani degli avversari: uscirà infine vittoriosa al termine di un crescendo di peripezie sessuali, fughe avventurose e accoppiamenti tra creature mutanti. La componente erotica del racconto è raffreddata da un citazionismo di secondo grado che ammicca ai più noti generi narrativi di consumo, ma agli effetti di straniamento parodico concorre soprattutto un impianto grafico che si rifà con evidenza alla Pop art di Lichtenstein, attraverso l’uso del retino e di bianchi molto accesi a contrasto.
Ai temi transgender e alla reversibilità delle identità maschili e femminili punta anche Cristina Fabris, una delle maggiori illustratrici erotiche italiane: in Anna Lynch. La Porta d’Oriente (con testi di Lucia Del Re) campeggia una protagonista spietata e senza scrupoli, che pure infine soccombe ai turbamenti erotici di un amore transessuale. Vale la pena rimarcare che l’ingresso delle fumettiste in un mercato fino a non molto tempo fa esclusivamente riservato agli uomini ha portato nell’universo chiuso dell’hard comic alcuni vistosi mutamenti di prospettiva (se ne è parlato in Tirature VI). Difficile non accorgersi che Anna Lynch è una eroina porno assai lontana non solo dalle sue antenate cartacee degli anni settanta e ottanta, ma anche da gran parte delle protagoniste del fumetto recente, sempre pronte a sottomettersi ai desideri del maschio: non che disdegni le pratiche erotiche più eccentriche, tutt’altro, ma vuole essere lei a condurre il gioco. Non solo la produzione, ma anche il pubblico del fumetto erotico si sta d’altronde aprendo alla componente femminile: naturale quindi fornire alle lettrici figure con cui l’immedesimazione sia possibile. Ad avvalorare questo rovesciamento di ruoli interviene una caratterizzazione sociologica decisiva: Anna Lynch non è solo una femmina incontentabile, ma è soprattutto una potentissima manager cosmopolita, a capo di una colossale banca d’affari. E del resto sintomatico che la misura delle vignette deputate alla descrizione d’ambiente sopravanzi spesso la dimensione dei riquadri delle scene copulatone, estendendosi anche a mezza pagina: il gigantismo del repertorio di grattacieli scintillanti, jet privati, limousine e suite alberghiere di lusso concorre alla definizione del temperamento sadico della protagonista ancor meglio dei perfidi ricatti sessuali cui ama sottoporre i suoi concorrenti commerciali. Andrà poi osservato che per quanto stereotipata, l’ambientazione contemporanea del fumetto della Fabris va in controtendenza rispetto alle scelte di molti colleghi, che si è visto optano di frequente per la messa in scena del sesso in un altrove spaziotemporale forse più rassicurante.
Da questo punto di vista non fa eccezione il lavoro di Giuseppe Manunta, che s’ispira alle epopee fantasy: le avventure della sua eroina Giunchiglia, apparsa sulle pagine di «Blue» a metà degli anni novanta, sono state poi pubblicate in volume (Il fiore d’Irlanda, 2004; Giunchiglia. Il Tomo sacro, 2007, entrambi da Coniglio Editore) con notevole successo di pubblico. La saga di Manunta si finge ambientata in un’antica civiltà celtica, e le sue tavole sono popolate da bizzarre creature fatate: nani, elfi, ninfe, maghi e principesse guerriere, tutti beninteso dediti a una compulsiva e multiforme attività amatoria. Vero e proprio perno di ogni avventura è la deliziosa Giunchiglia, che, come qualsiasi eroina porno che si rispetti, sfoggia senza remore un’avvenente nudità: il suo fascino è reso ancora più conturbante da un paio di minuscole corna che spuntano dalla chioma fulva, mentre il grazioso posteriore è completato da una sinuosa codina. Sono questi elementi iconografici tipicamente demoniaci a determinare in ultima istanza la diversità desiderabile della protagonista, se non fosse che Giunchiglia in parte contraddice alcuni assunti del genere pornografico. Non è tanto il candore etereo a contraddirne le sembianze diavolesche, secondo i tratti di una femminilità ambigua, sospesa tra purità e laidezza, che da sempre popola l’immaginario maschile, quanto soprattutto la castità inviolata, davvero inconsueta nel contesto. La ragazza vorrebbe bensì concedersi all’oggetto d’amore, il principe Link, ma costui la fugge e la spregia, disgustato dalle lievi deformità del suo bel corpo. A prima vista, gli accenti cupi e le tensioni ferali che contraddistinguono buona parte del fumetto pornografico contemporaneo appaiono qui del tutto assenti: le allegre e sconclusionate peripezie dei personaggi fanno semmai sorridere; a questa leggerezza di tocco molto concorrono un segno elegante e la delicatezza dei colori ad acquerello, dove si avvertono le influenze della grafica art nouveau.
A una riflessione più attenta, tuttavia, la centralità narrativa della diversità fisica accomuna più in profondità di quanto sembri l’universo favolistico e molto tradizionale di Manunta alle derive cyborg e alle figure transgender che tanto ossessivamente ricorrono nella pornografia a fumetti dell’ultimo decennio. E infatti senza dubbio la tematizzazione insistita dell’ambiguità erotica, e la definizione fluida dell’identità personale e sessuale, la cifra che differenzia la produzione più recente dai modelli dell’eros disegnato degli anni settanta e ottanta. Per quanto al suo primo apparire senz’altro più eversiva sul piano del costume, quella pornografia illustrata metteva in scena situazioni e ruoli sessuali assai più rigidi di quel che accade oggi. Del resto, perché stupirsene. Se le inquietudini e gli entusiasmi del nostro tempo risiedono anche nella fragilità dei ruoli e nel disorientamento dei rapporti – tra maschio e femmina, tra carnalità e virtualità digitale –, anche i «fumettacci» sono lì a dircelo, a loro modo.