Masha e Orso, dal folclore al successo

Il successo del 2014 nella produzione per la prima infanzia viene dalla Russia. La nuova beniamina dei più piccoli si chiama Masha e, in coppia con l’amico Orso, ha surclassato perfino Peppa Pig. Un cartone che coniuga in maniera originale innovazione tecnologica e tradizione folclorica del paese d’origine; popolarità spontanea dal basso e pianificazione del successo grazie un’abile strategia di marketing. Il segreto della sua fortuna? La sollecitazione di un duplice processo di identificazione: dei bambini nella terribile Masha e degli adulti nel povero Orso.
 
Ci sarà pure la crisi, ma da qualche tempo il panorama della produzione per la prima infanzia, dai libri ai cartoon, si presenta quanto mai fervido di proposte nuove, annovera successi e viaggia, quasi, alla media di un caso all’anno: segno della vitalità di un settore di mercato che sollecita l’offerta e stimola, di conseguenza, una sana competizione. Se fino a qualche anno fa Peppa Pig dominava la scena, la novità del 2014 è Masha e Orso, il cartone animato che ha scalzato il primato della maialina inglese e della sua simpatica famigliola. La bambina pestifera, proveniente dalla Russia, ha surclassato Peppa, che al suo confronto è forse apparsa saccente e petulante. Evidentemente le trovate della piccola matrioska attraggono di più i piccoli spettatori dei salti goffi nelle pozzanghere in cui primeggiava la famiglia Pig. I dati sembrano confermare l’ascesa rapida di Masha, in primis quelli relativi ai social: Masha batte con 3,4 milioni di «mi piace» il gradimento espresso nei confronti di Peppa Pig, che si attesta solo sui 2,3 milioni. La serie in italiano diffusa su Rai YoYo ha raggiunto, inoltre, uno share giornaliero dell’8% con punte di audience sino a 600mila spettatori. E la fortuna del cartone tiene tuttora, tanto che la notizia recente, poi per la verità smentita, delle difficoltà della casa madre russa, la Animaccord, nella produzione della terza serie ha suscitato il panico fra i fan, adulti e bambini.
Come nel caso della maialina, il successo del cartone ha trascinato la diffusione del cartaceo, tanto nel paese di origine quanto negli altri paesi in cui il cartone animato è andato in onda, Italia compresa. Se in Russia sono stati venduti cinque milioni di libri delle storie di Masha e Orso, in Italia la Fabbri e la Lisciani hanno acquistato i diritti per la diffusione cartacea del marchio e hanno lanciato sul mercato una gamma assai diversificata di proposte, dai libri di storie ai libri gioco, agli album didattici o da colorare, ai libri-puzzle, riuscendo a piazzare ben otto titoli nella classifica dei libri più venduti del 2014-2015. Come è accaduto per Peppa Pig e per altri personaggi dei cartoni animati beniamini dei più piccoli, la fortuna della serie ha prodotto un ricco merchandising e pupazzi, palloni, magliette e uova di Pasqua hanno puntualmente invaso il mercato.
Nulla di nuovo, dunque, si potrebbe obiettare: eppure questa volta il successo di Masha e Orso sembra aver privilegiato un percorso dai tratti originali, sicuramente tutt’altro che prevedibile e scontato. Anzi la storia del cartone si sviluppa all’insegna di una combinazione singolare tra ripescaggio nella tradizione folclorica e apertura spregiudicata all’innovazione tecnologica, successo imprevedibile e spontaneo presso il pubblico di grandi e piccini e ricorso mirato a un’abile strategia di marketing. Un connubio ben riuscito, che investe tanto le caratteristiche intrinseche del cartone animato, dall’impianto narrativo alla grafica, quanto il fenomeno estrinseco della sua diffusione, in patria e all’estero.
Prima novità di rilievo: il caso dell’anno nell’animazione per bambini non viene, come poteva essere prevedibile, dall’Inghilterra, dagli Usa o dal Giappone, ma niente meno che dalla Russia, finora estranea ai grandi circuiti della produzione destinata all’esportazione di successi internazionali nel campo. La serie è stata ideata nel 2009 da Oleg Kuzovkov e prodotta dalla casa di produzione moscovita Animaccord. Di più: il cartone animato nasce con una forte connotazione di radicamento nel gusto e nella cultura del paese d’origine, giacché prende spunto da una fiaba molto conosciuta del folclore russo, raccolta da Aleksandr Afanas’ev e analizzata, persino, da Vladimir Propp in Morfologia della fiaba. Il cartone animato della Animaccord ne rovescia, però, abilmente la struttura, secondo un’operazione non nuova nella letteratura per l’infanzia contemporanea, dove gli esempi di fiabe rivisitate non mancano, ma efficace. Nella fiaba della tradizione popolare, recentemente pubblicata, peraltro, in Italia dalle edizioni Arcobaleno, Masha è una bambina imprudente che, durante una passeggiata con le amiche, si allontana dal gruppo, naturalmente si perde nel bosco e capita nella casa di un orso cattivo che la rende schiava, fino a quando la piccola non riesce a liberarsi e a tornare nella casa dei nonni. Il cartone animato punta sul ribaltamento dei ruoli dei coprotagonisti: da vittima innocente, la piccola Masha diventa, pur inconsapevolmente, «carnefice» del povero orso, destinato a subirne l’esuberanza spensierata e la vivacità incontenibile. Di qui lo spunto per la riproducibilità seriale delle avventure della coppia, che pescano in un repertorio ampio di situazioni per riproporre il gioco di ruoli tra la bambina pestifera e il povero orso costretto a compiacerla: una struttura agile, che può esplicarsi in episodi brevi, dal ritmo alacre, tanto adatti alla fruizione degli spettatori più piccoli, quanto compatibili col formato digitale, facilmente scaricabili su device mobili, dai tablet agli smartphone. Dal folclore alla tecnologia più recente il salto è stato dunque ardito, ma rapido.
Anche le scelte grafiche coniugano, con soluzioni originali, innovazione e tradizione: il cartone è in 3D CGI, tecnica inaugurata con Toy Story, ma propone, comunque, pur attraverso la grafica computerizzata, un disegno tradizionale. Lo scenario, ad esempio, raffigura un paesaggio rurale, dai tratti fiabeschi e favolistici, confermati dall’indeterminatezza spazio-temporale (Masha abita in una casa ai margini della foresta, nelle vicinanze di una ferrovia, ma non sappiamo dove) e dalla dominanza di personaggi animali (Masha non è proprio l’unico personaggio umano, giacché in un episodio compare una cugina petulante, ma gli animali sono in netta prevalenza). La tecnica con cui sono tratteggiati i personaggi si affida a canoni classici, quasi disneyani, con concessioni scarse a stilizzazioni e deformazioni grottesche. Masha ha le caratteristiche della bambina piccola, è minuscola e ha un dente solo e, anche se in qualche episodio può trasformare il proprio look a seconda della stagione o della situazione, è per lo più raffigurata mentre indossa l’abito tradizionale russo, con mantellina e foularino fucsia. In un episodio dedicato al primo giorno di scuola abbandona il foulard per presentarsi pettinata con codini e fiocconi vistosi, secondo l’acconciatura tipica delle scolarette russe.
Anche la figura di Orso ha i tratti canonici dell’orso delle fiabe, ma anche dei cartoni animati americani: è un pelouche enorme, dalle forme morbide e tondeggianti e dal muso dolce e simpatico. Gli elementi di caratterizzazione umoristica dei personaggi puntano, se mai, sulla sproporzione tra le dimensioni imponenti di Orso e la fisionomia minuscola di Masha, oppure sul disegno, dal profilo vagamente allungato, degli altri animaletti della foresta, dal coniglio ghiotto di carote agli scoiattoli dispettosi, lanciatori di pigne a tradimento, ai lupi, dall’aspetto malconcio e scalcagnato.
Affine alla struttura della fiaba tradizionale risulta, poi, lo schema dei personaggi: a rinnovarne l’impianto basta la trovata già segnalata del ribaltamento dei ruoli. Ecco che i personaggi convenzionalmente chiamati ad assolvere un ruolo negativo diventano vittime dell’iperattivismo travolgente di Masha. Non è solo il caso di Orso; capita lo stesso anche ai lupi, assai lontani dall’immagine convenzionale dei «lupi cattivi», ridotti come appaiono al rango di marginali, costretti a vivere in un’ambulanza arrugginita e a subire gli scherzi estrosi della bambina, a cui, conciati come sono, non riescono a incutere il minimo timore. Anche Masha riprende il prototipo della piccola protagonista delle fiabe: è una bambina sola, che vive in una casetta ai margini del bosco e non sembra avere figure parentali di riferimento. Lungi dal mostrarsi disorientata, tuttavia, la bambina si aggira spensierata e piena di iniziative nella foresta; sono, se mai, gli animaletti del bosco ad arretrare spaventati di fronte all’invito al gioco, spesso spericolato e gravido di conseguenze disastrose, rivolto loro dalla piccola.
Se Masha e Orso riprende e rovescia i moduli del racconto fiabesco, per altri aspetti rilancia un motivo caro alla tradizione del fumetto o del film di animazione per ragazzi: la rappresentazione di un rapporto di coppia, un po’ amicale, un po’ conflittuale, tra un protagonista simpatico e accattivante e la sua inseparabile spalla. Dopo Tom e Jerry, Armando e la Pimpa, Calvin e Hobbes, ecco, dunque, Masha e Orso.
Come il Calvin di Watterson, Masha è una bambina iperattiva, che l’ipercinesi condanna, a volte, al rischio dell’asocialità: gli animaletti del bosco, come si è detto, lungi dal ricercarne la compagnia, si nascondono al suo arrivo, nella speranza di sottrarsi alle iniziative insistenti della piccola. Masha, però, a differenza di Calvin, è estranea al contesto nevrotico della società metropolitana statunitense. Anzi fa da sfondo alle sue avventure un ameno paesaggio rurale, che qualche critico ha voluto persino interpretare in chiave ideologica, come un rilancio della Russia rurale zarista, cara a Putin, contrapposta ai rottami della Russia sovietica, raffigurata attraverso l’ambulanza arrugginita dei lupi entro cui si intravedono, a tratti, cappelli e simboli del regime passato. Al di là di tale interpretazione un po’ forzata, va precisato, piuttosto, che il mondo di Masha e Orso è agreste, ma non premoderno: Orso guarda la televisione, fa zapping con il telecomando, ha anche il cellulare. Siamo in un universo che sembra collocarsi se mai al di qua dell’era digitale e riproduce, forse, il contesto in cui sono cresciuti i genitori dei piccoli spettatori di Masha, inclini magari anche per questa ragione a simpatizzare per la proposta della Animaccord.
Come Pimpa e come Peppa Pig, anche Masha ribadisce la tendenza spiccata della recente produzione per l’infanzia a puntare sul protagonismo femminile. Pestifera, estrosa ed esuberante, Masha è anche erede delle tante bambine terribili che hanno popolato e profondamente innovato la letteratura contemporanea per l’infanzia, dalla Bibi di Karin Michaèlis a Pippi Calzelunghe, alla Minerva Mint di Elisa Puricelli Guerra.
A differenza della sua rivale Peppa Pig, ben inserita in un contesto familiare protettivo e rassicurante, Masha è, come Pippi, una bambina sola, che vive in una casetta senza i genitori e non sembra soffrire di tale condizione, anzi ne approfitta per lanciarsi in giochi spericolati dalle conseguenze spesso catastrofiche, all’insegna dell’iperbole comica.
Diversamente da Pippi, tuttavia, Masha vive nella dimensione egocentrica della prima infanzia e rilutta a stabilire rapporti saldi con i coetanei. Preferisce eleggere a compagno di giochi un adulto, a volte burbero e scontroso, ma, alla fine, sempre affettuoso e affidabile. Come la Pimpa di Altan con Armando, la piccola russa vive in simbiosi con una figura quasi paterna dalla presenza rassicurante. La natura di bestione antropomorfo di Orso, peraltro, ha, sul pubblico di grandi e piccini, un impatto emotivo di effetto più immediato e coinvolgente rispetto all’ironia paciosa e sorniona di Armando. Armando legge il giornale in poltrona e commenta le avventure di Pimpa, Orso, invece, dopo qualche resistenza, gioca con la piccola, lasciandosi coinvolgere anche nelle iniziative più estrose e movimentate.
E, dunque, Orso la vera trovata del cartone, il personaggio che ha conquistato il cuore non solo dei bambini, ma anche delle mamme e soprattutto dei papà, che ne discutono sui blog e solidarizzano volentieri con lui. Orso è un orso da circo in pensione, ha un passato glorioso da giocoliere, messo in risalto dalla sigla del cartone e testimoniato dai trofei in bella mostra sugli scaffali della sua casa, ma ambirebbe a una vita tranquilla, dedita al riposo e agli hobby da pensionato: la visione delle partite in tv, la pesca, qualche buona lettura. Tutti programmi che Masha butta puntualmente per aria. Non per nulla le sequenze iniziali di molti episodi del cartone presentano Orso intento a realizzare un programmino delizioso di relax: un mattino dedicato alla pesca, un pomeriggio davanti alla tv o immerso nella lettura di un bel libro. Attività di tutto riposo che l’irruzione in scena di Masha manda a monte. Complessa e ben tratteggiata la reazione di Orso che mette in campo inizialmente qualche strategia difensiva: a volte tenta di nascondersi e di sottrarsi alle iniziative della bambina, a volte si sforza di coniugare l’aspirazione al relax con le esigenze ludiche della piccola, ma alla fine cede e, se riesce temporaneamente a liberarsi della bambina, se ne pente quasi subito ed è assalito da penosi sensi di colpa. Qualche volta, poi, pur recalcitrante all’inizio, prende gusto al gioco e anzi rilancia proposte divertenti. Orso è, dunque, un personaggio affatto piatto, anzi ricco di sfumature: un po’ papà, un po’ nonno, a volte burbero ed egoista, sa essere, in fondo, premuroso e paternamente responsabile. Pur oscillando tra ritrosia scontrosa e complicità giocosa nei confronti della bambina, in fondo se ne prende cura e, se necessario, sa imporle regole semplici, come quella di lavarsi i denti dopo una scorpacciata di dolciumi o di andare a letto a una certa ora. Proprio per il ruolo giocato da Orso, Masha appare monella e vivace, ma non insofferente a ogni regola come Pippi Calzelunghe: diversamente dall’eroina della Lindgren, non si misura in una relazione paritaria con i coetanei, ma cerca il limite imposto dall’adulto, stuzzicandolo ed esasperandolo senza mai giungere alla sfida vera e propria.
Ecco perché Barbara Dall’Angelo, presidente della Dall’Angelo Pictures, la casa di distribuzione italiana che ha acquistato i diritti del cartone russo, è stata lungimirante nel cogliere le potenzialità di successo della serie, che ha scoperto alla Mipjunior di Cannes, una fiera dei prodotti di animazione. La Dall’Angelo si è resa conto della duplice fisionomia del cartone, connotato fortemente da elementi di nazionalità russa, eppure capace di «toccare corde comuni a ogni bimbo». Ha colto, infatti, come ha rivelato alla stampa, la disponibilità del cartone animato a sollecitare un duplice processo di identificazione, quello dei bambini nella pestifera Masha e dei genitori nel malcapitato Orso, condannato a una vita difficile, ma anche ricca di gratificazioni affettive. Di più: il cartone della Animaccord come esorcizza, con leggerezza ironica, il sadismo inconsapevole con cui a volte l’irrequietezza infantile si propone agli adulti, così dissolve il senso di colpa conseguente alla scontrosità delle loro reazioni. Orso diventa, pertanto, il «genitore quasi perfetto» in cui gli adulti con prole di oggi possono agevolmente identificarsi, infastidito a volte come loro dall’esuberanza infantile, ma anche pronto a lasciarsene coinvolgere e a moderarne con atteggiamento vigile gli eccessi. A essere messa in campo è una dinamica relazionale complessa, risolta nella dimensione ludica, ma anche carica di implicazioni affettive non scontate, di impatto efficace sul pubblico di adulti e bambini.
Anche la vicenda della popolarità internazionale rapida di un prodotto così marcato dal radicamento nella tradizione folclorica, nell’immaginario e nel gusto del paese d’origine, è all’insegna di un connubio ambivalente tra il successo spontaneo dal basso e una strategia di marketing abilmente pianificata.
La storia del successo italiano del cartone è, in fondo, significativa: dopo un esordio in sordina nel 2011, quando alcune puntate della serie furono trasmesse su Rai2 con scarso seguito, il cartone Masha e Orso è stato, poi, riscoperto nella Rete dalle mamme blogger e diffuso anche attraverso il passaparola. Di qui il rilancio della serie nel 2014 con la trasmissione di 39 episodi su Rai YoYo. Questa volta la Dall’Angelo fa centro, tanto che sta già lavorando alla programmazione dei nuovi episodi, dal quarantesimo al cinquantasettesimo. Come dire che la visualizzazione in streaming, la diffusione televisiva o la distribuzione in homevideo non sono affatto canali concorrenziali, anzi producono sinergie efficaci. Ecco che dalla Rete al successo televisivo, alla produzione dei dvd, alla popolarità sul mercato librario, alla diffusione massiccia del merchandising di ogni tipo il passaggio è stato rapido, ma non certo spontaneo. In realtà la popolarità del personaggio in Italia è frutto del lavoro abile di marketing e dell’iniziativa spregiudicata di Maurizio Distefano e della sua agenzia di Licensing e Management Consulting, che si è occupata della gestione del logo e della vendita dei diritti a editori, industrie alimentari, fabbriche di giocattoli, dando vita a un giro di affari consistente.
D’altra parte il percorso singolare e inedito di Masha, dal repechage nella tradizione folclorica russa alla fortuna internazionale (attualmente è diffuso in circa quaranta paesi), alla scoperta spontanea in streaming in Italia, alla studiata strategia di mercato nel nostro paese e all’estero, sfrutta anche un altro elemento qualificante del prodotto: la sua fruibilità facile in lingue diverse grazie all’esiguità dello spazio concesso al dialogato a vantaggio della gestualità e del movimento sulla scena. Orso, ad esempio, non parla ma si esprime nel linguaggio internazionale e immediatamente comunicativo dei gesti e della mimica. Tutt’altro che trascurabile, inoltre, l’apporto della colonna sonora, che attinge a un repertorio assai vario, dalla musica classica alla melodia popolare, alle canzoncine per bambini, e accompagna i movimenti dei personaggi, trasformandone le avventure in coreografie suggestive. Verrebbe da dire che, anche per questo aspetto, più russo di così il cartone non potrebbe essere. Eppure le avventure di Masha e Orso, risolte in forma di balletto, tanto risultano radicate nel gusto e nella tradizione russa, quanto comunicano attraverso un linguaggio universale e assicurano al cartone la popolarità internazionale. Agevole, a passo di danza, per la piccola matrioska e il suo fedele compagno, il salto acrobatico dal folclore al successo globale.