Megaprogetti per le «grandi opere»

«L’aumento delle informazioni, divulgate con larghezza dai giornali ma generalmente contraddittorie e superficiali, suscita l’esigenza di strumenti di orientamento (. . .) Ma certo per stare nel mercato delle grandi opere occorre essere molto attivi: la domanda è un’esigenza latente, non consapevole, che va portata allo scoperto».
 
Per fare affiorare le questioni editoriali sulle pagine dei quotidiani – in mesi non canicolari – occorre un vero scandalo. Ma nel maggio 1997 lo scandalo c’è stato, e dei più vistosi: Mario Sarcinelli ha dato le dimissioni dalla vicepresidenza dell’Istituto della Enciclopedia Italiana (IEI), editore, oltre che della Treccani, di numerose opere di consultazione di altissimo livello come il Dizionario biografico degli italiani e l’Enciclopedia archeologica. Sarcinelli, in una lettera alla presidente Rita Levi Montalcini, lamentava con parole forti la resistenza del consiglio d’amministrazione alle sue proposte per riportare entro termini accettabili la gestione pervicacemente deficitaria della madre di tutte le enciclopedie d’Italia.
L’IEI ha molti dipendenti (310, più o meno quanti ne ha, per produrre centinaia di titoli l’anno, RCS Libri & Grandi Opere) e Sarcinelli avrebbe voluto ridurli del 25 o meglio del 30%; ha programmi produttivi in cui i tempi indefinibili della ricerca si confondono con quelli della realizzazione dei prodotti; tarda ad affrontare con decisione la multimedialità; con poco meno del 40% del mercato del settore e ricavi per circa 150 miliardi ha un deficit di ben 21,7 miliardi.
Troppi dipendenti, tempi di produzione incerti, invecchiamento delle strategie: al di là dello scandalo (provvisoriamente appianato, ma senza soluzioni definitive), le critiche di Sarcinelli si ispirano a criteri cui l’editoria italiana nel settore delle grandi opere (enciclopedie, dizionari, opere di consultazione) si è allineata da un quindicennio. La rivoluzione iniziò negli anni ottanta: compiute, dall’inizio degli anni settanta, operazioni di grande portata divulgativa come l’Enciclopedia Universale Rizzoli-Larousse, le cui nutrite redazioni specializzate continuavano a lavorare ai volumi d’aggiornamento, iniziative di livello più alto e ambizioso, come l’Enciclopedia Einaudi e l’Enciclopedia Europea Garzanti, avevano dimostrato che, nonostante un effettivo spazio di mercato, accorrevano strategie di lungo periodo e capitali abbondanti, da tenere impegnati a lungo, con rientri che si facevano aspettare fino a causare seri problemi di gestione finanziaria (la parabola della Garzanti, terminata con un cambio di proprietà, ebbe radici lontane anche nel peso dell’investimento per l’Enciclopedia Europea).
La prima reazione fu, coerentemente con una tendenza che non riguardava solo le grandi opere, la riduzione dei costi di produzione: sfoltimento delle redazioni e attribuzione a fornitori di servizi esterni del complesso lavoro di compilazione, ordinamento, ricerca iconografica, aggiornamento in corso d’opera, e spesso perfino del progetto delle enciclopedie.
Ma, come per ogni genere editoriale, la produzione era solo la metà del problema: il «porta a porta» – il venditore con il suo campionario di volumi che batte a tappeto una zona presentando l’opera a domicilio – e la vendita rateale, metodi tipici delle grandi opere fino agli anni ottanta, diventavano sempre meno efficaci, almeno nelle forme tradizionali. Settimio Paolo Cavalli, direttore editoriale («Book and Home Entertainment Director») di Selezione dal Reader’s Digest, sottolinea le trasformazioni sociali che hanno svuotato di significato questi metodi: «Nessuno apre più la porta agli sconosciuti; ed è difficile trovare qualcuno in casa durante il giorno, perché tutti i membri della famiglia sono al lavoro. Oggi quindi si preferiscono metodi meno casuali, in cui si fissano appuntamenti con il potenziale acquirente e si prepara meglio la vendita. I metodi aggressivi (i furgoncini all’angolo della strada) si sono rivelati portatori di altissimi rischi di insoluto e sono stati progressivamente abbandonati». L’alta incidenza dei crediti inesigibili delle grandi opere Fabbri fu qualche anno fa tra le cause principali della crisi di RCS.
Ma a complicare la situazione si aggiunge oggi l’evoluzione tecnologica. Le enormi quantità eli informazioni tipiche delle grandi opere trovano un veicolo ideale negli strumenti elettronici: computer, CD-ROM, consultazione in rete. Un mondo nuovo non solo dal punto di vista del linguaggio (più ricco, più complesso, in parte ancora da elaborare), ma anche da quello dell’impegno finanziario dell’editore: «La multimedialità» spiega Cavalli, «richiede una serie di competenze editoriali aggiuntive, diverse da quelle classiche: da quelle di tipo registico, che intervengono nel progetto delle opere, a quelle di tipo tecnico informatico; e questo implica una riorganizzazione produttiva molto complessa e costosa. Per di più immagini e suoni, componenti essenziali ma molto gravose dal punto di vista dei diritti d’autore, richiedono investimenti ancora maggiori. Per fortuna oggi l’inflazione sotto controllo e i costi industriali di produzione di un CD, strutturalmente bassissimi rispetto a quelli di un volume a stampa, giocano a favore della multimedialità». Ancora più vistose sono però le conseguenze sui canali di vendita. «Per le grandi opere in versione elettronica – troppo a buon mercato per giustificare le vendite rateali – il problema da risolvere è la ristrutturazione dei punti di vendita: le librerie, ma anche i grandi magazzini e i negozi che vendono computer. In prospettiva c’è la possibilità della consultazione in rete, dal computer domestico, di un’enciclopedia i cui continui aggiornamenti sono immediatamente a disposizione; ma ancora nessun editore ha ben capito come sia possibile farsi pagare un servizio del genere.»
Oggi il prezzo al pubblico di un’opera su CD-ROM è dieci volte inferiore a quello dell’opera corrispondente su carta. «Ma attenzione», avverte Cavalli, «solo perché la strategia editoriale comunemente adottata finora è stata quella di “riversare” in forma elettronica opere già uscite a stampa, i cui costi di progettazione sono in gran parte già coperti. Se si affronta da zero la realizzazione di un’opera pensata in origine per l’elettronica – cioè con l’atteggiamento più corretto nei confronti della qualità finale del prodotto – i margini non sono più così ampi.»
L’elettronica, a quanto pare, depurata da condizioni contingenti, non fa che riproporre le esigenze di sempre: strategie di lungo periodo e forti investimenti. Pochi per ora si cimentano su questo terreno: tra questi il gruppo Giunti, che ha presentato nella primavera del 1997 il Dizionario Italiano Sabatini Caletti, in doppia versione, su carta e su CD-ROM. L’operazione editoriale è stata costruita con un coordinamento ferreo: l’opera è stata progettata ex novo, da un nutrito gruppo di lavoro in cui operavano, accanto ai lessicografi, gli informatici del CNR, la società di progettazione multimediale che il gruppo ha costituito al proprio interno fin dal 1992 e alcuni servizi redazionali specializzati interni ed esterni. Per favorirne la diffusione nelle scuole, all’opera è unito un manuale a uso degli insegnanti, e nel CD sono inseriti «giochi didattici» per imparare a consultare l’opera. Ma sono stati curati nei particolari anche gli aspetti di comunicazione (dall’acronimo del titolo, che suona significativamente come DISC, alla presentazione alla stampa) e soprattutto gli aspetti distributivi: DISC in versione elettronica è stato venduto a 29.900 lire in edicola accoppiato al quotidiano «Repubblica». Non male, come gadget …
Giunti è sostanzialmente un nuovo attore nel settore delle grandi opere: a parte i libri d’arte e le edizioni in facsimile d’alta qualità e altissimo prezzo, nel suo catalogo figurava finora solo il Dizionario etimologico italiano di Battisti e Alessio, ereditato dalla Barbera, società del gruppo. Oggi sventola con orgoglio la bandiera dell’innovazione: «Da trent’anni», afferma Bruno Mari, direttore editoriale, «non usciva in Italia un dizionario dall’impianto totalmente nuovo, ed è una delle qualità su cui più contiamo: completezza delle informazioni, lessico aggiornato, ma anche modalità di consultazione nuove». n secondo elemento di rottura è quello del prezzo, contenuto anche per la versione su carta. «Volevamo sottolineare anche dal punto di vista commerciale il carattere della novità.» L’investimento complessivo è stato tra i 6 e i 7 miliardi, di cui uno dedicato allo sviluppo del software di consultazione e circa mezzo miliardo assorbito dal costo delle copie in omaggio agli insegnanti. «Quando quattro anni fa proposi di realizzare questo dizionario in versione elettronica, l’editore mi chiese quante copie se ne sarebbero vendute. “Nessuna”, gli risposi. Le condizioni del mercato allora erano queste. Ma un’opera di questa complessità richiede un progetto globale: il pericolo era di preparare un’edizione cartacea e di far partire a opera finita (cioè oggi) l’edizione elettronica, ricostruendo tutto da zero con spese molto maggiori.»
Progetti globali e investimenti adeguati sono rischi sul periodo medio-lungo che pochi editori italiani possono/osano permettersi: «Può darsi», ammette Mari, «ma se non si corrono questi rischi non si sopravvive. Nel 1983 la casa editrice aveva un fatturato costituito per il 70% da opere scolastiche e per un altro 15% da libri per ragazzi, e la crisi demografica era la maggiore preoccupazione. Abbiamo reagito differenziando la produzione, prima con una serie di periodici di cultura («Art Dossier», «Storia Dossier») poi tra l’altro – con la multimedialità. Oggi nel fatturato del marchio Giunti la scolastica rappresenta circa il 25 %.»
Le grandi opere richiedono ancora pesanti strutture redazionali interne? «Non necessariamente: i collaboratori devono essere molti, la struttura redazionale può conservarsi agile. Per il DISC c’è stata una collaborazione molto efficace tra l’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR e la società di sviluppo multimediale del gruppo.» Questione di organizzazione, dunque, e di corretta applicazione delle tecnologie informatiche del Desk Top Publishing, che ha riportato all’interno dell’azienda, fin dalla seconda metà degli anni ottanta, molte operazioni produttive, invertendo la tendenza al decentramento. «Siamo tornati a impossessarci di numerose fasi di lavoro riducendo i costi, che contrariamente alle previsioni erano molto alti, e risolvendo molti problemi di qualità», conclude Mari.
E il futuro? Per Franco Migiarra, una lunga esperienza nel settore maturata da Mondadori, poi, negli anni del «decentramento», titolare di uno studio redazionale specializzato, oggi responsabile delle grandi opere Garzanti, le enciclopedie generali e settoriali sono più necessarie che mai. E sono indubbiamente libri vivi, strumenti usati continuamente, che i lettori tengono a mantenere efficienti: lo dimostra il successo perdurante degli aggiornamenti. «L’aumento delle informazioni, divulgate con larghezza dai giornali ma generalmente contraddittorie e superficiali, suscita l’esigenza di strumenti di orientamento. Certo occorre che le enciclopedie siano in qualche modo semplificate, agili. Ma in sostanza le grandi enciclopedie classiche, anche se sono da ripensare, conservano un valore fondamentale.» L’avvento del CD-ROM non è stato travolgente, anche se la multimedialità offre indubbi vantaggi, e d’altra parte l’evoluzione dei media è più incisiva nel settore di mercato inferiore, non in quello delle opere scientifiche di lunghissima durata. Migiarra non ha dubbi: «La Treccani ha da esserci. Chiuderla sarebbe un delitto. Ma certo per stare nel mercato delle grandi opere occorre essere molto attivi: la domanda è una esigenza latente, non consapevole, che va portata allo scoperto. Gli andamenti storicamente irregolari del settore dipendono proprio dalle variazioni dell’impegno delle diverse case editrici».
Quanto alle «enciclopedie economiche» settoriali (le Garzantine e le numerose iniziative assimilabili) il loro successo si fonda, oltre che sull’agilità, sul loro carattere semiprofessionale, che le rende indispensabili a chi è abituato a usare i libri, sa quel che vuole e sa come usarlo. «Il rapporto tra il bassissimo prezzo e la ricca sostanza contenutistica ne fa delle grandi opere a pieno titolo», conclude Migiarra. «Per certi versi sono più utili agli specialisti delle grandi enciclopedie generali: ne sono quasi un complemento, anche perché hanno un ritmo di aggiornamento più rapido.»
Il settore delle grandi opere pare in conclusione destinato a essere frequentato nel prossimo futuro da meno attori, finanziariamente più robusti, meglio organizzati e strategicamente più lungimiranti di quelli che abbiamo conosciuto finora. Avremo meno enciclopedie, meno dizionari? Avremo più CD e meno carta? Improbabile: al contrario la capacità/necessità di utilizzare meglio il patrimonio di informazioni acquisito a prezzo di forti investimenti indurrà gli editori a differenziare di più i prodotti, sia nel taglio sia nel medium utilizzato, e a mettere sul mercato un numero maggiore di «grandi opere agili», mirate a soddisfare una maggiore varietà di esigenze.