Nucleare sì, nucleare no

Italia, prove tecniche di rinascimento atomico: dopo una legge, due decreti legge e un accordo per l’acquisto di quattro reattori francesi, nel dicembre 2010 nasce il Forum nucleare, organo delle aziende del settore con la missione di «contribuire alla ripresa del dibattito pubblico». In Europa, il principale argomento a favore delle centrali è che non emettono anidride carbonica e non contribuiscono a surriscaldare il clima. In Italia (semplificando), sono invocati l’indipendenza energetica, il rilancio dell’economia, la modernità. La «razionalità» viene rivendicata da entrambi gli schieramenti. Sul Forum il dibattito langue, in libreria ferve da mesi.
 
Nel 2001 la World Nuclear Association, una confindustria globale del settore, pubblica The Nuclear Renaissance. I consumi crescono di pari passo con il prodotto lordo mondiale, dice il rapporto, aumenta il prezzo del greggio che nel decennio precedente stagnava attorno ai venti dollari al barile, il protocollo di Kyoto impegna a limitare le emissioni di gas serra dovuti alla combustione di carbone e petrolio. Nel 2008, quando il governo italiano decide di partecipare al «rinascimento», per la prima volta da trent’anni i reattori entrati in funzione superano, di due unità, quelli spenti per essere smantellati, una trentina è progettata in Cina, India, Russia e Corea del Sud, mentre Giappone, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti si apprestano a sostituire quelli vecchi. La produzione di elettricità da fissione sta ancora calando, è vero, ma solo perché una centrale giapponese è stata danneggiata dal terremoto del 2007. Dopo una legge, due decreti legge e un accordo per l’acquisto di quattro reattori francesi, nel dicembre 2010 nasce in Italia il Forum nucleare, organo delle aziende del settore, non a scopo di lucro e con un budget semestrale di sette milioni di euro per «contribuire alla ripresa del dibattito pubblico».
In Europa, il principale argomento usato a favore di nuove centrali è che non emettono anidride carbonica e non contribuiscono a surriscaldare il clima. In Italia (semplificando), sono invocati l’indipendenza energetica, il rilancio dell’economia, la modernità, mentre la «razionalità», meglio se scientifica, viene rivendicata da entrambi gli schieramenti. Sul Forum il dibattito langue, in libreria ferve da mesi. Lo ha aperto Chicco Testa, uno dei promotori del referendum del 1987 e presidente del Forum, con Tornare al nucleare? L Italia, l’energia, l’ambiente in cui sostiene che il nucleare è moderno, ecologico e indispensabile alla crescita economica. Contestano i suoi argomenti i fisici Guido Cosenza e Luigi Sartorio, assistiti da Giulietto Chiesa, in La menzogna nucleare. Perché tornare all’energia atomica sarebbe gravemente rischioso e completamente inutile.
In aiuto di Testa accorre Pietro Risoluti, un consigliere di amministrazione della Sogin che gestisce «rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca». Nonostante l’azienda riceva un miliardo all’anno prelevato sulle bollette della luce e accumuli debiti, quei rifiuti vengono scoperti in discariche abusive e i cinque reattori italiani sono nella stessa situazione di ventiquattro anni prima. In La paura del nucleare. Da dove viene, quanto costa, Risoluti ne dà la colpa agli abitanti di Scanzano Jonico. Nel 2003 si sono ribellati contro un deposito di 10mila metri cubi di scorie nel loro comune, che in cambio avrebbe ottenuto lucrose compensazioni. Come per il referendum del 1987, le manovre politiche e l’allarmismo dei verdi hanno fatto fallire il progetto. Adesso bisogna spiegare ai cittadini come stanno davvero le cose, pretesa comune a tutti i saggi citati, capiranno di aver sprecato tempo e denaro, che il nucleare può garantire un benessere superiore a quello odierno.
Lo spreco di denaro viene quantificato in 29-45 miliardi di euro dagli economisti Andrea Gilardoni, Stefano Clerici e Luca Romè in I costi del mancato sviluppo del nucleare in Italia. Il calcolo comprende il (non) smantellamento, 18 miliardi finora, e il prezzo dimezzato dell’uranio arricchito. In realtà il combustibile incide poco sul costo del chilowattora rispetto alle spese crescenti per i sistemi di sicurezza. Però in Francia e Giappone il chilowattora costa meno che in Italia e i treni viaggiano ad alta velocità sul serio. Ripeterlo non nuoce: Il nucleare nel XXI secolo di Davide Urso prevede una «globalizzazione sostenibile» fondata sul nucleare, portatore di sapere scientifico-tecnologico e persino di valori etici. Non sarà il mercato a decidere quale fonte energetica useremo, scrive, ma i dati «oggettivi» da comunicare alle masse con accorte campagne didattiche, per «costruire consenso» attorno a vantaggi ovvi.
Per niente ovvi in un sistema di libero mercato, obietta l’economista Umberto Ciò, «nuclearista non pentito ma non fazioso» in Si fa presto a dire nucleare. Paventa la caccia ai sussidi statali poiché «incertezza, rischi, alta intensità di capitale sono insostenibili in un contesto concorrenziale e privatistico». Racconta i grandi progetti abbandonati, non per colpa del referendum del 1987 di cui avrebbe volentieri fatto a meno, o degli abitanti irrazionali di Scanzano, ma dell’assenza di coesione politica e sociale. Per non sbagliare, Armando Editore pubblica cinque interviste a cura di Flaminia Festuccia in Perché no al nucleare e altre cinque in Perché sì al nucleare. Il 2010 si chiude con i sì in vantaggio malgrado le critiche di Gianni Mattioli e Massimo Scalia in Nucleare. A chi conviene? Le tecnologie, i rischi, i costi.
Non conviene a nessuno, rispondono dopo la pausa natalizia Energia nucleare di Giancarlo Sturloni che si concentra sulla percezione del rischio e l’immaginario collettivo; E energia nucleare. Costi e benefici di una tecnologia controversa di Luigi De Paoli, un bilancio tutto sommato in passivo; Illusione nucleare. I rischi e i falsi miti di Sergio Zabot e Carlo Monguzzi; Bidone nucleare di Roberto Rossi; Marcel Coderch e Nuria Almiron, Il miraggio nucleare. Perché l’energia nucleare non è la soluzione ma parte del problema.
Ormai prevale il no, ma due romanzi si dividono sull’incidente di Cernobyl, citato anche dagli autori precedenti. Fe conseguenze sono state minime in E anomalia, un thriller di Massimiliano Pieraccini, professore di fisica all’università a Perugia, e goffa imitazione di Dan Brown. Nella Centrale di Elisabeth Filhol, un racconto molto più avvincente, il narratore la pensa diversamente. E uno degli operai interinali che provvedono alla manutenzione dei reattori nelle centrali francesi. Fa concisione, i dettagli tecnici, le scene di gruppo ricordano Primo Fevi in La chiave a stella, ma senza l’orgoglio di domare la natura o la materia. Yann vorrebbe solo abituarsi alla paura. Anche se insieme ai compagni «ben equipaggiati, ben addestrati», entra nel circuito primario a gruppi di tre o quattro «per dividersi la dose», è sovraesposto alle radiazioni, si ammala, tiene il conto di chi ne muore.
Lo tsunami che nel marzo 2011 devasta una centrale giapponese causa un’abbondante disinformazione da parte dei pochi nuclearisti rimasti e perciò onnipresenti sui quotidiani e nelle trasmissioni televisive, in nome della par condicio. Due biologi diventati giornalisti, Luca Carra e Margherita Fronte, cercano di rimediare con Enigma nucleare. Cento risposte dopo Fukushima. È più ambizioso Cercare il Sole. Dopo Fukushima. Mario Agostinelli, Roberto Meregalli e Pierattilio Tronconi evitano una rapida obsolescenza paragonando le diverse fonti di energia e i progressi delle rispettive tecnologie. Quella solare si diffonde più rapidamente delle altre ed è rinnovabile e pulita, con l’ottimismo della volontà concludono che il futuro le appartiene. La ragione costringe a riconoscere che è un futuro lontano. Nel frattempo, aumenta l’uso del carbone, del gas estratto da rocce e del petrolio estratto da sabbie bituminose, tre fonti sporche che inquinano l’ambiente e accelerano il riscaldamento globale. Il rinascimento nucleare è finito, per ora.