Dall’edicola alla libreria

Il fumetto italiano ha sempre avuto il suo perno nelle edicole, ma le opere che nascono dagli anni novanta in poi venivano snaturate dalla segmentazione in uscite di poche pagine. L’approdo nelle librerie di varia – e la definizione del nuovo formato 17×24 cm, pensato espressamente per gli scaffali e in breve divenuto l’emblema grafico e merceologico del settore – è decisivo: consente il contatto con un pubblico adulto e trasversale. Una mutazione trainata dalle piccole e piccolissime imprese specializzate – Mondo Naif Kappa Edizioni, Black Velvet, Coconino Press – che si fanno avanguardia culturale di un mercato esplorato dai grandi gruppi editoriali solo in tempi più recenti, e con qualche cautela.
 
Il primo volume a fumetti che riporta in copertina la dicitura graphic novel, appare negli USA nel 1978. Si tratta del celebre Contratto con Dio di Will Eisner, seguito, nel decennio successivo, da altre importanti opere in formati diversi da quelli classici, tese a sperimentare, graficamente e sul piano narrativo, le possibilità offerte dal medium.
La diffusione del fenomeno graphic novel è iniziata, quindi, tra i venti e i trent’anni fa; tuttavia, il nostro paese rimase a lungo escluso dal cambiamento. I motivi di questo ritardo sono diversi. In primo luogo, è bene ricordare che negli anni novanta il cosiddetto «fumetto d’autore» era entrato in crisi, o meglio, versavano in difficoltà le riviste su cui questo genere di narrativa trovava spazio. Il fumetto italiano ha sempre avuto il suo perno nelle edicole e quindi nei periodici, ma le opere che stavano nascendo in quegli anni venivano snaturate dalla segmentazione in molte uscite di poche pagine, presentate al pubblico dopo lunghi intervalli (generalmente con cadenza mensile, ma i ritardi erano di rito), perché erano pensate in funzione di una pubblicazione in veste unica.
Mancava, al contempo, un sistema distributivo che non si basasse unicamente sui chioschi. Erano sì nate le librerie specializzate, ma erano talmente poche e così inegualmente diffuse, da non poter costituire una valida piattaforma d’acquisto, almeno fino a fine decennio. Gli editori interessati al fumetto non seriale e di sperimentazione mancavano, in quel momento, dei mezzi e delle capacità per veicolare i nuovi prodotti a un pubblico sufficientemente ampio. Nei paesi in cui la forma graphic novel si sviluppa, in effetti, decisiva è la vendita sugli scaffali delle librerie di varia, poiché ciò consente il contatto con un pubblico adulto e trasversale, non per forza motivato in senso idiosincratico.
E necessario precisare che, nel corso degli anni, il termine graphic novel ha assunto un significato ampio ed è stato utilizzato più dagli editori che dagli autori e dai critici di fumetti: molti editori, anche italiani, etichettano così non solo il fumetto non seriale, di ampio respiro, rivolto a un pubblico adulto e concepito unitariamente, ma qualsiasi libro a fumetti. Gli autori, invece, considerano graphic novel un termine generico e impreciso, poco adatto a definire il proprio lavoro.
Nel periodo in cui il fenomeno nasce e si sviluppa, in ogni caso, la distribuzione è affidata a gruppi di autori e case editrici indipendenti, affiancati solo successivamente da grandi editori che creano etichette apposite, per inserirsi in un segmento di mercato in progressiva espansione. In Italia ciò non accade: i pochi grandi editori di settore non si avvicinano, se non saltuariamente, al graphic novel, considerando le vendite in libreria (20mila copie vendute sono un vero successo per il nostro mercato) non paragonabili a quelle nelle edicole, dove le tirature viaggiano sul centinaio di migliaia di esemplari, per poter raggiungere adeguatamente tutti i 3 Ornila chioschi italiani. Va poi considerato un vecchio pregiudizio, per cui il fumetto, inteso come prodotto popolare, non poteva trovare spazio in libreria, luogo frequentato da lettori «colti». L’atteggiamento di grandi protagonisti delle edicole, quali Bonelli (il cui «Tex», nel 2010, vendeva 220mila copie al mese) e Disney, dunque, ha rallentato di molto la diffusione dei graphic novel e ha reso più difficile la creazione di un mercato in Italia.
Cambiamenti significativi in questo senso si verificano alla fine degli anni novanta. Tra i primi a occuparsi di romanzi grafici c’è il gruppo bolognese dei Kappa Boys, noto essenzialmente nel mondo dei manga, che inaugura nel 1995 il progetto «Mondo Naif»: una rivista antologica sulla quale compaiono storie brevi, scritte e disegnate da giovani autori italiani. Non essendo in grado di garantire la periodicità da edicola, e assomigliando sempre più i testi qui contenuti a prodotti di una piccola casa editrice di narrativa, queste opere appariranno qualche mese dopo, riviste e corrette, con il marchio Kappa Edizioni. E visto il successo dell’iniziativa, «Mondo Naif» diventa il nucleo di un vero e proprio progetto editoriale, ben presto dotato di collegamenti in Francia, America e Giappone.
Inizialmente la casa editrice fa riferimento alle cosiddette fumetterie; ma una volta realizzato un cospicuo catalogo di titoli, si punta con decisione al mercato delle librerie di varia, dove viene confluendo un pubblico piuttosto differenziato: i lettori di manga, fedeli ai Kappa Boys dagli inizi, e gli appassionati di fumetto d’autore e di graphic novel. Il formato dei testi, 17×24 cm, è pensato espressamente per gli scaffali delle librerie: allo scopo di rendere riconoscibili le pubblicazioni, lo si utilizza in pratica per tutti i volumi, fino a farne l’emblema grafico e merceologico per altri editori del settore.
Nel 1997 nasce, grazie a Omar Martini e Luca Bernardi, la Black Velvet, che si dedica in origine al fumetto americano incentrato sull’autobiografia e su storie di quotidianità corrente (Chester Brown, Jason Lutes, Jessica Abel), nonché su testi di critica riguardo allo specifico medium. In seguito, la scelta degli autori si allarga ad altri continenti, fino a diventare, negli ultimi anni, molto attenta alle opere italiane più innovative. Ma di là da testi e autori contemporanei, la casa editrice si è pure interessata al recupero storico e tradizionale, ripubblicando tavole non facilmente reperibili, sia italiane che internazionali. Tre anni dopo, nel 2000, nasce una casa editrice il cui ruolo è stato decisivo per l’allargamento del pubblico di graphic novel e per la spinta alla diffusione e creazione di fumetti di qualità in Italia: la Coconino Press.
Il marchio sorge a Bologna grazie alla collaborazione di Igor Tuveri (Igort), autore noto in Italia e all’estero, il distributore Carlo Barbieri e l’imprenditore Simone Romani, oggi editor di Lizard. Da subito, anche grazie ai contatti di Igort, Coconino si distingue per la qualità dei titoli proposti, quasi tutti stranieri; e per la cura editoriale con cui vengono realizzati. La cooperazione internazionale è un elemento fondamentale per i bolognesi: grazie a diverse coproduzioni, giungono sulla penisola autori importanti e, allo stesso tempo, si crea una rete attraverso cui proporre giovani autori italiani a un pubblico più ampio e attento di quello nazionale. Nonostante i problemi economici e organizzativi a cui la casa editrice deve far fronte, dopo soli cinque anni di lavoro può vantare un catalogo solido e ben fornito, nel quale la presenza italiana è in costante aumento. Il graphic novel acquisisce, in quegli anni, un’ottima visibilità mediatica anche nel nostro paese, mentre le opere targate Coconino fanno mostra di sé sugli scaffali librari e nelle recensioni di quotidiani e settimanali nazionali.
Un colpo altamente significativo viene messo a segno nel 2006 grazie alla creazione, con «la Repubblica», della collana di collaterali «Graphic Novel»: considerata una delle migliori iniziative del genere, non registra invero vendite eccezionali, però assicura visibilità alla casa editrice e ne accresce la reputazione. Il generale successo di vendita dei libri a fumetti come collaterali da edicola (i dati Aie del 2008 evidenziano, tra il 2003 e il 2007, ventinove iniziative che raggiungono in media le 80-100mila copie vendute), e il proliferare di nuove case editrici specializzate, testimoniano chiaramente l’esistenza di un mercato per questo tipo di fumetto, piccolo ma in crescita.
Becco Giallo, a Padova, e Tunué, a Latina, sono solo due di una serie di editori di graphic novel nati dal 2005 a oggi (cui si potrebbero aggiungere Bao Publishing, Canicola, Edizioni BD, Grifo Edizioni, Comma22, Coniglio Editore ecc.). Becco Giallo pubblica, corredate di documenti, storie di non fiction e inchieste trasposte a fumetti dai migliori giovani autori del panorama italiano, provenienti spesso dall’underground e dal fumetto indipendente. Il fatto di perseguire con grande coerenza e originalità una linea editoriale inedita a livello mondiale, ha permesso alla casa editrice di ottenere un’ottima risposta di pubblico e le ha consentito di diventare un punto di riferimento in Italia per il fumetto di non fiction, nonostante le sue piccolissime dimensioni.
Tunué, invece, evoluzione del portale Komix.it, costituisce un polo saggistico ricco di proposte che offrono, tra l’altro, una panoramica importante della nuova critica fumettistica; altresì investendo sul fumetto vero e proprio, in particolare sugli autori emergenti, italiani e internazionali, e sui nuovi supporti (web, iPad). Negli ultimi anni si è assistito a una maggiore specializzazione dei piccoli editori di graphic novel: si pubblicano pochi libri l’anno, dedicati a tematiche o a un pubblico definito; un atteggiamento simile a quello di certe piccole e medie case editrici di varia, che consente loro la sopravvivenza entro un mercato ristretto e, allo stesso tempo, permette di qualificare i relativi marchi.
In assenza di impulsi decisi da parte di quegli editori che avrebbero potuto determinare un reale ampliamento del mercato, sono state insomma le medie, piccole e piccolissime imprese a svolgere un ruolo trainante, diventando, anche a costo di sforzi enormi, veri punti di riferimento culturale. Fortunatamente, i loro sforzi, uniti alla maggiore attenzione mediatica riscossa dal graphic novel e dal successo sui mercati esteri, hanno risvegliato l’attenzione degli editori di varia, conducendo a una serie di interessanti movimenti sul piano aziendale.
Nel 2008 Rizzoli torna a investire sul fumetto acquisendo la Lizard, creata da Hugo Pratt, e affidandola a Simone Romani, che in poco tempo riesce a rendere l’etichetta competitiva e apprezzata. L’anno prima Guanda propone «Guanda Graphic», mentre sempre nel 2008 la padovana Alet incorpora Becco Giallo. Nel 2010 Giunti controlla Black Velvet, e anche Coconino sigla un accordo di stretta collaborazione con Fandango; nel frattempo, Mondadori ed Einaudi ampliano lo spazio dedicato ai graphic novel in alcune collane.
Nonostante l’ingresso dei gruppi commerciali comporti il rischio di svalorizzare il medium, in questo momento c’è un effettivo bisogno di attori con maggiori mezzi pubblicitari, in grado di spingere il pubblico verso il fumetto. Il rischio è comunque compensato dalle numerose offerte di alta qualità presenti in commercio e dai progetti alternativi (e multicanale) ideati dalle realtà minori.
Oggi in Italia l’offerta è buona, esistono autori di qualità e editori economicamente in grado di commissionare opere nuove, interessati a investire nel settore, ma è necessario avvicinare nuovi acquirenti a questo tipo di letteratura, o sarà tutto inutile. Per avere un esatto conto della situazione, è poi indispensabile creare un sistema di raccolta e diffusione dei dati di stampa del settore, basato su criteri condivisi, che permetta finalmente agli osservatori di disporre di cifre chiare. Purtroppo, in questo senso, il lavoro da fare è ancora molto.