Le generazioni del rosa

Chi abbia gettato uno sguardo sia pur distratto agli elenchi dei romanzi più venduti non può non essersene accorto: dall’erotico al paranormale, negli ultimi anni il genere rosa s’è fatto strada fino a raggiungere la vetta delle classifiche. Il proliferare dei sottogeneri sentimentali sugli scaffali, tuttavia, si preparava da tempo in edicola, dove l’industria del rosa è nata. Perché, sebbene il rosa sembri immobile, anche i romanzi periodici d’evasione cambiano, cercando di conciliare i sogni delle figlie, delle madri, delle nonne. Un’impresa sempre più ardua.
 
«Il 2012 è stato l’anno del romance».
Esordisce così al telefono con noi Alessandra Bazardi, direttore editoriale di Harlequin Mondadori, leader indiscusso del mercato rosa. Il punto è che il commento riguarda il comparto trade della narrativa in generale, non il romanzo sentimentale da edicola. L’onda rosa che ha invaso tutti i canali distributivi ristora almeno in parte dalle secche della flessione di vendite e lettori: per la prima volta da tre-quattro decenni, registra l’AIE, nel 2011 il mercato del libro si è rivelato non anticiclico, allineandosi al negativo contesto generale dei consumi con una flessione dell’8,7% a valore e del 7,3% a copie, mentre in assenza dei best seller (la trilogia di E.L. James edita da Mondadori, per intenderci, da giugno a fine settembre ha venduto due milioni di copie) le perdite sarebbero state, rispettivamente, del 9,7% e dell’8,5%. Ma ancor prima del mercato, evidentemente, quest’onda dolce e un po’ pepata ritempra le lettrici. Secondo un sondaggio condotto dall’americana Bowker Market Research, infatti, la propensione verso questo particolare genere si può riassumere per le intervistate nella parola-chiave «happy end», seguita da «relax», «speranza», «evasione», «lettura edificante», «benessere», «facilità», «leggerezza»: un’area semantica facilmente riducibile a due parole, comfort book. Concetto senz’altro valido anche per il panorama delle lettrici italiane, dove s’intuisce stringente la relazione tra rifugio in racconti sentimentali dal lieto fine assicurato e un pubblico che Peresson nell’Almanacco Guanda 2012 a ragione descrive come «spaventato da crisi economiche, cambiamenti tecnologici, spread, disoccupazione, default, guerre diffuse e non sempre lontane».
Questo fenomeno in prepotente ascesa, a ben vedere, ha almeno in parte il suo terreno di coltura proprio là dove il rosa, per numero di titoli e fatturato, detiene da oltre trent’anni il suo impero, ossia nel romanzo periodico, seriale. Sebbene il campo di produzione secondo modelli industriali della narrativa sentimentale venga frequentemente percepito come un luogo immobile, grattando appena un poco la superficie ci si accorge di come ciò sia tutt’altro che vero. Addentriamoci dunque un poco per questa strada.
Com’è noto, l’industria del rosa si apre in Italia nel 1981 con Harmony (joint venture fra Arnoldo Mondadori e il leader mondiale del settore, la canadese Harlequin Enterprises – centotrenta milioni di libri venduti in oltre venticinque paesi nell’ultimo anno). Tuttavia è interessante notare che la stessa Mondadori diede vita, un paio d’anni prima di questa data – mentre Harlequin mieteva già le prime messi in altri paesi europei –, a una pubblicazione periodica sentimentale nella collana da edicola dei «Romanzi» (che a oggi rimane, in sostanza, l’unico soggetto concorrente del colosso del «petalo rosa» nel settore). Se consideriamo queste prime opere, la rivoluzione portata da Harmony è evidente anche al di là del suo innovativo sistema di promozione. «I Romanzi Mondadori» si configurano al proprio debutto come libri di genere storico, di foliazione molto variabile, ma tendenzialmente piuttosto lunghi, ricchi di personaggi secondari (fra i quali compaiono anche più eroi e senza che quello vincente, l’uomo giusto, sia facilmente identificabile dalle lettrici) e con un lieto fine non sempre garantito. Al contrario, gli Harmony si attestano subito attorno alle 160-200 pagine, riducendo ai minimi termini la trama del rosa e lasciando a campeggiarvi eroe ed eroina; inoltre si servono di una lingua piana, accessibile, e assicurano il felice superamento finale di ogni ostacolo o conflitto che inizialmente impediva l’amore/il matrimonio fra i protagonisti. «I romanzi» Mondadori poi riadatteranno velocemente la loro proposta sul modello vincente, seppur mantenendosi fino a tempi più recenti sul genere storico e su un numero di pagine tendenzialmente maggiore .
Tutto ciò, si badi, avviene da noi nei primi anni ottanta, in quel particolare momento, cioè, in cui «si verifica un vero e proprio sorpasso delle donne [sui lettori uomini]. Questo forte cambiamento è imputabile all’annullamento delle differenze di genere nei livelli di istruzione della popolazione», e in tale contesto l’editoria «ha saputo creare maggiori spazi proprio nella narrativa d’evasione femminile», come sottolineano Morrone e Savioli nella Lettura in Italia (Editrice Bibliografica, 2008).
Per continuare ad allargare il suo pubblico senza perdere la fetta già conquistata, il rosa seriale – fatto salvo lo schema in qualche modo fiabesco del racconto – negli anni ha mutato alcuni dei propri tratti, aprendosi in parte a forme più complesse (e lunghe) di narrazione e a una maggiore introspezione e caratterizzazione dei personaggi, privilegiando i dialoghi sulle descrizioni e utilizzando uno stile «meno aulico» (si veda l’intervista ad alcune storiche traduttrici di Harmony in «Wuz», 23 aprile 2012). Inoltre «le eroine odierne» puntualizza Isabella Spanu, già consulente editoriale per diverse case editrici e ora editor della Leggereditore, costola di Fanucci dedicata alla letteratura femminile, «hanno una forza e un peso narrativo che anche solo fino agli anni ottanta erano impensabili: sempre più spesso oggi rappresentano il motore della storia. Di riflesso, i personaggi maschili si sono adeguati, divenendo sempre più sfaccettati, sensuali, tormentati». E questo uno dei più sensibili cambiamenti in tale tipologia di testi: il personaggio maschile, che per lungo tempo è stato illuminato quasi esclusivamente attraverso la focalizzazione dell’eroina e conservava un’interiorità più semplice e stereotipa, ha via via acquisito una maggiore profondità, oltre che uno spazio ben più cospicuo sulla pagina. La minor presenza nelle opere dell’autocommiserazione femminile fa dunque da contraltare a un eroe assai meno sereno, tanto che in moltissimi casi l’ostacolo all’amore dei protagonisti è oggi rappresentato da un segreto nel passato dell’eroe, anziché in quello dell’eroina. Ciò detto, «al contrario che in America e in molti altri paesi, dove il protagonista si configura sempre più come un tipo Beta» spiega Maria Rosa Contardi, consulente per diverse case editrici del settore, «le lettrici italiane continuano ad amare quasi esclusivamente l’Alfa, il maschio dominante, che è ora meno timoroso di mostrare il suo lato più sensibile, e viene spesso servito in salsa dark hero, cioè nelle vesti dell’eroe pericoloso, misterioso e travagliato. Il cambiamento del rapporto fra i sessi si nota piuttosto perché le trame predilette sono quelle che mettono in scena un’eroina pure di tipo Alfa, che prima passivamente e poi sempre più attivamente riesce a tenere testa all’eroe».
Il cambiamento più immediatamente percepibile del rosa seriale dalla sua nascita a oggi, tuttavia, riguarda la rappresentazione del sesso: dopo la svolta nel romance rappresentata dal rosa storico di Kathleen E. Woodiwiss Il fiore e la fiamma (edito in Italia da Sonzogno nel 1978), proliferano negli anni ottanta i romanzi d’ambientazione storica detti «strappacorsetto», mentre il regency alla Georgette Heyer, casto e molto attento all’ambientazione d’epoca, perde sempre più terreno, al punto che fra gli anni novanta e i primi duemila chiudono – a eccezione della storica Mills&Boon – praticamente tutti i marchi specializzati, come Zebra Regency o Signet Regency. Se titoli Regency più tradizionali sono stati recentemente ripresi per essere pubblicati in e-book per un pubblico più di nicchia, come consente il mercato a «coda lunga» del digitale, la maggior parte delle scrittrici di Regency, e delle scrittrici del sentimento in generale, ha dovuto adeguarsi ai nuovi gusti delle lettrici e concedere più spazio al sesso. Non si tratta però solamente di una questione quantitativa: l’aspetto forse più interessante è anzi quello stilistico, perché non solo dalle ellissi si passa alle descrizioni dettagliate e da appena una o due scene erotiche si incontrano più frequenti téte-à-téte pepati, ma anche gli eufemismi lasciano il posto a un linguaggio più preciso e talvolta anatomicamente puntuale. Si pensi che recentemente il sito in assoluto più seguito fra i tanti che si occupano di romance – l’americano All About Romance – ha rivisto al rialzo i suoi sensuality ratings, i suoi indici di sensualità, includendo per esempio nella categoria «caldo» e «bollente» anche il «sesso con varianti» e con «varianti estreme», reso con un «linguaggio schietto».
L’irrompere progressivo e ineluttabile del sesso all’interno di questa letteratura, se da un lato afferma la legittimazione sociale della donna non più solo come «soggetto desiderante», come scrive Eugenia Roccella, ma anche quale soggetto dotato di pulsioni – nella riscoperta del piacere del corpo e della sessualità propria del postfemminismo e che in quest’ambito si è esplicato nel largo successo della chick-lit –, nello stesso tempo nasconde innegabilmente molte insicurezze: «la droga eccitante dell’erotismo cela la crisi della virilità moderna; ma nasconde anche quella, necessariamente corrispettiva, della femminilità», secondo Vittorio Spinazzola. La sessualità sia maschile sia femminile di questi romanzi infatti non è mai complessa ed è, appunto, sempre facile. Verrebbe anzi da aggiungere che proprio per quella maggiore inclinazione al sentimento e alle emozioni dell’eroe maschile, più tormentato e problematico, la sessualità sembra affermarsi prepotentemente come l’ultimo baluardo di fronte alle tortuosità psicologiche ed emotive di entrambi i protagonisti. Nell’erotismo entrambi si muovono in ruoli tradizionalmente consolidati e senza intoppi: la virilità di lui è priva di ogni incertezza e fallibilità, sicché l’eroe è in grado di guidare l’eroina verso l’appagamento e la scoperta della sua sessualità, mentre in lei il desiderio sessuale si trasforma da tentazione che conduce all’errore, quando non alla perdizione o alla morte, in una guida infallibile per scegliere l’uomo giusto. Un’equivalenza, quella fra desiderio dei sensi e relazione amorosa felice, che proprio perché cela, una volta di più, i rischi che la moderna possibilità di scelta della donna inevitabilmente reca con sé, sottolinea per tutto il corso della narrazione le ansie e i conflitti che l’eroina si trova a superare prima di vedere confermata la «correttezza» delle sue azioni, del suo abbandono. L’alternativa, come è ben rilevato nelle Cinquanta sfumature, è abdicare a tale potere di scelta: «“Se fossi la mia Sottomessa”» leggiamo nel primo volume della trilogia «“non dovresti pensarci. Sarebbe facile.” La sua voce è dolce, suadente. “Tutte quelle decisioni… tutto lo sfiancante processo mentale che ci sta dietro. Tutte quelle domande: È la cosa giusta da fare? È bene che succeda qui? E bene che succeda adesso?’. Non dovresti preoccuparti di nessun dettaglio. Spetterebbe tutto quanto a me.”» L’eroina condurrà infine il suo eroe oscuro verso una sessualità più normalizzata e paritaria, ma anche in questo caso a spiccare sono in primo luogo le peripezie che l’eroina si trova ad affrontare lungo tale cammino, sicché i lettori si trovano a seguirla per oltre 1.700 pagine di particolareggiata rappresentazione del succitato rapporto dominatore/sottomessa. (Vale la pena sottolineare, fra l’altro, che nella trilogia della James il turbamento dell’eroe maschile si spinge fino a lambire il suo comportamento sessuale, contrariamente a quanto visto sopra, ma Mr Grey è tutt’altro che incerto fra le lenzuola, e il trauma nascosto nel suo passato si declina nell’attrattiva moderatamente trasgressiva – mi si passi l’espressione – del «famolo strano».)
Il boom del romanzo sentimentale erotico, che vede nel best seller appena citato il suo caso più visibile, si preparava dunque in edicola da qualche tempo: oltre a un innalzamento di temperatura diffuso nel rosa seriale, negli ultimi anni abbiamo assistito in Italia, per esempio, alla nascita di nuove collane dedicate all’interno della produzione dei due principali soggetti del mercato (nel 2001 Harmony inaugura la collana «Temptation», e nel 2007 «Passion»; e nello stesso anno «I Romanzi Mondadori» lanciano «Passione», seguita all’inizio del 2011 da «Extra Passion», e dagli Harmony «Grandi Storici Seduction» al principio del 2012). Ma anche il successo di paranormal romance risulta avere un nutrito retroterra, seppure americano più che italiano, se si considera che «fra la fine degli anni novanta e l’inizio del duemila» puntualizza la Contardi «il rosa s’è aperto a moltissimi sottogeneri, dal suspense all’eròtico, dal paranormale al fantascientifico, fino allo young adult». E a partire dai primi anni novanta, infatti, sia Harlequin Mondadori sia i periodici rosa Mondadori reagiscono alla maturità avanzata del segmento con una strategia che punta a una differenziazione per canale, con un’apertura sostanziale alla grande distribuzione organizzata per esempio e, più recentemente, alle librerie e agli e-book, e con una proliferazione di collane e sottocollane. Alle nuove continuano ad affiancarsi quelle più tradizionali, perché la difficoltà risiede proprio nel rivolgersi a un pubblico sempre più vario e stratificato, mano a mano che i sogni, le realtà e le aspirazioni delle donne e delle giovani donne si allontanano da quelli delle generazioni precedenti.
«Oggi» conferma il direttore editoriale di Harmony «accanto alle serie abbiamo romanzi di maggiore lunghezza e complessità, perché le lettrici amano i romanzi veloci, ma anche storie più complesse in formato hardcover. Le nostre lettrici leggono anche i libri della concorrenza, acquistano in edicola, nei supermercati e in libreria: sono cresciute, e per questo noi siamo cresciuti nell’offerta.»
Considerando dunque le lettrici, sappiamo che la fascia d’età oltre i 45 anni, in particolare oltre la sessantina, comprende le acquirenti più fedeli e che la fascia più giovane, fra i 15 e i 25 anni, è formata da un pubblico volatile, poco fedele, mentre lo zoccolo duro dei romance è storicamente formato dalle lettrici fra i 25 e i 45 anni; e questo vale anche, e a maggior ragione, per il rosa seriale. Ora, questa fascia di pubblico sembra essere oggi in un subbuglio tale da rendere il gap fra le diverse fasce di lettrici ancora più critico e difficilmente conciliabile: da una recente indagine americana emerge che il 55 % dei libri classificati come YA, young adult, viene in realtà letto da persone di età superiore ai 18 anni, con il più largo segmento di acquirenti proprio fra i 30 e i 44 anni (Bowker Market Research) – e da noi il dato non deve essere troppo diverso se anche Peresson parla di «giovani adulti (o giovani anziani)». Lo slittamento di questa porzione di pubblico è tanto sensibile che non solo molte scrittrici rosa americane si stanno a propria volta spostando verso la scrittura di YA, ma in parecchi covano il dubbio che questo genere sia la «nuova chick-lit»: c’è infatti da dire che i sottogeneri dei crossover rosa in vetta alle classifiche degli ultimi tempi, dalla Meyer alla James (i cui libri – ricordiamo – nascono come fanfiction di Twilight, ossia come uno dei numerosissimi «universi alternativi» alla saga scritti online dai fan), pur mantenendo indiscutibilmente il più classico intreccio sentimentale, fanno tesoro della lezione chick-lit nel mettere in scena una protagonista che narra la propria storia, intridendo il racconto di autoironia per le proprie goffaggini, le proprie insicurezze.
Dunque, anche su quello che costituisce il target elettivo del romanzo seriale, il potere di attrazione degli editori tradizionalmente da edicola rischia di farsi più difficile da esercitare (non per niente, nel momento in cui già esplodeva il boom del sentimento con i romanzi «Tiffany», l’ad Harlequin Mondadori Paola Ronchi ha dichiarato «anche noi, che fino all’anno scorso eravamo abituati a crescere ogni anno, ci siamo stabilizzati»). Ciò viene reso ancora più complicato dal fatto che, come rileva Alberto Brodesco, «Harmony, quando va in cerca di nuove acquirenti, sconta il fatto di essere un prodotto molto caratterizzato […], con un ampio pregiudizio collegato al marchio». E, infatti, così come era avvenuto per la chick-lit e per il suspense romance (con le collane «Red Dress Ink» e «I chiaroscuri»), Harlequin Mondadori nel 2012 entra nelle librerie con alcuni titoli di women s fiction e di rosa non seriali sotto il marchio hm, non sotto Harmony. Anche «I Romanzi Mondadori» sembrano faticare su questo terreno paludoso, dato che «il confronto con le blogger» come ci rivela l’editor Marzio Biancolino «che rappresentano una sorta di avanguardia del nostro pubblico, mediamente più giovani e informatizzate, ci dà delle indicazioni di gradimento che spesso non corrispondono poi ai dati di vendita», come a dire che il target più «nuovo» non riesce a essere catalizzato, se non per qualche piccola nicchia. Target che invece, per esempio, è stato senz’altro pienamente centrato nell’ultimo paio d’anni dai romanzi sentimentali Newton Compton, che ha attratto lettrici attraverso un prodotto molto visibile, la riconoscibilità del marketing e l’ormai noto «9,90» del prezzo.
In fin dei conti, la forza costitutiva degli editori seriali, ossia la spinta alla fidelizzazione attraverso le serie, per l’appunto, e la forza del marchio, di un’offerta periodica percepita come un corpus, rischia di penalizzarli in tempi il cui il pubblico si fa più fluido e meno fedele. Gli ultimi dati Istat evidenziano un calo dei lettori, calo che – a sorpresa – riguarda il 61,8% dei lettori forti: sebbene le lettrici conservino comunque il loro primato sugli uomini, si vede anche che a tenere sono soprattutto quelle oltre i 60 anni, mentre per le altre può valere in parte quanto scrive Peresson Almanacco Guanda: «il lettore deve essere ogni volta ri-conquistato: con nuovi sistemi di prodotti/autori, mode e tendenze culturali e letterarie, generi e letterature», poiché «accanto al tradizionale “non lettore” e al “lettore occasionale” è nato nel decennio scorso anche il “non lettore occasionale”».
Certo, con il libro digitale la sfida resta aperta anche per le sigle editoriali più etichettabili: si consideri, per esempio, che fra i titoli più venduti per i periodici Mondadori digitali compaiono, oltre alle serie più «bollenti», anche titoli di quella collana «Emozioni» che, al suo esordio in edicola qualche tempo fa, non aveva dato i risultati sperati. L’e-book infatti, come ha notato una lettrice all’incontro milanese dell’aprile 2012 per festeggiare il numero mille dei «Romanzi Mondadori», «dà uno statuto di autorialità ai romanzi tradizionalmente venduti in edicola perché nella libreria digitale finalmente stanno insieme al resto della narrativa, senza esser più ghettizzati». E le carte si sparigliano.