Un genere sentimentale di tipo nuovo

Nata 35 anni fa come nom de plume della coppia Bice Cairati-Nullo Cantaroni, Sveva Casati Modignani è diventata l’indiscussa regina del romanzo rosa con temporaneo. Una formula, quella dei suoi romanzi, che si è affinata nel tempo e che ha saputo innovare gli elementi canonici del genere in plot dalla indubbia originalità. Fino ad abbandonare il tradizionale lieto fine per conclusioni meno scontate e più moderne, che mettono in primo piano la volontà di autodeterminazione femminile.
 
Nel 2016, Sveva Casati Modignani è entrata nella cosiddetta “età forte” per una donna: ha compiuto 35 anni. Usciva nel 1981 infatti Anna dagli occhi verdi, primo romanzo firmato con questo pseudonimo. Dietro il nome femminile, però, da quel 1981 e fino al 2004, si celava una coppia: Bice Cairati e Nullo Cantaroni, legati nella vita come nella produzione letteraria. Tra il 2015 e il 2016, poi, Sveva Casati Modignani è stata anche assunta in un particolare empireo: quello “commerciale di qualità” – chiamiamolo così – delle serie vendute in allegato al «Corriere della Sera». Quindici suoi romanzi, accanto alle opere di Leonardo Sciascia, Umberto Eco, Georges Simenon. Ma anche di James Patterson e dei campioni del giallo alla svedese.
Legittimo, per una regina del rosa, sedersi in questo consesso? Naturalmente sì: perché il rosa dovrebbe valere meno del giallo o del nero? Sì, però, anche per la originale sfumatura di colore che la premiata ditta ha saputo mettere a punto in un trentacinquennio. Vendere una semiopera omnia di Sveva (in tutto con questo pseudonimo sono apparsi ventotto libri, di cui due autobiografici) non è come spacciare Harmony. Tradotta in venti paesi, con all’attivo dodici milioni di copie vendute, Sveva è un brand particolare. Che porta un suo sapore sui banconi francesi da mass market di Fnac come nella vetrina incastonata tra le boiserie Belle Epoque della libreria di Lello e Irmao a Porto, gioiello affacciato Sull’Atlantico.
Quando si compra Sveva, cosa si compra? Bice & Nullo hanno impiegato anni a mettere a punto la formula. E stato un lavoro analogo a quello di un “naso” che studia un profumo o un enologo che matura un nuovo cognac. All’inizio i due pubblicavano romanzi molto lunghi con una congerie di ingredienti. Di decennio in decennio, selezionando e acuminando, prende corpo, invece, quel prodotto che il lettore (la lettrice) cerca in questi volumi targati Sperling & Kupfer, in prima uscita in vendita in hard cover dall’aspetto goloso e lussuoso come scatole di cioccolatini, con copertine spesso bianche e lucide e disegni a colori vividi, rosso, rosa, un tocco d’oro o d’argento…
Di pari passo alla maturazione del brand, la coppia ha proceduto alla costruzione dell’avatar: “Sveva”, fino al 2004 – quando muore Nullo Cantaroni – pseudonimo che copriva un uomo e una donna, ha fin da subito il volto di lei, Bice Cairati. E una donna dall’aspetto gradevole e curato: nelle fotografie che campeggiano in quarta di copertina si indovinano il cardigan di cachemire, le gemme alle orecchie, l’allure borghese, molto molto milanese. Nel risvolto si spiega che “Sveva” vive nel villino in cui è nata e che era già di sua nonna. La zona è quella di via Padova, un tempo tranquilla enclave per artigiani e bottegai, oggi multietnica, un po’ come a Roma l’Esquilino.
E dunque Sveva è borghese ma rimanda a un’etica – l’etica del lavoro – di rito ambrosiano. Ed è aperta alla modernità. Da un certo momento in poi Sveva, intervistata, dice la sua su molte cose, spesso sulla Milano che fu e quella che è ora… Nei suoi romanzi sono ricorrenti i rimandi all’antifascismo: Sveva – come vedremo – ambienta le sue storie in un mondo che fa sognare, di grandi ricchezze, ma è una sincera democratica. Torna in mente quell’intervista che rilasciò all’indomani dei disordini del febbraio 2010 nella “sua” via Padova, difendendo la comunità composita che lì viveva.
In un certo senso l’avatar di Sveva è il risultato di un’operazione all’opposto di quella di Elena Ferrante: lì c’è un’autrice che si suppone una e donna, ma non ne abbiamo certezza, che non ha volto e che parla con una voce che affiora da questo “vuoto”, qui ci sono una faccia e un corpo che sono di Bice Cairati ma parlano “in nome” di Sveva, nome che rimanda a un autore bifronte di cui si conoscono le vere identità.
Ora, la signora Casati Modignani – e dietro di lei Bice & Nullo, poi solo Bice, ma dietro il marchio “Sveva” anche il solido apparato editoriale che contribuisce al prodotto e che viene estesamente ringraziato in epigrafe a ogni libro – con la sua stessa esistenza, in senso narrativo si è data un compito. Sveva deve rispondere a questa domanda: regge il genere sentimentale oggi? E, se sì, con quale formula?
Tra gli anni ottanta, quando Sveva vede la luce, e il presente, nel rosa è avvenuta una mutazione decisamente singolare. Che ci dice, sulla società e sullo stato dei rapporti tra i sessi, molto più di un’inchiesta sociologica o di dibattiti sui giornali.
Il rosa continua a vendere se cambia obiettivo: se approda a un finale diverso, dove il premio conclusivo non è l’Amore ma, per l’eroina, la possibilità di fare «cose più importanti nella vita» (così chiude un romanzo d’autore, La trama del matrimonio di Jeffrey Eugenides, che di questo mutamento epocale nel genere rosa ha fatto un tema).
E che il rosa classico, con relativo lieto fine rosa forever, non regga più, l’hanno capito per primi i più smagati del settore: quelli che i rosa li ideano, scrittrici e scrittori.
Il romanzo rosa, come gli altri romanzi di genere, nasce a fine Ottocento, quando la diffusione dei quotidiani e la nascita di un pubblico di massa creano le condizioni per il consumo di una narrativa popolare e commerciale. Poi il rosa nei decenni però ha dovuto seguire più di altri generi l’evoluzione delle sue lettrici; la rivoluzione delle donne. In origine erano trame fosche o avventurose totalmente contrapposte alle vere vite femminili, immobili e provinciali, di tante Bovary, oggi sono trame popolate di scienziate e di hostess che giocano, invece, sull’effetto “deformazione rosea” delle vite reali di chi legge.
Ma attenti appunto a cosa significhi rosa, al presente. Nel genere più attuale, la chick-lit, le eroine sono scopertamente innamorate più che dei fidanzati, delle loro carte di credito gold o platinum. Uscendo dal genere “per gallinelle”, col suo condimento di ironia, e rientrando nel rosa puro, dove l’ironia ha corso scarso o nullo, ecco cosa diceva Donna Hayes, Ceo di Harlequin, a inizio anni duemila, in occasione di una fiera del libro, annunciando la nascita di nuove collane come «Red Dress Ink» e «Chiaroscuri»: «Raccontano di donne giovani che puntano soprattutto all’autorealizzazione: se hanno un fidanzato e ne sono scontente, lo scaricano, magari ne trovano uno nuovo, ma il lieto fine è spesso un altro, trovano un lavoro gratificante, o trovano se stesse». L’evasione, in questa scala planetaria, sembra aver cambiato curiosamente segno: si evade leggendo romanzi le cui eroine conquistano il talento di infischiarsene dell’amore.
Se stiamo agli italiani, la prima ad arrivare a conclusioni analoghe è stata appunto questa nostra firma colta ed evoluta: Sveva Casati Modignani. Quando viene alla luce “Sveva”, avatar di Bice & Nullo, non sembra avere ben chiaro dove voglia andare a parare. Prendiamo il suo secondo romanzo, Il barone, del 1982, da cui nel 1995 viene tratta una serie tv in quattro puntate interpretata nientemeno che da Ronn Moss, il secolare Ridge di Beautiful, sono già presenti il motivo archetipico dell’amore contrastato, tra la bellissima giovanissima fulva innocente Karin Venier e il bellissimo potente misterioso Bruno Brian Sajeva di Monreale, ed è presente il divario di classe, lei fa la segretaria e lui fa il magnate dei Due Mondi (anzi tre: Usa, Sicilia e Africa) ; ma nel plot si mescolano mafia e yacht in Costa Azzurra, e accanto puntate fiabesche nell’Africa nera e sanguinoso sadismo in stile Wilbur Smith…
Ora, la bellezza dei protagonisti comunicata come un dato di fatto dalla prima pagina è un topos del rosa, così come lo è la differenza di censo tra i due innamorati. E questi ingredienti non mancheranno nei romanzi successivi. Sveva però, col tempo, si libera degli orpelli romanzeschi e affina una formula del tutto propria. E, il suo, un nom de plume che garantisce appunto plot a originale tasso democratico: nelle sue trame non è affatto scontato che sia la fanciulla povera a bramare e sposare il ricco, succede pure (in Singolare femminile, 2007) che la ricca Maria s’innamori del fioraio Peppino e che, quando lui comincia a bere troppo e a trascurare il chiosco, scopra che le piace rimpiazzarlo e vendere bouquet. D’altronde dai nonni dell’eroina di Anna dagli occhi verdi (titolo d’esordio, 1981) al proprietario di lussuosissimi alberghi eroe di Mister Gregory (2010) ad Amilcare, il patriarca ex ragazzo di bottega diventato potente imprenditore in Céonie (2012), i ricchi di Sveva spesso la ricchezza se la sono sudata, secondo un’etica ambrosiano-calvinista. Fa parte di questa etica anche l’esplorazione, in ogni romanzo, di un diverso ambiente produttivo: quello dei “corallari” di Torre del Greco in Palazzo Sogliamo o quello delle corse in Formula 1 in Come vento selvaggio.
E forse quest’ultimo – storia di Mistral Vernati, pilota audacissimo, della sua prima moglie Chantal, ricca e avida, e della buona, bella, semplice, intelligente Maria, amore di prima gioventù – il romanzo (esce nel 1994) in cui la premiata ditta Casati Modignani mette definitivamente a punto il brand.
Torniamo alla nuova sfumatura di rosa che Sveva ci regala. A sgusciare tra le maglie del matrimonio contratto da giovanissima con un cattolico integralista (l’equivalente di un ciellino) è, nel Gioco delle verità, Malvina. Mollato il marito e la sua ingombrante famiglia, la giovane comincia una vita diversa, gestendo una libreria e frequentando un collettivo femminista. Il gioco delle verità ha qualcosa del divertimento in stile pop art: vi compare la “vera” Libreria delle Donne di via Dogana, mentre Malvina intraprende una libera relazione con un medico-scrittore ricalcato in filigrana sul vero Andrea Vitali. Ma – e qui torniamo al discorso che ci interessa, quale sia oggi il sogno rosa – vediamo cosa succede a Roberta, figlia di questa emancipata genitrice e di un suo successivo compagno, Walter, giornalista. Lasciata a padre e nonni da bambina, sposatasi col sogno di costruire una famiglia come lei stessa non l’ha avuta, quando la conosciamo Roberta è allo sboccio della crisi che, come rosa vuole, la porterà a cambiare e attingere una pienezza nuova. In breve, si allontanerà dal marito Oscar Trinchese, fotografo, padre dei suoi due figli. Ma poi, dopo avere “ritrovato se stessa”, e dopo che Oscar sarà venuto a Canossa scoprendo di amarla più che mai, ricostituirà il legame coniugale e la famiglia.
Il lieto fine, per Sveva Casati Modignani, è graduabile: per Malvina, sfuggita alle grinfie di quel primo marito integralista, consiste nel rapporto a gradevole distanza con Sergio Orombelli, il medico scrittore; per sua figlia Roberta, meno bisognosa di coltivare un femminismo radicale (tanto, c’è chi ha già dato…), nel recupero del calore coniugale e familiare, però solo dopo avere esperito l’autodeterminazione. Questa dell’autodeterminazione è una sfumatura del rosa a cui il marchio Sveva tiene: in Singolare femminile Martina, la protagonista, ha tre figli – un inno alla maternità – però li ha avuti con tre uomini diversi e non si è mai voluta sposare.
Nel Gioco delle verità, quel ventesimo titolo a firma Sveva uscito però, nel 2009, dopo la morte di Cantaroni, in epigrafe c’era una dedica a Giovanna Cau, celebre avvocata tributata in quanto “antesignana del femminismo”. Tra i ringraziamenti poi compariva anche l’omaggio a un altro legale, Gianfranco Candela, meno vip ma esperto di annullamenti rotali.
E appunto, torniamo alla domanda iniziale che quest’autrice/autore pone, con la sua presenza nel nostro mercato editoriale: il genere sentimentale oggi regge? Per resistere e vincere il rosa di quale sfumatura deve tingersi?
Ecco la risposta levissimamente ironica di Sveva, avatar un po’ concreto un po’ fantasmatico che campeggia nelle nostre librerie: per scrivere un romanzo sentimentale, oggi, devi documentarti su come ci si lascia.