Sergio Bonelli

Il veronese Paolo Bacilieri è uno dei fumettisti più apprezzati e talentuosi di quella generazione che ha in Andrea Pazienza il mai troppo rimpianto fratello maggiore. All’esordio a metà anni ottanta con Il tesoro degli Imbaia, su testi di Branco Mescola, segue una serie di lavori (Barokko, Durasagra, Zeno Porno) che lo rende quasi un personaggio di culto per appassionati. A fine anni novanta entra nella scuderia Bonelli, con le testate «Jan Dix» e «Napoleone». E proprio a Sergio Bonelli, da poco scomparso, Bacilieri dedica queste tavole inedite, «un minuto di silenzio per un amico che con dignità e passione ci ha accompagnato fino a qui e che con i suoi fumetti continuerà a farlo».
 
Sergio Bonelli era uno strano fenomeno nel panorama dei fumetti italiani e non solo italiani. Un autore di fumetti («Zagor» e «Mister No») figlio d’arte diventato editore, Bonelli era il fumetto seriale, da edicola, quel fumetto povero di mezzi e contenuti, che era innanzitutto un oggetto, un albo, da portare in metropolitana, a scuola, in spiaggia, in bagno e leggere/divorare in un quarto d’ora. Storie «di genere», con «l’eroe con la pistola» per un pubblico che all’origine maschile e adolescenziale si è via via differenziato e stratificato.
Produttore di fumetti italianissimi, dai quali molti autori cercano di allontanarsi il più possibile, Sergio Bonelli rappresenta da mezzo secolo un’idea di fumetto ritenuta agli antipodi di quello che oggi chiamiamo appunto graphic novel.
Lo è davvero? Non esattamente.
Basterebbe dare un’occhiata ad alcune produzioni «minori», la serie «Ken Parker» per esempio, il lavoro «neorealista» di Rino Albertarelli sui protagonisti del West, la collana «Un uomo un’avventura» degli anni settanta (libri in grande formato, a colori, di autori diversi senza un personaggio fisso), per convincersene. Ma anche in «Tex», «Dylan Dog», «Julia», si trovano spesso albi che non hanno nulla da invidiare al cosiddetto «fumetto d’autore».
La SBE con le sue migliaia di tavole di storie ininterrotte, in bianco e nero su carta poverissima, niente pubblicità, niente che distolga dall’immersione nel racconto, cura meticolosa degli apparati (storici, linguistici, grafici) è, al di là della qualità delle singole storie, uno spazio di possibile sviluppo di questo medium, di soluzioni narrative inedite, graphic novel compreso.
Sergio (se ne volete un ritratto non agiografico, vivo, leggete Non è successo niente, l’ignoratissimo romanzo semiautobiografico di Tiziano Sclavi, creatore di Dylan Dog. Se fosse a fumetti rientrerebbe a pieno titolo nella categoria graphic novel, racconta la vita quotidiana milanese di un gruppo di autori e redattori di fumetti. SB vi compare sotto lo pseudonimo Ravasciò) se ne è andato in vacanza permanente, lasciando una casa editrice in salute con un bacino di lettori invidiabile, anzi incredibile.
Per chi prenderà in mano le cose in redazione e per noi che ci lavoriamo c’è molto da fare.
Quello che segue è un silenzioso omaggio che non ha dietro molti ragionamenti, è più da considerarsi un requiem o più modestamente un «minuto di silenzio» per un amico che con dignità e passione ci ha accompagnato fino a qui e che con i suoi fumetti continuerà a farlo.
Buona lettura.