Il nuovo corso della narrativa «di genere» Intervista a Giuseppe Lippi

«Gli attuali autori italiani di gialli e fantascienza mi sembrano più interessati a diventare dei professionisti – o a vendersi come tali – che dei poeti laureati. Non che questo sia esente, a sua volta, da ambiguità e pericoli, ma almeno la direzione non è più quella dilettantesca. L’editoria dovrà lavorare sodo per incoraggiare e coltivare i nuovi autori.»
Alla vigilia dell’estate 1996, la Mondadori ha compiuto un profondo restyling delle sue collane di genere a periodicità fissa, della sua «narrativa da edicola». Urania, Il Giallo Mondadori, Segretissimo si presentano così ai lettori con un formato e una veste grafica rinnovata, con un nuovo meccanismo di uscite e una diversa formula distributiva che prevede anche una presenza in libreria.
Quali sono state le ragioni che hanno determinato questi mutamenti? Quali le considerazioni relative alla storia di questo genere di prodotti editoriali? Lo chiediamo a Giuseppe Lippi, curatore di Urania.
 
Alla Mondadori si sentiva da tempo la necessità di svecchiare le collane che lei ha menzionato: collane certamente storiche, ma in qualche modo fuori dell’ottica del nuovo mercato, sia dell’edicola che della libreria, dove il nuovo corso imposto dai pa­perback e dai volumi mass-market dettava l’esempio. Non era facile gestire un prodotto come il Giallo oppure Urania, venduti negli anni novanta esattamente come negli anni sessanta, cioè sotto forma di fascicoli; e nel mercato dell’edicola sempre più affollata, le gloriose collane confezionate secondo il gusto di un lettore specializzato, in molti casi un lettore divenuto anziano, languivano. Così le nostre storiche testate perdevano pubblico, e, all’interno dell’azienda, perdevano credibilità. Come superare questa impasse? Tenga presente che da noi non esiste una tradizione di collane di genere universali e al tempo stesso raffinate, come può essere la Série Noire francese, da noi, o si è il piccolo editore che si rivolge a un pubblico ridotto, e può dunque permettersi certe libertà di stile, o bisogna accontentare un pubblico vasto e mirare più alto. Nel campo della fantascienza, in passato, alcune iniziative «raffinate» non sono mancate neppure in edicola, ma sempre hanno finito con l’arenarsi per vari motivi.
In casa Mondadori si guardava, e si guarda, al prodotto di grande visibilità e grande impatto: e l’enorme successo degli Oscar e dei Miti, nella seconda metà degli anni novanta, non ha fatto che sottolineare questo percorso editoriale. La Mondadori, dunque, ha tentato un’assimilazione dei Gialli, di Urania e Segretissimo alla nuova formula del volume mass-market, che fino ad allora, in Italia, aveva peraltro faticato ad affermarsi (salvo la clamorosa campagna iniziale degli Oscar, più di trent’anni fa). Di qui la scelta di allargare il ventaglio dell’offerta tascabile e andare anche in libreria con Gialli e affini: non più come fascicoli ma come veri e propri libri economici.
Certo, c’è da riflettere sulla storia e il destino di questi prodotti editoriali. È evidente che non si possono facilmente equiparare i Gialli, poniamo, ai Miti, ma in fondo neppure ai nuovi Oscar. I Miti, che devono raggiungere altissime tirature, non possono quasi mai prendere in considerazione l’autore di interesse settoriale, per bravo che sia; devono pubblicare best seller, successi assicurati. Gli Oscar, d’altronde, devono limitarsi a ristampare, salvo eccezioni, dai titoli di catalogo. Resta dunque fuori tutto il ricco carniere della letteratura di genere non best seller, dal noir alla spy-story, dalla fantascienza al romanzo rosa: un carniere dalle pretese forse più modeste, dalle tirature inferiori, ma legato a una sua tradizione e con una sua spiccata originalità. A questo, tra non poche ambiguità, devono pensare Urania, i Gialli e Segretissimo nuova veste.
 
A due anni di distanza che bilancio si può fare di questo nuovo corso? Quali sono stati le risposte quantitative e i commenti del pubblico? Urania con la sua rubrica della posta è forse l’osservatorio migliore per valutare le reazioni dei lettori.
Il problema che si pone a questo punto è di far convivere questi generi collaudati dal tempo, e seguiti da lettori appassionati, con le esigenze del mercato librario di massa, un mercato che naturalmente spinge sempre più all’omologazione (nelle tirature, nei generi, nei canali di vendita ecc.). Nonostante queste che prima definivo ambiguità, ma che in fondo sono problemi editoriali, nei due anni trascorsi da quando l’innovazione è andata in porto, i risultati hanno dato alla Mondadori tutte le ragioni per gioire della scelta fatta: la perdita di lettori si è arrestata per tutte le collane storiche, la libreria ha risposto bene all’offerta della fantascienza (e dunque di Urania), mentre ha reagito più freddamente alla presenza dei rosa, dello spionaggio e dello stesso giallo, generi con già troppa concorrenza sugli scaffali o, viceversa, sentiti come meno adatti al pubblico librario. La veste grafica più aggressiva si è ricavata in edicola un suo spazio preciso. È dunque, nel complesso, un momento favorevole. Vorrei fare tuttavia un’ultima considerazione: già una volta, relegandoli al mercato dei fascicoli, Arnoldo Mondadori perse l’occasione di inserire con forza il giallo e la fantascienza nel mercato librario, sia pure economico; ma erano gli anni del dopoguerra e il suo ragionamento poteva essere compreso. Oggi abbiamo una seconda, vitale opportunità: non dobbiamo in alcun modo !asciarcela sfuggire, perché all’estero il mass-market funziona, è il veicolo ideale della letteratura popolare e non si regge solo sui grandissimi titoli della front list. Lo stesso, mi auguro, dovrà accadere qui da noi.
 
Quale è, secondo le sue valutazioni e i dati in suo possesso, la fisionomia del pubblico di queste collane? Ha un profilo specifico o si sovrappone essenzialmente al pubblico della narrativa di genere?
Il pubblico della fantascienza, che da u punto di vista numerico costituisce senz’altro un segmento di quello più vasto della narrativa di genere, ha tuttavia alcune accertate peculiarità. È ancora prevalentemente maschile, non è più soprattutto giovanile, anzi direi sia costituito da persone che hanno dai trent’anni in su, con molti quarantenni e cinquantenni; ha un’istruzione superiore, legge parecchio in tutti i campi e dispone di qualche possibilità economica. Molti lettori di Urania sono dei veri e propri specialisti del genere, ma ciò non toglie che siano anche appassionati di gialli, racconti di spionaggio, narrativa non generica, cinema ecc. Il restyling si è accompagnato a una diversa selezione di testi, a una nuova linea editoriale?
Per quello che mi riguarda, e per quello che mi consta dalle altre collane, non c’è stato alcun radicale cambiamento nella «filosofia» delle scelte. Abbiamo tutti avvertito, però, il potenziale che la nuova veste e l’opportunità di andare in libreria ci offrivano: poter ristampare testi più lunghi della media (apparsi, magari, in edizione hardcover l’anno precedente), poter avvicinare un pubblico più eterogeneo, in qualche caso anche nuovo. Direi che abbiamo tutti approfittato dell’occasione quando se ne è presentato il caso. Oggi le nostre collane sono forse più dinamiche, più aperte all’esperimento di una volta.
 
In questi ultimi anni, una serie di fattori sembrerebbe aver creato una situazione favorevole a una ripresa di fortuna della fantascienza in Italia: nel senso comune critico si sono notevolmente indeboliti i pregiudizi nei confronti della letteratura di genere; opere di fantascienza vengono pubblicate anche fuori delle sedi editoriali specializzate (da Adelphi; Sellerio, Einaudi); molti giovani scrittori italiani mainstream mostrano un vivo interesse nei confronti del genere (rutti i denti del mostro sono perfetti ne è solo l’esempio più evidente); alcuni autori o movimenti (Ballard, Dick, cyberpunk) hanno riscosso una larga notorietà fuori dei confini della fantascienza,· grazie ai ripetuti grandi successi del cinema di fantascienza il genere si è inserito in profondità nell’immaginario contemporaneo. Ma è buono lo stato di salute del mercato di fantascienza? E se non lo è, quali ne sono le cause?
È opinione condivisa da molti che lavorano nel campo che lo stato di salute del mercato fantascientifico non sia, in questo momento, troppo buono. I libri offerti a prezzi medio-alti faticano a vendersi, il catalogo di molti editori che in passato ne vivevano oggi ristagna. Come mai? Innanzitutto vi è stato poco ricambio generazionale e i lettori sono sensibilmente diminuiti per quanto riguarda il mercato librario; poi si è intensificata la concorrenza di altri media cui gli appassionati di fantascienza sono particolarmente sensibili: il cinema degli effetti speciali, i computer con i loro sofisticati giochi, le videocassette e i CD­ROM . La fantascienza scritta è diventata insomma una «nicchia» letteraria dopo essere stata a lungo un fenomeno popolare: sarà più rispettabile ma «va» di meno. La salvezza, a mio avviso, sta in un oculato adeguamento alle nuove tendenze (vedi le pubblicazioni legate al cinema e alla TV come Star Trek, X-Files ecc.) e nelle edizioni economiche, purché sostenute da un’adeguata politica.
 
Il rafforzamento qualitativo, la maggiore visibilità e il crescente consenso di pubblico per la letteratura di genere scritta da italiani è un fenomeno rilevante di questi anni. Quali sono gli elementi comuni e le diverse specificità del nuovo giallo e della neo­fantascienza italiana?
In primo luogo, e finalmente, la volontà e il piacere di raccontare, senza sentirsi investiti dal ruolo messianico dell’autore che deve dire la sua sui mali della vita, della società o della famiglia. L’accettazione più consapevole, almeno nei casi maturi, del punto di vista romanzesco, del romance insomma, alla faccia dei tentativi estenuati o pretenziosi di alcuni scrittori d’una volta. Gli attuali autori italiani di gialli e fantascienza mi sembrano più interessati a diventare dei professionisti, o a vendersi come tali, che dei poeti laureati. Non che questo sia esente, a sua volta, da ambiguità e pericoli, ma almeno la direzione non è più quella dilettantesca. L’editoria dovrà lavorare sodo per incoraggiare e coltivare i nuovi autori. Non sempre i talenti sbocciano da soli. Se mancheranno l’impegno e il sostegno di curatori ed editori, temo che anche questa nuova ondata si brucerà. Dopo tutto, una delle caratteristiche più nefaste dell’editoria italiana, e di quella commerciale in modo specifico, è la non-perseveranza. Laddove per riuscire, in questi casi, la ricetta è esattamente quella opposta: investimenti, pazienza e olio di gomito. Agli scrittori nazionali bisogna poter offrire due cose: una palestra e un mercato.
Per quanto riguarda le differenze specifiche tra giallisti e fantascientisti, bisognerebbe fare un distinguo caso per caso. Forse i giallisti sono più attenti al costume, gli scrittori di fantascienza più portati all’avventura e alla passione per le nuove tecnologie, ma in fondo tutto questo è ovvio. No, io credo che della «rinascita» della narrativa italiana di genere si possa parlare, da un punto di vista editoriale, in termini globali: poi, che Lucarelli non sia Evangelisti o che Masali non faccia lo stesso discorso di Camilleri è ovvio, ma andrà chiarito in un’altra sede.